Eddie post-Nam
1972
Durante i primi mesi dopo il suo ritorno, Eddie Christie sembrava soddisfatto di stare a casa a badare alle sue due bambine. Le lasciava correre su e giú per le scale e per tutta la casa, e giocava in continuazione a nascondino con loro. Le considerava due pulcini che presto sarebbero volati via. Immaginava le loro braccia da uccellini che si trasformavano in ali. Immaginava che, se le avesse fatte arrabbiare, le due bambine avrebbero spiccato il volo dalla finestra e non sarebbero piú tornate. E cosí, ogni volta che un ricordo della guerra lo assillava, si allontanava da loro in cerca di un angolino dove farselo passare.
Fu la treenne Claudia a sorprenderlo mentre conversava con la parete del soggiorno. Gli chiese con chi stava parlando.
Lui le disse che stava rompendo la quarta parete.
– E dall’altra parte cosa c’è? – disse lei.
– Un palcoscenico.
– E sul palcoscenico cosa c’è?
– Be’, ovviamente uno spettacolo teatrale.
E cosí cominciò a recitare Rosencrantz e Guildenstern sono morti insieme alle bambine. E cosí Claudia cominciò a far parlare i muri e a credere negli amici di Amleto come gli altri bambini credevano in Babbo Natale. E cosí a volte, quando nella testa di Eddie Christie i muri rombavano e tuonavano, Claudia gli compariva all’improvviso alle spalle e gli sussurrava: – Cosa fanno oggi Rosencrantz e Guildenstern?
– Lanciano le monete.
– Testa! – rideva lei.
– Croce! – annuiva lui, e si svuotava le tasche dei jeans dagli spiccioli – nichelini, quarti di dollaro, centesimi e decini – e li spargeva sul parquet. E come tintinnavano! Il suono particolare dei suoi spiccioli.
Sapeva che in teoria non avrebbe dovuto parlare da solo o coi muri ma, finché aveva qualcosa su cui fissare il pensiero, se la cavava meglio della maggior parte dei veterani. Ci pensavano le sue figlie a fargli capire quando dava di matto. Gli stavano addosso finché non rideva, oppure dicevano qualcosa di stupido, qualcosa di ridicolmente, assurdamente sentimentale – Oh, papà, questa è la luna, te la regaliamo – per solleticargli la mente e fargli fremere il cuore, cosí che per un istante dimenticasse il muro per tenere la loro luna nel palmo della mano.
Ogni sera alle sei Eddie si piazzava in soggiorno a guardare Walter Cronkite al «Cbs Evening News». Si faceva dei sandwich triplo strato alla mortadella con senape, sottaceti e peperoni in mezzo a due fette di crostoso pane di semola. Succhiava delle caramelle dure al burro come aperitivo, mettendo l’incarto argentato in un contenitore sul tavolino rotondo di vetro. Eddie tendeva alla pinguedine per natura, ma in Marina l’esercizio fisico l’aveva tenuto in forma. Ora, mentre seguiva le notizie della guerra di Nixon, gli venne un pancione che l’avrebbe accompagnato fino alla vecchiaia.
– Agnes, – annunciò una sera seduto ai piedi del letto matrimoniale a baldacchino. – È ora che faccia qualcosa di me stesso.
– Cos’hai in mente? – Agnes riteneva che non spettasse a lei trovare lavoro al suo uomo. Temeva che in seguito lui avrebbe potuto rinfacciarglielo.
– Non lo so, – disse Eddie.
Agnes smise di lavarsi i denti, uscí dal bagno e andò a sedersi sul letto accanto al marito. Si lavava i denti come le avevano insegnato da bambina, recitando tutto l’alfabeto dalla A alla Z e ritorno. – Ti verrà in mente, – disse. – Per ora ti sono grata di essere qui con le bambine.
– Davvero? – disse lui.
Agnes annuí. – Certo, Eddie. Davvero –. Non mangiavano quasi mai pesce, ed Agnes poteva permettersi di comprare un arrosto o una bistecca solo una settimana su due. Ma, nel quadro generale delle cose, la carne rossa non le sembrava cosí fondamentale.
Eddie allungò una mano per toccarle la sottoveste nera. Agnes preferiva le sottovesti attillate ai négligé. Quando la toccò, lei si irrigidí, ma senza scostarsi. Durante la prima settimana avevano fatto un tentativo col sesso, ma lui era stato un disastro. Forse a causa delle prostitute con cui era andato a letto a Olongapo. Eddie si diceva che non gli era piaciuto fare sesso con loro, che quelle donne erano state solo un diversivo, ma in realtà aveva tratto piacere dai suoi peccati carnali.
