«Scalzo, un paio di calzoni neri corti fino al ginocchio, la schiena lucida, e in testa un cappellaccio di paglia con gli orli tutti logori, accartocciato e avvizzito come un fascio di foglie morte, questo padre si erge davanti a me...»
Questo «padre» è l'immagine della Cina rurale, di una terra che non ha nulla di materno, che coincide con la gretta realtà della miseria, eppure assume un'autorevolezza arcana, antica e fragile.
Mo Yan descrive il contrasto tra la cruda, brutale sostanza della vita di ogni giorno e la sottile magia che pure la pervade. I campi di sorgo sono teatro delle fatiche dei contadini, ma anche il territorio notturno dove le volpi si accendono come scie di fuoco per indicare la strada a chi si è perso; nelle acque del fiume annegano i bambini, ma nei giorni di nebbia gli spiriti-tartaruga salgono in superficie a banchettare in abito da sera; i più razionali dirigenti del Partito possiedono un terzo occhio per vedere attraverso i muri, ma lo chiudono quando hanno troppa paura...
I protagonisti di questi racconti sono quasi sempre bambini, orfani, miserabili, ma ricchi della capacità di vedere le più sottili efferatezze e le più segrete meraviglie. Anche quando sembrano sul punto di soccombere, conservano una loro leggerezza magica. I bambini portano sulle spalle il peso dell'anima, e cercano di traghettarla sull'altra riva del fiume, tra esseri umani che hanno dimenticato di essere stati anche loro, un giorno, figli e bambini.
Mo Yan è nato in Cina, nella regione dello Shandong, nel 1955. Lavora al dipartimento culturale dell'esercito cinese, ha fondato il movimento letterario della «ricerca delle radici» Autore di Sorgo rosso (Theoria 1994), da cui è stato tratto un famoso film. È considerato il maggior scrittore cinese vivente.