19

Un cigolio indistinto, che sembrava provenire da una distanza abissale, fece sussultare Barbara, strappandola bruscamente alle terrificanti riflessioni che la opprimevano. Rizzandosi a sedere, aguzzò lo sguardo nell'oscurità. Tutto era immobile nella camera, e il letto, dalla parte di Alviero, era desolatamente vuoto.

Barbara scostò le coltri con un gesto stanco e si alzò. Non si erano scambiati una parola, lei e suo marito, e così, totalmente incapace di affrontare un faccia a faccia con lui, sopraffatta dalla mostruosità della scoperta, si era infilata tra le lenzuola sperando di riuscire a dormire. Si ritrovò invece a vivere, insonne, un incubo senza fine. Non era tanto l’accettare l’idea, di per sé raccapricciante, che suo marito era un assassino, quanto rendersi conto di essere lei la persona che Alviero voleva uccidere. Il movente era ovvio: una volta sbarazzatosi della moglie, non esistevano altri ostacoli che gli impedissero di sposare la donna con cui aveva una relazione.

Buon Dio, gemette Barbara, non poteva continuare a torturarsi a quel modo. Doveva sapere la verità, anche se questa le avesse schiantato il cuore.

Camminando silenziosamente, raggiunse la soglia della camera di Elena. Alviero era lì, davanti alla finestra, immerso nei propri pensieri mentre contemplava qualcosa al di là dei vetri.

— Sei stato tu, non è vero? — gli disse sommessamente, rabbrividendo di freddo e di sgomento.

Lui si voltò di scatto e la guardò con espressione tesa, il volto aggrondato. — A far cosa?

— A uccidere Elena — il bisbiglio di lei lasciava trapelare l’orrore che provava.

— A uccidere... Elena?! — Sembrava esterrefatto, ma forse era soltanto un ottimo attore, pensò Barbara osservando la sua reazione. — Sei impazzita? Come puoi ritenermi capace di una simile iniquità? Ammetto di aver desiderato spesso di strangolarla per come ti manipolava, ma dal dire al fare ce ne corre! Uccidere Elena! Che idiozia!

— In effetti ero io quella che volevi far fuori, non lei!

— Sì, sei impazzita — ripetè Alviero, avvicinandosi.

— Stammi lontano! — gli intimò Barbara.

— Ti faccio così paura?

— Mi terrorizzi, sì, se proprio vuoi saperlo.

— Non essere ridicola!

— Ridicola? Non dovrei temere per la mia vita quando so perfettamente che volevi in realtà ammazzare me, Alviero?

— Ma che diavolo vai blaterando?

— È inutile fingere di cadere dalle nuvole! Ti ho visto! Sei... sei tu l’uomo con la bautta che ho incrociato quella sera — lo accusò con voce spezzata — ma non immaginavo neppure lontanamente che il vero obiettivo fossi io.

— Barbara, per favore, risparmiami tutte queste sciocchezze strampalate...

— T’illudevi che non l’avrei mai scoperto? Per poterci riprovare di nuovo? — emise una risatina stridula.

— Be’, ti è andata male, e non avrai una seconda opportunità di riprovarci!

— Barbara, le terribili emozioni di questi giorni devono averti scombussolata più di quanto pensassi.

— Può darsi, ma non al punto da avere le traveggole, Alviero. E supponendo che le mie facoltà mentali siano, come insinui, alterate, come la mettiamo con quelle del magistrato?

— Il magistrato? Che c’entra il magistrato?

— Tanto per smentirti, ha sospettato subito che l’assassino non intendesse uccidere Elena, ma me.

— Se è per questo, anch’io ho avuto lo stesso dubbio.

— Ah, ci avrei scommesso che la tua risposta sarebbe stata questa. D’altro canto, devi pur giustificarti in qualche*modo, no?

— Quindi, di conseguenza, avrei ucciso anche la cameriera, non è così, Barbara?

— È ovvio.

— Perché?

— Perché probabilmente ti ha visto e non potevi permetterle di denunciarti.

— E come può aver saputo chi ero se tutti quanti portavano la maschera?

Barbara lo guardò confusa. — Ti sarai nascosto da qualche parte, suppongo, aspettando il mattino dopo, e Agostina deve averti sorpreso...

