CAPITOLO QUATTRO
Hattie avrebbe potuto fare a meno di avere lì Evelyn, a Setter, quel giorno. Erano a Whalsay solo da una settimana e aveva altre cose a cui pensare, ansie che si erano annidate nella sua mente insieme ai momenti felici. Inoltre, voleva continuare con gli scavi. Il suo scavo, che era rimasto fermo dall’autunno. Adesso, i giorni più lunghi e il clima più favorevole l’avevano riportata nelle Shetland per finire il progetto. Era ansiosa di tornare nella fossa principale, di continuare a cercare e datare, di completare i suoi dati meticolosamente. Voleva provare la sua tesi e perdersi nel passato. Se avesse dimostrato che Setter era il sito di una casa di un mercante medievale, avrebbe avuto un importante pezzo di ricerca per il suo dottorato. Inoltre, il ritrovamento di manufatti che permettessero di datare l’edificio e confermassero la sua natura le avrebbe concesso di chiedere finanziamenti per ampliare lo scavo. Così avrebbe avuto una scusa per fermarsi nelle Shetland. Non poteva sopportare l’idea di lasciare le isole. Non sarebbe potuta tornare a vivere in città.
Ma Evelyn era una volontaria locale e aveva bisogno di addestramento, e Hattie doveva tenerla al suo fianco. Hattie sapeva che non se la cavava molto bene coi volontari. Era impaziente e pretendeva troppo da loro. Usava un linguaggio che non potevano capire. Quel giorno non sarebbe stato facile.
Si erano svegliate con un’ottima luce, ma dopo la nebbia era arrivata dal mare, coprendo i raggi del sole. La casa di Mima era un’ombra distante e tutto appariva più soffice e organico. Sembrava che i pali di misurazione fossero cresciuti dal terreno come salici e che i detriti fossero naturali, una semplice falda del terreno.
Il giorno prima, Sophie aveva delimitato uno scavo di pratica un po’ più lontano rispetto al sito principale e aveva tolto l’erba. Aveva scavato fino alle radici e raggiunto una parte di terreno asciutta e sabbiosa, livellando l’area con un piccone in modo da cominciare con lo scavo di pratica. Il terriccio era stato buttato sui detriti già depositati. Era tutto pronto per quando Evelyn si presentò, alle dieci, proprio come aveva detto, indossando pantaloni di velluto a coste e un vecchio maglione spesso. Aveva quelle maniere ansiose, tipiche dello studente che vuole adulare il proprio insegnante. Hattie le spiegò il processo passo passo.
«Cominciamo, allora?». Hattie sapeva che Evelyn era davvero entusiasta, ma avrebbe dovuto prendere le cose più seriamente, scrivendo qualche appunto, per esempio. Hattie aveva spiegato nel dettaglio come documentare un sito, ma non era sicura che Evelyn si ricordasse tutto. «Vuoi fare una prova con la cazzuola, Evelyn? Noi non setacceremmo tutto in un sito come questo, invece lavoreremmo sulle vasche di galleggiamento, e ogni scoperta andrebbe così collocata nel giusto contesto. Hai capito l’importanza di tutto questo?»
«Sì, sì».
«E lavoriamo dal conosciuto allo sconosciuto, scaviamo sempre all’indietro. Non vogliamo calpestare le cose che abbiamo già scoperto».
Evelyn la guardò. «Certo, non starò prendendo un dottorato», disse lei, «ma non sono nemmeno sorda. Ti ho davvero ascoltata». Le aveva parlato con molto garbo, ma Hattie si sentì arrossire. Non sono molto brava con le persone, pensò. Solo con idee e oggetti. Riesco a capire come funziona il passato ma non come vivere con gli altri nel presente.
Evelyn si lanciò nella fossa e cominciò a scavare con la cazzuola, cominciando in un angolo, sollevando lo strato più superficiale del suolo, arrivando poi a buttarlo nel secchio.
