8.
Manifesto del Foro
di Augusto
e visione dell’Eneide
L’ideologia di Augusto è stata monumentalmente e definitivamente squadernata nel programma iconografico del suo Foro (42-2 a.C.) (fig. 48). Nella grande abside ovest spiccavano, al centro e sui due piani, i fondatori di Lavinium e di Alba, Enea e Ascanio/Iulo; alla loro sinistra, in 14 nicchie, figuravano i re di Alba, da Silvio a Numitore, mentre alla loro destra, in altre 14 nicchie, figuravano gli Iulii, l’ultimo dei quali si ergeva a parte, in sala annessa, Augusto. Il princeps, in abito sacerdotale, veniva a trovarsi, opportunamente, non dalla parte di coloro che avevano regnato – i Silvii – ma da quella di coloro – gli Iulii – che erano stati pontefici massimi (fig. 48). Nella grande abside est del Foro stavano, sempre al centro e sui due piani, i fondatori di Roma, Romolo – di fronte a Enea – e probabilmente Numa – di fronte ad Ascanio/Iulo – con ai lati, in 28 nicchie, altri re e i summi viri, cioè i grandi magistrati della città.
Nell’Eneide è descritto il viaggio di Enea, da Troia (fig. 49) a Roma (fig. 50). La peregrinazione è descritta anche da Dionigi di Alicarnasso, che però non prevede la deviazione a Cartagine. È interessante comparare i due itinerari, notando convergenze e divergenze. Verso il termine del viaggio, Enea raggiunge Cuma, Laurentum/Lavinium e infine anche il sito di Roma.
A Cuma l’eroe sale sull’arce (fig. 51), dove si ergeva il grande tempio di Apollo. La cella prevedeva un recesso in cui è possibile immaginare conservati i Libri sibyllini (fig. 52). Egli raggiunge poi l’antro della Sibilla che lo conduce nell’Averno, rappresentato dall’omonimo lago (fig. 51). Lì Enea incontra l’ombra del padre Anchise, che riprende, in modo più ampio, la profezia fatta da Giove a Venere1. Mostra così all’eroe l’intero futuro di Alba e di Roma: Silvio, il figlio che Enea avrà da Lavinia e che sarà padre e avo dei re di Alba; Romolo figlio di Marte; il divo Cesare, disceso da Ascanio/Iulo, con il figlio adottivo Augusto, che aprirà un secondo secolo d’oro; gli altri re di Roma, una scelta di summi viri e infine Marcello figlio di Ottavia sorella di Augusto e marito di Giulia figlia sua2: «Compianto ragazzo, dovessi mai rompere il rigore dei fati, tu sarai un Marcello! Datemi gigli a piene mani, ch’io sparga candidi fiori e almeno sommerga con questi doni l’anima del nipote, e assolva all’inutile ufficio!». È la prefigurazione del programma scultoreo del Foro di Augusto. Augusto vi figura come il fondatore di un altro secolo d’oro, quasi un ritorno a quello di Saturno. È il tempo di un impero senza limiti, quindi eterno, in cui regna la pace, perché non esistono nemici all’esterno, essendo l’impero limitato dall’Oceano, e perché non esistono nemici all’interno, per il potere concentrato nelle mani del principe.
Una seconda profezia, che riguarda solamente Roma, da Romolo ad Augusto, è cesellata da Vulcano sullo scudo destinato da Venere a Enea3. Vediamo la lupa e i gemelli, i Romani che rapiscono le Sabine, la guerra e il patto che ne segue e infine Augusto, Agrippa, Antonio e Cleopatra, messa in fuga ad Azio. Augusto appare anche in triplice trionfo, restauratore di 300 santuari di Roma, e infine sulla soglia del tempio di Apollo Palatino, che accoglie i doni dei vinti, che sfilano al suo cospetto nei variopinti costumi, evidentemente nel portico dalle 100 colonne che si apriva davanti al tempio di Apollo e alle due case di Augusto (fig. 47). Il palazzo del princeps ha ormai sostituito il Foro e il Campidoglio.
La casa-santuario di Augusto è riproposta nell’augusta reggia di Latino a Laurentum, sorretta anch’essa da 100 colonne4. Disponeva di una curia e di un vestibolo ospitante le effigi degli antenati; alla porta erano appese armi nemiche e vi era anche un alloro sacro ad Apollo. Tutti dettagli che riconducono al palazzo sul Palatino (fig. 53).