14.
PICCOLE DONNE CRESCONO
Un paio d’ore dopo Morgana, Laura e io siamo da Irma, come ogni lunedì pomeriggio. Siamo sedute sul divano – io e Laura di fronte a Irma e Morgana – e stiamo conversando di cucina. Io non ne capisco un accidente e mi viene continuamente da pensare a quando Berganza m’insegnava. Morgana e Laura si divertono perché Irma sta parlando dei piatti più elaborati e assurdi che le sia mai toccato preparare per certe feste, e le mocciose sono tutte un gridolino di ammirazione o di fame. Credo che sperino che oggi la merenda arrivi prima.
Osservo le ragazzine e penso che quindici anni, cazzo, sono veramente pochi. Cioè, quando ce li hai ti senti grandissimo, guardi i bambini delle medie e pensi di essere immensamente più adulto e maturo ed esperto di loro. Se sei una ragazza, poi, be’, se n’è già detto: a quindici anni ti senti una donna fatta anche se ancora non hai raggiunto la tua taglia di reggiseno definitiva. Ma alla fine resti solo una poppante che aspetta la merenda. Forse anche dopo i quindici anni, non so. Probabile. Fatto sta che guardo quelle due marmocchie scriteriate, penso “ma tu dimmi cosa mi tocca fare” e mi schiarisco la voce.
«E dicci, Morgana: ci sono stati progressi con Ema?» chiedo con tono perfettamente casuale appena si apre una finestra nella conversazione.
Morgana arrossisce un po’. «No, perché?» Ma sorride, perché dai a una quindicenne l’opportunità di parlare della sua fiamma e lei col cavolo che se la lascerà scappare anche se in quel momento fosse impegnata a fuggire da una colonna di zombie.
«Nulla.» Alzo le spalle. «Mi chiedevo se gli avessi già fatto sentire l’ultima canzone.»
«L’ultimissima su cui io e Ivano stiamo lavorando ancora no, ma la penultima, quella che avete sentito anche voi, gliel’ho suonata l’altro giorno ed era veramente contento e diceva che...» Il lato divertente delle quindicenni che parlano delle loro fiamme è che considerano di imprescindibile interesse ogni dettaglio, ma anche il lato negativo delle quindicenni che parlano delle loro fiamme è che considerano di imprescindibile interesse ogni dettaglio, così per qualche secondo mi limito ad annuire e ad allontanare la mente, mentre lei cinguetta gioiosa riportandoci ogni sillaba uscita dalla bocca del suo idolo.
«Io continuo a dire che un po’ di ciccia scoperta accelererebbe le cose», bofonchia Irma, che spesso ha una memoria di merda ma quando si tratta degli affari privati miei o di Morgana curiosamente è sempre sul pezzo.
Morgana arrossisce e Laura ride.
«Mah», dico io, «secondo me non ci vorrà molto comunque, a veder capitolare il ragazzo.»
«Tu credi?» Morgana pende dalle mie labbra come da quelle della Pizia.
Annuisco. «Ma certo. Ancora poco e ovunque sarai tu, sarà anche lui. Vedrai.»
Morgana arrossisce, ma l’idea le rimescola gli ormoni a tal punto che in risposta riesce a produrre solo un sorrisino estatico.
Mi intenerirei, se non avessi una missione da compiere. «Ci metto la mano sul fuoco. Ti accompagnerà a scuola, ti scorterà a casa al ritorno, ti cercherà alla ricreazione e negli intervalli fra le lezioni.» Una prospettiva che a me basterebbe a mettere ansia, ma il sorriso di Morgana non vacilla. Anzi, si fa più rossa e abbassa gli occhi, vergognandosi del desiderio che sa di avere dipinto in faccia.
«Ti dedicherà canzoni. Ti manderà biglietti pieni di parole dolci come sa scrivere lui. Te li farà avere tramite amici, te li farà trovare sul banco quando entri in classe. Ti regalerà una scatola rosa confetto per conservarli tutti.»
«Ah ah! Ma sarebbe melensissimo, dai!» ride Morgana. Anche Laura sta ridacchiando.
«No, no, sul serio», continuo io. Mi protendo un pochino di più verso di lei, guardandola da sotto in su, ora, con un che di sinistro. «Ti porterà fiori per i quali tua madre dovrà comprare vasi su vasi, ti farà serenate sotto le finestre incurante del vicinato, e come un supereroe comparirà dal nulla ogni volta che riterrà di doverti salvare o proteggere da qualcosa, che tu lo voglia o no...»
«Così però è un po’ troppo», obietta Morgana ritraendosi un pochino.
