Katherine
Luglio è arrivato senza che me ne accorgessi. Ha portato con sé piacevoli brezze estive che mi permettono di scoprire un po’ di pelle. Non che mi serva a molto farlo. Non c’è nessuno a guardarmi, se non consideriamo il solito Jordan. Ma del suo sguardo non mi importa molto, nonostante negli ultimi mesi mi sia stato vicino come nessuno. Lui lo sa. Lo sa che non potrò mai amarlo.
Luglio è arrivato e le cose sono tali e quali a prima, tranne il mio cuore. L’ho rimesso a posto con qualche cerotto, ma resta spezzato. La cioccolata aiuta, per questo, prima di passare a riprendere Lucas –
oggi ha trascorso il pomeriggio da un amichetto – passo dalla signora Gwendolyn Tantlebaum, per rimpinzarmi delle creazioni di cioccolata di Mackenzie, la ragazza che aiuta la donna, ormai anziana, in negozio.
«Come stai?», mi chiede Mackenzie, non appena mi vede. In paese tutti sanno di Kyle. Tutti sanno che se n’è andato e tutti fanno a gara per mostrarsi interessati. Mackenzie è una delle poche che esprime sincera preoccupazione. Gli altri, tutt’al più, si limitano a giudicare.
«Bene», mento. Sono diventata brava in questo.
«Hai delle occhiaie», commenta la ragazza. Dormo male. Non dormo affatto. Sogno di un ragazzo.
Continuamente. Questa volta è peggio. Questa volta è stato mio e l’ho perso. Di nuovo.
«Essere disoccupata è sfiancante». È un’altra delle novità di cui si parla in paese: la chiusura del locale di Tracy. Lei e il marito hanno deciso di trasferirsi dal figlio a New York tre mesi fa, per stare vicino ai nipotini. Sono stanchi di lavorare alla loro età, così hanno deciso di vendere il locale. Mi hanno proposto di gestirlo, prima di giungere a questa conclusione, ma non posso farlo. Richiederebbe troppo tempo, troppa dedizione. Tracy ha passato la sua intera vita in quel locale, sacrificando tutto. Nella mia situazione non posso permettermi di stare lontana da casa per troppo tempo. Gli O’Donnel mi hanno dato una busta con una sostanziosa liquidazione, ma fra la paga dell’infermiera Abbot, le cure mediche per mia madre, le tasse, la maledetta vita, ho quasi finito tutto. Come se non bastasse, ora che sono senza lavoro e che non riesco a trovare un altro impiego che non mi porti troppo lontano da casa, l’incubo Rhonda Peterson è tornato alla carica.
Mackenzie annuisce con un sorriso di circostanza, ma non insiste. Ha capito.
Le chiedo i miei dolci preferiti: praline di cioccolato al latte con nocciole intere. Quelle che fa Mac possono portarti in paradiso. Sto per andarmene, quando Jordan mi raggiunge nel negozio. È proprietario dello stabile che da anni ospita il negozio di dolci della signora Gwendolyn, quindi non dovrebbe essere troppo strano trovarlo qui nello stesso momento in cui ci sono anch’io, se non fossi sicura che mi stia seguendo. È sua consuetudine farlo, ultimamente.
Mi bacia su una guancia per salutarmi. Mi stringe per la vita e io lo lascio fare. Sempre. Come se fosse una cosa normale, certa che, così facendo, sto alimentando le sue speranze. Ho solo bisogno di qualcuno che…
Ho bisogno di lui, ma lui non c’è. Mi allontano da Jordan. Gli attimi di debolezza che mi concedo non durano mai più di qualche secondo. Alla fine, Kyle mi invade sempre. Totalmente.
Ho chiesto a suo nonno come sta. Mi ha risposto che se la cava bene, ma non ha aggiunto di più. Non posso dire che mi sia bastato, ma ho preferito non insistere con le mille domande che avrei voluto fare al vecchio Tom.
Mac si allontana con discrezione. Trascorro un paio di minuti con Jordan nel negozio, infine lo saluto e mi allontano verso casa, mentre il tramonto si spegne oltre Pretty Creek, alle spalle delle montagne.
Come sempre, quando rientro, il mio sguardo si ferma più del dovuto sulla porta del negozio di fiori.
Spero. Cosa spero? Di vederlo uscire con il suo solito sorriso da spaccone e raggiungermi sulle scale del portico con in mano una ridicola pianta grassa?
Mi passerà, continuo a dirmi. Esattamente come è passata la prima volta.
Richiudo la porta dietro di me. Lascio fuori i ricordi. Poco dopo mi raggiunge Stephanie che spesso viene a trovarmi, nonostante non faccia più molto spesso la babysitter di Lucas. Ora, l’uomo più importante della mia vita è seduto a tavola e mangia praline insieme a noi. Ha quattro anni e continua a dirmi che non ha bisogno della babysitter. Gli lascio credere che sia così, giustificando la presenza di Stephanie con il fatto che si deve prendere cura della nonna.
La cena è già pronta. Ho provveduto a prepararla nel pomeriggio. Chiedo a Stephanie di restare per
avere un po’ di compagnia. Allungo di nuovo lo sguardo attraverso la finestra, sospiro e torno alla mia vita. Non smetterò di esistere solo perché Kyle non c’è più. E se anche ci fosse, non credo che lo vorrei ancora nelle sue condizioni.