Tiggy

Highlands, Sutherland, Scozia

Gennaio 2008

 

Simbolo aborigeno per indicare la luna

 

37

"Sicura di voler uscire di nuovo, Tig? Sta arrivando un temporale" mi disse Cal studiando il cielo azzurro dalla finestra del nostro cottage. Il sole di mezzogiorno faceva brillare la neve che ammantava il terreno. Era uno spettacolo perfetto per le cartoline di Natale.

"Sì! Non possiamo rischiare, Cal, lo sai."

"Ma stasera non uscirebbe neanche l'abominevole Uomo delle Nevi" borbottò.

"Hai promesso che avremmo continuato a stare di guardia." lo supplicai. "Ascolta, ci penso io a scavare. Porto con me la radio, ti contatterò se dovessero esserci problemi."

"Tig, credi davvero che lascerei andare in giro da sola una ragazza carina come te, con una tempesta di neve in arrivo e un bracconiere che gira da queste parti?"

"Posso farcela. Prenderò Beryl, dal bosco al cottage ci sono soltanto dieci minuti." Beryl era la Land Rover della tenuta; aveva diciotto anni e portava il nome della temibile governante di Kinnaird Lodge, che era in grado di percorrere le due miglia che separavano il suo cottage dal bosco con qualunque clima.

"Non essere cocciuta" mi ringhiò contro Cal, irritato. "Non più di un paio d'ore. Dopo ti ritrascinerò a casa per i capelli, se necessario. Non voglio che tu finisca di nuovo in ipotermia. Ci siamo intesi?"

"Grazie, Cal" risposi sollevata. "So che Pegaso è in pericolo. Lo so."

Intorno alla trincea la neve era caduta abbondante e il tetto di incerata era pericolosamente imbarcato. Mi chiesi se avrebbe ceduto, seppellendoci sotto diversi metri di neve.

"Ce ne andiamo, Tig" disse Cal. "Non sento più le dita e perfino Beryl farà fatica a riportarci indietro. Ora che la tempesta si è placata dobbiamo muoverci." Bevve un ultimo sorso di caffè tiepido e mi porse la fiasca. "Finiscilo. Vado a togliere la neve dal parabrezza, poi partiamo."

"Okay" dissi sospirando. Non serviva a nulla mettersi a discutere. Eravamo rimasti nella trincea per più di tre ore, a guardare la neve che cadeva al suolo. Cal andò verso Beryl, parcheggiata dietro una cresta rocciosa nella valle sottostante. Sbirciai dalla finestrella della trincea mentre finivo il caffè, poi spensi la lampada e strisciai fuori. Non mi serviva la torcia, ora che il cielo si era schiarito. Vedevo migliaia di stelle e la Via Lattea sopra di me. La luna, che entro due giorni sarebbe stata piena, illuminava l'infinita coperta bianca stesa sul terreno. Il silenzio totale che seguiva le nevicate era sempre profondo come il manto di neve in cui affondavo i piedi.

"Pegaso."

Lo chiamai in silenzio, cercandolo tra le betulle del nostro posto speciale. Era un magnifico esemplare di cervo bianco, che avevo notato quando ero uscita per la prima volta con Cal a contare gli animali che pascolavano nella tenuta. Pegaso brucava in un gruppo di maschi rossi, e all'inizio avevo creduto che il suo corpo fosse coperto di neve. Avvertii Cal, ma quando gli passai il binocolo il cervo si era allontanato su per la collina. Era una creatura mistica, e sapevo che era ancora là fuori, da qualche parte.

Cal non mi aveva creduto. "I cervi bianchi sono come il vello d'oro, Tig. Li cercano tutti, ma io sono in questa tenuta da una vita e non ne ho mai visto neanche l'ombra." Ridacchiando della sua battuta era risalito sulla Land Rover e avevamo proseguito. Sapevo tuttavia di averlo visto, quel cervo, perciò ero ritornata nello stesso posto il giorno successivo e quelli dopo ancora. Una settimana più tardi la mia perseveranza era stata finalmente premiata.

L'avevo visto, miracolosamente solo nella neve alla mia sinistra, lontano dagli altri cervi, ad appena cinque metri da me.

"Pegaso" avevo sussurrato. Quel nome mi era venuto istintivamente, come se ci avessi pensato da sempre. E lui, come a rispondermi, aveva alzato la testa e mi aveva guardato. I nostri sguardi si erano incrociati per cinque secondi, poi era arrivato Cal e aveva imprecato ad alta voce. "Allora dicevi la verità!" aveva esclamato.

Pegaso era scappato via, ma dentro di me avevo capito che tra noi si era creato un legame.