«e ALLORA PERCHÉ DIAVOLO HAI PENSATO CHE NON FOSSE TROPPO PER ME, TESTA DI RAPA?!»
Silenzio. Il viso di Morgana si fa come l’Antartide: di pietra e ghiaccio. «Oh. L’hai scoperto», sospira infine, sgonfiandosi come una bolla di chewing gum.
«Certo che l’ho scoperto, 007 dei miei stivali. Si può sapere cosa diavolo ti è saltato in mente?»
«Scoperto cosa?» chiede Irma. Le spiego velocemente la faccenda-Riccardo, facendo ben attenzione a calcare la mano sulla componente “tradimento collaborazionista”. Poi guardo Laura, che si è tramutata in una stalagmite tanto quanto Morgana. «Anche tu ne eri al corrente?»
«Morgana mi dice tutto», confessa Laura mogia.
«Ma porca merda! E pure tu, con tutto il tuo spirito pratico, non l’hai dissuasa?»
«Le ho detto di farsi pagare.»
Be’. Tecnicamente, sempre spirito pratico è.
«Io però non ho voluto soldi!» si affretta a specificare Morgana. «E se ho tenuto l’impermeabile è solo perché Riccardo mi ha detto che potevo. E... e comunque non lo sapevo, dell’impermeabile. Cioè, sapevo delle frecce sul marciapiede, perché Riccardo mi aveva chiesto di avvertirlo quando uscivi di casa in modo che potesse disegnarle, quindi quando abbiamo fatto finta di vederle anche noi per la prima volta stavamo recitando, ma solo per i primi metri, perché non sapevamo dove portavano, lo giuro!» Dopodiché finalmente inspira dell’ossigeno e mi guarda, ansiosa, con gli occhi spalancati tutti pasticciati di ombretto e l’aria di un cucciolo sorpreso accanto ai cocci della cristalleria.
Sbuffo. Questo è il momento dell’educativa ramanzina da persona adulta. Che significa che è il momento di vendicarmi e fare a brandelli Morgana e Laura, ma godendo di una copertura pedagogica. «Ma dove avevate la testa, imbecilli? Pensavate davvero di averne il diritto?»
«No, ma pensavamo di farti del bene...»
«La strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni, lo sanno anche gli asini», interviene Irma. Speravo in qualcosa di più incisivo da parte sua, ma per cominciare può bastare. Una delle ragioni per cui ho aspettato fino a ora a mettere in scena la mia pantomima è proprio che contavo sul supporto di Irma, che in fondo per tutta la vita è stata abituata a fare il culo ai due rampolli Giay Marin, e quindi potrebbe ben rinverdire i fasti con queste due scriteriate mocciose che Dio solo sa se non si meritano una lavata di capo da una professionista.
«Avete mai sentito parlare di libero arbitrio? Di quella faccenda di sconvolgente modernità secondo la quale se una donna dice no è no? E se non vuole tornare con un ex fidanzato non vuole e basta?»
«Dai nemici mi guardi Iddio, che dagli amici mi guardo io», recita Irma quasi soprappensiero. Non so se sia una specie di epitaffio alla faccenda o un piccolo rigurgito di demenza senile, ma per quel che mi riguarda può andar bene comunque.
Teste adolescenti che si abbassano mestamente.
«Però...» Morgana inspira. «Però, senti.»
«Sento.»
«Riccardo voleva solo una possibilità. Non voleva essere ossessivo, o metterti a disagio. E sapeva che io sono la persona che ti vuole più bene sulla faccia della terra, e anche che conosco un commissario di polizia. Non sarebbe mai stato così stupido da rivolgersi a me se avesse pensato di fare qualcosa di male. Per questo mi sono fidata di lui.» Sta dicendo cose non false, e in più ci ha infilato quel particolare del volermi bene. Maledetta manipolatrice tascabile. Morgana sta decisamente iniziando a frequentarmi troppo.
«Ciò non toglie che voi teste di banana dobbiate imparare un paio di cose sul rispetto dei confini personali. Specie dei miei. Vi pareva forse che mi facessero piacere, le sue sorprese?»
«Be’, piacere no, ma pensavamo anche che non ti facessero piacere solo perché tu sei... tu. Insomma, sei una che quando ce l’ha con qualcuno non è che lo perdona tanto facilmente.» Morgana deglutisce prima di confessare la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità. «Io non so bene cosa ti abbia fatto Riccardo, ma so che si è inventato cose da romanzo per chiederti scusa. E, ripeto, senza spiarti o pedinarti o fare nulla di male. Non pensavo che ti facessero piacere i suoi gesti, certo che no – altrimenti avresti tenuto l’impermeabile, per dire... Ma pensavo che magari a furia di vedere quali e quante cose era disposto a fare per te avresti finito per cambiare idea, e allora guardandoti indietro sì che saresti stata contenta.»
