Conclusione

TROVARE LA PROPRIA STRADA

Guarire dai disagi è possibile solo se la nostra mente cambia strada, se la smettiamo di credere che esistono problemi personali.

“Io so perché sto male.” È la frase che tutti ripetono quando parlano delle loro sofferenze. È inutile cercare nelle vicende personali la causa dei propri malesseri. L’ansia, la depressione, l’insonnia, il panico, le paure, le ossessioni, le nevrosi non sono dovute a un passato sbagliato, ai traumi o a relazioni che non funzionano, ma a una profonda distrazione.

Ci siamo dimenticati della nostra missione nella vita, dei nostri fiori, che perciò non stanno spuntando.

Il nostro sguardo vede solo problemi legati all’esterno, senza accorgersi di ciò che si svolge sotto la superficie, e così non ci rendiamo conto che siamo esseri unici, con un destino che appartiene solo a noi. Ci sono cose che possiamo fare solo noi, nessuno potrebbe mai insegnarcele.

Trovare la propria strada è più facile di quanto si pensi. Nei momenti difficili dobbiamo ricordarci che quello che crediamo sia il problema in realtà è un’illusione. Non ci sono problemi da risolvere, non ci sono cause da scoprire, ma semplicemente bisogna modificare lo sguardo. Questo è stato l’insegnamento di Plotino e anche il testamento che ci ha lasciato Goethe. Quando questi dice: “Segui il tuo destino”, ci sta spiegando che siamo esseri dai tanti volti, ma che dentro di noi è tracciato un percorso che ci conduce alla nostra meta. Questo cammino si compie attraverso una perenne metamorfosi, che si svolge nella nostra interiorità, senza che neppure ce ne accorgiamo. Evolvere significa semplicemente ricordarsi che dentro ognuno di noi qualcosa ci sta guidando verso il nostro destino. Ragionare come tutti gli altri vuol dire perdere la strada. Vedere invece che abbiamo interessi e immagini solo nostri, passioni e desideri che appartengono unicamente a noi, apre la porta a ciò che deve accadere. E comunque, come dice Goethe, non puoi sfuggire al tuo destino, perché l’individualità sa sempre dove andare.

Mi vengono in mente le parole di Adolf Portman, quando parla della migrazione degli uccelli: “In molte specie i nati, che intraprendono la migrazione per la prima volta, lasciano i nidi prima dei genitori: esperimenti con uccelli inanellati hanno dimostrato che, nonostante la mancanza di ogni guida, essi seguono senza esitazione le rotte migratorie tipiche della propria specie”.1

In questi piccoli volatili è presente quello che i taoisti chiamano la Via, il Tao. Prima di essere “educati” dai genitori sanno dove andare, hanno la meta inscritta nel loro viaggio e, senza se e senza ma, la seguono. Percorrono senza titubanza il viaggio verso la loro terra promessa: si tratta di 7-8000 chilometri che vengono percorsi senza “essere guidati”.

“L’orientamento degli uccelli fa parte della sfera dell’inconscio, di ciò che non può essere mai appreso” dice ancora Portman.2

C’è qualcosa che sappiamo senza averlo mai imparato: è misteriosamente inscritto nel nostro Sé. Qualcosa che sta conducendo il nostro viaggio. Non bisogna farsi distrarre dai pensieri altrui.

Svuotare la mente, accogliere l’immaginazione, il desiderio, non sapere, non ascoltare nessuno e aspettare, giorno dopo giorno, che i fiori spuntino: questa è la nostra missione.

Più restiamo sulla nostra via, più rapidamente i disagi guariscono. Più ci avviciniamo alla nostra meta, più arrivano, improvvisi, veri e propri attacchi di felicità.

1. Henri-Charles Puech, Erich Neumann, Adolf Portman, Le metamorfosi del tempo, RED, Como 1999, p. 117.

2. Ibid.