Capitolo 62
Erano quasi le sette. Ruby aveva temporeggiato più che poteva. Uscì di soppiatto dalla camera, e giocherellò con l’orecchino al naso godendosi il fastidio che provava nel rigirarlo. Mancavano pochi minuti all’arrivo degli ospiti, era il momento perfetto per svelare il nuovo look.
A ogni gradino, il sorriso le si allargava sulle labbra.
«Ah, bene, sei pronta», disse il padre, in corridoio.
Sbatté le palpebre.
La guardò meglio.
Esplose.
Agitò le braccia, con la saliva che schizzava via dalla faccia rossa. Un giorno sarebbe scoppiato sul serio, pensò Ruby. Gli si gonfiarono le vene sul collo e lei si mise a osservarne una particolarmente grossa mentre le sbraitava contro, senza ascoltare una parola. Sarebbe diventata sempre più grande, ancora e ancora, finché… BOOM. La testa sarebbe esplosa in mille pezzettini che si sarebbero sparpagliati tutt’intorno, un mare di sangue e brandelli di carne. Al rallentatore, come nei film.
«Cosa ridi? Ma che razza di problemi hai, eh?», gridò. La vena si gonfiò ancora di più.
«Se continui così muori», lo avvertì.
Il papà sbatté le palpebre più volte, come se gli avessero tirato un pugno, poi avvicinò il viso al suo, paonazzo.
«Occhio a come parli. Sono stufo della tua sfacciataggine. Niente regali».
«Capirai. Tanto non mi interessa. Mi fai solo un favore».
«Ah! Un favore, eh?», borbottò, impotente. «Allora penserò a una punizione migliore, va bene?».
Faceva su e giù con la testa. Come se volesse prendere a pugni qualcosa. Lei, magari.
«Come ti permetti? Razza di stronzetta», esplose.
Il campanello suonò.