– Stanotte no, – disse lei. Abbassò la luce sul comodino.
– Allora sarà per un’altra notte –. Si erano sposati in fretta. E da giovani. A volte Eddie pensava di aver smarrito il turacciolo della loro bottiglia, e che il vino si sarebbe trasformato in aceto.
Quando Agnes andava a lavorare, Eddie ignorava le faccende di casa che lei aveva lasciato in sospeso: i cesti della biancheria da lavare, asciugare e piegare; la lista della spesa e le commissioni che avrebbero comportato il rischio di battibecchi con mamme linguacciute e bambini strepitanti; i pavimenti da pulire con l’aspirapolvere, o da spazzare e lavare. Si cercava delle faccende che gli piacessero.
Costruí una casetta su una betulla nodosa nel cortile sul retro, utilizzando legno di recupero che andava a prendere nei bidoni dell’immondizia o in cantieri edili. Si infilava spessi guanti da lavoro e ammoniva le bambine: Guardare ma non toccare, o dovrete fare la puntura per il tetano. Beverly e Claudia avevano il terrore degli aghi. Se ne avevano voglia, recitavano scene a caso di Rosencrantz e Guildenstern mentre passavano in rassegna i cumuli di spazzatura. I bambini del vicinato si fermavano a guardare a occhi sgranati quell’ometto marrone con le due figlie peperine che recitavano in quella che alle loro orecchie suonava come una lingua straniera.
– Come sono oggi le previsioni, Alfred? – strillava Eddie al suo vecchio vicino, Alfred Maddalone, nella veranda adiacente alla sua.
– Da caldo torrido a sereno.
Mentre le bambine si allenavano a fare l’hula-hoop e saltare la corda sul marciapiede dissestato, Eddie e Alfred passavano il tempo a dissuadere i tossici che di tanto in tanto cercavano di portar via i televisori, i sanitari e i frigoriferi Maytag dei loro vicini. Se ne stavano in veranda aggrappandosi alla staccionata col fervore dei tifosi allo Yankee Stadium. Facevano da giudice e da giuria, emettendo sentenze di detenzione nel carcere di Rikers Island e minacciando di scattare una foto se il tossico di turno non rimetteva subito a posto la sedia a sdraio del vicino. A volte ricevevano pan per focaccia. Un’imprecazione irripetibile. Un trionfante dito medio. Una sassaiola che mancava per un soffio la testa di Claudia o di Beverly. La minaccia di una visita notturna con lancio di molotov. Ma loro non desistevano, cosí che i tossici sapessero che ci sarebbero state conseguenze se avessero fatto irruzione in casa loro o allungato le mani sulla loro roba.
Girava voce che Alfred avesse dei legami con la mafia, benché, a quanto risultava a Eddie, il vecchio fosse sempre stato il ritratto dell’onestà. Aveva avuto una piccola farmacia in una traversa di Arthur Avenue, ed era disposto ad alzarsi alle tre del mattino per aiutare una futura mamma alle prese con la nausea o un povero zio tormentato dai calcoli renali. Quand’era andato in pensione, aveva venduto il negozio per pagare la retta universitaria al figlio.
«Cerca di farlo ragionare, al mio papà», diceva Nicky Maddalone rivolto a Eddie. Era un dentista affermato, con tanto di studio in Madison Avenue, e una domenica su due passava a trovare il padre. Gli affari gli andavano talmente bene che in metropolitana c’erano le pubblicità del suo studio. I tre se ne stavano in panciolle nella veranda di Alfred, inzuppando amaretti nel caffè nero forte. – Ho una grande casa a Nyack. Non capisco perché deve sopportare tutto questo. Guarda cosa fanno ai nostri vicini. Quei portoricani… Quelli lí sono animali. Il loro motto è chi se ne fotte.
Eddie avrebbe voluto chiedere a Nicholas, Io che cosa sono, se loro sono quelli lí? Un muso nero? Da bambini lui e Nicky mangiavano gli gnocchi dallo stesso piatto, e correvano dentro e fuori dalle rispettive case lasciando impronte fangose dappertutto e rischiando di far venire un infarto a Bella Maddalone, che spazzava e lavava la cucina tre volte al giorno. Si vantavano delle ragazze che avrebbero voluto farsi alla scuola cattolica di Our Lady of St Claremont, quando il loro pene non aveva altra compagnia che quella delle loro mani.
