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Le ultime parole famose. Due ore dopo, Matt è sotto assedio. Dio solo sa cosa abbia acconsentito a fare per Maud, ma lei lo sta monopolizzando, e dice frasi tipo: “Ti mando un messaggio con tutti i dettagli” e gli sta addirittura passando degli avvisi della posta per il ritiro di pacchi. Sono certa di aver sentito, nella conversazione fra loro, “ufficio passaporti”, “portarli a scuola” e “troppo gentile”.
Be’, imparerà.
Adesso siamo tutti sdraiati sulle coperte e beviamo le ultime gocce di prosecco. Alla fine abbiamo rintracciato i figli di Maud che cercavano di farsi dare da mangiare da un’altra famiglia, li abbiamo catturati e riportati al nostro picnic. Avendo saputo che Matt fa arti marziali, lo stanno attaccando a colpi di “kung fu”.
«Ti distruggo!» urla Bertie per circa la centesima volta.
«Piantala, Bertie, tesoro» gli dice Maud. «Scusa, Matt, è che proprio adora le arti marziali.»
«Va benissimo, non preoccuparti» risponde lui in tono allegro, anche se lo vedo fremere quando Bertie si prepara a rifilargli l’ennesimo calcio.
«L’ho trovato.» Nell indica a Matt qualcosa sul suo cellulare. «Il problema fondamentale con le Harriet’s House: un’analisi femminista. È un blog. Sapevo di averlo visto. L’hai letto?»
«Non ricordo, mi spiace» risponde lui, sempre più assediato. Lui e Nell hanno discusso a proposito delle Harriet’s House per tutto il pomeriggio o, almeno, Nell gli ha spiegato diffusamente quanto siano paternalistiche e misogine, e lui le ha offerto di tanto in tanto risposte tipo: “Abbiamo una nuova linea di ispirazione femminista” che non hanno avuto praticamente nessun effetto.
«“Chi può accettare questa versione capitalista e sfruttatrice dell’infanzia?”» legge Nell con aria severa. «“Quali fabbricanti di stronzate hanno scelto di creare un mondo fantastico così fuorviante?” Dovresti leggerlo, Matt» continua, porgendogli il telefono. «È interessante.»
«Certo» dice lui, senza accennare a prenderlo. «Lo farò. Più tardi. Ouch!»
Bertie gli ha tirato un pugno violento sul petto e finalmente Maud alza la voce.
«Bertie! Lascia stare Matt! Piantala… non devi…» Beve un altro sorso di vino, e fa un sospirone. «Oddio. È il mio compleanno.»
Nell, Sarika e io ci guardiamo, perché al compleanno di Maud succede sempre così. Si ubriaca, diventa triste, comincia a dire che è vecchia e di solito finisce in lacrime su un taxi.
«Sono vecchia» dice infatti. «Vecchissima. Dov’è l’altra bottiglia?»
Si alza barcollando pericolosamente sulle zeppe e mi accorgo che è già più ubriaca di quel che credessi.
«Maud, non sei vecchia» la rassicuro, come sempre. Ma lei mi ignora, come sempre.
«Come ho fatto a diventare così vecchia?» declama teatralmente, poi afferra l’ultima bottiglia di prosecco e ne beve un bel sorso. «Come? Vi rendete conto che spariremo? Diventeremo donne invisibili, tutte quante. Ignorate, trascurate.» Un’altra sorsata, e un gesto ampio della mano a includerci tutte. «Ecco in che miserabile società viviamo, ecco! Ma io non diventerò invisibile, chiaro?» Lancia un grido appassionato, agitando la bottiglia. «Mi rifiuto di scomparire! Io non sarò invisibile!»
Mi viene da ridere perché Maud non potrebbe essere invisibile neanche se lo volesse, con quei lunghi capelli lucenti e il maxiabito a fiori rosa e viola. Per non parlare della bottiglia che stringe in pugno. E infatti i nostri vicini di picnic si sono girati a guardarla.
«Io esisto» proclama, sempre più tonante. «Io esisto. Chiaro? Io esisto.»
Guardo Matt e vedo che sta fissando Maud, scocciatissimo.
«Scusa» sussurro. «Avrei dovuto avvertirti. Il giorno del suo compleanno Maud si ubriaca sempre e fa un discorso. È la sua specialità. Non preoccuparti.»
«Io esisto!» Ormai strilla a gola spiegata. «IO ESISTO!»
«Le spiace smettere di urlare, per cortesia?» dice una voce proveniente dal picnic accanto al nostro, e quando mi giro vedo una donna con una maglietta a righe che guarda Maud con aperta disapprovazione.
