Kyle
Dieci mesi dopo
Un piacevole tepore mi riscalda il viso. Sarà un’estate calda quella che sta per arrivare.
Appoggiato su un gomito osservo il viso di Katherine. Sembra dormire. Do un’occhiata a Lucas che gioca a un paio di metri lontano da noi, mentre il lago brilla sotto i raggi del sole. È tutto così perfetto da sembrare finto. Ogni tanto mi capita di esserne terrorizzato perché tutto ciò che ti rende felice oltre l’immaginabile spaventa. A me succede così. Ho talmente paura che possa finire da un momento all’altro che qualche volta il sangue mi si gela nelle vene. Katherine sembra capirlo sempre e basta una sua carezza per cancellare il panico.
Non ho più bevuto e non è che non ne abbia avuto occasione o motivo per farlo, ma ho resistito. Sono abbastanza forte. Questa donna e suo figlio sembrano rendermi invincibile.
Le cose sono andate bene per me, molto più di quanto meritassi. Alla fine Katherine ha deciso di lavorare con me, nonostante detesti i fiori recisi. Si occupa della parte artistica del lavoro, mentre io gestisco il sito internet che ho creato e la partnership con i vari negozi, che ci permette di consegnare fiori in tutti gli Stati Uniti. Siamo solo all’inizio, ma la cosa sembra funzionare.
Il nonno si è trasferito in pianta stabile dai miei e mi ha lasciato il negozio e la casa. Katherine e Lucas si sono trasferiti da me.
Sta andando bene. Sta andando più che bene. Manca solo una cosa per rendere tutto assolutamente perfetto, ma per farla mi serve la collaborazione della donna che mi sonnecchia al fianco. La scuoto con gentilezza.
«Lo so che non dormi. Sveglia, Pelleossa». Mi piace ancora chiamarla così.
Katherine mugugna e solleva le palpebre. «Spero tu abbia un ottimo motivo per aver disturbato la mia pausa relax».
«Non lo so. Se è un ottimo motivo lo deciderai tu. Stavo pensando…».
«Guai. Quando pensi sono sempre guai. Smetti di farlo».
«Mi fai finire? Ho appena indossato la mia faccia da persona seria, vedi?», dico indicando il mio viso.
«Non rendere tutto vano».
Katherine si appoggia su un gomito e annuisce con l’espressione meno seria che le abbia mai visto sul volto. Sembra quasi che voglia ridere.
«Dicevo… stavo pensando… insomma, stiamo insieme da un po’, vero? Inoltre se consideriamo da quanto ci conosciamo, si può dire che stiamo insieme da una vita».
«Meno quattordici anni», puntualizza.
«Dettagli. Lasciami finire».
«Okay», si ammutolisce, ma il piccolo ghigno rimane sulle sue labbra.
«Penso che dovremmo passare al livello successivo. Sai che voglio adottare Lucas. Lucas Hawkins suona benissimo, non credi? E credo che…». Ficco una mano in una tasca della giacca, ma prima di mostrarle quello che porto con me da giorni, lei mi interrompe e mi bacia sulle labbra.
«Sì», mi sussurra. «Credo anch’io».
«Cosa? Cosa credi?»
«Che sia una buona idea sposarci».
Mi lascia di stucco. A bocca aperta. «Ma come… come fai…».
«A saperlo?», domanda. Annuisco. «Non sei mai stato un bugiardo col pedigree. Ogni parola ti tradisce, ogni atteggiamento, e nascondi le cose come farebbe un bambino. Ho trovato l’anello mentre sistemavo i tuoi calzini una settimana fa».
Nascondo la faccia nell’incavo del gomito. «Sono una causa persa».
«Naaa, sei solo… Kyle». La sua bocca si allarga in un sorriso luminoso. Persino i suoi occhi sembrano ridere. «Ti amo per questo, spaccone».
« Pelleossa, quindi la tua risposta è sì? Significa che non ti libererai mai più di me».
«Non era nei miei piani liberarmi di te». Mi bacia un’altra volta. Le mie mani corrono al suo viso. La stringo a me e non posso credere a tanta bellezza. Poco dopo si solleva in piedi e raggiunge Lucas. La seguo a ruota e continuo a dirle: «Quindi possiamo pensare di allargare la famiglia?».
Katherine ride di gusto. «Cominciamo con un cane, magari».
«Stai scherzando? Devo trasmettere i miei geni a qualcuno. Ne ho necessità». Katherine solleva gli occhi al cielo. «Chiediamolo a Lucas? Lucas lo vuoi un fratellino?»
«Voglio un cane, mamma. Voglio un cane!».
Aggrotto la fronte. «Congiurati. Sabotaggio!».
«Dài papà, prendimi un cane!».
Accidenti! Quando mi chiama papà non resisto. Papà: una parola così piccola. Un numero di lettere esiguo con un significato immenso. Una parola che mi ha reso adulto. Questo ragazzino mi ha in pugno.
«Va bene, avrai un cane».
«Evviva!». L’entusiasmo di Lucas, mentre saltella sulla riva del lago, intorno a sua madre, è travolgente. Li raggiungo, afferro Katherine per la vita e le dico. «Non pensare di averla vinta».
Lei scuote il capo e mi allaccia le braccia al collo. «Vincerò sempre, ma non questa volta. Avremo un cane e…».
«E?»
«E i tuoi geni saranno trasmessi a un erede». Ride di nuovo. Non fa altro oggi. Ma va benissimo così.
A questo punto rido anch’io.
«Cominciamo da stasera?»
«Cominciamo dal momento in cui mi infilerai quell’anello al dito. Voglio entrarci nell’abito da sposa».
«Allora credo sia meglio farlo in fretta. Molto in fretta».
La bacio e la tengo stretta a me. Lucas continua a saltellare intorno a noi. Molte altre famiglie sono qui in questa domenica che anticipa l’estate, ma nessuno sembra badarci. E, d’altra parte, noi non badiamo a nessuno.
Bastiamo a noi stessi.
Ancora una volta mi ritrovo qui a ringraziare chi mi ha accompagnato in questa nuova storia nel Vermont, nella cittadina fittizia di Pretty Creek. Con me ci sono sempre le irriducibili compagne di avventura e di chiacchiere. Amiche che mi ispirano e incoraggiano. Patrisha Mar e Bianca Marconero, fari lungo il mio percorso fino a qui. Cosa sarebbe la mia vita senza le nostre chat? Elena Mattiussi e Maria Teresa Zumbo che andrebbero clonate perché di amiche come loro ne servirebbero a vagonate. Marika Bovenzi, la mia sorellina acquisita, parte del mio cuore. Alessia Litta e Corinne Savarese, autrici che stimo e amiche dal cuore d’oro. A mia cognata Marta che si emoziona per ciò che scrivo.
Ringrazio tutte le blogger che mi hanno dato fiducia, mi hanno supportato e sostenuto fin dal primo momento.
Grazie a Giovanna Giannino, Susi Marcone, Federica Cappelli e Anna Manca.
Grazie alle mie lettrici e ai miei lettori, perché senza di voi io non sarei arrivata fin qui.
Grazie alla mia editor Marianna Cozzi, che vede dove io non vedo, professionale e disponibile come pochi.
Grazie alla Newton Compton e al suo staff per avermi concesso di nuovo la loro fiducia.
E per finire, il mio grazie più grande va sempre a mio marito e mio figlio. Siete la mia certezza di amore.