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— Se siete in grado di sopportare un’altra emozione, cara, c’è una bella sorpresa, per voi — le annunciò Lavinia, entrando come un turbine nella camera di Barbara. Gettò un’occhiata disapprovante al vassoio della colazione che le aveva fatto servire poco prima: era intatto.
— Una bella sorpresa, dite... — Barbara, ridotta a un grumo di apatia, sembrava scettica, dopo la precedente sequela di orrori. Forse era semplice autodifesa, ma tutto quello che voleva dal futuro era una piatta, uniforme monotonia quotidiana, nella quiete della sua casa.
— Sì, una bella sorpresa — le confermò la marchesa muovendosi con efficienza attorno a Barbara. Sfoderando un insospettabile senso pratico e smesso di compiangersi per le “disgrazie” che le erano piombate tra capo e collo, Lavinia aveva ripreso saldamente in pugno le redini della situazione, occupandosi con raddoppiata premura dei suoi ospiti, soprattutto di Barbara. Rimessa al lavoro la servitù fin dalle prime luci dell’alba, si era poi piazzata nella stanza di Barbara, sull’orlo di un collasso nervoso, obbligandola, dopo averla fatta visitare accuratamente dal proprio medico, a sottostare alle prescrizioni di questi. Il malore che l’aveva fatta svenire era dovuto alle fortissime emozioni, era stato il responso del dottore, ma tranquillità e riposo l’avrebbero rimessa in sesto in qualche giorno. Le aveva somministrato una blanda dose di laudano, raccomandandole una calma assoluta. Barbara aveva in effetti dormicchiato un po’, ma era ben lungi dall’essersi calmata.
Probabilmente l’insonnia era un disturbo che aveva contagiato ogni abitante del castello, poiché, con il ritrovamento del secondo cadavere, nessuno quella notte aveva più chiuso occhio, stando al resoconto di Lavinia. Gli ospiti, inoltre, in un eccesso di prudenza, si erano praticamente barricati nelle rispettive camere, aspettando ansiosamente l’arrivo delle autorità di polizia.
— Chissà se i delitti hanno un nesso tra loro — riprese Lavinia, porgendole spazzola e pettine affinchè si sistemasse i capelli aggrovigliati.
Barbara si mise a sedere sul letto. — L’unico nesso che salta agli occhi — replicò a bassa voce pettinandosi di malavoglia — è che Agostina si occupava di Elena, oltre che di me.
— E cosa vi suggerisce questo? — Lavinia le si fermò davanti, guardandola con aria interrogativa. Del cugino del marito, Ruperti, non fece parola, e Barbara era troppo abulica per avere interesse a informarsi.
— Non so... non riesco a capire — si limitò a commentare lei, riadagiandosi contro i guanciali. — Questi delitti appaiono così inspiegabili.
— Già — la marchesa lasciò diplomaticamente cadere l’argomento e, abbozzando un sorriso stentato, disse invece: — Allora, non volete sapere quale bella novità ho in serbo per voi, cara?
— Qualunque sia, ben venga — mormorò Barbara, afflitta.
Lavinia trasse un profondo sospiro di fronte a quella palese mancanza di entusiasmo. Si era vestita con sobrietà, contrariamente al solito, forse per una forma di rispetto nei confronti delle due donne morte. Oppure era solo perché era iniziata la Quaresima e gli abiti sfarzosi e sgargianti che amava indossare sarebbero stati stonati.
— Tesoro, sono veramente desolata per ciò che è capitato a quella sventurata Elena — cominciò esitante.
— Non mi avete dato questa impressione, ieri sera — le rinfacciò senza acredine Barbara. — Da come avete reagito, sembrava più un fastidio per voi, che il mesto rammarico che esternate stamane.
La marchesa arrossì violentemente. — Oh, be’, credo di essere stata sgradevole, ma, a mia discolpa, vi confesso che ero decisamente sottosopra. — Cincischiò imbarazzata la pesante sottana di velluto blu e proseguì. — Ero anche abbastanza alticcia e questo ha contribuito a mettermi in bocca cose che in realtà non pensavo davvero. In verità, sono terribilmente dispiaciuta. Elena Sigismondi mi era molto simpatica e... e nessuno merita di fare una simile fine.
— Direi che quella di Agostina è stata anche peggiore — sottolineò Barbara.
— Sì, debbo riconoscerlo — fu d’accordo Lavinia, rabbrividendo. — Bene, adesso ci sarà chi se ne occuperà con competenza, grazie al cielo! — Agitò le belle mani aristocratiche come se volesse scacciare definitivamente da sé quelle tristezze, aggiungendo: — Non siete curiosa, dunque? Sapete perché la mia presenza era richiesta dabbasso, cara?