— Ti rendi conto che queste argomentazioni non reggono, Barbara? Io non so neppure che faccia avesse costei, né sono in grado di dire perché sia stata coinvolta in questa storia. So però che non ho ucciso né lei né tantomeno Elena.

— Stai mentendo, e benché io ignori come ti sei mosso quella notte, per quanto riguarda Elena la tua stessa moglie può inchiodarti alle tue responsabilità.

— Barbara...

— Taci! — lo zittì lei con tono sferzante. — Non m’incanterai con le tue chiacchiere! Non so come tu sia sopraggiunto al castello all’insaputa di tutti, e nemmeno quando, in costume, ti sei mischiato alla gente, ma so che eri lì, e oltre a cadere in un tragico errore di persona, hai anche avuto la disdetta di imbatterti, allorché te la sei filata dopo il misfatto, nella donna che credevi di aver spedito al Creatore: tua moglie! Una beffa atroce per te, non trovi?

— Trovo invece di cattivo gusto questo scherzo, Barbara.

— Scherzo, già, è proprio uno scherzo imprevedibile quello che inconsapevolmente ti ho giocato. Povero Alviero, è stata una vera sfortuna confondere me ed Elena, vero? Non potevi certo immaginare che avremmo indossato costumi identici, né che a un dato momento io mi sarei allontanata dal salone mandando in fumo i tuoi progetti criminali. Così, non sapendolo, hai ucciso Elena convinto che fossi io quella a cui stavi trapassando il cuore.

— E quale ragione avrei per volerti morta?

— Oh, di ragioni ce ne sono diverse, Alviero. L’altra donna è una di queste ragioni. Il mio denaro può essere una seconda ragione. Tolta di mezzo io, nessuno ti avrebbe impedito di impalmare la tua amante, regolarizzando la sua scomoda posizione in società. Il grosso del mio patrimonio, inoltre, è vincolato a me da una clausola che ti impose mio padre nel contratto nuziale, rammenti?

— Per l’amor del cielo, Barbara, non stai dicendo sul serio! — Le aveva afferrato le spalle e la scuoteva rabbiosamente.

— Bada a ciò che fai, Alviero — lo ammonì lei con gelida calma. Dietro quella porta c’è un uomo incaricato di badare alla mia incolumità. Stavolta non la passeresti liscia, se solo ti azzardassi a torcermi un capello!

— È questo che pensi? Che voglia ucciderti?

— E perché non dovrei pensarlo? Io stessa ti ho visto percorrere il sentiero nel parco, immediatamente dopo il delitto, se occorre ribadirtelo.

— Puoi ribadirlo finché ti pare, Barbara, ma questo non toglie che tu sia vittima di un inspiegabile abbaglio.

— Oh, no! Credo di poter riconoscere mio marito, dopotutto. C’era infatti qualcosa di fastidiosamente familiare in quel tipo con la bautta, ma sul momento non sono stata in grado di collegare la sua immagine con la tua. Come potevo, d’altronde? Ti sapevo lontano da qui e mai più avrei supposto che eri invece tra queste mura. Poi, oggi, mentre ti dirigevi verso le scuderie, ti ho osservato camminare, ed è come se un velo mi fosse caduto dagli occhi; quello che rifiutavo di ammettere persino con me stessa, è apparso talmente evidente da annientarmi! — Barbara si scostò da lui di scatto, come se non tollerasse di essere toccata da quelle mani. — Mio Dio, come hai potuto, Alviero?

Il marito la riafferrò, la. facci a stravolta. — Tu non ti rendi conto di quello che dici!

— No? — replicò lei, beffarda.

— No! — Alviero si piegò adirato su di lei, i visi che quasi si sfioravano, sibilando: — Dimmi, chi credi fosse l’uomo con il quale hai giaciuto nella serra? È vero che mi sono introdotto nel castello di soppiatto e che mi sono intrufolato nel salone altrettanto furtivamente, ma ho fatto tutto questo per te, mia cara!

— Per me? Che significa? — Lei lo fissò completamente disorientata.

— Significa che mi sono adattato a comportarmi da buffone pur di riconquistare mia moglie, e l’ho fatto, non puoi non darmene atto, considerato l’abbandono con cui ti sei data a me!

— Menti!

