3

Se lui la ripudiò, non credo che lei vorrebbe parlarne a qualcuno disse Quentin.

Ah disse ancora Mr. Compson. Dopo la morte di Coldfield, nel 1864, Miss Rosa si trasferì a Sutpen's Hundred per vivere con Judith. Lei aveva vent'anni allora, quattro meno della nipote che, obbedendo alla richiesta di sua sorella in punto di morte, ella si accingeva a salvare dal fato della famiglia che Sutpen era intento a compiere, col sistema, a quanto poteva sembrare, di sposarlo. Lei (Miss Rosa) era nata nel 1845, quando la sorella era già sposata da sette anni e madre di due bambini, con i genitori che l'ebbero nella mezza età (sua madre doveva avere almeno quarantanni e morì di quel parto e Miss Rosa non lo perdonò mai a suo padre) e in un'epoca in cui - premesso che Miss Rosa si limitò a rispecchiare l'atteggiamento dei genitori verso il genero - la famiglia voleva solo pace e tranquillità e probabilmente non si aspettava e forse non desiderava neppure altra prole. Ma nacque, a prezzo della vita di sua madre, e non le fu mai dato modo di scordarlo.

Fu allevata dalla stessa zia nubile che tentò di far digerire per forza a un paese ostile non solo lo sposo della sorella maggiore ma anche lo stesso sposalizio, e crescendo in quella chiusa massoneria di femmine finì per ravvisare nel proprio vivere e respirare non solo l'unica giustificazione del sacrificio di sua madre, non solo un rimprovero vivente e ambulante per suo padre, ma un palpitante atto di accusa, universale e perfino trasferibile, contro l'intero principio mascolino (quel principio che aveva lasciato vergine per sempre la zia a trentacinque anni). Così i primi sedici anni della sua vita li visse in quella piccola casa cupa e severa col padre che odiava senza saperlo - quello strano uomo taciturno a cui sola compagna e amica pare fosse la sua coscienza, e solo oggetto di sollecitudine la sua reputazione di probità tra i suoi simili - quell'uomo che poi doveva inchiavardarsi nella sua soffitta e lasciarsi morire d'inedia piuttosto di subire lo spettacolo della sua terra natale sconvolta dalla lotta contro un esercito invasore - e con la zia la quale dopo dieci anni si stava ancora vendicando del fiasco costituito dal matrimonio di Ellen, scagliandosi contro la gente, la razza umana, attraverso tutte indistintamente le sue creature, fratello nipoti carnali nipote acquisito lei stessa e tutti, con la cieca furia irrazionale di un serpente che muta la pelle. La zia aveva insegnato a Miss Rosa a considerare sua sorella come una donna che era sparita, non solo dalla famiglia e dalla casa ma anche dalla vita, come entrando nella casa di Barbablù per esservi stregonescamente trasformata in una maschera rivolta a guardare con strazio passivo e disperato il mondo irrevocabile, tenuta lì non con la forza ma in una specie di sarcastica sospensione da un uomo (viso identico a quello che Mr. Coldfield vedeva adesso e aveva sempre visto dal giorno in cui, con un futuro genero a fargli in apparenza da compagno di giogo, ma in realtà da frusta, la sua coscienza aveva stretto i freni e, rinunciando anche alla sua parte del carico, lui aveva lasciato andare il genero per la sua strada) che era entrato nella vita sua e della sua famiglia prima della sua nascita con l'irruenza subitanea di un ciclone, provocando danni irreparabili e incalcolabili per poi passar oltre. In una cupa aria da mausoleo di rettitudine puritana e offesa vendicatività femminile trascorse l'infanzia di Miss Rosa, quell'annosa e antica assenza di gioventù fuori del tempo che consistette in un ascoltare, come Cassandra, dietro usci chiusi, in un appiattarsi in saloni bui pregni di quell'effluvio presbiteriano di lugubre e vendicativo precorrimento, mentre ella attendeva l'infanzia e la fanciullezza con cui la natura l'aveva confusa e proditoriamente condannata a far sua la precocità di una convinta disapprovazione per qualunque cosa potesse penetrare nelle mura di casa sua tramite l'influsso di un uomo, di suo padre in particolare, disapprovazione di cui la zia sembrava averla avvolta dalla nascita con le fasce.

Forse ella vide nella morte del padre, nella conseguente necessità in cui si trovò, come orfana priva di mezzi, di chiedere vitto, alloggio e protezione alla sua parente prossima - e questa parente era proprio la nipote che le si era chiesto di salvare - forse in ciò ella vide un gesto del destino che le forniva l'opportunità di rispettare la richiesta di sua sorella in punto di morte. Forse vide se stessa perfino come uno strumento di punizione: se non in sé uno strumento abbastanza forte da servir lui a dovere, almeno una specie di simbolo passivo di accusa ineludibile che sorgesse esangue e senza dimensione dalla pietra sacrificale del letto nuziale. Perché fin quando non tornò dalla Virginia nel '66 e la trovò a vivere là con Judith e Clytie... (Sì, Clytie era anche lei sua figlia: Clytemnestra. Le diede lui questo nome. Diede lui il nome a tutti quanti: tutta la sua prole e tutta la prole dei suoi negri selvaggi dopo che il paese cominciò ad assimilarli. Miss Rosa non ti ha detto che due dei negri che si portò nel carro quel giorno erano donne?

Nossignore, disse Quentin.

Sì. Due ce n'erano. E portate qui non per caso né per svista. Ci pensò espressamente lui, che senza dubbio aveva visto anche più in là dei due anni che gli ci vollero per costruire la sua casa e mostrare le sue buone intenzioni ai vicini fin quando non gli permisero di mischiare il suo bestiame selvaggio col loro bestiame mansueto, giacché la differenza di lingua fra i suoi negri e i loro poteva costituire una barriera solo per qualche settimana, se non addirittura per qualche giorno. Lui portò le due donne deliberatamente; le scelse forse con la stessa cura e acume che mise a scegliere l'altro bestiame - cavalli e muli e bovini - da lui acquistato poi. E visse laggiù per quasi cinque anni prima di arrivare a scambiare una parola con una donna bianca della contea, così come non aveva mobilio in casa e per lo stesso motivo: a quell'epoca non aveva nulla da offrire in cambio. Sì. Impose lui il nome a Clytie come a tutti quanti, a quello prima di Clytie e a Henry e perfino a Judith, con quella stessa temerarietà grezza e sardonica, battezzando con la sua bocca la propria ironica progenie di denti di drago, che con due eccezioni erano femmine. Solo, a me è sempre piaciuto credere che lui intendesse dare a Clytie il nome di Cassandra, indotto da qualche legge di economia drammatica non solo a procreare ma a designare l'augure principale del suo disastro, e che semplicemente sbagliasse il nome per un errore naturale in un uomo che doveva aver imparato a leggere da solo)... Quando tornò a casa nel '66, Miss Rosa l'aveva visto sì e no un centinaio di volte in vita sua. E ciò che vide allora fu giusto quella faccia d'orco della sua infanzia veduta una volta e poi ripetuta a intervalli e in occasioni che lei non sapeva né contare né richiamare alla memoria, come la maschera della tragedia greca, commutabile non solo da scena a scena, ma da attore ad attore e dietro la quale eventi e occasioni si verificavano senza cronologia o sequenza, lasciandola effettivamente incapace di dire quante volte lo avesse visto, per il motivo che, in veglia o in sonno, la zia le aveva insegnato a non veder null'altro. In quelle occasioni guardinghe e lugubri e perfino formali in cui lei e la zia andavano a passare la giornata a Sutpen's Hundred e la zia le ordinava di andarsene a giocare con suo nipote e la nipotina esattamente come avrebbe potuto ordinarle di suonare un pezzo al pianoforte per la compagnia, non lo vedeva nemmeno alla tavola del pranzo perché la zia predisponeva la visita in modo che coincidesse con l'assenza di lui; e probabilmente Miss Rosa avrebbe cercato di evitarlo anche se fosse stato presente. E nelle quattro o cinque occasioni dell'anno in cui Ellen portava i bambini a passare una giornata da suo padre, la zia (quella forte donna vendicativa e cocciuta che a quanto pare era due volte l'uomo che era Mr. Coldfield e in realtà fece a Miss Rosa non solo da madre ma anche da padre) gettava anche su queste visite quella stessa atmosfera di cupa asserragliata congiura e alleanza contro i due avversari, uno dei quali - Mr. Coldfield - fosse in grado di tenere il campo o no, aveva da lunga pezza richiamato i suoi avamposti e smantellato la sua artiglieria per ritirarsi nella cittadella inespugnabile della sua rettitudine passiva e l'altro - Sutpen - che probabilmente avrebbe potuto impegnarle e anche sgominarle ma non sapeva neppure di essere un nemico assediato. Perché lui non veniva nemmeno a casa per il pasto di mezzogiorno. Poteva essere per un certo senso di delicatezza verso il suocero. La vera ragione e l'inizio del rapporto tra Mr. Coldfield e lui non li seppero mai né la zia né Ellen né Miss Rosa, e Sutpen doveva rivelarli a un solo uomo - e ciò col vincolo del segreto fin quando rimaneva in vita Mr. Coldfield - per riguardo alla nomea, accuratamente coltivata di immacolata moralità della quale godeva Mr. Coldfield e che, diceva tuo nonno, Mr. Coldfield stesso non rivelò mai per la stessa ragione. O forse la ragione era quella che Miss Rosa ti disse e che la zia le aveva fornito: cioè che adesso, una volta ottenuto dal suocero ciò che Mr. Coldfield possedeva di utile o desiderabile per Sutpen, egli non aveva né il coraggio di comparire davanti al suocero né la buona grazia e creanza di completare il gruppo di famiglia quelle rade quattro volte l'anno. O forse era la ragione che adduceva Sutpen stesso e che la zia ricusava di credere per via di questo fatto: che lui non si recava certo in paese ogni giorno, e quando lo faceva preferiva passare la giornata (adesso frequentava il bar) con gli uomini che si radunavano ogni pomeriggio alla Holston House.