Barbara scosse il capo. Circa mezz’ora addietro era salita la governante, mettendo la marchesa al corrente del sopraggiungere del magistrato e delle guardie, che l’attendevano, insieme al marchese, in biblioteca. Si chiese quale novità potesse rappresentare per lei l’arrivo di quelle persone. Lo disse a Lavinia, che le scoccò un sorrisetto misterioso, sconcertandola. Barbara si accinse a domandarle spiegazioni, ma Lavinia la zittì con un gesto imperioso, spalancò la porta e si fece da parte, invitando a entrare con un cenno del capo qualcuno che aspettava fuori.
Sulla soglia si stagliò l’aitante, solida figura di Alviero.
— Alviero! — Barbara si sollevò bruscamente dai cuscini, fissandolo incredula.
Lui indugiò qualche istante poi, tenendole gli occhi addosso, avanzò nella stanza e si accostò al letto.
— Buongiorno, Barbara — salutò con voce tranquilla, rivolgendo un sorriso impersonale a Lavinia.
Questa lo contraccambiò con molto più calore, soggiogata, come regolarmente accadeva a ogni donna quando lui era presente, dal fascino che esercitava. — E arrivato immediatamente dopo le autorità di polizia — spiegò. — Siete contenta, cara?
Pallidissima, Barbara lo osservò da sotto le ciglia. Elegantissimo nell’abito da viaggio — giacca di ottima fattura in una calda tonalità tabacco, panciotto di broccato, camicia candida con jabot non troppo vistoso, calzoni al ginocchio in tinta, completati da calze bianche e scarpe con fibbia argentata — si guardava attorno con espressione imperscrutabile. Non portava la parrucca, naturalmente, e i folti capelli neri erano raccolti nell’abituale codino sulla nuca.
— La vacanza non sembra averti giovato granché — commentò Alviero laconicamente, riportando l’attenzione sulla moglie. Poi si abbassò, sfiorandole le labbra con le proprie.
Come se captasse il disagio che c’era tra loro, Lavinia bofonchiò un: — Be’, vi lascio soli — e si eclissò rapidamente.
— Sei l’ultima persona che mi aspettavo di vedere arrivare quassù — Barbara respinse nervosamente una ciocca di capelli, mentre cercava di padroneggiare l’emozione.
— Sì, lo immagino — fu l’asciutto commento di lui.
— Avrai fatto un viaggio estenuante, con questo tempaccio.
— Infatti. Sarei giunto prima se la neve non mi avesse costretto a rallentare per quasi tutto il percorso.
— Ti sei perso il ballo in maschera — disse ironicamente lei.
— Non sono certo venuto per quello, bensì per riportarti a casa, confidando di trovarti più ragionevole che nel nostro precedente incontro. Me lo auguro, almeno! — dichiarò esplicito.
— Hai... hai saputo di Elena? — sussurrò Barbara.
— Sì. — Alviero strinse le labbra in una piega dura e le scoccò un’occhiata di aperto biasimo. — Volevi fare l’emancipata, come lei, ed ecco in quale situazione sei finita! — La scrutò attentamente, notando le occhiaie livide, il pallore innaturale, i capelli in disordine. — Stai bene, comunque?
— Oh, grazie per esserti degnato di chiedermelo! — fu la replica risentita.
Nello sguardo grigio di lui passò un lampo d’irritazione. — Chi è causa del suo male... — scosse il capo. — Quel dottore mi ha già detto ogni cosa, Barbara, ma volevo avere un’ulteriore conferma da te.
— Be’, sono a pezzi, se questo può interessarti.
— Tuttavia, la tua impertinenza funziona benissimo.
— Per tua disdetta, sì!
Alviero alzò gli occhi al cielo, esasperato. — Se questo è l’inizio, Dio mi salvi da quello che mi propinerai in seguito, donna! Proprio non c’è verso di raddolcire quel tuo pessimo carattere?
— Puoi sempre andartene, Alviero. Nessuno ti obbliga a subire i miei malumori, no? E, dopotutto, in questa situazione ci sono finita anche per causa tua, ricordi?
— Ricominciamo con le recriminazioni?
— Non ne ho la forza — mormorò stancamente lei.— La morte di Elena mi ha distrutto.
— Elena, appunto! — scattò Alviero in tono tagliente. — Più che gettare la colpa su di me, dovresti darla a lei. Non sono stato sicuramente io a trascinarti quassù. Se mi avessi ascoltato, ti saresti risparmiata... tutto questo! — obiettò scrollando le ampie spalle.