Si accigliò come una ragazzina concentrata sui compiti del giorno. Per tutta la mezz’ora successiva, ogni volta che Hattie la guardava, vedeva sempre la stessa espressione sulla sua faccia. Hattie aveva appena controllato il lavoro di Evelyn quando quest’ultima la chiamò.
«E questo cos’è?».
Hattie si allungò e diede un’occhiata. Qualcosa di solido sbucava dal terreno sabbioso e dai gusci di conchiglia. Hattie era eccitata. Forse era un frammento di vasellame. Un vasellame d’importazione avrebbe confermato le sue teorie come sperava. Avevano scavato la fossa di prova proprio perché non volevano che nessun dilettante trovasse nulla di importante, ma forse si erano imbattute in una estensione della casa. Si accucciò vicino a Evelyn, quasi scostandola, e spazzolò via il terreno vicino all’oggetto. Non era vasellame, nonostante il colore marrone-rossiccio tipico dell’argilla. Osso, lo vedeva ora. Da studentessa si aspettava che le vecchie ossa fossero bianche, crema o grigie ma era rimasta stupita dalla ricchezza dei possibili colori. Un grande pezzo di osso, rotondo, pensò, nonostante fosse stata scoperta solo una frazione.
Era delusa, ma provò a non farlo vedere. I principianti sono elettrizzati dai loro primi ritrovamenti. Negli scavi alle Shetland si rinvenivano sempre frammenti di ossa, per lo più di pecora; una volta persino lo scheletro di un cavallo quasi interamente conservato.
Cominciò a spiegarlo a Evelyn, per raccontarle come potevano scoprire qualcosa dei precedenti insediamenti dai resti degli animali.
«Non possiamo semplicemente tirar fuori un oggetto», disse lei. «Dobbiamo mantenerlo nel contesto, continuare a scavare, strato dopo strato. Sarà un ottimo esercizio. Ti lascio questo compito e tornerò più tardi». Pensò a quanto le sarebbe sembrato strano scavare mentre qualcuno la fissava. In più, aveva anche il suo lavoro da fare.
Più tardi andarono nella casa per una pausa. Mima fece dei panini, poi uscì per vedere cosa stava succedendo fuori. Quando Evelyn tornò a lavorare nella fossa di pratica, l’anziana rimase a fissarla. Mima indossava pantaloni neri di tessuto sintetico e stivali al ginocchio. Uno scialle grigio consunto a coprirle le spalle. Hattie pensava che assomigliasse a un corvo incappucciato, impalata a guardare lavorare la nuora. Un corvo incappucciato pronto ad agguantare un pezzo di cibo.
«Evelyn, allora, cosa sembri?», disse Mima. «A quattro zampe, come un animale. Con questa luce potresti sembrare uno dei maiali di Joseph che scorrazza in giro. Fa’ attenzione o ti taglierà la gola e ti mangerà come bacon». Si mise a ridere così forte che tossì e sputacchiò.
Evelyn non rispose. Si inginocchiò e la guardò in cagnesco. Hattie si sentì dispiaciuta per lei. Non sapeva che Mima potesse essere così crudele. Hattie saltò nella fossa vicino a Evelyn. L’osso sporgeva dal terreno ormai, quasi tutto esposto. Hattie estrasse la cazzuola dalla tasca dei jeans. Con enorme concentrazione scavò via gran parte del terreno, poi diede una spazzolata. La forma dell’osso era ormai chiara: c’era una curva dolce, una cavità scolpita.
«Pars orbitalis», disse lei. Lo shock e l’eccitazione le avevano fatto dimenticare di dover parlare in modo semplice perché Evelyn capisse.
La donna la fissò.
«L’orbita frontale», spiegò Hattie. «Questo è un pezzo di teschio umano».
«Oh, no», disse Mima. Hattie la guardò e vide che era impallidita. «Non può essere, no. Non può essere».
Si voltò e si precipitò in casa.