CAPITOLO QUARANTACINQUE
Quella sera, si incontrarono a casa di Fran, a Ravenswick. Lei preparò la cena e quando finirono si sedettero al tavolo della cucina, a bere vino e parlare. I piatti erano stati sparecchiati ma era rimasto ancora un tagliere di formaggio e una ciotola di uva nera, come uno studio di natura morta, davanti a lei. Era tardi, perché Fran aveva voluto che Cassie andasse a letto prima. Perez sapeva che Sandy era nervoso. Non era il tipo di evento sociale a cui era abituato. Aveva bevuto meno di loro, nonostante Perez gli avesse suggerito di prendere un taxi per tornare in città. Non voleva sembrare un idiota. Era comunque felice di essere stato invitato. Perez lo aveva capito.
«Anna come sta?». Fran lo chiese non appena Sandy entrò. Aveva passato la notte a Whalsay, a raccogliere dichiarazioni.
«Sconvolta, ovviamente. Andrà a sud dai genitori fino a quando non accetterà cos’è successo. Parla di tornare nelle Shetland prima o poi ma non penso lo farà mai. Ha provato davvero a integrarsi, ma non è mai stata il prototipo della moglie delle Shetland».
«E io?». Fran lo chiese sorridendo. «Sono tagliata per fare la moglie delle Shetland?».
Perez sapeva cosa stava facendo. Sandy reputava Ronald un amico. Vedeva ancora le morti di Whalsay come un tradimento personale. Fran stava cercando di alleggerire l’atmosfera. Non c’era nessun altro fine nella sua domanda.
«Oh, tu», disse Sandy, «andresti bene per ogni cosa».
«Andrew e Jackie verranno accusati?». Fran si allungò per prendere un acino e tagliare una fetta di formaggio.
«Jackie no», disse Perez. «Se fosse stata al corrente del coinvolgimento di Ronald sì, ma non lo sapeva. E non abbiamo nessuna prova del fatto che sapesse da dove veniva la ricchezza della sua famiglia».
«Se andiamo a cercare a ritroso nel tempo, tutte le famiglie più ricche della Gran Bretagna hanno fatto fortuna in modi discutibili», disse Fran. «Bottini di guerra, sulle spalle dei poveri».
Perez sorrise ma non ribatté. Dopo pochi drink, spesso Fran cominciava a credersi la paladina del popolo.
Sandy si mosse sulla sedia. «Ma sicuramente abbiamo qualcosa per incriminare Andrew, no? Sappiamo che è stato coinvolto. Ha provato a sviare l’attenzione su Setter dicendomi che il norvegese era stato buttato in mare. Se dovessimo riesumare il corpo di Per e controllare i registri degli affari di Andrew nel corso degli anni, dovremmo avere abbastanza materiale per convincere il fiscal».
Perez capì che Sandy si trovava più a suo agio a pensare a Andrew come a un assassino che a Ronald. Sandy era stato raggirato dal suo vecchio amico ed entrambi erano stati fregati dalla perfetta recitazione di Ronald.
«Sì», disse Perez. «Forse». Sapeva quanto avrebbe potuto durare un’indagine del genere e dubitava che, alla fine, Andrew sarebbe stato ancora vivo. Forse, abitare nella grande casa sulla collina, con una moglie dal cuore spezzato, un figlio in prigione e un nipote a sud, sarebbe stata una punizione abbastanza pesante.
Guardò verso il faro a Raven Head. Era una notte limpida. Pensava che potesse arrivare una gelata, l’ultima ondata di freddo prima dell’estate. All’improvviso si ricordò di Paul Berglund. Si girò verso Sandy, sorridendo. «La nonna di Berglund è svedese, non norvegese. Nessuna relazione con l’amante di Mima. Un uomo orribile, ma non un assassino».
«Quindi ho sbagliato, di nuovo», disse Sandy. Sembrava più rilassato, più se stesso. Perez vide che il suo bicchiere era vuoto. Ne versò uno a Sandy e uno per sé. Sembravano passate ore dall’ultima dormita, come se l’unica cosa a tenerlo in piedi fossero alcol e caffeina.
«Ossa nel terreno», disse Sandy, mezzo addormentato. «Scheletri nell’armadio». Rimasero seduti per un momento, in silenzio, poi il ragazzo tirò fuori il cellulare per chiamare un taxi e Fran si alzò per fare il caffè.
Quando uscirono fuori per accompagnare Sandy, Perez sussultò dal freddo. C’era la luna e il mare era d’argento. La luce del faro passò sui campi tra la spiaggia e casa di Fran. Era ipnotico, sentiva di poter rimanere lì fuori a fissarlo per ore. Invece si sforzò di guardare il cielo. Non c’erano lampioni e le stelle erano belle e luminose. Fran si mise di fronte a lui e Perez le fece mettere le braccia intorno alla sua vita. Nonostante la giacca spessa, riusciva a sentire il suo corpo premuto contro il suo.
Il taxi di Sandy si allontanò, ma loro rimasero lì.
«I miei amici di città non riusciranno mai a capire cosa si prova», disse Fran. «Cioè: nessun inquinamento, nessun suono, ma non riescono a capire».
«Dovresti invitarli e mostrarglielo».
Si girò verso di lui. All’inizio il viso era nell’ombra, finché non tirò su la testa e i suoi occhi non furono illuminati dal chiaro di luna.
«Stavo pensando», disse lei, «che potremmo invitarli per il matrimonio».