— Elena non poteva sapere a cosa andavamo incontro, e io neppure.
— Te lo concedo, ma disapprovo in ogni caso che ti sia lasciata condizionare da quell’incosciente. In quanto a lei, mi stupisco solo che non l’abbiano ammazzata prima!
— Alviero! — trasecolò Barbara.
— Sono un uomo schietto, mia cara, forse brutale nell’esprimere ciò che penso, e non sarò ipocrita per usarti una cortesia. Se vuoi che ti dica sinceramente la mia opinione, Elena se l’è cercata! Era una svergognata cortigiana, anche se ti sei sempre rifiutata di ammetterlo, una dissoluta con la moralità di una cagna, e alla fine si è imbattuta in colui che gliel’ha fatta scontare. Se fossi il magistrato, con il quale poco fa ho scambiato due parole, lo assolverei quel tale...
— Quale tale? — lo interruppe Barbara, aggrottando la fronte. — A chi ti riferisci?
— Ma al cugino di Ottavio Scaringelli, naturalmente.
— Intendi Gaetano Ruperti?
— E a chi altri, sennò? — il marito la fissò per un momento. — Non eri stata informata che è agli arresti?
— N... no — balbettò lei. — Lavinia non mi ha detto nulla.
— Be’, è comprensibile. Nello stato in cui versi, probabilmente non ha voluto sconvolgerti maggiormente.
— Ma...
— Sta’ tranquilla, non può nuocere più a nessuno, se è questo che temi. L’hanno messo sotto chiave e due uomini piantonano la stanza ininterrottamente. Sospetto che quell’individuo non sia del tutto a posto, mentalmente parlando, e comunque, a questo punto, le indagini diventano una semplice formalità, suppongo.
— Vuoi dire che lo ritengono colpevole? — esclamò allibita.
— Indubbiamente. Così, espletata la normale routine prevista in casi del genere, ce ne potremo andare, se Dio vuole. Certo, il magistrato vorrà sentire le dichiarazioni delle persone presenti al fatto, le tue, in parti— colar modo, dato che conoscevi Elena meglio di chiunque altro, ma non ci vorrà tanto tempo.
— Alviero, non è stato quell’uomo a uccidere Elena!
— proruppe Barbara. Saltò fuori del letto e infilò vestaglia e babbucce. — Devo parlarne al magistrato — continuò febbrilmente, scostandosi i capelli dal viso. — Io devo scagionare quel poveraccio!
— Tu non vai da nessuna parte, invece — Alviero la sollevò di peso e la depositò sulla poltrona davanti al camino. Aveva il volto teso e le mascelle contratte dalla determinazione. — Basta con le follie, Barbara!
— Follie? — protestò lei con foga. — Ti ripeto che non è stato lui!
— No? E tu che ne sai? — indagò con asprezza.
— Avrebbe ucciso anche me, non pensi?
— Oh, se è per questo non ne ha avuto l’opportunità, mia cara. Le tue urla, mi è stato riferito, hanno quasi fatto crollare le mura di questo ammasso di pietre, e Matilde Albisetti è piombata nella cappella pochi minuti dopo averti sentito, tallonata da tutti gli altri, naturalmente. Anzi, lì per lì, vedendoti riversa al suolo, ha creduto che avesse pugnalato anche te.
— Che idiozia!
— Be’, mica tanto. In fondo aveva ancora in mano lo stiletto con il quale si sospetta abbia ucciso Elena.
— Non intendeva usarlo contro di me, Alviero...
— Ne sei sicura? Oppure la tempestiva comparsa di quella donna gli ha impedito... — Alviero fece una pausa* e strinse i pugni — di eliminare una testimone che poteva inchiodarlo ai due precedenti delitti? Perché è probabile che la domestica avesse visto qualcosa che non doveva vedere, o qualcuno, e questo ha causato la sua morte.
— Gaetano Ruperti è innocente! — insistette Barbara con enfasi. — Non sapeva nemmeno che fosse stato commesso il secondo delitto! — E Barbara spiegò ad Alviero come si fossero svolte le cose nella cappella.
— Questo non significa niente, dato che potrebbe essere stato uno scaltro stratagemma per stornare i sospetti da sé. Se è così, è chiaro che fingeva di cadere dalle nuvole, e tu ci sei cascata come un’allocca.
— Per l’amor del cielo, avrei capito che recitava, no?
— E come? Ah, Barbara, sei veramente un’ingenua!
Lei alzò il mento con ostinazione. — Ti dico che è innocente, Alviero, ed è una vera infamia accusarlo di assassinio!
