Capitolo 28
Due mesi dopo
Sono sull’autobus e sto attraversando Manchester.
Oggi è un giorno speciale e ho lo stomaco sottosopra per l’agitazione.
Mi torna in mente Jake e mi sento un nodo in gola. Per la milionesima volta mi chiedo come stia. Avrà fatto altre gite in campeggio in solitaria? Avrà superato la morte della sua Laura?
Non l’ho più sentito da quando se ne è andato dal campeggio all’improvviso. Il suo silenzio forse significa che ha letto il mio manoscritto ma non pensa che sia degno di essere pubblicato e lui è troppo gentile per dirmelo. Ma questo non mi impedirà di cercare di far avverare il mio sogno. Anche Stephen King ha ricevuto tanti rifiuti prima di diventare un autore di successo.
Ho controllato il sito di Jake qualche volta, dopo il ritorno dalla vacanza, ma non c’è ancora una data di pubblicazione per il suo prossimo libro. Ma chi prendo in giro? Lo controllo tutti i giorni, fingendo di volermi tenere aggiornata sulle uscite editoriali, ma in realtà lo faccio solo per guardare la sua foto e rileggere la sua biografia per l’ennesima volta. Mi vergogno di me stessa, ma non riesco a togliermi Jake dalla testa, per quanto ci provi. Perciò ho smesso di provarci.
Ho imparato che i sentimenti non si possono cancellare, semplicemente mettendoli in un angolino buio della mente e facendo finta di niente. Ci ho provato dopo la morte della mamma. Ho provato a nascondermi dietro una maschera di coraggio e a mettere via il mio dolore, ma ne ho ricavato solo confusione, senza riuscire a trovare il modo più sano per andare avanti.
Sono stata fortunata, molto fortunata, ad aver scelto il campeggio di lusso di Clemmy per la mia vacanza. Adesso Clemmy e io siamo vicine come non lo eravamo neanche ai tempi dell’università e tra un paio di settimane andrò al suo matrimonio. Non vedo l’ora di rivedere tutti, soprattutto Poppy, Roxy, Gloria e Ruby.
È stata Ruby a farmi vedere le cose sotto una luce diversa, quando mi ha detto di cercare di fare onore alla memoria di mia madre facendo qualcosa che l’avrebbe resa fiera di me. Ho già iniziato a buttare giù un nuovo libro e il mio sogno è di poter un giorno lasciare il lavoro nella redazione di «Idraulico felice oggi» per scrivere a tempo pieno. Ci vorrà del tempo, ma sono decisa a raggiungere l’obiettivo…
Adesso vivo nella casa della mamma. È ancora in vendita, ma io non ho fretta. Pensavo che sarebbe stato duro vivere tutti i giorni tra i ricordi dei bei vecchi tempi, ma devo dire che, al contrario, lo trovo piuttosto rassicurante.
Il mio stomaco emette un gorgoglio imbarazzante. Non ho fatto colazione stamani perché ero troppo agitata. È una bella sensazione, però.
Ho appuntamento con Sylvia alla stazione degli autobus alle dieci e mezza, per andare a prendere un caffè insieme e raccontarci le ultime novità. L’ultima volta ci siamo viste due settimane fa, questo significa che avremo un sacco di cose di cui parlare!
Sorrido, ripensando alla prima volta in cui sono tornata ad Appley Green da adulta.
Sylvia e io ci siamo tenute in contatto via e-mail da quando ci siamo ritrovate. Ogni giorno, non vedo l’ora di leggere il resoconto degli episodi più buffi della vita nell’hotel e di imparare nuove cose sul suo conto. Quando mi ha chiesto di andare a trovarla, ho preso un treno per Guildford il week-end stesso e lei è venuta a prendermi alla stazione. Ha lasciato l’hotel nelle mani del suo assistente-manager, così da potermi dedicare tutto il suo tempo. Da quanto ho dedotto, è la prima volta che Sylvia si concede due giorni liberi consecutivi, e il fatto che lo abbia fatto per me mi ha fatto davvero capire che passare del tempo insieme è importante per lei tanto quanto lo è per me.
Il tempo è volato e, prima che me ne accorgessi, eravamo di nuovo alla stazione a salutarci.
Quel momento è stato un po’ imbarazzante. Gli addii alle stazioni sono drammatici per definizione. La gente si commuove. Lo sentivo io e so che Sylvia provava la stessa sensazione. Lei è mia mamma e allo stesso tempo non lo è. Io ho già avuto una mamma, da chiamare con questo nome per tutta la vita. Per me non è naturale pensare di chiamare Sylvia “mamma”.
