Amicizia
Vi è un amore personale e umano che è puro e racchiude in sé un presentimento e un riflesso dell’amore divino. È l’amicizia, purché si usi questa parola rigorosamente nel significato che le è proprio19.
La preferenza nei confronti di un essere umano è necessariamente qualcosa di diverso dalla carità. La carità è indiscriminata. Se si posa in modo più particolare su qualcuno, la sola ragione è l’irrompere casuale della sventura, che suscita lo scambio di compassione e di gratitudine. Essa è ugualmente a disposizione di tutti gli esseri umani, in quanto la sventura può venire a proporre a ognuno un simile scambio20.
La preferenza personale verso un determinato essere umano può essere di due tipi. O si cerca nell’altro un certo bene, oppure si ha bisogno di lui. In linea generale, tutti i legami possibili si suddividono tra queste due specie. Ci si dirige verso qualcosa, o perché si cerca in essa un bene, o perché non se ne può fare a meno. Talvolta i due moventi coincidono. Spesso no. Di per se stessi, sono distinti e completamente indipendenti. Si mangia del cibo ripugnante se non ce n’è altro, perché non si può fare altrimenti. Un uomo un po’ goloso ricerca i cibi gustosi, ma può facilmente farne a meno. Se viene a mancare l’aria, si soffoca; ci si agita per procurarsela, non perché si speri di ricavarne un bene, ma perché se ne ha bisogno. Si va a respirare aria di mare, senza essere spinti da nessuna necessità, solo perché è piacevole. Spesso il passare del tempo porta automaticamente a sostituire il secondo movente al primo. È una delle grandi sofferenze umane21. Un uomo fuma l’oppio per accedere a una condizione speciale che crede superiore; spesso, dopo un po’, l’oppio lo getta in uno stato doloroso che egli avverte come degradante e tuttavia non riesce più a farne a meno22.
Arnolfo ha comprato Agnese dalla madre adottiva perché gli era sembrato che fosse un bene per lui avere presso di sé una bambina che avrebbe trasformato, poco a poco, in una buona sposa. In seguito lei finisce col procurargli solo un dolore straziante e avvilente. Ma col tempo l’attaccamento nei suoi confronti è divenuto un legame vitale che lo spinge a pronunciare il terribile verso:
Mais je sens là-dedans qu’il faudra que je crève23…
Arpagone dapprima guardava all’oro come a un bene24. In seguito è solo l’oggetto di un’assillante ossessione, ma un oggetto la cui privazione potrebbe condurlo alla morte. Come dice Platone, c’è una gran differenza tra l’essenza del necessario e quella del bene25.
Non vi è alcuna contraddizione fra cercare un bene in un essere umano e volergli bene. Per la stessa ragione, quando il movente che spinge verso un essere umano è solo la ricerca di un bene, non esistono i presupposti per un’amicizia. L’amicizia è un’armonia soprannaturale, un’unione dei contrari.
Quando un essere umano è in qualche modo necessario, non si può volere il suo bene, a meno di non desistere dal volere il proprio. Dove vi è necessità, là vi è costrizione e dominio26. Si è alla mercé di ciò di cui si ha bisogno, a meno di non esserne il proprietario. Il bene centrale per ciascun uomo è la libera disposizione di sé27. O vi si rinuncia, e questo è un crimine di idolatria, poiché non si ha il diritto di rinunciarvi se non in favore di Dio; oppure si desidera che l’altro, di cui si ha bisogno, ne sia privato.
Sono molteplici i meccanismi in grado di far nascere tra gli esseri umani dei legami di affetto che possono avere la durezza ferrea della necessità. L’amore materno spesso è di questa natura; talvolta lo è quello paterno, come in Papà Goriot di Balzac; l’amore fisico nella sua forma più intensa, come ne La scuola delle donne e in Fedra; l’amore coniugale molto spesso, soprattutto in conseguenza dell’abitudine; più di rado l’amore filiale o fraterno28.
D’altra parte vi sono delle gradazioni nella necessità. È necessario, a un certo livello, tutto ciò la cui perdita determina realmente una diminuzione di energia vitale nel senso preciso, rigoroso che questa parola avrebbe se lo studio dei fenomeni vitali fosse avanzato come quello della caduta dei gravi. Al livello estremo della necessità, la privazione comporta la morte. È il caso in cui tutta l’energia vitale di un essere è vincolata a un altro da un attaccamento. Ai livelli inferiori, la privazione comporta un indebolimento più o meno accentuato. Accade così che la privazione totale di nutrimento provochi la morte, mentre al contrario la privazione parziale determina soltanto una debilitazione. Ciononostante, si considera necessaria tutta la quantità di nutrimento al di sotto della quale un essere umano è indebolito.