– C’è sempre un quelli lí, – disse. – E piú o meno ogni decennio, quelli lí cambiano. Una volta quelli lí erano i tuoi nonni –. I Maddalone erano originari della Puglia, il tacco d’Italia. D’estate diventavano scuri di pelle. Eddie gli si era rivolto in un italiano massacrato, ma il suo amico non parlava piú la lingua di suo padre. Come fare a parlargli ora?
Nicky finí il suo caffè. – Hai bisogno che ti faccia da garante per un mutuo, Eddie? Se ti trasferisci tu, si trasferisce anche lui.
– La mia casa è questa, – disse Eddie.
Nicky si alzò in piedi. Faceva ancora la spesa in Arthur Avenue quasi ogni domenica. – Davvero? E come andrà a finire? Le persone perbene se ne sono andate tutte. Non è rimasto piú nessuno.
Le sere d’estate, quando il calore del cemento, degli edifici e dei marciapiedi si affievoliva, e circolava un po’ d’aria fresca, a Eddie piaceva salire nella casetta sull’albero e pigiarsi lí dentro con la moglie e le figlie, gomito a gomito, per contemplare il cielo del Bronx. In Vietnam, il cielo aveva le tinte azzurre dello sconfinato Mar Cinese Meridionale, che cambiava forma con una facilità stupefacente. Laggiú Eddie si sentiva sempre alla mercé della natura, dell’acqua sottostante e della volta celeste. Adesso era un sollievo che in certe notti, nel Bronx, fosse ancora possibile contare le stelle e penetrare con lo sguardo oltre lo smog.
Portò le figlie al Crotona Park e le buttò nella piscina. Beverly e Claudia impararono in fretta a nuotare. Quando Agnes si lamentò che, anche se mettevano la cuffia, l’acqua della vasca rovinava le ciocche delle bambine, Eddie fece spallucce. – Quando qualcuno annega, nessuno fa caso ai suoi capelli. L’acqua prende tutto.
Era raro che Agnes facesse una torta – giusto per i compleanni e gli anniversari, e per le feste comandate, l’obbligatoria torta di patate dolci. Aveva visto l’energia che ci investiva sua madre, e fin da piccola aveva deciso che per una donna sposata quello era un modo per rovinarsi la vita. Ma quando per qualche motivo le veniva nostalgia di casa, oppure era in ansia per le bollette da pagare, tirava fuori le terrine, i setacci e le tazze graduate, ed ecco, per la gioia di Eddie e delle bambine, una sfornata di biscotti alla lavanda o una torta all’ananas e alla banana.
– Papà e i suoi amici sono tanto sciocchi, – le sussurrò Beverly nella cucina componibile acquamarina. Era in ginocchio su uno sgabello davanti al piano di lavoro, a osservare la madre che col mattarello spianava l’impasto dei biscotti alla lavanda.
– Davvero? – Agnes era stupita. Non le sembrava che in quel periodo Eddie avesse molti amici. Due o tre volte gli aveva suggerito di chiamare suo cugino Jeb o andare a bere qualcosa con Nicky Maddalone o un altro dei ragazzi che frequentava prima della guerra, ma la risposta di Eddie era sempre la stessa: «Prima o poi lo faccio».
– Che cosa ti ha raccontato papà? – disse Agnes con una voce piena di brio. – Riguardo ai suoi amici?
– Mammina, io non li ho mai visti, ma ci sono due uomini bianchi che parlano in modo buffo. Papà dice che escono dai muri e gli lanciano le monete. E a volte noi lanciamo le monete a loro.
Quella sera a cena Agnes fu solerte e affettuosa con Eddie. L’indomani mattina, invece di andare subito al lavoro, fece qualche commissione e poi ripassò da casa. Entrò senza far rumore, e trovò Eddie e le bambine in cucina. Le ragazze erano sedute su delle sedie sopra il tavolo, ed Eddie era in piedi accanto a loro, anche lui sul tavolo. Beverly aveva in mano il tubo di cartone di un rotolo di carta assorbente – un cannocchiale? Claudia batteva uno contro l’altro i coperchi di due padelle, facendo un rumore di campane nuziali. Eddie si sporse in avanti, pestando i piedi sul tavolo in modo da farlo ondeggiare da una parte all’altra come una barchetta sull’oceano. Alle pareti penzolavano delle lenzuola a pois, appese a un filo tenuto su col nastro adesivo. Le lenzuola formavano un fossato intorno al tavolo. Dal rubinetto aperto del lavandino l’acqua si riversava a fiotti sul linoleum. I fornelli erano accesi. E su ogni fornello c’era dell’acqua che bolliva.
