Io so che nulla mi appartiene tranne il pensiero che incondizionato fluirà dalla mia anima, e ogni istante favorevole che un destino propizio mi fa godere fino in fondo.
J.W. GOETHE1
Perché guardiamo in una sola direzione? Perché quando vediamo un problema crediamo che duri per sempre e passiamo mesi, se non anni, a cercare di risolverlo, senza riuscirci? Sentite Adriana:
Buon pomeriggio dottore, e grazie per questa opportunità. Il mio bisogno al momento è quello di riuscire a sviluppare la capacità di dire di no, in primis sul lavoro, e di non farmi prosciugare le energie da situazioni o da persone che egoisticamente non si creano alcun problema a farlo. Ci sto provando già in questo momento sul lavoro, motivando sempre il mio “no”, perché non vuol essere un sottrarsi al lavoro, anzi. Certo costa fatica assumere questa posizione… I timori mi assalgono, interrompono a volte il mio sonno, e continuo a rimuginare in preda all’incertezza, ma sono assolutamente decisa e con i suoi consigli sono certa di potercela fare. Grazie.
Il suo problema è imparare a dire di no? O al contrario, è proprio questa convinzione che ha creato il problema di cui ora, Adriana, fatica a liberarsi? A questo proposito, vediamo il caso di Marco:
MARCO Il mio problema è l’eiaculazione precoce. Ho provato con tante donne, ma finisce sempre che duro pochi secondi. Alla fine non mi arriva più neppure l’erezione. Una sconfitta totale.
TERAPEUTA Si ricorda l’ultima volta che ha visto un panorama?
MARCO No, ma cosa c’entra…?
TERAPEUTA Accadono tante cose dentro di lei, non c’è solo quello che lei chiama “il problema sessuale”. C’è il panorama, se lo guarda, l’autobus che prende tutti i giorni per andare a lavoro, le lenzuola che la avvolgono quando dorme, la colazione, il suo vestito preferito… e tutte le cose che le vengono facilmente, senza sforzo.
MARCO (mi interrompe) Sì, ma io ho in mente solo le brutte figure che faccio a letto.
TERAPEUTA E quando è da solo?
MARCO No, se mi masturbo duro ore. Anzi non riesco neanche a venire, o comunque faccio molta fatica.
Il perdurare nella mente di quello che chiamiamo il problema è il vero nemico, il grande ostacolo per risolverlo.
Se ho in mente solo le brutte figure che faccio, o se ritengo di dover imparare a dire più no, come mi scrive Adriana, si avvia dentro di me una battaglia senza tregua. Finirò per vedermi in lotta contro una mia incapacità, una disfunzione… E proprio qui nasce quello che poi chiamiamo “il problema”.
Quando un paziente viene da me e mi esprime quella che lui chiama la sua difficoltà, io lo invito a guardare altrove… Il segreto è distrarsi dal problema.
Non c’è niente di nuovo?
Tutti pensano che la propria vita sarà migliore quando ce l’avranno fatta a spazzar via il problema. Si sbagliano… la vera questione è un’altra. Per René Guénon tutta la nostra vita è centrata su quello che lui chiama “lo stato primordiale”.2 Come se noi fossimo abitati da un centro primitivo, da un seme antico che conduce la nostra vita. In questa chiave i nostri disturbi sono nostalgia dell’eternità, di quel Sé sconosciuto che vive nel Senza Tempo e che conduce il nostro destino. Il problema non è l’eiaculazione precoce o imparare a dire di no: semplicemente questi sono moscerini che offuscano lo sguardo interiore. Stai male perché ti stai ostinando a mandar via qualcosa che nel profondo non ti riguarda, che non ha importanza.
Dobbiamo immaginare che c’è sempre un modo nuovo di stare in campo, un altro essere dentro di noi che non conosciamo, che sa sempre cosa fare.
