Capitolo 17
In questa notte di passione non consumata, non riesco ad addormentarmi. Rimango distesa sul letto, cercando di formulare un piano.
Decido di prenotare una camera all’hotel, così che Toby possa passare almeno una notte con tutti i comfort che desidera. Lavora così tanto, se lo merita. Forse in questo modo, dopo una bella cenetta al ristorante, ci sentiremo tutti e due abbastanza rilassati da lasciarci andare a una serata romantica come si deve.
Romanticismo e sesso non sono mai stati i due aspetti principali della nostra relazione, ma inizio a pensare che forse dovrebbero occupare un posto più importante rispetto al fatto che ci piacciono gli stessi cereali a colazione, o al mio ottimo rapporto di amicizia con sua madre!
È quasi mattina quando riesco ad addormentarmi. Mi risveglio verso le otto, sorpresa di trovare Toby ancora a letto. Lo guardo e sorrido. Buon per lui, si merita di dormire fino a tardi, dato che si alza presto tutto l’anno. Forse vorrà comunque andare in ufficio, ma questo non significa che non possa fargli trovare una bella colazione prima che se ne vada.
Mi alzo dal letto con cautela, per non svegliare il bell’addormentato, mi infilo vestaglia e stivali, mi pettino al volo e vado da Clemmy a prendere delle paste per colazione.
Quando Clemmy apre la porta, sembra quasi sorpresa di vedermi.
«Buongiorno Clemmy! Poppy ha già portato le paste stamani?»
«Ehm… sì». Sbatte le palpebre due o tre volte, arrossendo. «Sì, accomodati». Clemmy si fa da parte per farmi entrare, mi chiedo perché sia così strana. È un libro aperto, non riesce a nascondere i propri sentimenti, e stamani c’è decisamente qualcosa di insolito nel suo comportamento. Forse è di nuovo Ryan?
«Stai bene?», chiede Clemmy mentre mi dà il mio sacchetto di paste.
«Sì, grazie», rispondo sorpresa. Poi aggrotto le sopracciglia, rendendomi conto che forse sta parlando della nostra inutile gita alla Maple Tree House. «In realtà, non ho grandi notizie». Devo raccontarle che sono tornata ad Appley Green con Jake e che ho incontrato Arabella…
Clemmy si lascia sfuggire un gemito, inclinando la testa di lato. «Oh, poverina. Ti va di parlarne?»
«Mi piacerebbe, ma devo tornare alla tenda. Voglio portare la colazione a letto a Toby, prima che vada in ufficio».
Lei sembra leggermente confusa, poi annuisce. «Certo, capisco. Be’, allora non ti trattengo in chiacchiere».
«Grazie!», le grido mentre attraverso il prato di corsa, tenendomi stretta addosso la vestaglia. Quando mi giro a salutarla, la trovo che mi fissa, con uno sguardo assente.
Che strano.
Tornerò a trovarla più tardi. Adesso, devo preparare la colazione a Toby, mandarlo al lavoro e poi prenotare la camera migliore all’Hotel Starlight. Magari chiederò che ci facciano trovare una bottiglia di champagne nel frigobar. Toby ne sarà felice.
Ma a quanto pare, Toby ha deciso di lavorare dal campeggio oggi.
Preparo il caffè e facciamo colazione a letto, ma abbandoniamo subito i croissant quando Toby mi chiede se per caso non ho voglia… Finalmente passiamo una mattinata così come mi ero immaginata quando ho prenotato la vacanza. Vedere Toby rilassato è decisamente una novità, ma non mi lamento.
«Dovresti andare a fare una passeggiata», mi suggerisce più tardi, mentre siamo ancora avvinghiati a letto. Toby sta cercando di trovare la forza di alzarsi e mettersi al lavoro ma, stranamente, è meno stressato del solito quando sente suonare il cellulare.
«Non ho voglia di rispondere», dice sbadigliando e stiracchiandosi, mentre il telefono suona da un pezzo. «Se è urgente, richiameranno».
«Potrei rimanere qui e farti il caffè mentre lavori», dico con un sorriso provocante. «Potrei mettermi a leggere al sole. È una giornata stupenda».
Toby aggrotta la fronte. «Finirò col distrarmi, se ti ho intorno».
«E sarebbe una cosa così brutta?», rispondo civettuola.
Lui si mette a ridere. «No. Be’, in realtà sì. Se ho intenzione di lavorare almeno un po’».