– Bene, gentiluomini, è piú o meno come vi avevamo spiegato, – disse Eddie, scrutando le pareti della cucina sopra le tende. – O si caca oppure ci si alza dal vasino.
– Mai, mai e poi mai, – gridarono le bambine con un accento britannico, scandendo bene le sillabe. Le code di cavallo oscillanti, i piedi nei sandali che battevano sul tavolo, le mani sui fianchi ossuti.
– Siete solo due stolti –. Eddie fece spallucce. – Su una nave fantasma.
– Guildenstern è uno stolto, – disse Claudia.
– No, lo stolto è Rosencrantz, – disse Beverly.
– Ma Ros vince sempre! – strillò Claudia deliziata. Fece un balzo e accennò un passo di danza e per poco non cadde dal tavolo.
– È questo che fai, Eddie, mentre io passo tutto il giorno a lavorare? – Agnes entrò in cucina e spense uno dopo l’altro i fornelli. Fissò le pentole con l’acqua che bolliva.
Eddie e le bambine restarono di sasso. – Cosa ci fai a casa?
– A quanto mi risulta, anch’io abito qui.
Eddie saltò giú dal tavolo. Si guardò intorno cercando di vedere la cucina dal punto di vista di Agnes. – Io e le bambine stavamo solo… giocando.
– Fate giochi pericolosi, – disse lei strizzando gli occhi. Doveva immaginarlo. Come aveva fatto a non pensarci?
– Credevo che ti fidassi di me.
– Beverly, Claudia. Scendete dal tavolo e aiutate vostro padre a rimettere tutto a posto, – disse Agnes. – C’è un punto oltre il quale non mi fido di nessuno, Eddie. E anche tu non dovresti. A quanto pare hai troppo tempo a disposizione.
Per la prima volta da quando si erano sposati, l’atmosfera fra Eddie ed Agnes era gelida. La tensione si trasmise anche alle bambine. Beverly e Claudia cominciarono a bisticciare su chi era troppo grande per usare il bicchiere di plastica e su chi aveva barato all’allegro chirurgo e su dove era finita la testa del bambolotto Ken.
La domenica mattina Eddie andava alla messa delle undici e un quarto alla chiesa cattolica di Our Lady of Claremont. Agnes e Claudia preferivano starsene a casa tranquille. E cosí per Beverly andare in chiesa significava avere Eddie tutto per sé. Stringeva la mano di suo padre mentre passavano davanti a edifici abbandonati color sabbia e lui le raccontava storie di persone che non abitavano piú lí. Durante la messa, Eddie le lasciava riempire di acqua santa un piccolo contenitore di plastica per fare il bagnetto alle sue Barbie. La chiamavano Acqua Santa di Colonia.
Una domenica, dopo la messa, mentre prendevano il caffè nel salone parrocchiale, il prete andò a parlare con Eddie. Mentre bevevano il caffè e mangiavano dolci del giorno prima donati dai parrocchiani, il prete gli disse: – Eddie, alla Claremont cercano un bidello. Ci farebbe molto piacere se fossi tu.
Eddie non si era mai abituato a vedere il suo vecchio con scopa e spazzolone. Dove andavano a finire le prospettive di miglioramento, se accettava lo stesso schifoso lavoro?
– E il bidello vecchio? Che gli è successo? – disse, cercando di mascherare il suo turbamento.
– Aveva un carattere difficile.
Eddie indagò sulla faccenda con Alfred Maddalone. – Allungava le mani, – gli riferí Maddalone. – L’hanno beccato a palpare una ragazzina nel ripostiglio delle scope.
Eddie cominciò a pensare a cosa avrebbe potuto fare con quell’entrata in piú. I soldi gli avrebbero permesso di portare la famiglia in vacanza. Quando diede la notizia a Agnes, lo fece con una mappa degli Stati Uniti in mano. La aprí sul tavolo da pranzo a ribalta che a volte gli lasciava una scheggia nella pelle. Cerchiò le cascate del Niagara e i campeggi negli Adirondack. E magari l’anno dopo la diga di Hoover o il Grand Canyon? E poi di sicuro una puntata a Washington D.C.
Agnes si fermò, fra i piselli congelati da infilare in frigo e i due bicchieri di latte freddo da versare alle figlie. Beverly e Claudia dovevano bere un bicchiere di latte al giorno. Se avevi ossa forti riuscivi a reggerti bene in piedi e, se necessario, a scappare a gambe levate.