Marco ha passato diciotto mesi in psicoterapia a cercare di capire le cause della propria eiaculazione precoce. La cosa difficile da comprendere è che più cerchiamo nel passato la risposta ai nostri disagi, più li cronicizziamo. Forse il Sé, il centro, lo stato primordiale di Guénon ha altri progetti per Marco o per Adriana. Se lo stato primordiale sa, io devo dimenticarmi di me, visto che peraltro i miei sforzi non servono a niente. “Distrarsi dal problema”, questa è per me la parola d’ordine. Bisogna dirsi “Non sono quella che deve imparare a dire di no”, “Non sono quello che ha il problema della sessualità”. Entrare nell’oblio, dimenticare il problema e… lasciarlo andare.
Come se ne vanno i disturbi? Dimenticando, distraendosi e sognando il nuovo. Come i bambini che piangono disperati per un giocattolo rotto e dopo un minuto ridono se si mettono a fare qualcosa che li coinvolge…
Come avrebbe detto Roberto Assagioli: “Io non so chi sono né dove vado. Sono un altro che non conosco”. Questo vuole lo stato primordiale, che vive nel senso di eternità e non è offuscato dal nostro bisogno di fare l’amore secondo uno schema o di diventare così forte da dire tutti i “no” possibili.
L’idea da tenere ben ferma è: “Questo non è il mio problema, non sono io a doverlo risolvere”. Allora la personalità profonda, il Sé, lo stato primordiale fanno arrivare al nostro Io nuovi punti di vista. Quando veniamo traditi, più ci pensiamo e più ci roviniamo la vita. Non pensiamo che il Sé, attraverso il dolore, sta partorendo una nuova personalità. La svolta avviene quando smettiamo di considerare la ferita come definitiva, quando smettiamo di tormentarci per un tradimento oppure per un abbandono. Bisogna sentire il dolore, percepirlo, accogliere la rabbia, se arriva, e ripartire.
Ecco cosa scrive Antonella, 55 anni:
Buongiorno dottor Morelli.
Nell’arco di diversi mesi, ho ascoltato, se non tutti, quasi tutti i suoi video, anche più volte. E lo farò ancora e ancora. La ringrazio infinitamente per tutto ciò che ha fatto per me. Perché, inconsapevolmente, in tante situazioni, con i suoi video mi ha aiutata. Dovrei pagarla per quanto mi è stato utile. Sono rinata, mi ha resa molto più sicura di me stessa e se prima pensavo di tornare sui miei passi e perdonare mio marito… no… non lo farò più! Perché il passato è passato. E, forte di questo, guardo a ciò che sono oggi. La crisi di mezza età ha coinvolto anche noi e, dopo essermi dedicata per oltre trent’anni alla famiglia, al lavoro, a un figlio, un bel dì scopro che il mio maritino tanto caro mi tradiva con una quarantenne. Classica storia, niente di nuovo. L’unico problema, il lavoro. Perché lavoriamo insieme in una nostra attività, dove ci compensiamo a vicenda. All’inizio è stato difficile, la stessa attività stava andando all’aria… Con il tempo ho rovesciato la situazione, l’ho stravolta cambiando strategia (perché lui, ovviamente innamorato, non capiva più nulla…). Oggi, a distanza di tempo, la rabbia è passata e adesso siamo soci, colleghi, amici… Non saprei come definirci, ma so invece che ho ripreso in mano la mia vita, mi sono accorta di quanto valgo, di quanto sono sicura di me e di quanto sto bene con me stessa, tanto che spesso mi faccio paura da sola…! Non smetterò mai di ringraziarla, perché non sa quanto bene mi ha fatto e mi fa quando l’ascolto.
Cosa vuol dire “cambiare strategia?”. Si possono passare mesi, anni a pensare al tradimento, a lui che “aveva un’altra e intanto faceva l’amore con me, come se niente fosse…”, come mi raccontava Debora, 42 anni. Debora è stata in psicoterapia per più di un anno per il tradimento che aveva subito.
La psicoterapia serve a ricordarci che siamo ragni che hanno dimenticato di essere nati per fare la ragnatela.
Non si dovrebbe mai andare in psicoterapia per un motivo, ma semplicemente per scoprire qualcosa di sé che non si conosce. Qualcosa che viene da un regno sconosciuto dell’anima, qualcosa che non dipende da niente, senza cause, senza spiegazioni nel passato. Questo è il compito della psicoterapia: ricordare al ragno la sua ragnatela, semplicemente perché è il centro del suo essere, del suo divenire, del suo destino. Abbiamo bisogno di riconoscere ciò che ci appartiene e non di ricordare cosa ci è successo.