Ecco il volto che, quando capitava a Miss Rosa di vederlo, le si parava dinnanzi a tavola - il volto di un nemico che non sapeva nemmeno di essere assediato. Lei aveva dieci anni adesso e in seguito all'abbandono della zia (Miss Rosa ora teneva la casa paterna come l'aveva tenuta la zia fino a quella notte in cui si era issata fuori dalla finestra per poi dileguarsi) non soltanto non c'era nessuno a farla tentare di giocare coi due nipoti in quei giorni solenni e funerei, ma non doveva nemmeno recarsi laggiù a respirare la stessa aria che respirava lui e dove, seppure assente, lui rimaneva sempre, nascosto, in quello che a lei sembrava un sardonico e vigile trionfo. Adesso lei si recava a Sutpen's Hundred giusto una volta all'anno, cioè quando con l'abito della festa percorreva col padre quelle dodici miglia in un robusto carrozzino ammaccato, tirato da una robusta pariglia ispida, per andare a passarvi la giornata. Era Mr. Coldfield adesso a insistere per le visite, proprio lui che fin quando c'era la zia non si era mai recato laggiù con loro, forse per un senso di dovere, ragione da lui addotta e suscettibile in questo caso di esser creduta anche dalla zia, forse perché non era quella vera, in quanto indubbiamente perfino Miss Rosa non avrebbe creduto la vera ragione: ossia che Mr. Coldfield voleva vedere i suoi nipotini per i quali nutriva un disagio crescente in vista di quel giorno in cui il padre avrebbe parlato al figlio almeno di quel vecchio affare tra loro due che Mr. Coldfield d'altro canto non era ancora certo che suo genero non avesse già rivelato. Sparita com'era, la zia riusciva ancora a trasmettere e invocare su ciascuna di queste spedizioni qualcosa del vecchio sapore di cupa sortita, più che mai ora diretta contro un nemico il quale non sapeva di essere in guerra. Perché ora che la zia se n'era andata, Ellen aveva defezionato da quel triumvirato di cui Miss Rosa senza saperlo tentava di fare un duumvirato. Ora lei era completamente sola, ad affrontarlo, dall'altra parte della tavola da pranzo, senza nemmeno l'appoggio di Ellen (a quell'epoca Ellen subì una metamorfosi completa, entrando nel suo ultimo lustro con quel che di completo e definitivo proprio di una vera rinascita); ad affrontare dall'altra parte della tavola il nemico che non sapeva neppure di essere lì seduto non da ospite e cognato ma da parte in causa di un armistizio. Lui probabilmente non la degnò neppure di un secondo sguardo per misurarla, per soppesarla nei confronti della sua famiglia e dei suoi bambini - la bimbetta esile i cui piedi, anche da adulta, non avrebbero mai raggiunto bene il pavimento dalle sue sedie, quelle che un giorno avrebbe ereditato o quelle - quegli oggetti - che avrebbe accumulato quale complemento ed espressione del carattere individuale, come fa di solito la gente, o contrapposta a Ellen la quale sebbene anche lei di ossa minute, era ciò che si dice ben portante (e lo sarebbe stata davvero, ben portante, se la sua vita non fosse declinata in un tempo in cui anche gli uomini trovavano ben poco da mangiare e se la fine dei suoi giorni fosse stata immune da crucci. Non grassa: solo tonda e piena, i capelli bianchi, gli occhi ancora giovani, e perfino un lieve accenno di rosa su quelle che cominciavano a essere fibre di carne pendula e non più guance, le piccole mani paffute, inanellate e intatte, conserte in tranquilla attesa del cibo, sul damasco davanti alla porcellana Haviland, sotto i candelabri che anni e anni addietro si era portato in paese coi carri, facendo trasecolare i concittadini per l'affronto) e a Judith già più alta di Ellen, e a Henry che, sebbene non tanto alto per i suoi sedici anni quanto lo era Judith per i suoi quattordici, prometteva però di raggiungere un giorno la statura del padre; quella creatura, quella faccia che raramente parlava durante il pasto, con occhi simili (come si potrebbe dire) a pezzi di carbone ficcati in pasta molle e capelli ben curati di quello speciale colore grigiotopo proprio delle capigliature non sovente esposte al sole, in contrapposizione alle facce da aria aperta di Judith e Henry: Judith con i capelli della madre e gli occhi del padre, e Henry coi capelli a metà strada fra il rosso del padre e il nero di Ellen e gli occhi di un lucente nocciola scuro - quel corpicino di Miss Rosa con la sua aria di imbarazzo curioso e paradossale come un costume preso in prestito all'ultimo momento e di necessità per una mascherata a cui lei non desiderava intervenire: quell'aura di creatura claustralmente appartatasi ora per scelta deliberata e ancora in preda alle convulsioni di un forzato apprendimento, anziché volontaria o anche acquiescente partecipazione, dell'atto di respirare - questa riluttante ancella della carne e del sangue pur sempre in attesa di sfuggirvi scrivendo poesie da scolaretta sui compagni morti. Il volto, il più piccolo volto della compagnia, intento a osservarlo dalla parte opposta della tavola con intensità calma e curiosa e profonda come se lei avesse davvero qualche presentimento attinto a quel rapporto con la culla fluida degli eventi (il tempo) che si era acquistata o coltivata ascoltando dietro gli usci chiusi non già quanto vi udiva, ma facendosi supina e ricettiva, incapace parimenti di discriminazione o opinione o incredulità, ascoltando la temperatura prefebbrile del disastro, la quale fa gli indovini e a volte li fa infallibili, e della futura catastrofe in cui la faccia d'orco della sua infanzia sarebbe evidentemente svanita in maniera così totale da indurla ad acconsentir di sposare il suo ex possessore.