Alviero affondò lo sguardo furente in quello di lei, sostenendolo con fermezza. — Come potrei, in tal caso, essere al corrente di simili dettagli?

— Semplice, li hai appresi da me, Alviero. Ti ho raccontato tutto di quella notte non più tardi di qualche ora fa e tu, traboccante di sdegno, mi hai piantato in asso come il più oltraggiato dei mariti, guardandoti bene dal togliermi dall’equivoco!

— Quando me lo hai confessato, ho dovuto... sì, praticamente battermela per resistere all’impulso di prenderti tra le braccia e rivelarti che quello che credevi un amante era in realtà tuo marito.

— Ma... ma... — lei scosse il capo, frastornata.

— Ti meritavi una lezione, Barbara, almeno questo concedimelo.

— Stai... stai cercando di ingannarmi di nuovo, tentando di darmi a bere che eri con me. Be’, non m’imbrogli, sai? Ti ho visto là fuori, sotto quel travestimento, a meno che tu non abbia un sosia!

Alviero sbuffò spazientito. — Non so chi sia quell’individuo e non voglio discutere di lui adesso, ma indubbiamente l’uomo che si è intrattenuto con te nella serra sono io e nulla e nessuno possono contestare questo fatto.

— Ma... non è possibile che tu...

— Te lo giuro su quanto ho di più sacro. C’è una porticina di ferro, al limite del parco, con un lucchetto così arrugginito che è bastata una spallata per aprirla. Nevicava e stava calando il buio, in giro non c’era anima viva, neppure un cane, sicché, per scongiurare l’assideramento, mi sono riparato nella serra, studiando frattanto il sistema per intervenire al ballo in maschera.

Nel circondario non si parlava d’altro che dell’avvenimento e nell’ultima locanda dove mi sono fermato si spettegolava degli eccessi della marchesa con dovizia di particolari.

— Ma che ragione avevi di ricorrere a questi sotterfugi? Non potevi semplicemente presentarti al castello dicendo chi eri? Saresti stato accolto...

— Rovinandomi il piacere della sorpresa che intendevo farti? — la interruppe lui. — Inoltre, volevo mantenere l’incognito per vedere cosa facevi.

— Volevi spiarmi, insomma! — sbottò lei, offesa.

— È umiliante confessartelo, ma è così. Comunque, ho atteso che foste tutti nel salone per muovermi, poi, passando dall’ingresso della servitù troppo indaffarata per badare a me, mi sono nascosto in uno stanzino delle scope, aspettando l’occasione propizia per uscirne. È capitata di lì a un minuto, quando un tale si è messo a confabulare con un valletto per farti uno scherzo.

— A me?

— Proprio a te, mia cara.

— E chi era questo tale?

— Ah, non ha certo declinato le sue generalità, ma ho scoperto il giorno dopo che era Gianmaria Sanvito.

Barbara s’irrigidì e avvampò, preferendo non commentare. Sicuramente, però, non appena si fosse imbattuta in quel depravato non gliel’avrebbe lasciata passare liscia.

— Si, vedo che non te ne stupisci — commentò il marito con un sogghigno.

— Che... che scherzo voleva farmi?

— Be’, non è che abbia afferrato ogni parola, ma abbastanza per capire che aveva pagato il valletto perché ti mettesse nel bicchiere qualche intruglio.

— Un intruglio? A che prò?

— Una qualche droga, suppongo, per vincere la tua ritrosia.

Che farabutto! pensò lei, furente. Ecco perché, a un tratto, si era sentita così strana. Sanvito poteva solo augurarsi di non incontrarla, altrimenti...

Alviero continuò: — In definitiva, voleva trastullarsi con la mia mogliettina, riuscendoci se io non fossi tempestivamente intervenuto per impedirglielo.

— Cosa gli hai fatto?

— Non appena il valletto è corso via per eseguire l’ordine, quel bastardo mi ha usato la cortesia di indugiare nel vestibolo deserto un attimo di troppo, quello che mi serviva per metterlo fuori combattimento. — Alviero assottigliò gli occhi e contrasse la mascella. — L’unico pregio che riconosco a quel vigliacco, è che abbiamo suppergiù la stessa taglia, e questo mi ha consentito di indossare il suo costume e di prenderne il posto in salone. Era ancora addormentato quando sono andato a recuperare i miei abiti, prendendomi la soddisfazione di lasciarlo lì in mutande. Quindi sono io quello che ti ha, per così dire, circuito da quel momento in avanti.