«Va bene, ho capito. Non ti starò tra i piedi».
«Ora mi sento cattivo».
«No, davvero, non ti preoccupare. Faccio volentieri una passeggiata, con questa bella giornata. Mi dispiace solo che tu non possa venire con me».
Toby fa una faccia triste. «Lo so. È la cosa che vorrei di più al mondo, venire a passeggiare con te. Ma il mio capo mi ucciderà, se non finisco la relazione per domani».
Cerco di stare al gioco e annuisco comprensiva, anche se sappiamo entrambi che Toby ha appena detto una bugia grande come una casa. Ormai ho capito che, sulla lista delle cose preferite di Toby, una passeggiata in campagna è probabilmente a pari merito con l’andare dal dentista.
Ma non sono troppo delusa. Voglio andare subito all’hotel a prenotare una camera per domani. Perciò alle dieci e trenta mi incammino verso l’albergo, lasciando Toby a letto circondato dalle sue carte.
Con mia grande sorpresa, nella hall trovo Clemmy che parla con la manager Sylvia.
Clemmy si accorge di me e mi rivolge lo stesso sguardo cauto con cui mi ha accolto stamattina. Poi si mostra esageratamente contenta di vedermi e addirittura mi abbraccia, cosa che mi lascia ancora più perplessa. Clemmy sembra essersi completamente dimenticata di Sylvia, che aspetta di continuare la conversazione con lei.
«Ciao Sylvia. Indaffarata come al solito?», chiedo sorridente.
«È il male di lavorare nel settore alberghiero», risponde lei malinconica. «Non riesco a fermarmi un momento».
«C’è la Festa d’Estate, questo sabato», mi ricorda Clemmy, «e Sylvia si è gentilmente offerta di allestire un punto ristoro accanto al banco delle torte di Poppy».
«Tu e Toby ci sarete?», chiede Sylvia.
«Sì, credo di sì. Se Toby non deve lavorare».
«Come mai sei venuta all’hotel, Daisy?», chiede Clemmy. «Volete cenare al ristorante?»
«Ehm, sì, volevo prenotare un tavolo».
Che imbarazzo!
Non vorrei dover confessare a Clemmy che Toby non è poi così entusiasta del soggiorno in tenda e che ho deciso di regalargli una notte con tutti i veri comfort qui in albergo!
Mi rivolgo a Sylvia, con un sorriso. «Ti posso parlare?»
«Certo. Ti aspetto alla reception». E si allontana.
«Bene, vado anch’io. A mezzogiorno ho la prova del vestito», dice Clemmy imbronciata.
«Non sei contenta?», le chiedo sorpresa.
Lei si stringe nelle spalle. «Doveva accompagnarmi Poppy, ma Keira ha il raffreddore, perciò devono andare dal pediatra. E Gloria e Ruby sono fuori tutto il giorno con Bob, lo zio di Ryan».
«Potrei venire io, se ti va», suggerisco.
Clemmy spalanca gli occhi. «Davvero? Sarebbe fantastico!». Con un sorriso triste, aggiunge: «È che sono certa di aver preso qualche altro chilo e dovremo far allargare di nuovo il vestito. Mi farebbe piacere se tu venissi a tirarmi su di morale».
Annuisco. «Non vedo l’ora».
«Potremmo andare anche a trovare la zia Joan. Dice che non riesce a telefonarti, forse perché qua la linea va e viene. Ma ha una voglia matta di vederti. E forse potrebbe dirti qualcosa di più sull’adozione, se tua mamma gliene ha parlato».
«Oh no, non potrei mai chiederti tanto». Mi metto a giocherellare distrattamente con un bottone del cardigan, presa dal panico al solo pensiero di dover affrontare una conversazione a proposito della mamma.
«Perché no? A me farebbe piacere. Io al tuo posto vorrei solo scoprire la verità».
Mi sento il cuore in gola e l’adrenalina che pulsa nelle vene all’idea di parlare con Joan. Clemmy ha ragione. Lei potrebbe avere le risposte di cui ho bisogno. E forse, soltanto forse, potrebbe svelare il mistero della borsetta rosa.
In un lampo, cambio idea sulla decisione di rinunciare alle ricerche.
Le sorrido. «Va bene. Grazie».
«Fantastico». Clemmy sembra davvero contenta. «E io posso aggiornarti sui preparativi per il matrimonio», dice con un gemito. «L’organizzazione dei tavoli mi sta mandando al manicomio, con tutti i parenti».