Quella fu forse l'ultima volta che lo vide. Perché smisero di recarsi laggiù. Mr. Coldfield smise. Non si era mai fissato un giorno per la visita. Un bel mattino semplicemente lui si presentava alla prima colazione nel dignitoso e pesante abito nero che indossava alle sue nozze e aveva poi portato cinquantadue volte l'anno fin quando Ellen si era sposata, e poi cinquantatré volte l'anno dopo che la zia li aveva abbandonati, finché poi se lo mise per sempre quel giorno in cui salì in soffitta e si inchiodò la porta alle spalle e gettò il martello dalla finestra e così ci morì dentro. Poi dopo colazione Miss Rosa si ritirava e ricompariva nell'arcigna seta marrone o nera che la zia le aveva scelto anni addietro e lei continuava a indossare la domenica e nelle altre occasioni anche quando era ormai completamente logora, sino al giorno in cui suo padre decise che la zia non sarebbe ritornata e permise a Miss Rosa di usare gli abiti lasciati dalla zia la notte della fuga. Poi salivano sul carrozzino e partivano, e prima Mr. Coldfield effettuava una trattenuta sulla paga alle due negre per il pranzo di mezzogiorno che non avrebbero dovuto preparare e (così credeva il paese) addebitava loro gli avanzi che avrebbero dovuto mangiare. Poi un anno non ci andarono. Indubbiamente Mr. Coldfield mancò di presentarsi a colazione nell'abito nero, e altri giorni passarono ed egli non comparve ancora, e fu tutto lì. Forse egli sentiva, ora che i nipotini erano cresciuti, che la tratta sulla sua coscienza era stata ritirata, con Henry andato via, all'Università statale di Oxford, e Judith spintasi ancor più lontano - in quello stadio di transizione fra infanzia e femminilità matura dov'ella era ancor più inaccessibile al nonno, visto ben poco durante la sua vita e di cui probabilmente poco si curava, comunque - quello stato in cui, sebbene ancor visibili, le fanciulle appaiono come da una trasparenza di vetro e dove neppure la voce può raggiungerle; dove esse esistono (era questa la selvaggia che sapeva battere alla corsa e all'arrampicata suo fratello, e cavalcare e lottare al suo fianco e contro di lui), in una luminosità perlacea senz'ombre, facendone parte esse stesse; tenute in nebulosa sospensione, strane e imprevedibili, le loro stesse forme fluide e delicate e senza sostanza; non in se stesse navigando e cercando ma semplicemente aspettando, parassitarie e potenti e serene, attirando a sé senza sforzo la materia post-germinale su cui e intorno a cui foggiarsi, fluire in dorso, petto; seno, fianchi, cosce.

Cominciava adesso il periodo terminato poi nella catastrofe che provocò un'inversione così completa in Miss Rosa da permetterle di consentire a sposare l'uomo che fin dalla sua infanzia ella aveva sempre considerato un orco. Non fu un voltafaccia di carattere: quello non mutò. Anche la condotta non mutò affatto. Quand'anche non fosse morto Charles Bon, lei con ogni probabilità si sarebbe recata ad abitare a Sutpen's Hundred dopo la morte del padre, prima o poi, e una volta fatto questo ci avrebbe probabilmente passato il resto dei suoi anni. Ma se Bon fosse vissuto e lui e Judith si fossero sposati e Henry fosse rimasto nel mondo conosciuto, lei si sarebbe trasferita là (se si fosse trasferita) soltanto quando vi fosse pronta, e sarebbe vissuta (se fosse vissuta) nella famiglia della sorella morta solo da zia quale effettivamente era. Non fu il suo carattere a mutare: a onta dei probabili sei anni da quando lo aveva visto e dei certi quattro che aveva passato a nutrire suo padre in segreto di notte mentre lui se ne stava nascosto in soffitta al riparo dalla polizia militare confederata, e al tempo stesso a scrivere poesie eroiche proprio su quegli uomini dai quali si nascondeva suo padre e che lo avrebbero fucilato o impiccato senza processo se lo avessero trovato - e, per inciso, l'orco della sua infanzia era uno di loro e (si portò a casa un encomio solenne firmato da Lee in persona) di quelli valorosi per giunta. Il volto che Miss Rosa si portò laggiù a vivere per il resto dei suoi anni era lo stesso volto che lo aveva scrutato dall'altra parte della tavola e di cui egli parimenti non avrebbe potuto dire quante volte lo aveva visto, né quando e dove, non già perché non riuscisse a dimenticarlo ma perché probabilmente non avrebbe potuto ricordarlo abbastanza da descriverlo dieci minuti dopo aver voltato la faccia da un'altra parte, e dietro quel volto la stessa donna che era stata quella bambina lo osservava ora con quella stessa intensità cupa e fredda.

Benché non dovesse più rivedere Sutpen per anni e anni, ora vedeva la sorella e la nipote con maggior frequenza che mai. Ellen si trovava adesso all'apice di ciò che la zia avrebbe chiamato un atteggiamento da rinnegata. Parve non soltanto accettare la sua vita e il suo matrimonio, riconciliarvisi, ma andarne addirittura orgogliosa. Era fiorita, come se il Fato condensasse la normale estate di San Martino che avrebbe dovuto fiorire gradualmente e graziosamente appassire nello spazio di sei o otto anni, in tre o quattro, o per compensarla di quanto stava per accadere, o per chiudere i conti, pagare l'assegno al quale la moglie del Fato, la Natura, aveva apposto la firma di lui. Ellen si avviava alla quarantina, ed era paffuta, il viso ancora intatto. Era come se i segni comunque lasciativi dall'esistenza fino al momento in cui era sparita la zia li avessero tolti tra lo scheletro e la pelle, tra la somma delle esperienze e l'involucro in cui risiedono, gli anni intercorsi di carne temprata e tranquilla. Il suo portamento, la sua aria erano adesso un po' regali - lei e Judith si recavano spesso in paese ora, a visitare le stesse signore, alcune ormai nonne, che la zia vent'anni prima aveva tentato di costringere a intervenire al matrimonio, e a far compere per quanto lo consentivano le magre possibilità del paese - come se finalmente ella fosse riuscita a sbarazzarsi non solo del retaggio puritano ma della realtà stessa; avesse immolato l'intrattabile marito e i figli incomprensibili riducendoli a pure ombre; e fosse evasa alfine in un mondo di pura illusione in cui, al sicuro da qualunque offesa, si muoveva e viveva di atteggiamento in atteggiamento nella sua cornice di castellana fino al sogno più grande: moglie del più ricco, madre dei più fortunati. Quando girava per le compere (c'erano venti negozi adesso a Jefferson) si raddrizzava nella persona senza nemmeno scendere di carrozza, con grazia e sicurezza e dicendo un sacco di sciocchezze, recitando le sue brillanti sfilze di frasi senza significato della parte che s'era scritta da sé, la parte di duchessa peripatetica che girava con infusi e medicine fra una popolazione di contadini puliti e liberi - una donna che, se avesse avuto la forza di sopportare dolore e molestie, avrebbe potuto assurgere a una posizione di prima grandezza nella parte di matriarca che dall'angolo del focolare arbitri orgoglio e destino della sua famiglia, invece di rivolgersi alla fine alla parente più giovane per chiederle di proteggere gli altri componenti.