— Stento a... a capacitarmene... — balbettò lei.

— Se vuoi, se non ne sei completamente convinta, posso ripeterti parola per parola quanto ci siamo detti nel corso della serata. O vuoi che ti descriva il costume di quel cascamorto? Se lo ritieni necessario, puoi farti addirittura dare la conferma da lui, chiedendogli come e dove si è risvegliato.

Barbara lo guardò, dibattuta. — La persona che era con me mi ha rivolto una domanda precisa, prima che ci avviassimo verso la serra. Se eri tu, Alviero, dovresti sapere qual è...

Sulle labbra di lui comparve un sorriso sornione. — Ti ho domandato se volevi il mantello. Temevo prendessi freddo con quell’abito scollato e leggero, ma tu hai rifiutato.

Barbara trattenne il respiro, sopraffatta da un’ondata di esultanza. La felicità che assaporò in quell’istante fu talmente intensa da farla barcollare. L’incubo che l’aveva attanagliata scoppiò come una bolla di sapone, dissolvendosi in una sconfinata pace interiore. Non poteva più dubitare dell’innocenza di Alviero; solo l’uomo che era con lei poteva conoscere quei dettagli. Poi subentrò la collera. — Hai lasciato che mi tormentassi per la vergogna di averti disonorato, tacendomi che non ne avevo motivo! — esplose infuriata.

Alviero rise piano e la strinse forte a sé. — Volevo verificare fin dove arrivasse la tua lealtà, Barbara, e hai superato la prova. Sono orgoglioso di te, tesoro... — Accentuò l’abbraccio, modellando il corpo forte e asciutto contro quello morbido e flessuoso di lei. — Sai, non ti ho mai desiderato come quella notte — le confidò in un rauco sussurro. — Ti volevo come mai ti ho voluto... selvaggiamente, disperatamente, così consumato dalla passione da averne quasi paura...

— Anch’io — sospirò Barbara. — Ma, al contrario di te, non saprò mai se quell'incredibile parossismo dei sensi fu spontaneo o se fu provocato dalla droga che mi propinò quel miserabile libertino.

— Se era un eccitante, può solo aver esaltato quello che già sentivi dentro di te. Sono presuntuoso se penso che, magari anche soltanto con l’istinto, mi avevi riconosciuto?

— Oh, sì, sì! — ammise lei. L’istinto e il cuore l’avevano spinta tra le sue braccia! Chi, se non Alviero, le scatenava quel desiderio struggente in ogni molecola del suo essere? Come poteva aver dubitato di essersi data a qualcuno che non era lui? Lo guardò di sottecchi esitante. — Sei dunque rimasto tutta la notte nella serra...

— Quando mi sono risvegliato, tu non c’eri più e stava per spuntare l’alba. Così, sono andato a recuperare gli abiti e sono tornato nella serra a rivestirmi, dopodiché ho riguadagnato la porticina di ferro in fondo al parco e ho raggiunto Annibaie, che era appostato con la carrozza a circa un chilometro dal castello. Dividendoci una colazione spartana, innaffiata da una fiaschetta di brandy per scaldarci, abbiamo atteso un’ora decente e poi ci siamo messi in cammino per il castello, dove ho saputo della morte di Elena e tutto il resto è passato in secondo piano. Adesso, naturalmente, non è più il caso di non informare il magistrato, e domattina... — tacque all’improvviso sentendo un rumore soffocato nello spogliatoio.

— Cos’è stato? — chiese Barbara, spaventata.

— Non ne ho idea... — Alviero si scostò da lei e scrutò nell’oscurità. — Dov’è il candelabro più vicino?

— Ce n’è uno sul cassettone...

Nella camera tiepida e scura penetrò un soffio d’aria gelida. — È entrato qualcuno— l’avvertì Alviero sottovoce, dirigendosi a tentoni verso il punto che lei gli aveva indicato. “Dove accidenti è quel dannato candelabro?” pensò spazientito, cercandolo a vuoto.

— Sì.— confermò Barbara impaurita, rabbrividendo. Lo spiffero gelido l’aveva investita in pieno.— Ma non capsico come abbia potuto introdursi. Non certo dalla porta, che è piantonata.