– Eddie –. Agnes si appoggiò al marito. – Non intendevo sul serio quando ho detto che non mi fidavo di te. Ti prego, non accettare quel lavoro solo per farmi piacere –. Odiava l’idea che Eddie avesse smesso un’uniforme solo per indossarne un’altra. Per lei era una fatica continua non fare paragoni, che non potevano che rivelarsi sfavorevoli, fra lui e Claude Johnson.
Cominciò il martedí dopo il Labor Day. Agnes si riorganizzò in modo da poter accompagnare le bambine all’asilo. Eddie invece le passava a prendere all’uscita. Non andava al lavoro in uniforme, ma arrivava un po’ prima in modo da potersi cambiare nello spogliatoio dei docenti. E appena finito di lavorare si cambiava di nuovo, cosí che le figlie lo riconoscessero come il loro papà.
Di solito la logistica funzionava alla perfezione, ma ogni tanto Agnes si fermava a bere qualcosa la sera con le colleghe dell’ufficio urbanizzazione. Quando rientrava a casa tardi, aveva sempre un sorriso per Eddie. Le faceva piacere vederlo coi pantaloni eleganti, la camicia e i mocassini.
Quello stesso anno, la scuola cattolica di Our Lady of Claremont assoldò un regista teatrale per dirigere gli studenti in una messa in scena della Dodicesima notte. Oltre ad aver portato con sé un’impressionante collezione di costumi di vecchi spettacoli, Barrett Bass si presentò in abito di tweed inglese e scarpe di velluto nero cosí lucide e nuove che Eddie arricciò il naso perché sentiva odore di vacca.
Eddie spazzava in modo energico ed efficiente. Se teneva il ritmo e ci dava dentro, un’ora passava in quindici minuti. E se partiva dall’ultimo piano, il quinto, e andava a scendere fino al pianoterra, finiva nell’aula magna, dove nel pomeriggio Barrett Bass faceva le prove con gli studenti.
– Miei cari giovani teatranti, – lo sentí dire. – Al momento le vostre buone intenzioni sono minate da inflessioni sconcertanti che, piú che all’epoca elisabettiana, fanno pensare ai campi da gioco del Bronx. Sul palcoscenico dobbiamo ripudiare tali inflessioni. Questa è una delle commedie di Shakespeare piú rappresentate. Sforzatevi di sciogliere la vostra lingua per rendere giustizia a Sir William.
Eddie scese alla biblioteca scolastica e prese in prestito una copia della Dodicesima notte. La bibliotecaria, volontaria part-time e coordinatrice dell’associazione genitori-insegnanti, trovò la sua richiesta commovente.
La Claremont era frequentata quasi esclusivamente da neri e portoricani. Passando di classe in classe, Eddie avrebbe potuto contare sulle dita di una mano i ragazzi irlandesi e italiani. Molti degli allievi avevano parenti in Vietnam o rifugiati da qualche parte per sottrarsi alla chiamata. Eddie aveva sempre un buongiorno e un arrivederci per tutti fra un bagno da pulire e un cestino da svuotare. Mentre lucidava la ringhiera della scala a chiocciola o rintonacava una parte del soffitto della sala insegnanti, si ripeteva sottovoce i versi della Dodicesima notte. Fra i ragazzi si fece una reputazione come suggeritore. Gli urlavano una qualunque citazione della commedia e lui recitava il verso successivo. Eddie si rese conto che le faccende casalinghe a cui ora si dedicava erano proprio quelle che Agnes aveva sempre desiderato vedergli sbrigare. Disinfettava i bagni e puliva la cucina, e i tavoli e le sedie della mensa. Ci sarebbe stato lavoro per almeno due persone, ma lui non si lamentava.
Gli studenti di seconda media stavano provando in aula magna la quarta scena del primo atto quando Gabriel Ruiz dimenticò le sue battute; ormai erano diverse settimane che provavano, ma Gabriel andava in crisi sempre nella stessa scena.
DONNA NEL RUOLO DI VIOLA
Lo farò, monsignore.
Ma se, a quel che si dice, lei è ancora immersa nel suo dolore,
non accetterà mai di ricevermi.
GABRIEL NEL RUOLO DI ORSINO
E allora strepita, metti da parte le buone maniere
piuttosto che tornartene qui a mani vuote.
DONNA NEL RUOLO DI VIOLA
Ma, ammesso che riesca a parlarle, cosa dovrei dirle?
GABRIEL NEL RUOLO DI ORSINO
Manifestale tutta la passione del mio amore,
stupiscila parlandole della mia devozione:
nessuno meglio di te può dar corpo alle mie pene.
La tua giovane età otterrà piú udienza presso di lei
di un messaggero di piú grave aspetto.
DONNA NEL RUOLO DI VIOLA
Non ne sono affatto certo, monsignore.