La causa più frequente della necessità, nei legami affettivi, è una certa combinazione di simpatia e di abitudine29. Come nel caso dell’avarizia o dell’intossicazione, quel che inizialmente costituiva la ricerca di un bene si trasforma in bisogno per il semplice trascorrere del tempo30. Ma la differenza rispetto all’avarizia, all’intossicazione e ad ogni altro vizio, è che nei legami affettivi i due moventi, la ricerca di un bene e il bisogno, possono coesistere molto bene. Possono anche essere separati. Allorché l’attaccamento di un essere umano a un altro è determinato soltanto dal bisogno, vi è qualcosa di atroce. Poche cose al mondo possono toccare tale livello di bassezza e di orrore31. Vi è sempre qualcosa di orribile in tutte le situazioni in cui un essere umano ricerca il bene e trova solamente la necessità.
I racconti nei quali un essere amato, all’improvviso, appare con una testa da morto ne sono l’immagine migliore. L’anima umana, è vero, dispone di un arsenale completo di menzogne per proteggersi contro questa bassezza e fabbricarsi nell’immaginazione dei falsi beni là dove vi è soltanto necessità. È proprio per questo che la bassezza è un male, perché costringe alla menzogna32.
In senso molto generale, vi è sventura ogni volta che la necessità, sotto qualsiasi forma, si fa sentire in modo così duro che la durezza supera la capacità di menzogna di chi subisce lo choc. È la ragione per cui gli esseri più puri sono maggiormente esposti alla sventura. Per chi è capace di arrestare la reazione automatica di protezione di sé, che tende ad accrescere nell’anima la capacità di menzogna, la sventura non è un male, benché sia pur sempre una ferita e, in un certo senso, una degradazione33.
Quando un essere umano è vincolato a un altro da un legame affettivo che, a qualsiasi livello, racchiude in sé la necessità è impossibile che egli possa desiderare il mantenimento dell’autonomia, contemporaneamente, in se stesso e nell’altro. Impossibile attraverso un meccanismo della natura. Ma possibile grazie a un intervento miracoloso del soprannaturale. Questo miracolo, è l’amicizia.
«L’amicizia è un’uguaglianza fatta di armonia», sostenevano i pitagorici. Vi è armonia perché vi è unità soprannaturale tra due contrari, che sono la necessità e la libertà, i due contrari che Dio ha combinato creando il mondo e gli uomini. Vi è uguaglianza perché si desidera mantenere la facoltà di libero consenso per se stesso e per l’altro.
Quando qualcuno desidera sottomettere a sé un essere umano, o accetta di sottomettersi a lui, non vi è traccia di amicizia. Il Pilade di Racine non è l’amico di Oreste34. Non v’è amicizia nella disuguaglianza.
Un certo livello di reciprocità è essenziale all’amicizia. Se da una delle due parti ogni forma di benevolenza è completamente assente, l’altra deve reprimere l’affetto dentro di sé, per rispetto verso il libero consenso al quale non deve mai desiderare di recare oltraggio. Se una delle due parti non ha rispetto per l’autonomia dell’altra, quest’ultima deve rompere il legame per rispetto di se stessa. Allo stesso modo, chi è disposto ad asservirsi non può ottenere amicizia.
Ma la necessità implicata nel legame affettivo può anche esistere solo per una parte, in tal caso vi è amicizia da una parte sola se si assume questo termine in un senso assolutamente preciso e rigoroso.
Un’amicizia è infangata non appena la necessità ha il sopravvento, anche solo per un istante, sul desiderio di conservare per l’uno e per l’altro la facoltà di libero consenso. In tutte le situazioni umane la necessità è il principio dell’impurità. Ogni amicizia è impura se vi affiora, anche solo come traccia, il desiderio di piacere o il desiderio opposto35. In un’amicizia perfetta questi due desideri sono completamente assenti. I due amici accettano pienamente di essere due e non uno, rispettano la distanza imposta dal fatto di essere due creature distinte. È con Dio soltanto che l’uomo ha il diritto di desiderare di essere direttamente unito36.
L’amicizia è il miracolo grazie al quale un essere umano accetta di guardare a distanza e senza avvicinarsi quello stesso essere che gli è necessario come il nutrimento. È la forza d’animo che Eva non ha avuto, eppure non aveva necessità del frutto. Se avesse avuto fame nel momento in cui contemplava il frutto e se, ciononostante, fosse rimasta per un tempo infinito a contemplarlo senza fare un passo verso di esso, avrebbe compiuto un miracolo analogo a quello della perfetta amicizia.