— Insomma, che lo sia o no, non è compito tuo appurarlo, mia cara — tagliò corto lui.
— No, non lo è, ma non posso nemmeno abbandonarlo a se stesso. Ruperti è una persona inoffensiva e trovo giusto dargli una mano in un frangente del genere.
— Inoffensivo? — Alviero inarcò un sopracciglio. – E’ uno scalmanato, e Ottavio mi ha detto che ci sono voluti diversi uomini per immobilizzarlo.
— Avrà cercato di ribellarsi a quello che è un sopruso bello e buono! — ribattè lei indignata.
Lo sguardo di Alviero s’indurì per l’accanita difesa della moglie verso Ruperti. — Barbara, esigo che tu stia fuori da questa faccenda — scandì in tono categorico. — Se ne occuperà il magistrato, e non appena le circostanze ce lo consentiranno, ce ne andremo di qui.
— Testimonierò a suo favore — ribadì lei, accalorandosi. — Inoltre, cosa ti rende certo che ti seguirò?
Alviero si rabbuiò. — Vuoi ancora fare di testa tua? Non t’è bastata la lezione? — obiettò rabbiosamente.
Barbara si limitò a indirizzargli un’occhiata di sfida, che l’uomo incassò senza battere ciglio. Poi, considerando che se avesse testimoniato avrebbe anche dovuto rivelare come e perché Ruperti non poteva essere colpevole, Barbara si rimangiò le furenti parole che stava per dirgli. Se avesse riferito al magistrato quello che aveva visto tornando dalla serra e suo marito ne fosse venuto a conoscenza, con tutto il retroscena, naturalmente, che ne sarebbe stato del loro matrimonio? Era disposta a perdere Alviero? Sapeva che lui non sarebbe passato sopra il suo tradimento, quindi scagionare Ruperti poteva generare un disastro e condannarla all’infelicità. Esitante sogguardò il marito. Pur prostrata dall’accaduto, la sua vicinanza le suscitava l’effetto di sempre, facendoglielo desiderare fino a patirne fisicamente, con un’intensità lacerante. Alviero aveva il potere di avvincerla come nessun altro, rendendola succube dei sentimenti che, suo malgrado, provava per lui, sentimenti profondi, con radici che si abbarbicavano alla sua anima, annullando ragione e volontà in una bruciante voglia di abbandono.
Come aveva potuto — si chiese — concedersi a un uomo della cui identità non era neppure sicura, e provandone addirittura piacere, quando amava il marito così disperatamente? Buon Dio, era talmente contraddittorio il suo comportamento, che le sembrava di impazzire. E riguardo a Ruperti, come doveva agire? Se avesse seguito la propria coscienza e fatto quello che riteneva un dovere, quale prezzo avrebbe poi dovuto pagare?
— Se quel Ruperti è innocente — riprese Alviero con recuperata calma — potrà dimostrarlo, presumo.
— E come, se tutto congiura contro di lui? — obiettò Barbara, distogliendosi dai cupi pensieri che la travagliavano.
— A sentire Ottavio, che non esprime giudizi personali per via della parentela, non è uno stupido, perciò saprà far valere le sue ragioni, altrimenti... — Alviero allargale braccia, preferendo non turbare oltre la moglie con la prospettiva di quello che avrebbe subito Ruperti se lo avessero giudicato colpevole, e cioè una condanna capitale. Poi riprese: — E un uomo colto, raffinato, perfettamente in grado di difendersi da solo, anche se tu sei convinta che gli occorra un paladino. — Appoggiò il gomito alla mensola del camino, facendo una pausa mentre la osservava con gli insondabili occhi grigi. — Devi sempre schierarti contro di me, Barbara? Perché la tua disponibilità verso gli altri deve scontrarsi con le mie esigenze? Vuoi mettere a repentaglio... — Tacque, udendo un discreto battere alla porta e, seccato dall’interruzione, bofonchiò un ringhioso: — Sì?
Ottavio Scaringelli prima infilò il capo nella porta socchiusa, poi entrò, e dopo aver rivolto un cordiale saluto a Barbara, spostò l’attenzione sull’aggrondato consorte di lei. — Scusate l’invadenza, ma il magistrato vorrebbe conferire con la signora, se se la sente — lo apostrofò.
Alviero lanciò un’occhiata interrogativa alla moglie. Barbara assentì con un breve cenno della testa, si eresse nella persona e ignorando l’espressione ammonitrice del marito pensò che, se doveva farlo, tanto valeva affrontarlo subito. Per di più, dopo le scioccanti esperienze vissute nelle ultime ore, cosa mai poteva spaventarla ancora?