GABRIEL NEL RUOLO DI ORSINO
E invece credimi, ragazzo,
anche perché farebbe torto ai tuoi anni felici
che ti prendesse per adulto: le labbra di Diana
non sono certo piú tenere e vermiglie delle tue;
la tua piccola voce, pura e squillante com’è…
pura e squillante com’è… com’è?1.
Eddie era in aula magna ad aggiustare il bracciolo di una sedia quando Gabriel si guardò intorno in cerca di qualcuno che lo aiutasse. Barrett Bass lo fissava a braccia conserte, e batteva i piedi spazientito.
– Rivaleggia con quella di una ragazza, – recitò Eddie dal fondo della sala, – tanto da renderti adatto a interpretare una parte femminile. So che sei nato sotto un segno adatto al compito che ti affido. Quattro o cinque di voi vadano con lui, anche tutti, se ne avete voglia. Quanto a me, mi sento meglio lontano da qualsiasi compagnia. Se riuscirai nella tua impresa, potrai spartire gli agi col tuo signore e chiamar tue le sue ricchezze2.
Barrett Bass rise e avanzò verso il proscenio. – Bene. Qualcuno che sa le battute c’è. Forse dovremmo assegnare una parte anche a lei? – Aveva sentito parlare del bidello shakespeariano.
– Devo dare una controllata alla caldaia –. Eddie pranzava sempre nel locale caldaia, dove poteva raffreddare i bollenti spiriti parlando coi muri.
– Forza, solo per uno o due minuti, – disse Barrett con un sorriso. – Ci faccia questa cortesia.
Eddie avanzò lungo il tappeto rosso, con la cassetta degli attrezzi in mano. Non si spinse fino al centro del palco.
– Ehi, Ruiz, – chiamò, evitando di incrociare lo sguardo con Barrett Bass. – Ti piace il football?
– No –. Ruiz, che aveva una pettinatura afro alla Michael Jackson e anche l’acne alla Michael Jackson, fece spallucce.
– Il baseball.
– Meglio ancora, – disse Eddie sorridendo. – Quando i versi della commedia ti si inceppano nella mente, immagina che volino su una palla da baseball. Lasciati trasportare dalle parole e te ne resteranno in mente piú di quante ne dimentichi.
Poi uscí dall’aula magna e per il resto della settimana si tenne lontano dalle prove. Fu un periodo molto deprimente. Le ore si trascinavano lente come lumache.
– Quante persone ha ucciso in Vietnam? – gli chiese Barrett.
Eddie era in ginocchio nella sala insegnanti e stava tirando via dalla modanatura strisce di vernice scrostata. Il preside si stava versando una tazza di caffè e due insegnanti chiacchieravano accanto al distributore azzurro di acqua refrigerata.
Sulle prime Eddie ignorò la domanda. Aveva caricato bombe sugli aeroplani. Aveva visto uomini decollare e non tornare piú. Aveva sentito l’odore del napalm su alcuni di quelli che invece tornavano.
– Non ero al fronte, – disse.
– Ma ha ucciso? – insistette Barrett Bass.
– Indirettamente –. Eddie si tirò in piedi. – Ma è possibile che una persona l’abbia uccisa direttamente.
– Solo una?
– Una basta, – disse Eddie. – Basta e avanza.
Ora nella sala insegnanti era calato il silenzio. Barrett Bass sorrise con aria dubbiosa. Quando faceva l’università a Londra aveva partecipato alle manifestazioni per il disarmo nucleare. La sua interpretazione attualizzata del Riccardo III aveva suscitato un piccolo clamore a New York ed Edimburgo. Adesso era in lizza per la posizione di vicedirettore artistico di un teatro emergente di off-Broadway.
A irritare Eddie non fu il sorriso sulla faccia lunga dell’insegnante di recitazione, ma il modo in cui Barrett gli posò una mano sulla spalla, come a spazzargli via un granello di polvere dall’uniforme. E non fu tanto l’immaginario granello di polvere che Barrett gli aveva spazzato via, quanto il fatto che in quel momento il preside e i due insegnanti si misero a ridere. Non per cattiveria, ma per nervosismo, o per status, o per uno dei tanti altri motivi che spingono la gente a comportarsi in un modo quando dovrebbe comportarsi in un altro. Eddie prese la scopa appoggiata a uno schedario e si mise a spazzare. Prima spazzò intorno al regista teatrale, come aveva visto fare a sua madre e a Bella Maddalone quand’era bambino. Spazzò tutt’attorno a Barrett Bass e poi sulle sue scarpe di cuoio. Stava cercando di spazzare via un problema. I suoi movimenti si fecero piú energici, e la scopa si riempí di polvere mentre le luccicanti scarpe di cuoio perdevano il loro lustro. A ogni sventagliata della scopa di Eddie Christie, Barrett Bass indietreggiava. Alla sesta sventagliata, finí col culo per terra.