Quell'istante aveva segnato l'inizio di una storia d'amore, una strana e forte alchimia che ci avrebbe uniti l'uno all'altra. All'insaputa di Cal mi alzavo all'alba, quando sapevo che i branchi erano ancora in fondo alla valle al riparo dai forti venti della notte, e andavo con Beryl fino al gruppo di alberi che proteggeva un minimo dal freddo pungente. Dopo pochi minuti, come se percepisse la mia presenza, compariva Pegaso. Ogni volta si avvicinava di un passo in più rispetto ai nostri incontri precedenti, e imitandolo, io facevo altrettanto. Sentivo che iniziava a fidarsi di me e di notte sognavo che un giorno sarei riuscita a toccare il manto bianco-grigiastro del suo collo, ma…

Al mio vecchio rifugio per animali la mia dote migliore era riuscire a instaurare un legame con i cuccioli di cervo feriti o rimasti orfani, che dovevamo curare e reintrodurre nel loro habitat. Lì a Kinnaird, invece, i branchi erano liberi e vivevano pascolando sui ventitremila acri della tenuta quasi senza interferenze da parte dell'uomo.

Al di là del fatto che ne controllavamo il numero effettuando abbattimenti selettivi sia tra i maschi sia tra le femmine.

Durante la stagione di caccia nella tenuta arrivavano ricchi uomini d'affari, che pagavano cifre esorbitanti per sfogare la loro aggressività uccidendo un cervo e poi, una volta tornati a casa, per appendere alla parete del soggiorno la sua testa ed esibirla come trofeo.

"Non esistono più predatori naturali, Tig." Cal, il guardiacaccia della tenuta, che con le sue maniere burbere e il pesante accento scozzese amava la natura con tutto il cuore e si impegnava al massimo per preservarla, aveva fatto del suo meglio per consolarmi quando avevo visto per la prima volta dei cervi scuoiati e appesi ad asciugare per gli zoccoli. "Noi esseri umani dobbiamo prendere il loro posto, è l'ordine naturale delle cose. Sai che il loro numero va tenuto sotto controllo."

Certo, lo sapevo, ma questo non rendeva facile trovarsi davanti bestie uccise e mutilate per mano dell'uomo.

"Certo, il tuo Pegaso è diverso, è raro e bellissimo. Non verrà toccato finché ci sarò io a fare la guardia, te lo giuro."

Come si fosse diffusa la notizia che c'era un cervo bianco non lo sapevo, ma passarono soltanto pochi giorni prima che un giornalista di un quotidiano locale si avventurasse per il sentiero che portava alla nostra porta. La CNN aveva perfino mandato un elicottero da Inverness. Io ero fuori di me, volevo che Cal negasse l'esistenza di Pegaso, che dicesse che era un'invenzione, perché un cervo bianco era una preda troppo invitante per i bracconieri.

Ecco perché mi trovavo lì, alle due del mattino, in un bianco e gelido nulla. Con l'aiuto di Cal avevamo costruito una primitiva trincea nelle vicinanze del boschetto, e facevamo la guardia. Tutte le terre della Scozia erano aperte al pubblico, e dopo che la notizia dell'esistenza di Pegaso si era diffusa sui mezzi di informazione, chiunque poteva battere la tenuta, protetto dall'oscurità, alla ricerca del leggendario cervo bianco.

Mi avvicinai lentamente agli alberi, implorando il cervo di farsi vedere e di permettermi di tornare a casa, a dormire, con la consapevolezza che fosse ancora vivo.

Comparve quasi dal nulla, come una visione mistica. Sollevò il muso verso la luna, poi si voltò puntando gli occhi marroni su di me. Cominciò a camminare piano nella mia direzione, e io verso di lui.

"Caro Pegaso" sussurrai, poi vidi comparire un'ombra sulla neve, tra gli alberi. Quell'ombra puntò un fucile.

"No!" gridai nel silenzio. La figura era alle spalle del cervo, gli puntava addosso l'arma. "Corri, Pegaso! Scappa!"

Il cervo si girò e vide il pericolo, ma invece di mettersi al riparo corse verso di me. Udii uno sparo, e poi altri due, e sentii un improvviso dolore al fianco. Il cuore cominciò a battere all'impazzata e la testa iniziò a vorticare. Le ginocchia diventarono di gelatina e caddi sulla neve.

Ci fu di nuovo silenzio. Cercavo di non perdere conoscenza ma non sarei riuscita a resistere a lungo. Neppure per Pegaso.

Più tardi, chissà quanto tempo dopo, riaprii gli occhi e vidi un volto familiare su di me.

"Tiggy, tesoro, andrà tutto bene. Resta con me, d'accordo?"

"Sì, Pa', certo" sussurrai, mentre mi accarezzava il viso. Richiusi gli occhi. Ero al sicuro tra le sue braccia.

Quando mi risvegliai mi sentii sollevare da terra. Mi guardai intorno alla ricerca di Pa', ma vidi solo l'espressione spaventata di Cal che cercava di portarmi al sicuro. Mi girai verso il gruppo di alberi e, riverso a terra, vidi il corpo bianco del cervo, con gocce di sangue rosso che colavano sulla neve tutto intorno.

Era morto.