«La mia amica può urlare quanto vuole» ribatte subito Nell. «È il suo compleanno.»
«Spaventa i bambini» insiste la donna, indicando un paio di piccoletti sui due anni che stanno scrutando avidamente Maud. «E comunque è permesso bere alcol al parco?»
«Spaventa i bambini?» contrattacca Nell, già furibonda. «E perché dovrebbero spaventarsi sentendo una donna forte e stupenda affermare che lei esiste? Le dico io cosa dovrebbe spaventarli. La nostra società ingiusta. I nostri politici. Loro sì che fanno paura. Se i suoi figli vogliono proprio aver paura di qualcosa, è di loro che dovrebbero averne.»
Guarda malissimo la bambina, che fissa per un attimo il viso infuriato di Nell e poi scoppia a piangere.
Nel frattempo Maud si è trascinata fino alla loro coperta e adesso sta fronteggiando la donna.
«È il mio compleanno» dice lentamente, scandendo bene le parole. «E questa cosa mi fa una paura fottutissima.»
«Lei è ubriaca!» esclama la donna facendo un passo indietro e mettendo le mani sulle orecchie della piccola.
«Oh, ma peeer favoreee…» dice Maud, e torna da noi barcollando. «Lei non si ubriaca mai? A proposito… Matt, avrei un minuscolo favorino da chiederti…»
Lui si ritrae istintivamente e si alza. «Porto Harold a fare una passeggiata» dice, evitando lo sguardo di Maud. «Prendiamo una boccata d’aria.»
«Kung fu!» Bertie gli molla un calcio, Matt si sposta di scatto e afferra il guinzaglio di Harold.
«E sa cos’altro dovrebbe farvi paura?» Nell sta andando avanti imperterrita. «Il negazionismo globale della realtà. Quello fa paura.» Si gira verso Matt. «Sai una cosa, Matt…»
«Vado a fare una passeggiata con Harold» la interrompe lui precipitosamente. «Torno subito» mi dice. «Ho solo bisogno di… una pausa. Vieni, Harold.»
Si allontana a grandi passi, così in fretta che Harold deve trottargli dietro. Quando è a circa cento metri, si gira a guardarci e poi riparte a passo ancora più veloce.
«Tutto okay con Matt?» chiede Sarika, mentre lo guarda andarsene.
«Credo di sì. Cioè, immagino che possiamo risultare un po’ ingombranti, quando siamo tutte insieme.»
«Io sono una donna, va bene?» Maud adesso si rivolge in generale a tutta la popolazione del parco, agitando le braccia. «Con un’anima. E un cuore. E una libido. Una libido per cui morire.»
«Che cos’è una bibido?» chiede interessato Bertie, e io e Sarika ci guardiamo.
«Oookay» dice lei. «Basta discorsi. Chi vuole del caffè?»
Ci mettiamo un po’ a convincere Maud a bere due espressi e una bottiglietta d’acqua. Ma ce la facciamo con un mix di coccole e minacce – già sperimentato – e presto lei torna abbastanza in sé. Apre i regali, piange copiosamente per ognuno e ci abbraccia tutte. Recuperiamo la carta per la raccolta differenziata, poi Sarika tira fuori la torta, presa in una stupenda e costosissima pasticceria vicina a casa sua.
«Però dovremmo aspettare Matt» dice, guardandosi attorno. «Pensi che sia andato lontano?»
«È via da un po’» rispondo, rendendomi conto che effettivamente è passato parecchio tempo. Scruto l’orizzonte, in preda all’ansia. Perché Matt è via con Harold. E se ci stessero mettendo così tanto perché è successo qualcosa a Harold?
Qualcosa di brutto. Oddio. Per favore. No.
Mi alzo in piedi e guardo il parco affollato, mentre cerco di stoppare le immagini spaventose che mi passano per la mente. Avrei dovuto mandare un messaggio a Matt. Avrei dovuto andare con loro. Avrei dovuto…
«Matt!» La voce di Sarika interrompe i miei pensieri frenetici, mi giro immediatamente e rimango senza fiato alla vista che mi si presenta. Lui sta arrivando, con la faccia e la camicia inzaccherate di fango. Harold gli cammina accanto al guinzaglio, ma è coperto di fango anche lui.
«Cos’è successo?» Corro verso di loro. «Harold sta bene?»
«Harold sta benissimo» risponde Matt con una voce strana.
«Grazie a Dio.» Crollo accanto al mio cane adorato e lo copro di baci. Poi, un po’ in ritardo, guardo Matt: «Aspetta. Tu come stai?». Mi alzo e lo esamino. Ha un graffio su una guancia, un rametto che gli spunta dal colletto della camicia e in generale è parecchio scarmigliato. «Cos’è successo?» ripeto.