Ci sono talmente tante obiezioni che mi si intasano nella gola che non so a quale dare la precedenza, così la piccola megera fa un’altra cosa che di solito faccio io, e cioè ne approfitta e mi anticipa.
«E poi, scusa. Ci stai dicendo che nessuno merita una seconda possibilità? È così che vuoi che cresciamo? Programmate a chiudere la porta in faccia a chi ha sbagliato e cerca di farsi perdonare? Vuoi che ogni volta che ci arrabbiamo con qualcuno impariamo a dimenticarci completamente del bene che gli abbiamo voluto e che iniziamo a bollare tutto quello che può fare per noi solo come una terribile rottura di palle?»
“Sì!” esclamerei subito.
Se non fosse che di colpo mi ricordo di essere Vani Sarca, ossia un patetico esempio di sociopatia aggressiva, e chiudo la bocca di scatto.
Ma porca puttana. Nella mia testa il confine fra gesti carini e rotture di palle è così chiaro, così incontrovertibile. Eppure questa Biancaneve vestita da Grimilde del cavolo ha appena incasinato tutto. Sono veramente l’unica qui intorno a chiamare rotture di palle quelle che per le altre femmine dai quindici anni in su sono solo sorprese romantiche? Sono forse io ad avere una soglia di classificazione delle rotture di coglioni patologicamente bassa? Perché diavolo deve entrare nell’equazione, adesso, il fatto che forse sarei nel torto io a non saper apprezzare quello che gli altri fanno per me? Che diavolo c’è di male se voglio chiudermi in un mondo sicuro in cui sto meglio se nessun affascinante scrittore mi manda trentun rose, e quando mi regalano un impermeabile nuovo sono libera di considerarla una seccatura? Sono o non sono padrona di marcire in pace nelle mie vesti nere di Vani Sarca del cazzo?!
«Irma, dicci la tua», sospiro, giocando il jolly per cavarmi d’impiccio.
«Se una signorina non gradisce delle attenzioni, non le gradisce, punto», sentenzia Irma come un misto fra Donna Letizia e la Sibilla Cumana.
«Sentito?» dico. Oh, adesso sì. Grazie, Irma.
«Senza considerare che fare la spia riguardo a Morgana, che l’aveva aiutato, è stato veramente un gesto sleale.»
«Non l’ha fatto.» Merda. Merda. Odio doverlo ammettere. «Non ha tradito Morgana. Ci sono arrivata da sola. L’ho solo costretto a confermarmelo.» E però è vero. Che fastidio. Devo riconoscere che non smascherare Morgana è stato un gesto non del tutto privo di un barlume di nobiltà da parte di Riccardo.
Morgana sospira.
Aggrotto la fronte.
Guardo Morgana.
Guardo Laura.
Laura e Morgana guardano me.
Guardo Irma.
«Bah. Resta il fatto che se una non vuole non vuole, punto», ammette Irma.
Dio l’abbia in gloria.
Le mocciose abbassano il capo contemporaneamente, come se la sentenza di Irma avesse posto fine alla questione.
Sembrano talmente affrante che a poco a poco sento il mio furore dissolversi. C’è poco da fare: anche quando sono arrabbiatissima con Morgana, non sono mai davvero arrabbiatissima con Morgana.
«E poi, santo cielo», aggiungo, stavolta fintamente burbera. «Farsi intortare così da Piccole donne.»
«Cos’hai contro Piccole donne?» esclama Morgana, alzando un pochino la testa. Mi guarda e un’ombra di cauto sollievo le si dipinge sulla faccia nell’accorgersi che adesso la sto solo un po’ prendendo in giro.
«Tutta quell’enfasi sulla famiglia. Quella stucchevole coesione fra sorelle. Quando mai nella realtà delle sorelle tanto diverse si amano? E poi quel… quell’orribile prassi per cui, se qualcuno si innamora di una delle March, deve per forza passare la pesa pubblica da parte di tutto il clan», dico – quest’ultima cosa con un’accoratezza speciale e una dedica mentale a Ofelia Berganza, ma fortunatamente lo so solo io. «Ti stupisce tanto che questa roba non sia nelle mie corde?»
«A me però piace tanto Jo», pigola Morgana come se mi chiedesse se gliene do il permesso.
La liquido con uno sbuffo che sta per un “anche tu!” e lei si lascia scappare una risata.