— Sta’ calma — la tranquillizzò lui, captando il suo terrore. — Io sono qui, a due passi da te, e fuori c’è un uomo di guardia.

— E se ti azzardi ad attirare la sua attenzione— sibilò un’ombra che si era materializzata dal nulla alle spalle di Barbara — lei è morta!

Alviero fece l’atto di slanciarsi in soccorso della moglie, ma s’immobilizzò immediatamente accorgendosi che l’intruso le premeva un coltello alla gola. — Lasciala— gli ordinò.

L’altro ridacchiò e rafforzò la presa sulla donna con un braccio, e la pressione della lama con la mano. — Hai finito di impartire ordini, barone.

Alviero, aguzzando lo sguardo, tentò di identificare l’aggressore. La sua faccia era un macchia indistinta, ma la minaccia che l’uomo rappresentava era anche troppo evidente e non andava sottovalutata finché teneva Barbara.

Quasi gli avesse letto nella mente, l’individuo scandì: — La lascerò al momento opportuno, ma prova a dare l’allarme e la uccido!— Consapevole che gli conveniva assecondarlo, Alviero assentì. Non poteva far altro, con la moglie in sua balìa. — Chi sei? Che vuoi da noi?

Lo sconosciuto rise sommessamente, una risata intrisa di malvagità che fece accapponare la pelle di Barbara. Pur paralizzata dal panico, avvertiva la sua pericolosità, e l’idea che lei e Alviero fossero alla mercè di quel folle l’agghiacciò.

— Chi sono? — Rise con sarcasmo e aggiunse: — Prova a indovinare, barone! In quanto a ciò che voglio... non sono venuto qui per conversare.

— E per che cosa, allora?

— Lo scoprirai anche fin troppo presto— replicò ambiguamente l’altro, indietreggiando.

Alviero avanzò a sua volta, fronteggiandolo con ammirevole padronanza di sé, pronto ad attaccarlo alla minima distrazione.

Barbara intuì i propositi del marito, ma dubitava che quel criminale fosse così incauto da abbassare la guardia. Doveva aiutare Alviero in qualche modo, si disse febbrilmente, perché sapeva che lui non avrebbe mai rischiato di mettere a repentaglio la vita della moglie. Sì, toccava proprio a lei offrirgli l’opportunità di sbloccare la situazione, ma subito, prima che il terrore la soverchiasse.

Non appena sentì la lama scostarsi lievemente dal collo, guizzò via con uno scatto che lo colse di sorpresa. Alviero fu altrettanto fulmineo e gli balzò addosso, franando con l’aggressore sul folto tappeto, che attutì l’impatto. Barbara, che era stata spintonata lontano dal marito durante la sua controffensiva, era andata a sbattere violentemente contro il muro, mentre gli uomini si avvinghiavano cercando, in un confuso intrico di gambe e di braccia, di sopraffarsi a vicenda.

Barbara, intontita dalla botta, si rattrappì alla parete, assistendo impotente a quella lotta silenziosa e feroce. Vedeva Alviero schivare i mortali fendenti del pugnale e la paura che finisse per soccombere prevalse a un tratto su ogni altro pensiero. Tremava, e quando non riuscì più a distinguere l’uno e l’altro, abbassò le ciglia e pregò fervidamente per l’incolumità del marito, perché sebbene Alviero e quell’individuo avessero all’incirca la stessa corporatura, e possedessero entrambi una notevole forza fisica, lo scontro non era equo. L’aggressore era armato e quel corpo a corpo poteva concludersi tragicamente.

Ansimò allorché un sordo gemito di dolore, penetrando attraverso i suoi sensi intorpiditi, le arrivò al cervello offuscato. Rialzò le palpebre e attese col fiato sospeso, gli occhi che mettevano faticosamente a fuoco le sagome stese a terra. Infine, puntellandosi sulle ginocchia, uno dei due uomini si rimise in piedi lentamente, ansimando, e le si avvicinò. Lei lo guardò con il cuore che le martellava disordinatamente in petto, lo riconobbe e il suo cuore si gonfiò di sollievo e di esultanza.

— Alviero! — le sembrò di averlo gridato quel nome, anche se il suo non fu che un bisbiglio. — Grazie a Dio sei salvo!