Sovente, due volte e anche tre alla settimana venivano tutt'e due in paese e in casa - la sciocca donna irreale, volubile e ben mantenuta che da sei anni ormai mancava dal mondo - la donna che aveva lasciato casa e parenti in un fiume di lacrime e in una umbratile regione miasmatica un po' simile alle amare plaghe dello Stige aveva generato due figli per poi levarsi come la farfalla covata nelle paludi, libera dal peso dello stomaco e da tutti i grevi organi di sofferenza ed esperienza, in un perenne vuoto luminoso di sole immobilizzato - e Judith, la giovanetta che sognava, non certo viveva, nel suo completo distacco e inaccessibilità al reale, una sorta quasi di sordità fisica. Per loro, Miss Rosa non doveva essere nulla di nulla adesso: non la bambina che era stata oggetto e vittima della vendicativa, inesorabile cura e attenzione della zia sparita, e nemmeno la donna che per tale era pur designata dal suo ufficio di governante, e certo non la zia in carne e ossa. E sarebbe difficile dire quale delle due, sorella o nipote, fosse a sua volta più irreale per Miss Rosa - l'adulta che era fuggita dalla realtà in una tenera regione popolata di bambole, o la giovanetta che dormiva a occhi aperti in qualche sospensione così completamente fisica da rassomigliare allo stato prenatale e tanto lontana dall'altro estremo della realtà quanto Ellen lo era dal suo, use a recarsi alla casa avita due o tre volte la settimana, e che una volta perfino, nell'estate del diciassettesimo anno di Judith, si fermarono mentre stavano andando a Memphis, per via terra, ad acquistare abiti per Judith; sì: un corredo da sposa.

Fu quella l'estate successiva al primo anno universitario di Henry, quando si era portato a casa Charles Bon per Natale e poi ancora a passarvi una settimana o giù di lì delle vacanze estive prima che Bon proseguisse per il fiume per imbarcarsi sul battello diretto a casa sua, a New Orleans; l'estate in cui Sutpen stesso se ne andò via, per affari, diceva Ellen, indubbiamente ignara, dato il suo genere di esistenza di allora, del fatto che lei non sapeva dove fosse andato suo marito, e perfino inconsapevole di non esserne curiosa. Nessuno tranne tuo nonno e forse Clytie doveva mai sapere che Sutpen era andato anche lui a New Orleans. Entravano nella casa di Miss Rosa, quella piccola casa scura, cupa e angusta dove ancora a quattro anni dalla sua scomparsa la zia pareva trovarsi proprio dietro ogni porta con la mano già sulla maniglia, e che Ellen riempiva di dieci o quindici minuti di stridulo chiasso per poi andarsene, portandosi appresso la figlia sognatrice e abulica che non aveva aperto bocca; e Miss Rosa, che era a conti fatti la zia della ragazza e quanto a età avrebbe potuto esserle sorella, ignorava la madre per seguire l'allontanarsi della figlia inaccessibile con anelito miope e inarticolato e neppur l'ombra di gelosia, proiettando su Judith tutti gli abortiti sogni e chimere della sua giovinezza condannata e insoddisfatta, offrendo a Judith l'unico dono (dono necessariamente offerto al corredo nuziale e non alla sposa; fu Ellen a dir questo, con grida di stupore, più di una volta) in suo potere: si offrì di insegnare a Judith il modo di governare la casa e organizzare i pasti e contare la biancheria, ricevendo in cambio dell'offerta il vuoto sguardo fisso e insondabile, il sordo «Cosa? Come hai detto?» mentre anche allora Ellen strillava di stupefatta ammirazione. Poi sparivano - carrozza, fagotti, il pavonesco divertimento di Ellen, il sognare dell'impenetrabile nipote. Quando scesero in paese un'altra volta e la carrozza si fermò davanti alla casa di Mr. Coldfield, uscì una delle negre e disse che Miss Rosa non era in casa.

Sempre quell'estate ella rivide Henry. Non l'aveva visto dall'estate precedente sebbene fosse venuto a casa per Natale con Charles Bon, il suo amico dell'università, e lei avesse sentito parlare dei balli e dei ricevimenti a Sutpen's Hundred durante le vacanze, ma lei e suo padre non si erano mossi. E quando Henry sostò con Bon, tornando a scuola il giorno dopo Capodanno, per parlare con la zia, lei in quel momento non era in casa. Così non lo rivide sino all'estate successiva, un buon anno dopo. Era in centro a far compere; stava parlando con tua nonna quando lui passò a cavallo. Lui non la vide; passò a cavallo di una nuova giumenta che gli aveva dato suo padre, e ormai portava abito e cappello da uomo fatto; tua nonna disse che era alto come il padre e che montava con la stessa aria vanagloriosa sebbene più leggero nelle ossa di Sutpen, come se le sue ossa fossero capaci sì di sostenere la vanagloria, ma ancora troppo leggere e mobili per sostenere la pomposità. Perché anche Sutpen stava recitando la sua parte. Aveva corrotto Ellen in più d'un modo. Egli era ormai arrivato a essere il più grosso proprietario terriero e piantatore di cotone della contea, con la stessa tattica con cui si era costruito la sua casa - lo stesso esclusivo sforzo indefesso ed estrema noncuranza di come potevano esser viste dal paese le sue azioni visibili e di come dovevano apparirgli quelle invisibili. Tra i suoi concittadini v'era chi credeva che ci fosse sotto qualcosa, a cominciare da quelli che credevano che la piantagione fosse giusto uno schermo alla sua vera, tenebrosa attività, passando per quelli che credevano che lui avesse trovato qualche maniera di manipolare lo stesso mercato del cotone e farsi pagare per ogni balla più degli uomini onesti, fino a coloro che evidentemente credevano che i negri selvaggi da lui portati avessero il potere di strappare al terreno più cotone di quanto ne avessero mai ricavato tutti i negri mansueti di questo mondo. Egli non era benvoluto (cosa che comunque non desiderava, stando a ogni indizio) ma temuto, cosa che pareva divertirlo, se non addirittura compiacerlo. Ma era accettato; evidentemente aveva ormai troppo denaro per essere respinto o anche solo seriamente molestato. Egli riuscì in questo - portò la sua piantagione al punto di funzionare bene (adesso aveva un sovrintendente: era il figlio di quello stesso sceriffo che lo aveva arrestato al cancello della sua futura sposa il giorno del fidanzamento) a dieci anni dalle nozze, e ora recitava anche la sua parte - una parte di arrogante benessere e agio che, come agio e benessere gli accumulavano addosso carne, si faceva un poco pomposa. Sì, lui aveva corrotto Ellen sino al punto di farne più ancora che una rinnegata, sebbene al pari di lei ignorasse che la sua fioritura era pure uno sboccio forzato e che mentre lui recitava ancora la sua scena al pubblico, alle sue spalle il Fato, il destino, la nemesi, l'ironia — il regista, chiamalo come vuoi - stava già calando lo scenario e chiamando le sintetiche e spurie ombre e forme di quello successivo. «Sta passando» disse tua nonna. Ma Miss Rosa aveva già visto Henry. Lei stava lì accanto a tua nonna, e la sua testa arrivava a malapena alla spalla di tua nonna; era esile, e indossava uno degli abiti che la zia aveva lasciato in casa e che Miss Rosa aveva ridotto alla propria misura, lei che non aveva mai imparato a cucire da nessuno, così come si era assunta la direzione della casa e si era offerta di insegnare a Judith la stessa cosa, pur non avendo mai imparato da nessuno a cucinare o a fare alcunché salvo ascoltare dietro le porte chiuse, e se ne stava lì con uno scialle sulla testa come se invece di quindici anni ne avesse avuti cinquanta, inseguendo con lo sguardo il nipote e dicendo: «Ma guarda... è rasato».