Grazie alla virtù sovrannaturale del rispetto dell’autonomia umana, l’amicizia è molto simile alle forme pure della compassione e della gratitudine suscitate dalla sventura. In entrambi i casi, i contrari, che costituiscono i termini dell’armonia, sono la necessità e la libertà o, ancora, la subordinazione e l’uguaglianza. Queste due coppie di contrari sono equivalenti.
Per il fatto che il desiderio di piacere e il desiderio opposto sono assenti nell’amicizia pura, vi è in essa, assieme al legame affettivo, qualcosa che somiglia a una completa indifferenza. Benché sia un rapporto fra due persone, ha qualcosa di impersonale. Non intacca l’imparzialità. Non impedisce per nulla di imitare la perfezione del Padre celeste che distribuisce ovunque la luce del sole e la pioggia. Viceversa, l’amicizia e questa imitazione sono, reciprocamente, l’una condizione dell’altra. Poiché, infatti, tutti o quasi tutti gli esseri umani sono legati ad altri da vincoli affettivi che implicano un certo grado di necessità, essi possono avvicinarsi alla perfezione solo trasformando quel legame affettivo in amicizia37. L’amicizia ha qualcosa di universale. Consiste nell’amare un essere umano come si vorrebbe poter amare in maniera particolare ciascuno degli esseri che compongono la specie umana38. Come un geometra osserva una figura particolare per dedurne le proprietà universali del triangolo, allo stesso modo chi sa amare dirige su un essere umano particolare un amore universale. Il consenso a conservare l’autonomia in se stessi e nell’altro è per sua essenza qualcosa di universale. Non appena si desidera preservare questa autonomia per più di un singolo essere, la si desidera per tutti gli esseri; infatti si cessa di disporre l’ordine del mondo in cerchio attorno a un centro posto quaggiù. Si trasporta il centro al di sopra dei cieli39.
L’amicizia non ha questa virtù se i due esseri che si amano, per un uso illegittimo dell’affetto, credono di poter essere una cosa sola40. Ma, in questo caso, non vi è amicizia nel significato autentico del termine. Si tratta, per così dire, di un’unione adultera, persino se ciò avviene tra sposi. Non vi è amicizia se non laddove la distanza è conservata e rispettata.
Il semplice fatto di provare piacere a pensare su un argomento allo stesso modo dell’essere amato, o in ogni caso il fatto di desiderare questa coincidenza di opinioni, è un’offesa alla purezza dell’amicizia e, al tempo stesso, alla probità intellettuale. Capita assai di frequente. Ma anche un’amicizia pura è rara41.
Quando i rapporti di affetto e di necessità fra esseri umani non vengono trasformati in amicizia in modo soprannaturale, non solo il legame affettivo è basso e impuro ma si mescola anche con l’odio e con la repulsione. Questo è molto evidente ne La scuola delle donne e in Fedra42.
Il meccanismo è lo stesso anche in legami diversi dall’amore fisico. È una cosa facile da capire. Noi odiamo ciò da cui dipendiamo. Finiamo per provare disgusto verso quel che dipende da noi. Talvolta l’amore non si limita solo a mescolarsi, ma si trasforma totalmente in odio e disgusto. Talvolta la trasformazione è pressoché immediata, al punto che quasi nessun sentimento ha avuto il tempo necessario per manifestarsi; questo avviene quando la necessità viene quasi subito messa a nudo. Quando la necessità che lega gli esseri umani non è di natura affettiva, quando dipende soltanto dalle circostanze, spesso l’ostilità nasce fin dal primo momento.
Quando Cristo diceva ai suoi discepoli: «Amatevi l’un l’altro», non era certo l’attaccamento ciò che prescriveva. Poiché effettivamente vi erano tra loro dei legami determinati dalla condivisione dei pensieri, dalla vita in comune, dalle abitudini, egli comandava loro di trasformare questi legami in amicizia per non lasciarli degenerare in attaccamento impuro o in odio43.
Poiché Cristo, poco prima di morire, ha aggiunto questa parola come un nuovo comandamento a quelli dell’amore verso il prossimo e dell’amore verso Dio, si può pensare che l’amicizia pura, come la carità verso il prossimo, racchiuda in sé qualcosa di simile a un sacramento. Cristo ha voluto forse riferirsi all’amicizia cristiana quando ha detto: «Quando due o tre di voi saranno riuniti nel mio nome, io sarò in mezzo a loro»44. L’amicizia pura è un’immagine dell’amicizia originaria e perfetta che è quella della Trinità e che è l’essenza stessa di Dio45. È impossibile che due esseri umani siano una cosa sola e, nonostante questo, rispettino scrupolosamente la distanza che li separa, se Dio non è presente in ciascuno di loro. Il punto di incontro delle parallele è all’infinito46.