Perciò ci siamo scambiate dei saluti amichevoli ma distaccati e Sylvia ha promesso di venirmi a trovare a Manchester nel giro di qualche settimana. Dopo quella volta, sono tornata di nuovo ad Appley Green e oggi, è un giovedì, Sylvia è venuta su in auto dal Surrey per una visita rapida, perché deve tornare all’hotel per il fine settimana, per un convegno.
Mi lascio dondolare allegramente dal movimento dell’autobus.
Qualcuno ha lasciato un giornale sul sedile accanto al mio e inizio a sfogliarlo distrattamente.
Non mi sento pronta a chiamare Sylvia “mamma”. Non sono sicura che ci riuscirò mai, anche se Rachel dice che è normale. Ma le cose vanno bene tra noi. Stiamo stabilendo un legame sempre più profondo e sento che è importante anche per lei. Ho raggiunto uno stato di tranquillità per cui credo che, salvo catastrofi, saremo per sempre presenti l’una nella vita dell’altra.
La mia potrebbe sembrare un’illusione, forse. Ma nel profondo, so che io sto cambiando la sua vita e lei la mia, per il meglio. Siamo solo all’inizio, ma adesso posso guardare oltre il dolore del lutto verso un futuro luminoso. E anche Sylvia sta cambiando, ora che può lasciar andare il peso del senso di colpa per le sue scelte di gioventù. Non si veste più solo di nero e ride più spesso. Ha smesso di aggrapparsi al lavoro per colmare un vuoto e ha trovato una leggerezza di spirito che prima non aveva.
Ho l’impressione che anche a lei il futuro non faccia più paura. Adesso ha qualcos’altro per cui vivere…
Giro una pagina e il mio cuore fa un sobbalzo.
C’è una grande fotografia in bianco e nero di Jake Steele che mi guarda dal giornale.
Fisso la foto trattenendo il respiro. Accompagna un articolo della sezione culturale del giornale, in cui è annunciata la pubblicazione odierna del suo nuovo libro. Forse Jake non ha aggiornato il suo sito, perché lì non si parla di date.
Ovvio. Era Laura a occuparsi delle questioni tecnologiche per lui.
Forse dovrei mandargli una e-mail e chiedergli se vuole che aggiorni il suo sito per lui. In questo modo rinuncia a un bel po’ di pubblicità.
Ma il cuore mi sprofonda in petto. Non posso farlo. Penserebbe che sono una stalker se gli chiedessi una cosa del genere. Devo smetterla di pensare a Jake e fantasticare su di lui, perché non ne può venire niente di buono…
Chiudo il giornale e lo butto sul sedile davanti.
Jake Steele è acqua passata. Io devo guardare avanti.
Stiamo entrando nella stazione e vedo Sylvia vicino al chiosco dei giornali, che osserva l’arrivo del mio autobus. Indossa un nuovo cappotto color lilla con una cintura in vita e degli stivaletti alla caviglia color cuoio. Lo chignon austero è scomparso e al suo posto c’è un morbido caschetto biondo. Sembra più giovane di dieci anni.
Sorride quando mi vede e io la saluto con la mano e inizio a raccogliere le mie cose. Sono quasi alla porta dell’autobus, quando decido di tornare indietro a prendere il giornale con l’articolo su Jake e lo infilo in borsa.
Sylvia sembra davvero contenta di vedermi.
«So che verrai al matrimonio di Clemmy», dice prendendomi a braccetto, mentre usciamo dalla stazione degli autobus. «Ma mancano ancora due settimane e io avevo bisogno di vederti. Sono contenta che tu fossi libera oggi». Le brillano gli occhi e sembra piena di energie, nonostante si sia alzata all’alba per venire a Manchester.
Le sorrido. «In realtà sarei dovuta andare al lavoro, ma ho preso un giorno libero».
«Be’, sono contenta comunque. Ora andiamo a prendere un caffè. Ho sete».
Le propongo il mio caffè preferito, che ha anche un reparto panetteria meraviglioso. I loro muffin al cioccolato sono degni di quelli di Poppy e sono certa che Sylvia ne sarà entusiasta. Ma, con mia grande sorpresa, lei sembra avere altri piani.
«In realtà, ti dispiace se andiamo qui?», dice mostrandomi la pagina di una guida che elenca i migliori locali della zona.
«Certo, va bene». Non guardo neanche di cosa si tratta, perché in realtà non mi importa dove andiamo. Mi basta solo stare in compagnia di Sylvia.