Poi smise anche di vedersi con Ellen. O meglio, Ellen stessa smise di recarsi a casa sua, smise di celebrare il rito settimanale della carrozza di negozio in negozio dove, senza scendere, Ellen ordinava a padrone e commesso di portarle fuori le stoffe e le scarse bigiotterie e guarnizioni che loro portavano ben sapendo che lei non le avrebbe comperate ma semplicemente tastate e maneggiate e scompigliate per poi respingerle, tutto con quel flusso di brillante chiacchierio puerile. Non sprezzante, e nemmeno con aria di degnazione a dire il vero, ma con una blanda e infantile imposizione alla tolleranza o educazione o semplice disperata impotenza degli uomini, i negozianti e i commessi; per poi tornare a casa c riempirla di quell'insignificante chiasso di vanità, di impossibili e infondati consigli su Miss Rosa e suo padre e la casa, sugli abiti di Miss Rosa e la disposizione del mobilio e il modo di preparare il cibo e anche le ore in cui lo si consumava. Poiché ora si avvicinava il tempo (era il 1860, e anche Mr. Coldfield probabilmente ammetteva che la guerra era inevitabile) in cui il destino della famiglia di Sutpen, che da ben vent'anni era stato come un lago sgorgato da quiete sorgenti in una quieta valle, allargandosi, salendo quasi impercettibilmente e in cui i quattro membri della famiglia galleggiavano in sospensione solare, avvertì il primo moto sotterraneo verso lo sbocco, la gola che doveva essere anche la catastrofe della loro terra, e i quattro pacifici nuotatori allora si sarebbero volti improvvisamente l'uno verso l'altro, non ancora con allarme o diffidenza ma solo apprensione, sentendo il tenebroso evento, e nessuno di loro peraltro, ancora a quel punto in cui uno dà uno sguardo ai suoi compagni nel disastro e pensa: Quando la smetterò di tentare di salvare loro e salverò solo me stesso? Così Miss Rosa non vide nessuno di loro; non aveva mai visto (e non l'avrebbe mai visto vivo) Charles Bon; Charles Bon di New Orleans, l'amico di Henry, che era non solo più anziano di lui di qualche anno ma addirittura un po' troppo anziano per essere ancora al college e certo un po' fuori posto in quello dove si trovava - un piccolo college universitario nel retroterra diciamo pure deserto del Mississippi, a trecento miglia da quella città mondana e anche straniera che era casa sua - un giovanotto dall'eleganza e disinvoltura mondana superiori alla sua età, di bell'aspetto, evidentemente facoltoso e con sullo sfondo la presenza sfumata di un tutore anziché dei genitori - un personaggio che nel remoto Mississippi dell'epoca doveva apparire quasi una fenice, balzato intero dal nulla senza infanzia, nato non di donna e invulnerabile al tempo, e che, una volta sparito, non lasciò ossa né polvere in alcun luogo - un uomo dalle maniere disinvolte e dall'aria sicura e ardita in confronto al quale la pomposa arroganza di Sutpen era una goffa montatura e Henry poi un bamboccio pietosamente impacciato. Miss Rosa non lo vide mai; era una raffigurazione, un'immagine. Non era quel che Ellen le disse: Ellen all'assoluto apogeo della sua estate di farfalla e ricca ora dell'ulteriore fascino che le conferiva quel suo generoso e grazioso cedere la giovinezza all'erede del suo sangue e sesso, quell'atteggiamento e condotta concomitante al periodo del fidanzamento grazie a cui le madri, se vogliono, possono quasi diventare loro le spose alle nozze delle figlie. Ascoltando Ellen, un estraneo avrebbe quasi creduto che il matrimonio, che gli eventi successivi dimostrarono poi non essere stato neppur menzionato tra i due giovani e i rispettivi genitori, fosse stato addirittura celebrato. Ellen non fece mai cenno, neppure una volta, all'amore fra Judith e Bon. Non ne faceva oggetto di perifrasi allusive. Per quanto riguardava loro due, l'amore era giusto un argomento esaurito e interamente morto come lo sarebbe stata la questione della verginità dopo la nascita del primo nipote. Lei parlava di Bon come se fosse tre oggetti inanimati in uno, o forse un solo oggetto inanimato che lei e la sua famiglia avrebbero saputo adibire a tre usi concordanti: un abito che Judith poteva indossare come un costume da cavallerizza o un vestito da sera, un mobile atto a complementare e completare l'arredamento della sua casa e posizione, e un mentore ad esempio per correggere il provincialismo di Henry quanto a modi, linguaggio e abbigliamento. Ella pareva aver stretto il tempo nel suo abbraccio. Ella postulava gli anni trascorsi durante i quali non aveva avuto luogo nessuna luna di miele né alcun mutamento, e da cui i volti (divenuti ora cinque) guardavano con una sorta di fioritura esanime e perenne come ritratti sospesi in un vuoto, ciascuno preso al suo apice preavvisato e depurato d'ogni pensiero ed esperienza, mentre i rispettivi modelli erano vissuti e morti tanto tempo prima che le loro gioie e dolori dovevano ormai essere dimenticati perfino dalle assi del pavimento su cui avevano inceduto, posato, riso e pianto. Questo, mentre Miss Rosa, disattenta, che si era formata un'immagine dalle prime parole, forse dal nome di Charles Bon; la zitella condannata a vita sin dai sedici anni, assisa dietro questo vivo barbaglio di chimere come se fosse stato uno di quei raggi fluorescenti colorati dei cabaret e lei ci si trovasse per la prima volta in vita sua e il raggio fosse pieno di un immateriale luccichio di pulviscolo argenteo lasciato all'improvviso su di lei, fermo per un attimo e poi ripreso dal vortice. Lei non era gelosa di Judith. E non era nemmeno autocommiserazione, quel suo starsene lì seduta a guardare, sbattendo le palpebre, la sorella mentre Ellen parlava, in uno di quei vestiti da casa rappezzati in qualche modo (gli abiti, a volte smessi ma solitamente nuovi, che Ellen le dava di tanto in tanto erano sempre seta, certo) che la zia aveva abbandonato fuggendo col sensale di cavalli e di muli, forse con la speranza o anche la ferma intenzione di non portarne mai più di simili. Era probabilmente solo rassegnata disperazione e sollievo per la definitiva e completa abnegazione, ora che Judith stava per immolare il compenso sostitutivo della frustrazione nella fiaba vivente. Parve una fiaba quando Ellen la raccontò poi a tua nonna, solo era una fiaba scritta per un circolo di signore eleganti e da esse stesse recitata. Ma per Miss Rosa doveva essere autentica, non solo plausibile ma giustificata: donde l'osservazione che strappò di nuovo a Ellen (lei raccontò anche questo, per lo scherzo infantile che era) strilli di stupore divertito e inquieto. «Noi ce lo meritiamo» disse Miss Rosa. «Meritiamo? Lui?» disse Ellen, e forse pure strillò. «Certo che ce lo meritiamo - se vuoi metterla così. Io certo spero e confido che anche per te i Coldfield siano all'altezza di ricambiare qualunque speciale distinzione e onore possano ricevere dal matrimonio con chicchessia».