Se continuo a occuparmi del problema – abbandono, tradimento, trauma –, sono ancora nel regno delle abitudini della mente, che sono come foglie secche sul punto di cadere mentre le guardo… più me ne occupo, più le tengo ancora attaccate al mio albero, invece di liberarmene. Una cosa è certa: lo stato primordiale non vuol fare l’amore come lo fa Marco. Perché si sblocchi occorre cambiare la mente, desiderare le donne con fantasie che non sono quelle che scorrono adesso dentro di lui.
Un mio paziente soffriva di eiaculazione precoce da più di quattro anni. Gli è passata quando ha “preso” la sua fidanzata in un raptus amoroso sulle scale di casa, appena uscito dall’ascensore: “Era tardi, meno male che non passava nessuno. Poi siamo entrati nell’appartamento e sono andato avanti due ore senza venire. Ero un altro”. Lo stato primordiale cerca l’altro che c’è in te e che non vede. Idem per Adriana.
Succede spesso, nel corso della vita, di venire improvvisamente assaliti da un nuovo lato della nostra personalità. Proviamo sensazioni sconosciute, abbiamo reazioni mai avute prima e molto spesso, per mera forza dell’abitudine, odiamo questa nuova esperienza. Non ci pare di cambiare: “Che cos’è questa cosa? Come mai, così all’improvviso, senti in modo tanto diverso?”. Ci sembra una stranezza e tentiamo di togliercela di dosso. Dovremmo invece mostrarci aperti alle stranezze; chiederci: “Che cos’è questa nuova sensazione o reazione che sento? Vediamo un po’”.3
Qual è la via? Un nuovo essere, strano, non concepibile con il personaggio che conosco…
L’eiaculazione precoce di Luca, il mio paziente, è letteralmente scomparsa quando si è “lasciato” condurre dal “selvaggio” che viveva dentro di lui. L’uomo posato, pieno di formalismi, non apparteneva al godimento che l’anima cercava. Quella sera sulle scale, il dio Pan si è manifestato: l’uomo naturale, così distante dalla sua coscienza razionale, è sceso in campo. Il senso dell’eiaculazione precoce, il messaggio profondo dell’anima era: “Non mi serve un sesso pensato, ma vissuto”. Come sempre il disagio preparava una metamorfosi che può avvenire solo se gli opposti (in questo caso ragione e istinto) si incontrano. L’eiaculazione precoce ha permesso a Luca un’evoluzione, che non ha migliorato solo la sua sessualità, ma gli ha anche permesso di diventare completo.
Incontrare il lato opposto di noi stessi non è un problema da poco: ma la nostra evoluzione, la nostra vera trasformazione dipende da questo.
Spesso noi vogliamo mandare via un disturbo e riteniamo, dopo averlo scacciato, di poter tornare “quelli di prima”. Ma il disturbo viene perché “quello di prima” è unilaterale, incompleto: nel caso di Luca, la mente razionale dominava l’intera esistenza. L’anima non voleva fare l’amore con la testa, voleva “perdere la testa”. Il personaggio calmo, controllato, tranquillo, sempre elegante, che parlava forbito, aveva bisogno di un bagno nella terra per ritrovare la propria unità. Incontrare il doppio, come è capitato a Luca, era il senso dell’eiaculazione precoce: l’uomo razionale avrebbe avuto un destino molto labile, fragile, come quello di una persona senza radici. L’anima cercava la terra, il selvatico, perché il Sé è una coincidenza di opposti, senza la quale la metamorfosi si interrompe.
C’è in ognuno di noi un essere nuovo che resta occultato e vive dentro i nostri disturbi per preparare la rinascita.