Ci incamminiamo, chiacchierando e guardando le vetrine. In un negozio ci sono già delle decorazioni natalizie, anche se siamo solo a settembre, e ci mettiamo a scherzare sulla cosa.
Dopo una pausa, Sylvia chiede: «Che cosa pensi di fare per Natale?». Lo dice quasi con noncuranza, con lo sguardo rivolto a una vetrina.
Il cuore mi scende sotto la suola delle scarpe. In realtà, quest’anno temo davvero l’arrivo delle feste. Mi sento sempre meglio riguardo alla mamma, ma l’idea del Natale senza di lei mi riempie di ansia e tristezza.
«Non so. Rachel mi ha invitata per il pranzo di Natale, insieme al suo fidanzato, potrebbe essere divertente». Lo dico sorridendo, ma dentro mi sento morire. Preferirei passare la giornata sotto il piumone, piuttosto che intrufolarmi nel loro primo Natale insieme nella nuova casa!
Sylvia annuisce e dice allegra: «Sì, sembra un’idea carina».
«Immagino che tu sarai molto impegnata, l’hotel deve essere pieno in quel periodo. Non avrai molto tempo per festeggiare, fino a fine gennaio».
«In realtà, pensavo di prendermi il giorno di Natale libero, per la prima volta in vent’anni». Scoppia a ridere. «Credo che lo passerò a dormire, mangiare cioccolata e guardare la tv».
«Mi sembra un ottimo programma».
«Cioè…». Fa una pausa. «Se decidi di non andare da Rachel, potresti scendere nel Surrey e potremmo mangiare cioccolata insieme», aggiunge con una risatina leggera, come se non fosse una cosa poi così importante.
Le stringo il braccio con la mano. «Non ho intenzione di andare da Rachel. Stavo solo cercando di dimostrarmi forte. Mi piacerebbe molto venire da te».
Sylvia mi sorride, con gli occhi che le brillano.
«A una condizione, però. Io di solito faccio una scorpacciata di film natalizi strappalacrime. Più si piange, meglio è».
«Ottimo», dice lei ridendo. «Ho tanti anni di film mielosi non visti alle spalle, devo proprio recuperare».
«Certo che devi. Ci penserò io a metterti in pari». La mente mi si riempie di ricordi. «Il primo che devi vedere è West Side Story, il musical».
«Fantastico», dice lei allegra.
«Anche se, per Natale, forse possiamo andare ancora di più sul sentimentale», aggiungo. «Magari L’amore non va in vacanza?»
«Mai sentito», ammette lei. «Ma va benissimo!».
Sorrido, mentre passeggiamo a braccetto.
West Side Story era il film della mamma.
Adesso è il momento di imparare quali film piacciono a Sylvia…
«Eccoci qua, siamo arrivate», dice Sylvia quando siamo davanti a quella che a prima vista sembra una libreria.
Entriamo. Fa piacere potersi riparare dal vento gelido dell’autunno e l’odore di caffè è davvero gradevole. Ma la zona bar deve essere al piano superiore, perché a questo piano vedo solo libri.
«Guarda, ci deve essere un autore a firmare i libri», commento notando una piccola coda di persone accanto a un tavolino, su cui sono impilate molte copie di uno stesso libro. Mi avvicino per dare un’occhiata.
«Ah, sì. Stavo giusto per dirtelo…», inizia Sylvia e io mi giro a guardarla con uno sguardo interrogativo. Le sue guance normalmente pallide sono arrossate. Il volto le si illumina mentre sorride a qualcuno alle mie spalle. «Ciao Jake».
Jake?
Mi giro di scatto, con il cuore che batte all’impazzata, le gambe quasi mi cedono per lo shock.
Non c’era bisogno che prendessi il giornale con la foto di Jake, come patetico ricordo!
Perché adesso me lo ritrovo davanti, in carne e ossa. In piedi vicino a un grosso cartello, che chissà come non ho visto entrando, che annuncia la presenza del noto autore di best-seller Jake Steele, presente per autografare le copie del suo nuovo libro in uscita oggi.
Sul cartello c’è la stessa foto del giornale che porto in borsa.
«Sylvia, che bello vederti». Una pausa di silenzio, in cui i suoi occhi incontrano i miei. «Daisy».
Deglutisco e cerco di sorridere, sentendomi avvampare in viso. Il mio nome pronunciato dalle sue labbra evoca i ricordi dei momenti che abbiamo passato insieme davanti alla sua tenda nel bosco, e il cuore inizia a battermi così forte che mi manca quasi il respiro.