Naturalmente non si sa di nessuna risposta a questa battuta. O almeno, stando a quel che raccontò Ellen, Miss Rosa non tentò di formularne una. Lei lasciò partire Ellen e poi si accinse a fare a Judith il secondo dei doni che soli erano in suo potere. Ne aveva due ora, e anche quest'ultimo le era stato trasmesso dalla zia che le insegnò sia a governare la casa sia ad aggiustare i vestiti uscendo una bella notte dalla finestra, per quanto questo secondo dono si sviluppasse tardi (si ripercuotesse, potresti dire) per il fatto che quando partì la zia Miss Rosa non era grande abbastanza da poter usare gli abiti smessi, seppur riducendoli. Ella si accinse in segreto a far vestiti per il corredo di Judith. La stoffa se la procurò dal negozio del padre. Non avrebbe potuto procurarsela in nessun altro posto. Tua nonna mi disse che a quell'epoca Miss Rosa non sapeva neppure contare il denaro, che in teoria conosceva la serie delle monete ma evidentemente non aveva mai avuto sottomano i soldi da vedere, toccare e verificare; che in certi giorni della settimana se ne andava in centro con un canestro a far compere in certi negozi già designati da Mr. Coldfield, senza che monete o somme di sorta cambiassero labbro o mano, e poi nel corso della giornata Mr. Coldfield ricostruiva il suo itinerario dai conti scarabocchiati su carta o sui muri e sui banchi, e li pagava. Dunque bisognava pure che il materiale se lo procurasse da lui. E lui si era portato dietro a Jefferson su un carro tutti gli arnesi del mestiere, e con questi al tempo doveva mantenere madre sorella moglie figli, mentre ora aveva da mantenere un'unica figlia, e mettendo pure sul piatto della bilancia il profondo disinteresse per l'accumulo materiale che aveva consentito alla sua coscienza di imporgli di tirarsi fuori da quel vecchio affare nel quale l'aveva trascinato suo genero non solo al prezzo del giusto profitto ma anche del sacrificio dell'investimento originario, la sua provvista, che era iniziata quale insieme di generi di più stretta necessità ed evidentemente insufficiente a dar da mangiare a lui e a sua figlia e che non si era accresciuta né tantomeno diversificata. Eppure era ben lì che doveva andare a prendere le stoffe per fare quegli indumenti intimi di fanciulla che erano destinati alle sue nozze vicarie - e puoi immaginarti che idea poteva avere Miss Rosa di tali indumenti, e quale poteva poi risultare questa idea una volta che lei li avesse terminati da sola senza alcun aiuto. Nessuno sa come facesse a procurarsi il materiale dal negozio del padre. Lui certo non glielo diede. Lui si sarebbe fatto un obbligo di fornire abiti a sua nipote se costei fosse stata indecentemente vestita, lacera o esposta al freddo, ma non già per il matrimonio. Quindi io credo che lo rubasse. Deve aver fatto così. Deve averlo portato via quasi di sotto il naso a suo padre (era un piccolo negozio, e lui faceva da commesso e da qualunque punto poteva vedere qualsiasi altro punto) con quell'arditezza amorale, quella tendenza al brigantaggio propria delle donne, ma più probabilmente, o almeno così mi piacerebbe pensare, con qualche sotterfugio di tale nuda e disperata evidenza escogitato dall'innocenza che la sua stessa semplicità giocò il padre.

Così ella non vide più nemmeno Ellen. Evidentemente Ellen aveva ora assolto il suo compito, completato il luminoso meriggio e pomeriggio senza scopo della sua estate di farfalla per poi sparire, forse non da Jefferson, ma comunque dalla vita della sorella, che doveva rivederla solo quell'ultima volta, a letto morente in una stanza buia nella casa su cui la disgrazia aveva già posato la sua mano sino al punto di sperdere le nere fondamenta sulle quali era stata edificata e allontanarne i due pilastri maschi, marito e figlio - uno gettato nel rischio e pericolo della battaglia, l'altro a quanto pareva nell'oblio. Henry era semplicemente sparito. Lei lo seppe mentre passava i suoi giorni (e notti; le toccava aspettare che il padre si addormentasse) a cucire lentamente e senza abilità gli indumenti che andava confezionando per il corredo della nipote e che doveva tener nascosti non solo al padre ma alle due negre, che avrebbero potuto dirlo a Mr. Coldfield - sollevando guarnizioni di pizzo da grovigli di nastro e filo di cui aveva fatto incetta e componendone capi di vestiario mentre giungeva la notizia dell'elezione di Lincoln e della caduta di Sumpter, e lei intanto non vi porgeva nemmeno orecchio, percependo sì e no il rintocco funebre e la condanna della sua terra fra due lente e goffe gugliate a un indumento che lei non si sarebbe mai messa e mai tolta, per un uomo che non doveva neppure vedere vivo. Henry semplicemente sparì: ella seppe giusto quel che seppe la città - che per il prossimo Natale, Henry e Bon ritornavano ancora a casa a passare le feste, l'avvenente e facoltoso new-orleansiano del cui fidanzamento con la figlia la madre era andata riempiendo le orecchie del paese da ben sei mesi. Essi ritornarono, e ora il paese tese gli orecchi in attesa dell'annuncio ufficiale. E poi qualcosa accadde. Nessuno seppe che cosa: qualcosa tra Henry e Bon da una parte e Judith dall'altra, o fra i tre giovani da una parte e i genitori dall'altra. Ma comunque, quando venne il giorno di Natale, Henry e Bon se n'erano andati. Ed Ellen non si faceva vedere (a quanto pare si era ritirata nella stanza buia che non doveva poi lasciare fino alla morte, avvenuta due anni dopo) e nessuno poteva capirci qualcosa dalla faccia o dalle azioni o dal comportamento di Sutpen o di Judith, e così il racconto venne tramite i negri: di come la notte di Natale ci fosse stata una lite, non fra Bon e Henry o Bon e Sutpen, ma tra figlio e padre, e che Henry aveva formalmente rinnegato suo padre e rinunciato al suo diritto di nascita e al tetto sotto il quale era nato e che lui e Bon erano partiti a cavallo nella notte e la madre era distrutta - quantunque, stando al paese, non per il matrimonio andato a monte ma per l'urto della realtà che entrava nella sua vita: così il pietoso colpo della scure prima che si tagli la gola alla bestia da macello. Benché Ellen naturalmente non sapesse neanche questo.

Ecco che cosa seppe Miss Rosa. Nessuno sa che cosa ne pensasse. In paese si riteneva che l'azione di Henry fosse semplicemente dovuta alla natura focosa della gioventù, tanto più che si trattava di un Sutpen, e che il tempo avrebbe medicato tutto. Indubbiamente il comportamento di Sutpen e Judith l'uno verso l'altra e verso il paese ci aveva qualcosa a che fare. Di quando in quando si facevano vedere insieme in carrozza in paese come se nulla fosse successo almeno fra loro due, il che non sarebbe certamente stato se la lite fosse scoppiata tra Bon e il padre, e probabilmente nemmeno se il guaio fosse occorso tra Henry e il padre, perché il paese sapeva che tra Henry e Judith c'era stata una relazione più stretta della tradizionale fedeltà di fratello e sorella; una curiosa relazione: qualcosa come quella fiera rivalità impersonale fra due cadetti di un reparto d'assalto che mangiano nello stesso piatto e dormono sotto la stessa coperta e rischiano la stessa distruzione e sfiderebbero la morte l'uno per l'altro, non già per l'altro ma per la compatta saldezza del reparto stesso. Tutto quel che sapeva Miss Rosa era lì. Lei non poteva saperne più di quanto ne sapeva il paese, perché coloro che erano davvero al corrente delle cose (Sutpen o Judith: non già Ellen, alla quale in primo luogo nessuno avrebbe detto niente e che in ogni caso, se anche gliene avessero fatto parte, avrebbe dimenticato, non avrebbe assimilato - Ellen la farfalla, sotto la quale era stata tolta senza preavviso fin l'aria sostenuta dal sole, lasciandola ora con le mani paffute posate sulla trapunta della camera buia e più su gli occhi forse nemmeno sofferenti ma solo pieni di smarrita incomprensione) non le avrebbero raccontate a lei più che ad alcuno in Jefferson o altrove. Miss Rosa probabilmente andò fin là, probabilmente una volta e poi non più. E lei dovette dire a Mr. Coldfield che tutto era a posto, ed evidentemente lo credette lei per la prima poiché seguitò a lavorar di cucito al corredo nuziale di Judith.