Questa volta il preside e i due insegnanti trattennero le risate. Da giovane Eddie aveva avuto un debole per le belle scarpe e i bei vestiti. Spendeva una piccola fortuna per il guardaroba. Ora invece portava scarpe basse antisdrucciolo. Si allungò in avanti e tese una mano a Barrett Bass, ma Barrett si dondolava avanti e indietro sul pavimento di legno duro. – Cazzo, credo di essermi rotto un piede.
L’indomani mattina, arrivando al lavoro, Eddie trovò il preside ad aspettarlo davanti allo spogliatoio dei docenti.
– Eddie, – disse il preside, – è una fortuna che quello non voglia sporgere denuncia.
– Quello è un pezzo di merda, – disse lui. Non si era ancora messo l’uniforme da bidello. – Cosa vuole in cambio?
Il preside arrossí. Eddie notò che stava ostruendo l’ingresso allo spogliatoio. – A nome della chiesa di Saint Claremont, mi dispiace che debba andare cosí. Ma i docenti e il personale devono dare l’esempio.
Eddie s’infilò le mani in tasca e fece tintinnare le monetine. – Questo significa che non vedrò La dodicesima notte alla recita di Natale?
Il preside annuí. – Alla luce di quanto accaduto, devo chiederti di non presentarti allo spettacolo.
Alfred Maddalone si rivolse a un cugino che si rivolse a un altro cugino, ed Eddie ottenne un impiego dalle nove alle cinque alla Casa dei fiori Ronaldo in Arthur Avenue.
– Eddie, – lo avvisò Maddalone, – apri bene le orecchie. Quei tizi sono tutti imparentati fra di loro. E alcuni sono pezzi grossi. Non chiedere soldi in prestito a nessuno. Non fraternizzare. Ricordati che tu non sei loro amico. Puoi essere loro amico solo in occasione di matrimoni, funerali e battesimi. E niente carta, la carta non esiste. Non scrivere mai niente. Parecchi coglioni sono finiti male per colpa di un biglietto lasciato in giro.
Quando Agnes gli chiese in cosa consisteva il suo nuovo lavoro, Eddie le disse che sarebbe stato vicedirettore del negozio. Concordarono sul fatto che era un bel passo avanti rispetto a bidello.
A prima vista la Casa dei fiori Ronaldo era un posto qualunque, ma se guardavi meglio notavi una rampa di scale in fondo al locale. Al piano di sopra c’era un ristorante siciliano con le pareti affrescate. Eddie era salito solo una volta, per portare alla madre di Ronaldo, che faceva anche da cuoca, una confezione importata di carciofi alla romana. Era il tipo di locale che non accetta prenotazioni.
Sopra il ristorante c’era una serra dove per tutto l’anno Ronaldo coltivava erbe e fiori. Tre giorni alla settimana, Ronaldo spediva Eddie al mercato dei fiori di Manhattan a fare provviste. Eddie imparò a scegliere le piante migliori e a spuntare un buon prezzo. Il venerdí tornava a casa con rose fresche per Agnes e per le bambine. Quell’estate cominciò a fare l’orto nel cortile sul retro e lo riempí di viole e viole del pensiero, rosmarino e finocchio.
Nel complesso quello fu un periodo sereno per lui, che cominciò a recitare Rosencrantz e Guildenstern ai fiori perché da Ronaldo non aveva il tempo di parlare coi muri. Le rose lo capivano, e a lui faceva piacere quando una pianta che aveva coltivato con amore trovava casa fuori dal negozio. Gli uomini che arrivavano in Cadillac e Buick Riviera, e scendevano dalla macchina in abiti di sartoria, lo consideravano uno scimunito, un sempliciotto mezzo deficiente. Per confermarli nella loro idea lui non doveva fare altro che essere un uomo nero.
