8 Dicembre 2008

 

 

 

 

 

Sono appena passate le quindici, di un mercoledì invernale. La neve ha ricoperto il vecchio Borgo. Baldini è seduto in veranda. Fuma la sigaretta. Si gusta quel paesaggio, al quale non è abituato.

Gli abitanti si occupano di ripulire le strade, per rendere più agevole il passaggio delle auto.

I rintocchi del campanile, lo destano dai tanti pensieri. C’è un unico filo conduttore e non è difficile intuirlo.

L’autobus, con grande difficoltà, si ferma per far scendere i passeggeri. Escono tre uomini. Baldini ne riconosce uno. E’ sorpreso. Si alza. Cerca d’osservare meglio. Non si è sbagliato. E’ proprio lui.

L’uomo è distante cento metri. S’incammina verso la stazione di Polizia. Baldini non ha più dubbi.

Esce in strada e lo raggiunge. E’ piacevolmente colpito da quella visita inaspettata. «Cosa ci fai qui?», esclama, abbracciandolo.

Paolo si mostra ugualmente contento. «Passavo da queste parti…», ironizza.

«In questo Borgo non ci capiti per caso», gli fa notare.

«Hai ragione, sono venuto a controllare che tutto vada bene»

«Ti ha mandato la mamma, vero?», domanda, sicuro d’aver indovinato.

L’espressione di Paolo è inequivocabile.

Si siedono al tavolino del bar. Ordinano due caffè.

Paolo è stupito. Quel posto è lontano anni luce dal suo modo di vivere. «Come riesci a sopravviverci?», commenta.

«Avevo altre scelte?»

«Quanto tempo dovrai restarci?»

«Spero il meno possibile»

«Non ti vedo in forma», commenta Paolo, osservandolo meglio.

«Questo caso mi ha logorato»

«Non ci sono novità?»

«Niente»

«Non può essere scomparsa nel nulla», ipotizza Paolo, cercando di ragionarci.

«Cosa vuoi che ti dica?»

«In televisione hanno smesso di parlarne»

«Ti sorprende?», chiede Baldini, prima di terminare il suo caffè.

Paolo si accende il sigaro. Continua a osservare suo fratello. «No, non hai per nulla un bell’aspetto», ribadisce. Accenna un sorriso.

Baldini cerca di cambiare argomento. Non ha voglia di parlare del caso. «Tu, piuttosto, cosa mi racconti?»

«Solita vita. Sempre in viaggio per l’Italia»

«Procede bene il lavoro?»

«Non posso lamentarmi. La scorsa settimana ho chiuso un contratto molto vantaggioso con i giapponesi»

«Hai sempre avuto fiuto per gli affari»

«Il segreto è farglielo credere», commenta l’uomo, ridacchiando.

Baldini si accende una sigaretta. La presenza di suo fratello gli ha creato emozioni contrastanti. Da un lato è contento di rivedere facce famigliari. Dall’altro, non vede l’ora che vada via. Non sono mai andati d’accordo. Troppo differenti, per trovare un punto d’intesa. Paolo è più grande di nove anni. Ha sempre cercato d’imporsi sul fratello minore. Tra loro non c’è mai stato dialogo ma solo scontri molto accesi.

Baldini è a corto d’argomenti. Cerca d’andare su un terreno neutro. «Con Alessia come vanno le cose?»

«Abbiamo trovato il giusto equilibrio», si limita a dire. Non ha voglia d’approfondire il discorso. Continua a smanettare con il telefono, nonostante quell’incontro a distanza di tre anni.

Baldini giocherella nervosamente con la tazzina.

«Tu, invece, ti scopi qualcuna?», chiede Paolo, dandogli un paio di pacche sulla spalla. Lo coglie impreparato.

Baldini si mette sulla difensiva. Cerca di sottrarsi a quelle scomode domande. «In questo periodo, il lavoro m’impegna molto»

«Dio Santo! Hai intenzione di vivere come un eremita?»

«Non è detto che sarà così per sempre», si giustifica.

«Stai sprecando gli anni migliori. Quando te ne accorgerai, sarà troppo tardi»

«Ho scelto di fare questo lavoro e non mi pesano le rinunce», replica, con convinzione. Inizia a provare un senso d’insofferenza. Cerca di tenere a bada l’emozioni.

Paolo calca la mano, con il suo solito modo di fare. «Vorresti farmi credere che sei felice? Hai visto il posto nel quale ti hanno spedito?». Invita suo fratello a guardare la desolazione che lo circonda.

Baldini cerca di restare calmo. «Il panorama è bellissimo», ironizza.

«Mi prendi per il culo?», chiede Paolo, alzando il tono di voce.

«Sei sempre il solito»

«Cosa vorresti dire?»

«Non sei cambiato per niente»

«Ed è un bene. Dovresti iniziare a prendermi come esempio», gli consiglia. E’ sempre più stizzito.

«Sono altri i miei modelli di riferimento», commenta Baldini, colpendolo nell’orgoglio.

Paolo si alza. Lo guarda con delusione. «Ho fatto male a venire fin qui», gli dice, con convinzione.

«Lo penso anch’io», risponde Baldini, restando al suo posto. «L’autobus riparte tra cinque minuti», aggiunge.

Paolo è sul punto d’esplodere. Ha gli occhi rossi. Digrigna i denti. Sospira.

Non aggiunge altro. Va via.

Baldini lo scorta con lo sguardo, finché sale sull’autobus.

Si rende conto che, certe cose, non cambieranno mai.