Era ancora occupata in questo quando il Mississippi aderì alla secessione e quando le prime divise confederate cominciarono ad apparire a Jefferson dove il colonnello Sartoris e Sutpen reclutavano il reggimento che partì nel 1861, con Sutpen, comandante in seconda, che cavalcava alla sinistra del colonnello Sartoris, sullo stallone nero chiamato col nome di Scott, all'ombra della bandiera reggimentale ideata da lui e da Sartoris e fatta dalle donne di Sartoris cucendo insieme abiti di seta. Il suo fisico si era fatto più pieno, non solo dalla prima volta che era entrato in Jefferson quella domenica del 1833, ma anche dai tempi del suo matrimonio con Ellen. Però non era ancora corpulento quantunque si stesse ormai avviando ai cinquantacinque. Il grasso, il ventre, venne più tardi. Gli venne addosso di colpo, tutto in una volta, l'anno dopo quel qualunque incidente che ruppe il fidanzamento con Miss Rosa, quando lei abbandonò il suo tetto e tornò in paese a vivere sola nella casa di suo padre e non gli rivolse nemmeno più la parola tranne quell'unica volta che gli parlò perché le avevano detto che era morto. Il grasso gli saltò addosso di colpo, come se quella che i negri e anche Wash Jones chiamavano una bella figura d'uomo avesse raggiunto e tenuto il suo apice dopo che le fondamenta avevano ceduto e qualcosa tra la forma che la gente gli conosceva e l'intransigente scheletro di ciò che era in realtà si fosse liquefatto e, attirato dalla terra, fosse stato bloccato e compresso, a mo' di pallone, instabile e inerte, dall'involucro che aveva tradito.

Ella non vide partire il reggimento perché suo padre le proibì di uscire di casa prima che se ne fosse andato, rifiutandole il permesso di partecipare o presenziare con le altre donne e fanciulle alla cerimonia della partenza, ma non perché c'era suo genero. Lui non era mai stato un uomo irascibile, e prima che la guerra fosse dichiarata e il Mississippi si schierasse coi secessionisti i suoi atti e discorsi di protesta erano stati non solo calmi ma logici e del tutto sensati. Ma una volta tratto il dado egli parve mutare da un giorno all'altro, così come sua figlia Ellen aveva mutato natura pochi anni prima. Non appena cominciarono ad apparire truppe a Jefferson egli chiuse il negozio e lo tenne chiuso per tutto il periodo in cui si mobilitavano e addestravano i soldati, e poi, quando il reggimento se ne fu andato, ogni qualvolta truppe di passaggio bivaccavano lì per una notte, si rifiutava di vender merci ai militari, per qualunque prezzo, e così pure (a quanto si diceva) alle famiglie non solo dei soldati ma degli uomini o donne che avevano appoggiato la secessione e la guerra seppur soltanto verbalmente, con l'opinione. Rifiutò a sua sorella il permesso di tornare a vivere in casa sua finché il marito commerciante di cavalli stava nell'esercito, non permise a Miss Rosa nemmeno di guardare dalla finestra i soldati di passaggio. Aveva chiuso il negozio in permanenza e stava tutto il giorno in casa. Lui e Miss Rosa vivevano nel retro della casa, con la porta principale chiusa e le persiane della facciata ermeticamente serrate. Passava le sue giornate, dicevano i vicini, dietro una persiana socchiusa come una sentinella, armato non già di moschetto ma della grossa Bibbia di famiglia in cui la nascita sua e della sorella e il suo matrimonio e la nascita e il matrimonio di Ellen e la nascita dei due nipotini e di Miss Rosa, e la morte della moglie (ma non il matrimonio della zia; fu Miss Rosa ad annotarvelo, insieme alla morte di Ellen, il giorno in cui vi annotò il decesso di Mr. Coldfield in persona, e di Charles Bon e perfino di Sutpen) erano stati debitamente annotati con la sua linda calligrafia d'impiegato, fin quando non passava un distaccamento di truppe: al che apriva la Bibbia e declamava a voce alta e aspra, vincendo anche il trepestio della marcia, i passi del vecchio violento misticismo vendicativo che lui si era già segnato prima, come una sentinella vera avrebbe disposto la sua fila di cartucce lungo il davanzale. Poi un bel mattino seppe che il suo negozio era stato scassinato e saccheggiato, indubbiamente da una compagnia di truppe forestiere accampate ai margini della città e indubbiamente incoraggiate, quand'anche solo vocalmente, dai suoi stessi concittadini. Quella notte salì in soffitta col suo bravo martello e la sua manciata di chiodi e si inchiodò la porta alle spalle e gettò il martello dalla finestra. Non era un vigliacco. Era un uomo di intransigente forza morale, che se n'era venuto in un paese nuovo con una piccola provvista di merci e con quei proventi manteneva cinque persone nell'agio e nella sicurezza, se non altro. Ci riuscì facendo del mercato nero, naturalmente: non avrebbe potuto riuscirci se non con la taccagneria o con la disonestà; e come diceva tuo nonno, un uomo che, in un paese qual era allora il Mississippi, limitasse la disonestà al vendere cappelli di paglia e spaghi e carne salata sarebbe stato chiuso sotto chiave dalla sua stessa famiglia quale cleptomane. Ma non era un vigliacco, anche se la sua coscienza reagiva forse, come diceva tuo nonno, non tanto all'idea di versare sangue umano e abbattere vite umane, ma all'idea dello spreco: di logorare e consumare e distruggere materiale per quale che fosse il motivo.

Ora, la vita di Miss Rosa consisteva nel tenere in vita se stessa e suo padre. Fino alla notte in cui fu saccheggiato, avevano vissuto del negozio. Lei vi andava al calar della sera con un cestino e ne riportava cibo per uno o due giorni. Così la scorta che da qualche tempo non veniva rinnovata, era già considerevolmente ridotta prima ancora del saccheggio; e ben presto lei, che non aveva mai imparato da nessuno a fare alcunché di pratico perché la zia l'aveva tirata su nella convinzione di non essere soltanto delicata ma addirittura preziosa, cucinava un cibo che col passar del tempo diveniva sempre più difficile da procurare e sempre peggiore in fatto di qualità, e lo issava di notte nella stanza del padre per mezzo di una puleggia e corda da pozzo attaccate alla finestra della soffitta. Lo fece per tre anni, nutrendo in segreto e nottetempo e con cibo quantitativamente bastevole sì e no per una persona, l'uomo che odiava. E fino allora forse non sapeva di odiarlo, e forse non lo sapeva neppure allora, però la prima delle odi ai soldati sudisti, in quella busta che, quando la vide tuo nonno nel 1885, ne conteneva un migliaio e più, recava la data del primo anno della volontaria incarcerazione di suo padre e l'indicazione dell'ora: le due del mattino.

Poi lui morì. Un bel mattino la mano non si sporse a tirar su il cestino. I vecchi chiodi erano ancora nell'uscio, e i vicini la aiutarono a sfondarlo a colpi di scure e trovarono lui, che si era visto saccheggiare l'unica fonte di sostentamento dai difensori della sua causa, anche se lui li aveva con essa ripudiati, col cibo intatto di tre giorni accanto al pagliericcio, quasi che avesse passato quei tre giorni in un bilancio mentale dei suoi conti terrestri, ne avesse trovato il risultato e l'avesse provato per poi rivolgere sulla scena della follia, violenza e ingiustizia contemporanee la morta e coerente impassibilità di una disapprovazione fredda e inflessibile. Ora Miss Rosa era non solo orfana, ma anche povera. Il negozio era nient'altro che un guscio vuoto, l'edifìcio deserto abbandonato perfino dai topi, e non conteneva nulla, nemmeno una possibilità di avviamento poiché lui si era irrevocabilmente estraniato dai vicini, dal paese e dalla sua terra minacciata, tutto col suo comportamento. Se n'erano andate anche le due negre adesso - loro, che lui aveva liberato non appena ne era venuto in possesso (con un debito le aveva acquistate, tra parentesi, non per contanti), compilando gli atti di liberazione che loro non sapevano leggere e assegnando loro un salario settimanale che si tratteneva al completo fino a esaurimento del loro prezzo corrente di mercato - e in compenso loro erano state fra i primi negri di Jefferson a disertare e seguire le truppe yankee. Così quando morì non aveva niente, né in risparmi né in proprietà. Indubbiamente il suo solo piacere in tutta la vita non stava nel magro gruzzolo da lui accumulato prima che la sua strada si incrociasse con quella del futuro genero - non nel denaro ma nel fatto ch'esso rappresentava un bilancio presso una qualche banca spirituale che lui credeva dovesse un giorno pagargli le tratte a vista sull'abnegazione e la forza d'animo. E indubbiamente ciò che gli dispiacque maggiormente in tutto l'affare con Sutpen fu non già la perdita del denaro ma il fatto che gli fosse toccato sacrificare il gruzzolo, il simbolo della fortezza e dell'abnegazione, per mantenere intatta la salvezza spirituale che riteneva di essersi già formato e garantito. Era come se gli fosse toccato pagar due volte la stessa cambiale per qualche sciocca svista di data o firma.