Jake si rivolge a Sylvia sorridendo. «Ce l’hai fatta, a portarmela. Grazie».
Mi giro verso Sylvia, che sembra piuttosto imbarazzata. Con una scrollata di spalle dice: «È solo un piacere. Dopo che ti sei dato così tanto da fare per organizzare questa presentazione a Manchester, era il minimo che potessi fare».
La guardo incredula. «Tu lo sapevi, che lo avremmo trovato qui? Perché non me lo hai detto?».
«Non dare la colpa a Sylvia», interviene Jake in tono tranquillo. «Le ho chiesto io di tenere il segreto».
«Ma perché?».
Jake abbassa lo sguardo e non risponde subito. Poi dice: «Avevo paura che non volessi vedermi».
«È perché mai?», gli chiedo confusa.
Lui scrolla le spalle. «È da tanto che mi hai mandato il tuo manoscritto e io non ti ho mai risposto. Ma c’è un motivo. Mi stavo informando su una cosa e credo di poterti dare delle buone notizie».
Lo fisso in silenzio, senza riuscire a immaginare di cosa stia parlando.
Sylvia mi dà una gomitata leggera e dice sottovoce: «Sai, credo che darò un’occhiata in giro. Sono anni che non entro in una libreria».
Ci sorride con fare birichino e si allontana tra gli scaffali.
«Tu… hai organizzato la presentazione in questa libreria per me?». Continuo a fissarlo, ancora quasi incredula di averlo qui davanti a me.
«Sì. Scusami se non mi sono fatto sentire, ma non è perché non ti stavo pensando. Tutto il contrario, direi». Jake continua a guardare il pavimento e sembra stranamente vulnerabile, assai diverso dal solito Jake sicuro di sé a cui sono abituata.
«Non fa niente. Adesso sei qui e questa è la cosa più importante», mormoro piano, incapace di staccare gli occhi dai suoi anche solo per un istante.
Le sue labbra si incurvano in quel sorriso che è nei miei sogni da settimane. «Allora non sei arrabbiata?».
Rido tra me e me. Come può pensare che io sia arrabbiata?
«No, certo che no. Tutto il contrario, direi».
Sorridiamo alla mia ripetizione delle sue parole di poco prima.
Do una piccola scrollata di spalle. «Pensavo che non ti avrei mai più rivisto e… l’idea non mi piaceva».
«Neanche a me». I suoi occhi si accendono di emozione mentre mi fissa. Poi si guarda alle spalle, verso la coda dei fan in attesa. «Però adesso devo firmare dei libri. Non ci vorrà molto. Poi possiamo parlare un po’?».
Annuisco. «Intanto prendo un caffè con Sylvia. Raggiungici quando hai finito».
Lo seguo mentre si allontana, con lo sguardo che indugia più a lungo del dovuto sulle sue spalle larghe, il suo sedere favoloso e le sue gambe lunghe e muscolose. Adoro ogni singola parte di lui. Osservo interessata la reazione delle signore in coda all’arrivo di Jake. Alcune di loro raddrizzano la schiena, si sistemano i capelli e sorridono. Credo che anch’io farei la stessa cosa, se fossi tra loro.
È bello rivedere Jake ma devo stare attenta a non lasciarmi trasportare troppo, pur sapendo di essere io il motivo per cui ha organizzato questa presentazione a Manchester. Magari non ha ancora dimenticato Laura…
Raggiungo Sylvia e insieme andiamo verso il bar al piano superiore e ordiniamo caffè macchiato e due fette di torta glassata allo zenzero.
Ci sediamo a un tavolino che si affaccia sulla strada sottostante e chiedo a Sylvia perché lei e Jake sono in contatto.
Mi rivolge uno sguardo nervoso. «Spero di non essere stata troppo invadente. Ma sapevo che Jake ti piace e un giorno ci siamo incrociati all’hotel, dopo che tu eri partita. Mi ha chiesto se ti avevo visto, abbiamo iniziato a parlare e ci siamo inventati questo piano».
La guardo esterrefatta.
«Jake ti ha chiesto di me?».
Sylvia annuisce. «Non solo. Mi ha detto che non riusciva a smettere di pensare a te. Mi ha chiesto se tu e Toby stavate ancora insieme e ovviamente io gli ho detto che vi siete lasciati». Sorride. «A questa notizia si è subito rallegrato».
«Davvero? Ti ha parlato di Laura?».