«C’è stato un incidente» risponde brusco. «Con un alano.»
«Oddio!» Sono inorridita. Mi prende subito una furia cieca contro questo alano. Lo immagino benissimo, con quelle mascelle mostruose tutte sbavanti e l’istinto da killer. «Ha attaccato Harold? Devi dirmi esattamente quello che è successo.»
«L’alano è innocente. Harold è… Harold.»
Ah, ecco.
Per un attimo resto senza parole. Forse, dopo tutto, non voglio sapere esattamente quello che è successo. Guardo Harold e lui mi fissa con la sua solita espressione sveglia e malandrina.
«Harold.» Cerco di avere un tono severo. «Hai fatto infangare Matt? Sei stato cattivo?»
«Cattivo è il minimo» dice Matt, e inspira preparandosi ad aggiungere altro, quando gli suona il telefono.
«Scusa» dice dando un’occhiata allo schermo. «Devo rispondere. Un attimo.»
«Guardate quel cane» dice Nell appena Matt si allontana. «Per nulla pentito.» E con un tono strafottente aggiunge fingendo di essere Harold: «Non sono stato io, agente. Manco per sogno. È stato l’altro a cominciare».
«Zitta!» esclamo, un po’ indignata. «Harold non è così.»
«È esattamente così» ride Sarika.
«Io la legge la rispetto, io!» continua Nell. «Mica le faccio le risse nei parchi, io. Sono bravo e buono, agente. L’ho già detto, ha cominciato l’altro.»
Solleva le sopracciglia e devo ammettere che assomiglia parecchio a Harold quando fa l’innocentino. «Ciao, Matt» continua, e lo vedo tornare verso di noi. Si lascia cadere seduto con una certa pesantezza e resta immobile per qualche istante, guardando fisso davanti a sé.
«Mi spiace per la camicia» gli dico sentendomi un po’ in colpa, e lui si riscuote.
«Ma no, non è niente.» Si toglie il ramoscello dal colletto e lo guarda con aria assente per un attimo prima di buttarlo per terra. «Senti, Ava. So che per il 10 avevamo prenotato un tavolo per il brunch, ma erano i miei, al telefono. Quel giorno hanno indetto una riunione importante a casa nostra. Ho cercato di convincerli a spostarla però…»
«Durante il fine settimana?» chiede Nell in tono volutamente neutro.
«Spesso facciamo riunioni familiari nel weekend. Lontani dall’ufficio. Immagino sia per renderle più private.»
«Okay, non ti preoccupare» lo rassicuro. «Il brunch era solo un’idea. Vai pure dai tuoi, benissimo…» Mi interrompo vedendo Nell e Sarika che mi fanno un sacco di smorfie alle spalle di Matt.
Non vorranno mica dirmi di…
Non posso autoinvitarmi a casa sua. Posso? Dovrei?
Adesso Sarika agita selvaggiamente le mani indicando Matt. Da un momento all’altro gli darà una botta in testa per sbaglio.
«E… ehm… magari potrei venire anch’io!» propongo imbarazzatissima. «E fare conoscenza con i tuoi.»
«Potresti fare cosa?» Matt mi fissa, sconvolto. Non si direbbe entusiasta. Ma ormai non mi tirerò indietro.
«Potrei venire con te» ripeto in tono sicuro. «Ovviamente non per partecipare alla riunione, ma per prendere un caffè o qualcosa del genere. Per conoscere un po’ meglio la tua famiglia. Fare amicizia.»
«Fare amicizia!» Matt scoppia a ridere, il che è parecchio strano, ma al momento non ho intenzione di sottilizzare.
È Nell a richiamare la mia attenzione, indicando Harold e facendo il gesto di tagliarsi la gola. Okay, va bene.
«E non porterò Harold» dico in fretta. «Resterà a casa.»
«Veramente?» È di nuovo sbalordito. «È un viaggio lungo fino a casa dei miei, Ava. Lo lasceresti a casa da solo tutto il giorno?»
«Starà da Nell. Ti spiacerebbe tenerlo, Nell?»
«Molto volentieri. Buona idea, Ava.»
Matt non dice niente. Sorseggia il suo caffè mentre noi lo guardiamo, perso nei suoi pensieri. Poi si riscuote e sospira: «Va bene, se vuoi».
Sembra ancora leggermente scioccato dalla mia proposta. Sinceramente, che c’è di strano? Sono i suoi genitori, la casa in cui è cresciuto, la loro azienda, queste cose qui. Sarà divertente! Cioè, potrebbe essere divertente.
Potrebbe.