Era il secondo fine settimana di giugno quando piovvero pallottole sulla Casa dei fiori Ronaldo. Eddie se ne sarebbe ricordato a lungo, perché i giornali in seguito avrebbero sottolineato quant’era affollata Arthur Avenue quel giorno, un afoso sabato pomeriggio, con famiglie che cenavano nei dehors dei caffè o facevano la spesa. Eddie aveva appena finito di annaffiare i fiori sul marciapiede, e stava usando il tubo di gomma per lavarsi le mani, quando un gruppo di uomini uscí dal negozio. Sapeva che uno di loro era un boss che chiamavano Sal, abbreviazione di Salvatore Galliano. Salvatore mangiava al ristorante di Ronaldo ogni sabato, e ogni sabato faceva una sosta per ammirare i fiori sul marciapiede. Ma non comprava mai niente, neanche per la moglie o per le ragazze con cui ogni tanto si accompagnava. Quel sabato invece si fermò a osservare gli uccelli del paradiso.
– Quanto vengono? – chiese a Eddie.
Negli ultimi tempi Ronaldo aveva cominciato a lasciargli usare il registratore di cassa. Eddie si asciugò le mani e si avvicinò a Salvatore Galliano.
– Tre dollari l’uno. Quaranta tutto il mazzo, – disse.
Salvatore s’infilò una mano in tasca per prendere il portafoglio e imprecò. Il portafoglio era rimasto di sopra, sul tavolo, accanto alla seconda porzione di cassata al pistacchio. Fece segno a uno dei suoi uomini di andarlo a recuperare, e proprio in quel momento una berlina nera accostò al marciapiede. Ci fu un istante, una frazione di secondo, in cui il tempo si ripiegò su se stesso. Un uomo in abito bianco con gilè scivolò fuori dalla berlina nera e sparò a raffica sugli uomini di Salvatore Galliano prima che avessero il tempo di difendersi o di proteggere il loro capo. Eddie incrociò lo sguardo dell’uomo che stava sparando. Era un’illusione o si trattava davvero di un nero, un sicario nero che non doveva avere molti anni piú di Eddie? Come spiegare il senso di identificazione che provò in quel momento, l’orgoglio misto a odio, l’amore misto a repulsione? La rabbia lo confondeva. Sentí la scossa dell’adrenalina. Buttò i fiori alla sua sinistra e alla sua destra, poi si gettò a terra e tirò giú con sé Salvatore Galliano, al riparo dalle pallottole dell’assassino.
– Sono un veterano, – disse Eddie in seguito, quando i poliziotti e i giornalisti lo torchiarono chiedendogli dettagli sulla sparatoria. – Ho visto cosí tante cose entrare e uscire dai muri che metà delle volte non so se sogno o son desto.
Poi diede la schiena alle macchine fotografiche e si mise a parlare in tono ispirato coi fiori spiaccicati a terra. Due uomini erano morti. Salvatore Galliano era sano e salvo, ed Eddie intendeva mettere bene in chiaro che lui non era un testimone affidabile. Se l’avessero costretto a presentarsi in tribunale, sarebbe stata la fine.
Alfred Maddalone andò a congratularsi con lui per quella prova eccellente. – Non avrei saputo fare di meglio.
In seguito alla sparatoria, la Casa dei fiori Ronaldo restò chiusa per sei mesi. Eddie ricevette seimila dollari di liquidazione. Lui ed Agnes concordarono sul fatto che sarebbe stato stupido rifiutare quel benservito. Accantonarono quei soldi per i tempi difficili e a tempo debito li usarono per pagare vitto e alloggio di Claudia al college.
Quando Alfred Maddalone gli parlò di un altro possibile impiego, Eddie ripensò al detto: Aiutati che Dio t’aiuta. A New York nel 1972 il tasso di disoccupazione era intorno all’undici percento. Eddie fece domanda una, tre, quattro volte per un posto all’azienda dei trasporti pubblici. Sedici mesi dopo, trovò lavoro come casellante sul George Washington Bridge. Durante la giornata, trovava di rado il tempo per leggere Rosencrantz e Guildenstern sono morti, e spesso la sera era troppo esausto per prendere in mano quel piccolo tascabile. Cercò, con esiti alterni, di lasciarsi alle spalle la guerra e il sottufficiale Mammoth. Cercò, con maggior successo, di rinnamorarsi di Agnes. A volte parlava nel sonno, e in questo modo Agnes veniva a sapere delle cose di suo marito che lui non riusciva a condividere e lei non avrebbe osato chiedere. Al casello Eddie teneva qualche monetina di riserva. Ogni volta che un automobilista si trovava a corto di spiccioli, lui gli forniva qualche informazione curiosa – Lo sapeva che per costruire questo ponte hanno speso sessanta milioni di dollari? L’hanno finito nel 1931. La carreggiata di sotto l’hanno chiamata Martha Washington. In onore della moglie di George, naturalmente. Poi sorrideva, faceva segno di passare e metteva in cassa soldi suoi.