Così Miss Rosa era povera e orfana, senza nessuno al mondo tranne Judith e la zia di cui le ultime notizie avute erano di due anni addietro, quando s'era saputo che tentava di passare le linee yankee per raggiungere l'Illinois ed essere così vicina alla prigione di Rock Island dove si trovava ora suo marito, che aveva offerto i suoi servigi al corpo di rifornimento equini confederato per procurare cavalli e muli ed era stato preso in castagna. Ellen era morta ormai da due anni - la farfalla, la falena colta da una bufera e sbattuta contro un muro per rimanervi attaccata debolmente palpitando non già con un testardo attaccamento alla vita, non con un dolore speciale perché era troppo leggera per aver ricevuto un colpo duro nell'urto, né con alcuna viva memoria del vuoto luminoso precedente alla bufera, ma semplicemente con uno stupore opaco e smarrito - il futile guscio lucente non era mutato gran che nonostante l'annata di cibo cattivo, poiché tutti i negri di Sutpen avevano disertato per seguire le truppe yankee; il sangue selvaggio che lui s'era portato lì tentando di mescolarlo, fonderlo, con quello addomesticato che già vi si trovava, con la stessa cura e per lo stesso scopo per cui fondeva e trapiantava quello dello stallone e il suo. E con lo stesso risultato: come se soltanto la sua presenza costringesse quella casa ad accettare e custodire la vita umana; quasi che le case effettivamente posseggano una sensibilità, una personalità e un carattere acquistati, non tanto dalla gente che ci respira o ci ha respirato, bensì inerenti al legno e al mattone o concreati nel legno e nel mattone dall'uomo o dagli uomini che le concepirono e costruirono - in questa casa un'incontrovertibile affermazione di vuoto, di abbandono; un'invincibile resistenza all'occupazione salvo se sancita e protetta dagli spietati e dai forti. Ellen aveva perduto un po' di carne, certo, ma in quel modo stesso in cui la farfalla entra nella dissoluzione dissolvendosi veramente: l'estensione delle ali e del corpo decresce un poco, l'arabesco delle macchie si restringe un poco, ma senza mostrare rughe di sorta — lo stesso viso liscio, quasi infantile sul guanciale (sebbene Miss Rosa ora scoprisse che evidentemente Ellen si tingeva i capelli da anni), le stesse mani quasi paffute, tenere (sebbene senza più anelli) sulla trapunta, e soltanto lo smarrimento negli occhi scuri incapaci di capire, quale indizio di vita attuale da cui arguire l'approssimarsi della morte, quando domandò alla sorella diciassettenne di proteggere la creatura rimastale. (Henry sino a quel momento era semplicemente sparito, il suo diritto di nascita volontariamente ripudiato; lui non era ancora tornato a svolgere la parte definitiva nella condanna della sua famiglia - e ciò, diceva tuo nonno, risparmiò anche Ellen; non che si fosse potuto trattare eventualmente dello schiacciante colpo di grazia, ma sarebbe stato sprecato per lei in quanto la falena trepidante, seppur ancor viva, sarebbe stata ormai incapace di avvertire altro vento, altra violenza). Così per lei la cosa più naturale da farsi sarebbe stata di andare a vivere con Judith, la cosa più naturale per lei o qualunque donna, gentildonna, del Sud. Non ci sarebbe stato bisogno di un invito; nessuno avrebbe preteso da lei che aspettasse l'invito. Perché così è fatta una signora del Sud. Non il fatto che, squattrinata e senza alcuna speranza di poter mai mutar condizione e sapendo che tutti i suoi conoscenti lo sanno, eppure trasferendosi con un parasole e un vaso da notte personale e tre bauli in casa tua e proprio nella stanza dove tua moglie usa la biancheria ricamata a mano, non solo assuma il comando di tutti i servitori, i quali sanno oltretutto che lei non darà mai mance, perché non meno dei bianchi sanno bene che non avrà mai denaro per le mance, ma se ne vada in cucina e spodesti la cuoca e condisca a suo gusto perfino il cibo destinato al tuo palato - non è su questo, non su questo che lei conta per tenere insieme anima e corpo: è come se vivesse dello stesso sangue, come un vampiro, non con insaziabilità, certo non con voracità, ma con quel sereno e pigro splendore dei fiori pretendendo per se stessa, perché esso riempie anche le sue vene, nutrimento attinto al vecchio sangue che solcò mari ignoti e ignoti continenti e diede battaglia al deserto alle asprezze e all'agguato delle circostanze e delle fatalità, tranquillamente incurante di qualsiasi greve molestia alla comodità e perfino alla pace che la sua conservazione possa comportare per quella che chiameremmo l'attuale mutevole scaturigine che riesce a mantenere abbastanza numerosi e in salute crassi corpuscoli produttori di cibo.

Ecco che cosa ci si sarebbe aspettati da lei. Ma lei non lo fece. Eppure Judith aveva sempre quegli acri abbandonati da cui trarre il suo sostentamento, per non parlare di Clytie quale aiuto e compagna e Wash Jones per nutrirla come aveva fatto con Ellen prima ch'ella morisse. Ma Miss Rosa non ci andò subito. Forse non ci sarebbe mai andata. Sebbene Ellen le avesse chiesto di proteggere Judith, forse lei sentiva che Judith non aveva ancora bisogno di protezione, giacché se perfino l'amore differito aveva potuto fornirle la volontà di esistere, durare tanto, allora quello stesso amore, seppur differito, doveva e poteva salvare Bon fin quando la follia umana si esaurisse per il suo stesso eccesso e lui ritornasse da dovunque si trovava e si portasse Henry con sé - Henry, vittima anche lui della stessa follia e disavventura. Di tanto in tanto doveva aver visto Judith e Judith doveva averla esortata a venirsene ad abitare a Sutpen's Hundred, ma io credo che questa sia la ragione per cui lei non ci andò, quantunque non sapesse dove si trovavano Bon e Henry e Judith evidentemente non pensasse mai a dirglielo. Perché Judith lo sapeva. Lo sapeva forse da qualche tempo; anche Ellen può darsi che lo avesse saputo. O forse Judith non lo disse mai nemmeno a sua madre. Forse Ellen prima di morire non arrivò mai a sapere che Henry e Bon adesso erano soldati semplici nella compagnia organizzata dai loro compagni di corso all'università. Il primo indizio del fatto che suo nipote fosse ancora vivo, dopo quattro anni, Miss Rosa l'aveva avuto quel pomeriggio in cui Wash Jones, montando l'ultimo mulo di Sutpen, si fermò davanti alla casa e si mise a gridare il suo nome. Lei lo aveva già visto altre volte ma non lo riconobbe - un uomo emaciato, dinoccolato, consunto dalla malaria, gli occhi pallidi e un viso che poteva avere qualunque età fra i venticinque anni e i sessanta, a cavalcioni del mulo senza sella nella via davanti al cancello, che gridava: «Ehi. Ehi di casa» a intervalli finché lei non si fece sull'uscio; al che lui abbassò un poco la voce, sebbene non tanto. «Siete voi Rosie Coldfield?» disse.