Così Antonella poteva passare mesi e mesi a pensare, a rimuginare sui tradimenti del marito, in preda alla rabbia e alla delusione, come peraltro fanno quasi tutti in questi casi. Ma la regola chiave è sempre quella: “Ricordati di te”. Se non mi ero accorto del tradimento è perché mi andava bene quel tipo di rapporto, perché avevo addomesticato il mio lato libero, indipendente e l’avevo consegnato all’altro. Scoprire di essere traditi è una doccia fredda, un brusco risveglio, che deve condurci non a passare anni a cercare vendetta, ma a trovare quel lato di me che stavo dimenticando. Così Antonella ha scoperto la donna indipendente, che “si fa paura” da quanto è forte, capace, autonoma. Ha salvato se stessa, suo marito, la famiglia, il lavoro. L’altro lato di se stessa, un essere che non appartiene al tempo, si è affacciato, è uscito dalla cantina dove si era nascosto.
È questa energia che ha guardato Luca, la stessa che ha regalato ad Antonella i migliori risultati della sua vita. Come moglie, madre e collaboratrice del marito anche nel lavoro, si sarebbe persa nell’unilateralità: il tradimento subito le ha fatto trovare il suo posto nella vita. Gli antichi ci avevano spiegato qual è il senso della nostra esistenza. Ci avevano ammoniti di non partecipare al pensiero esterno, l’avevano detto con Angelus Silesius: “Il mio corpo è un guscio in cui un pulcino sarà covato dallo spirito dell’eternità”.4 Il collegamento alle “doglie del parto” di cui parla Plotino è evidente. Nei disagi c’è un altro lato di noi che si sta affacciando. Posso dire che, secondo la mia esperienza, i disturbi si allontanano soltanto quando si presenta un altro modo di guardare le cose. Lo sguardo deve allargarsi: non deve vedere solo il disturbo facendone l’elemento preponderante.
Angelica, 42 anni, è presa da mille paure, soprattutto quella di guidare: “Faccio solo piccoli tratti, non prendo tangenziali né autostrade, e non mi allontano più di due o tre chilometri da casa”. Le paure riguardano anche i possibili nuovi percorsi professionali, il rapporto con il partner, i viaggi, gli incontri: “Sono insicura di tutto”. Ma c’è sempre un “altro” dentro di noi, un altro volto nascosto che in qualche modo viene chiamato. Spesso il richiamo è sollecitato da un incontro ricco di senso. L’anima varca lo spazio e il tempo, incontra qualcosa che ha a che vedere con il nostro lato inconscio, buio, primordiale, oscuro. Mi piace pensare che dove c’è tanta paura, ci sia troppo coraggio nell’anima… Sentite Angelica:
L’altra sera ho incontrato un cinghiale, mentre camminavo da sola vicino alla pineta. Mi sono fermata, senza dirmi niente, e sono rimasta lì senza muovermi, tranquilla. Lo fissavo e pensavo tra me: “Dai, vienimi vicino”. E così è accaduto: il cinghiale si è avvicinato, mi ha annusato e se ne è andato. Non ho provato nessun turbamento, nessuna incertezza. La sera stessa sono andata a leggere sui libri il significato: pensi, dottore, il cinghiale è simbolo del coraggio indomito.
Nel loro bellissimo libro sui simboli, Jean Chevalier e Alain Gheerbrant ne scrivono in questi termini: “Il cinghiale è in Giappone un animale zodiacale, associato al coraggio, cioè alla temerarietà”.5
Le persone paurose nascondono spesso un’ostinazione, una testardaggine, un coraggio che emerge solo in certi momenti e che non ti aspetteresti da un individuo insicuro.
Le paure di Angelica riguardavano anche la sua vita sessuale: il timore di perdere il suo romanticismo, la tenerezza, la dolcezza che metteva davanti a tutto nel rapporto erotico. A letto si comportava in modo infantile, sentimentale: “Gli uomini però vogliono solo il sesso, vogliono andare subito al sodo, se no si spazientiscono…”. Ma il cinghiale parlava anche il linguaggio dell’eros terrestre, del fango, della passione. Da un lato “il cinghiale raffigura l’autorità spirituale, ponendosi in rapporto con il ritiro solitario nella foresta del druido e del brahmano”.6 In questo caso l’animale rivela il coraggio di contare sulla propria solitudine, sulla propria forza, sulla propria indipendenza, tutte cose fortemente temute da Angelica. Ma dall’altro lato il cinghiale “lo si rappresenta talvolta come un maiale e sotto questo aspetto dobbiamo considerare i significati oscuri dell’animale: tanto è nobile il simbolismo del cinghiale, quanto è vile quello del porco. Il maiale selvatico è simbolo della crapula sfrenata e della brutalità”.7
Secondo la legge della sincronicità di Jung incontriamo nel nostro percorso “oggetti simbolici”, ricchi di senso, che ci riguardano nel profondo.