Sylvia ci pensa un po’. «No, non mi sembra. Parli della Laura che è morta in quell’incidente stradale? La sua matrigna?».
Spalanco gli occhi. La sua matrigna?
In questo caso, la storia prende tutta un’altra piega.
«Sei sicura che fosse la sua matrigna?»
«Direi di sì. C’è scritto qui, sul giornale». Sylvia prende una copia da un tavolino e cerca l’articolo che parla di Jake. Lo stesso che avevo trovato sull’autobus. Se mi fossi presa la briga di leggere l’articolo, avrei capito che i sentimenti di Jake per la donna di nome Laura non erano affatto di natura romantica.
«Pensavo che avesse perso l’amore della sua vita», mormoro.
«E invece no». Sorride. «E tu gli piaci davvero, Daisy. Su questo non ho dubbi». Mi accomoda un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. «Quindi perché adesso non vai da lui, e gli dici quello che provi? Perché a me sembra chiaro come il sole che voi due dovreste stare insieme».
«Tu credi?». Il cuore mi fa capriole nel petto.
«Già. Perciò vai. Ti aspetto qui», dice facendomi dei cenni con le mani come per scacciarmi. «Vai, vai!».
Le sorrido e mi alzo, lasciando metà della mia torta allo zenzero, e scendo le scale.
La coda si è esaurita. Jake è sempre seduto al suo tavolino e sta firmando dei libri, ma quando mi vede si alza e mi viene incontro.
Lo guardo negli occhi, sorridente. «Hai detto che potresti avere delle buone notizie per me?»
«Esatto. Troviamo un posto tranquillo».
Jake mi accompagna verso una stanza laterale e rimane sulla soglia. «Sono davvero felice che tu e Sylvia vi siate riunite. Credo che siate molto simili, sotto tanti punti di vista».
Gli sorrido raggiante. «Dici sul serio?»
«Sì. Siete indipendenti e avete un’intelligenza quieta che ammiro molto. Si vede che siete madre e figlia».
«Ma non riesco a chiamarla mamma», confesso mestamente. «È come se tradissi il ricordo della donna che a tutti gli effetti è stata per me una mamma fantastica».
Jake annuisce. «Datti tempo. Magari cambierai idea».
«Lo spero davvero. Vorrei tanto, ma…». Scrollo le spalle, impotente.
«Sono certo che Sylvia ti capisce».
Entriamo nella stanzetta. Alle pareti ci sono teche di vetro, che custodiscono libri antichi.
«Prime edizioni», dice lui. «Lì ci sono Cime tempestose e Jane Eyre, e c’è anche quasi tutta Jane Austen».
Lo seguo, leggendo i titoli. «Oddio, sono bellissimi. Pensa quanto sarebbe bello averne uno».
«Credo che questo sia il posto perfetto per dirti che il tuo libro mi è piaciuto molto, Daisy».
«Davvero?». Il mio cuore potrebbe esplodere per la gioia.
Jake annuisce, con quel sorriso che rischia sempre di trasformarmi le ginocchia in gelatina. «Lo adoro. Così l’ho passato alla mia agente e lei pensa che tu abbia una voce unica, e che la storia è davvero toccante e coinvolgente. È interessata a rappresentarti, Daisy. Potrebbe aiutarti a trovare un editore».
Non riesco a credere alle mie orecchie. «Aspetta, alla tua agente piace il mio libro? E mi aiuterà a farlo pubblicare? Sto sognando?».
Jake fa una risatina. «No, Daisy, ti posso confermare che è tutto vero e che sei sveglia, a tutti gli effetti».
«Ne sei sicuro?»
«Molto sicuro». Si avvicina a me. «E posso provartelo». Nei suoi occhi brucia un fuoco, mentre mi prende e mi stringe a sé.
«E come?», riesco a malapena a dire, già attraversata dal familiare brivido di desiderio.
«Così», dice con la sua voce profonda. E abbassandosi verso di me, preme le labbra contro le mie.
E lì, tra quelle preziose prime edizioni dei più famosi romanzi d’amore, è finalmente chiaro cosa proviamo l’uno per l’altra.
Sono abbracciata a un uomo meraviglioso, al quale posso parlare e che mi capisce. Faccio scivolare le mani lungo le sue braccia muscolose, godendomi il contatto del suo corpo robusto contro il mio. Poi, con una mano tra i suoi capelli, continuiamo a baciarci per un tempo che sembra infinito, finché non siamo costretti a staccarci, ridendo, per prendere fiato…