Scoppio a ridere davanti alla sua espressione scocciata.
«Allora a dopo».
La guardo uscire, poi mi avvicino a Sylvia che sta parlando con la receptionist.
«Stavo pensando di prenotare una camera per venerdì sera. È una sorpresa per Toby. Il campeggio non gli piace molto, perciò ho pensato di regalargli una notte in hotel. Ho visto le camere sul vostro sito, sono meravigliose».
Sylvia mi guarda accigliata. «Oh no. Mi sa che siamo al completo. Dammi un momento».
Dopo uno scambio con la receptionist, Sylvia torna e mi dice sottovoce: «Siamo al completo, ma c’è una camera all’ultimo piano che teniamo libera per le emergenze. Non è molto grande ma ha un letto a baldacchino, vasca da bagno e un balcone che affaccia sul lago».
«Mi sembra fantastica», dico senza fiato. «Ma sei sicura di poterci accomodare?»
«Certo. Non preoccuparti».
«Meraviglioso. Spero che non sia troppo disturbo».
Sylvia sorride. «Assolutamente no. Tu pensa a goderti una notte da sogno con il tuo Toby».
«Be’, grazie». Mi sento sollevata. Forse riuscirò a renderlo un compleanno memorabile, dopotutto. «Ti sono debitrice».
«Ogni relazione ha bisogno di una ventata d’aria fresca, ogni tanto. Non che io sia un’esperta, purtroppo».
Noto una sorta di malinconia nel suo sguardo e mi chiedo se Sylvia abbia mai avuto un compagno. Come fa ad avere il tempo per uscire con qualcuno e allo stesso tempo gestire un hotel da sola?
Questo mi fa pensare a quanto vorrei sposarmi e avere una famiglia mia. A dire il vero, quando sono entrata a far parte della grande famiglia di Toby, ho avuto come una rivelazione. Dopo la morte della mamma, pensavo che non avrei mai più provato una così bella sensazione di calore familiare. Ma loro mi hanno accolta immediatamente, come se fossi una di casa. Forse Toby pensa che una famiglia numerosa sia troppo impegnativa e caotica, ma a me sembra il paradiso.
«Potete fare il check-in dalle tre in poi», dice Sylvia. «Vi faremo trovare la camera pronta. E per cena, farò in modo di farvi avere il tavolo vicino alla finestra che dà sul lago. È molto romantico, quando il cielo è sereno e la luce della luna si riflette sul lago». Di nuovo quel sorriso malinconico.
«Meraviglioso. Grazie mille».
La receptionist si avvicina per fare alcune domande a Sylvia, perciò saluto ed esco.
Vicino alla porta d’ingresso c’è un poster che pubblicizza pacchetti per ricevimenti di nozze, così, mentre esco al sole all’aperto, mi ritrovo a sognare una chiesa e il suono delle campane. Dalla porta usciamo io e Toby a braccetto, in mezzo a una nuvola di coriandoli, e sua mamma ci corre incontro commossa e mi abbraccia, dandomi il benvenuto ufficiale nella loro famiglia.
Detesto pensare al mio matrimonio senza mia madre. Ma Rosalind sarebbe al mio fianco, per placare ogni mia paura…
Con la camera prenotata per venerdì, sento un’improvvisa ondata di ottimismo per quanto riguarda la mia vita sentimentale. Decido di non andare a trovare Jake nel pomeriggio. E comunque sarò con Clemmy. Gli manderò il manoscritto, ma credo che sia meglio evitare di passare altro tempo con lui…
Dato che non voglio soffermarmi sul motivo, mi sforzo di riportare i miei pensieri su Toby. Grazie a Sylvia, passeremo una splendida serata questo venerdì.
Farò in modo che sia il miglior compleanno della sua vita.
«Oddio, lo sapevo!». Clemmy trattiene il respiro, mentre la commessa cerca di tirare su la zip del suo meraviglioso abito di seta e pizzo color crema. «Non mi entrerà mai».
«Però è un abito da sogno. Basterà una piccola modifica», dico. Personalmente, credo che il fisco morbido di Clemmy le doni alla perfezione, e se lo penso io, sono certa che anche il suo fidanzato non ha obiezioni in proposito.
La commessa annuisce. «Niente paura. Ci capita spesso di dover fare delle modifiche, a questo punto».