Nei giorni precedenti l’incontro con il cinghiale Angelica aveva iniziato una relazione nella quale la componente erotica era sempre più forte, passionale. A letto ha scoperto una donna che le era del tutto sconosciuta. In lei si è affacciato il coraggio di farsi travolgere dal desiderio, dal linguaggio del corpo: “Prima a letto ero una suora, adesso sono scatenata”. Le paure si sono via via diradate: la donna fragile, insicura è andata sempre più sullo sfondo.
Niente separava Angelica dal cinghiale che ha incontrato: dentro di lei si stava affacciando quel “coraggio indomito” che le paure coprivano. In quella donna così fragile abitava una “cinghialessa”, coraggiosa, terrestre, passionale, erotica. Esattamente l’opposto di quello che lei credeva di essere. Contemporaneamente anche il suo carattere “docile”, remissivo, è virato: “Le cose non le mando più a dire, se c’è da esplodere, esplodo”. Da suora è diventata un demonio…
Nella tradizione cristiana, il cinghiale rappresenta il demonio, sia che lo si avvicini al maiale, avido e lubrico, sia che se ne consideri l’impetuosità – assimilabile alla foga delle passioni –, sia che si ricordi il suo passaggio devastatore nei campi, nei frutteti e nei vigneti.8
Quello che deve far riflettere è il fatto che Angelica sia andata a ricercare il senso misterioso del cinghiale, che cosa rappresentasse e soprattutto la circostanza dell’incontro con l’animale, che avviene senza timore alcuno, nella massima tranquillità. Di fronte al cinghiale, che in passato le avrebbe suscitato terrore, Angelica non ha ansie né paure, non prova neppure la voglia di fuggire. Nel mio lavoro ho imparato che quando cerchiamo il significato di un evento sincronico, accade molto spesso un cambio di passo. Le guarigioni avvengono sempre quando si incontra qualcosa di misterioso, qualcosa che ci riguarda, come il cinghiale di Angelica, e soprattutto quando scatta la voglia di cercarne il significato.
“Forse sto partorendo un altro me stesso, fino a ora sconosciuto?” Queste sono le parole da dirci quando soffriamo…
L’anima si rivolge a se stessa, si chiede: “Cosa sta succedendo di nuovo?” e si risponde: “Qualcosa dentro di me non ha avuto paura”.
Il coraggio nascosto entra così in rapporto con la coscienza… e poi è il simbolo che parla, che racconta che l’incontro non è con il cinghiale, ma con il coraggio indomito, con le passioni terrestri, con il proprio demone, con il proprio lato oscuro. Allora avviene l’incontro con l’altra donna, quella nascosta, e si compie la coincidenza degli opposti, che precede sempre la guarigione. Finalmente uno spiraglio di luce che viene dal regno della notte entra nell’Io, lo allarga, lo arricchisce e gli fa vedere qualcosa di impensabile. Nessuno di noi si conosce davvero e spesso le nostre paure preparano l’incontro con quel lato di noi che potrebbe non rendersi mai visibile. Quando ce la facciamo a incontrarlo è veramente un miracolo.
Non ci sono problemi da risolvere, ma cammini per incontrare i personaggi che ci abitano e che non vediamo.
1. Johann Wolfgang Goethe, Proprietà, in Tutte le poesie, cit.
2. René Guénon, op. cit., p. 30.
3. Marie-Louise von Franz, Il mondo dei sogni. Il simbolismo onirico nella psicologia junghiana, RED, Como 1980.
4. Cit. in Carl Gustav Jung, La saggezza orientale, Bollati Boringhieri, Torino 2016, p. 113.
5. Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, Rizzoli, Milano 2016, p. 273.
6. Ivi, p. 272.
7. Ibid.
8. Ivi, p. 274.