«Sì, ma di solito le spose perdono peso per l’agitazione, invece di mettere su chili per i muffin al doppio cioccolato. Tutta colpa di Poppy». Clemmy sta cercando di scherzarci su, ma dalla sua espressione è chiaro che è sotto stress. Sembra esausta, come se non dormisse da giorni. Ho l’impressione che i chili di troppo siano l’ultima delle sue preoccupazioni.
«Sei splendida con quel vestito», le dico mentre usciamo dal negozio e lei sorride un po’ triste. «Ti offro un caffè. C’è un buon bar qui vicino?».
Clemmy ne indica uno sull’altro lato della strada.
«Io dico che Ryan penserà che sia arrivato il suo compleanno, anzi tutti i suoi compleanni e qualche giorno di Natale messi insieme, quando ti vedrà con quel vestito, percorrere la navata della chiesa», cerco di tirarla su di morale.
«Lo amo così tanto che fa male, Daisy», mormora Clemmy, girandosi a guardarmi con gli occhi gonfi mentre attraversiamo la strada. «Ma c’è sempre stata una vocina che mi diceva che lui è troppo per me».
«Cosa? Ma che sciocchezze».
Lei scuote la testa. «Non dico che sono una cozza, anzi sono perfettamente a mio agio nel mio corpo. Ma Ryan è così fantastico in tutti i sensi, che non posso fare a meno di chiedermi che cavolo ci fa con una noiosa come me, quando potrebbe avere qualunque altra donna». Accompagna queste parole con una risata forzata, come a dimostrare di sapere di risultare patetica.
«Dai, ma che stai dicendo?». La guardo incredula. «Primo, non sei noiosa, Clemmy. Sei divertente, bellissima e hai un cuore d’oro, più di ogni altra persona che io conosca».
Noto che ha gli occhi pieni di lacrime e mi affretto a continuare: «Secondo, è il tuo amore per Ryan a renderlo così fantastico per te. Perciò ci sono molte probabilità che lui ti trovi perfetta allo stesso modo, se anche lui ti ama. E dato che ti ha chiesto di sposarlo, credo che non ci siano dubbi al riguardo!».
Clemmy tira su con il naso. «Gliel’ho chiesto io», dice a bassissima voce. «Gli ho chiesto io di sposarmi».
Scrollo le spalle. «E lui ha detto di sì!».
Clemmy annuisce. «Hai ragione. Sono solo una sciocca».
«Esatto. Stai per sposare l’uomo dei tuoi sogni. Sei fortunata! Al tuo posto, io sarei al settimo cielo!».
L’espressione di Clemmy cambia da un secondo all’altro. Mi rivolge uno sguardo intenso. «Davvero?»
«Se Toby mi chiedesse di sposarlo? Ehm, certo!».
La risposta mi esce un po’ balbettante. Non ho mai pensato a come mi sentirei se Toby mi chiedesse di sposarlo. Ma sarebbe una bella cosa, no?
Clemmy chiude gli occhi e prende fiato. «Daisy, devo dirti una cosa…».
Mentre entriamo nel caffè, la nostra conversazione è interrotta da due signore che si stanno alzando dal tavolo migliore, proprio vicino dalla finestra. Una di loro ci sorride e ci fa cenno che il posto è libero, se vogliamo sederci.
«Clem, vai a prendere posto, io ordino il caffè». Mi giro verso Clemmy, ma lei sta fissando il bancone, impietrita.
«Che c’è?», chiedo a voce troppo alta, seguendo il suo sguardo.
«Ryan».
E in effetti eccolo lì vicino al bancone, girato di spalle. Sta parlando con una bionda, alta e magra, sono molto vicini. Lui la punzecchia giocoso e lei lo guarda negli occhi ridendo. Si separano, quando la barista si avvicina per prendere l’ordine. Clemmy mi prende per mano e mi trascina fuori. È completamente sbiancata in viso.
«La conosci?», le chiedo con il cuore che mi batte a mille.
Clemmy scuote la testa. «Mai vista prima. Ma a quanto pare, Ryan la conosce molto bene».
«Sono sicura che c’è una spiegazione ragionevole», dico delicatamente. «Dovresti parlargli stasera».
«Non posso».
«Perché?»
«Perché Ryan è a Parigi per due giorni, per una conferenza. Parte oggi pomeriggio e torna sabato». Si gira a guardarmi, frastornata. «O almeno, è quello che mi ha detto».