23
«Voglio vedere i suricati» disse Jen decisa oltrepassando i cancelli dello zoo. «Mi piacciono tanto.»
«Però si sono impigriti» considerò Lucas. «Ormai si credono dei divi di Hollywood... Che è successo all'impegno di stare sempre attenti per proteggersi gli uni con gli altri nel loro...» Aggrottò la fronte. «Cos'è? Una mandria?»
Kirk rise. «Quello si dice per gli erbivori, amico mio.»
«Ah, sì? E allora, visto che sai tutto, come si chiama un gruppo di suricati?»
Kirk guardò Jen, che spingeva il passeggino, in cerca d'aiuto. «Ah, non guardare me. Io voglio solo vederli.»
«Una colonia o un branco» intervenne Desire. «E i piccoli si chiamano cuccioli, come tutti i mammiferi.» Sorrise mettendo in mostra le fossette. «Da bambina guardavo sempre i documentari di Animal Planet.»
Jen si avvicinò a Lucas. «Oh-oh, è anche intelligente» sussurrò. «Com'è potuto succedere? Devi essere sconvolto. E io che pensavo di vedervi durare almeno un mese...»
«Non fare la furba» ribatté lui nello steso tono. «Accidenti, odio quando si rivelano intelligenti.»
«Pensa che incubo se si rivelasse anche vecchia.»
«Impossibile. Mi assicuro sempre di controllare la loro patente.»
«Adesso dovrai anche chiedere i risultati dell'esame preuniversitario. O magari solo i voti finali al liceo.»
«Uscire con le ragazze è una vera fatica.»
«Ma è necessaria se vuoi fare sesso. A meno che tu non ti rivolga alle squillo.»
Lui si batté una mano sul petto. «Io non pago!»
«Ma, tesoro, sì che paghi... per tutto quanto. Solo che è economia sommersa.»
Lui ridacchiò, tornò al fianco di Desire e la prese per mano. «Quel che voglio dire è che una volta i suricati stavano di guardia. Adesso se ne stanno sdraiati al sole e aspettano che qualcuno gli proponga un provino. Lo zoo dovrebbe far volare dei rapaci sopra il loro recinto per incutere a quegli sfaticati un po' di timor di Dio.»
«Sarebbe timor di morte» osservò Jen. «A meno che per te Dio non sia un rapace.»
Kirk cinse le spalle della moglie. «Colpito e affondato, vecchio mio.»
«E io che credevo di passare una bella giornata» grugnì Lucas.
Continuarono lungo il sentiero che portava al recinto dei suricati. Il cielo era limpido, lo zoo tranquillo e quasi deserto in quel giovedì mattina. Kirk aveva una rara giornata libera, e Jen era felice di poterla passare con lui e Jack. Anche la compagnia di Lucas e Desire era molto piacevole.
«Vedo che vai d'accordo con Lucas» disse Kirk a bassa voce. «Sono molto contento.»
«Mi ci sono affezionata» ammise lei. «È come il fratello maggiore che non ho avuto.» Poi alzò gli occhi al cielo. «Ha un gusto terribile in fatto di donne, ma pazienza. Un giorno capirà e vedrà la luce.»
Kirk abbassò la mano e le diede una pacca sul didietro. «Oppure da vecchio resterà solo e noi dovremo costruirgli un appartamento sopra il garage.»
«Già, e dovremo installare una di quelle sedie montascale, in modo che possa arrivarci» scherzò lei.
Quando furono davanti al recinto, Jen sollevò Jack dal passeggino e lo strinse fra le braccia.
«Posso prenderlo io?» domandò Desire.
«Ma certo» disse lei passandoglielo.
Desire e Lucas si avvicinarono al recinto. Jen sentiva la ragazza parlare con il piccolo, e lui le rispondeva e chiacchierava allegramente.
«Con me continua a non parlare» disse Jen cercando di non prenderla troppo male. «Lo so, lo so, prima o poi lo farà. Sono stata io la causa del problema e posso risolverlo solo portando pazienza.»
Kirk si voltò verso di lei, la cinse alla vita e la strinse a sé. «Non sei stata tu a causare il problema, è successo e basta.»
«Sei carino a dire così, bugiardo, ma carino.» Lo guardò negli occhi e fu pervasa da un'ondata di amore per lui. «Sei proprio una brava persona. Sono stata fortunata a trovarti.»
«Sì, ma sono stato fortunato anch'io.»
Lei gli sorrise e lo baciò, poi si volse a guardare Desire e Jack. Quante cose erano cambiate negli ultimi mesi!
«Ho bisogno di tornare al lavoro» disse al marito. «Ho parlato con il preside della mia scuola, e lui mi ha detto che ci potrebbe essere un posto per me a settembre. Una delle maestre avrà un bambino in autunno e vuole prendersi un anno di aspettativa.»
«Sei sicura? Ti piaceva tanto stare a casa.»
«Sì, è vero, ma è stato anche difficile. Sto facendo progressi e vorrei continuare così, e credo che lavorare per un anno mi farà bene. Abbiamo un asilo fantastico per Jack e potremo mettere da parte un po' di denaro...» Poi ammiccò. «Per mettere in cantiere un secondo figlio verso la fine dell'anno. Credo che sia ora, no?»
Kirk sorrise. «Oh, sì, eccome. Vorrei tanto una bambina.»
«Questo dipende da te. Io sono soltanto il recipiente.»
Lui ridacchiò. «Dovremmo cominciare a far pratica nella produzione di bambini, tanto per essere sicuri di farlo nel modo giusto.»
«Certo. Mi piace molto l'idea.»
«Anche a me.»
Lei si avvicinò a Jack, che stava cercando di pronunciare la parola suricato senza riuscirci. Appena la vide, il piccolo le tese le braccia e lei lo prese.
«Ti diverti, tesoro?» gli domandò. «E i suricati ti sono piaciuti?»
Invece di rispondere a parole lui agitò le braccia nel suo solito modo, esprimendo la sua gioia. Jen trasse un gran respiro e rifiutò di cedere ai sensi di colpa. Jack era in grado di parlare, questo era ciò che contava.
«Adesso andiamo nella zona dedicata ai bambini» annunciò. «C'è la Fattoria di Muriel, dove si possono toccare e accarezzare gli animali. Possiamo anche spazzolare le caprette nigeriane.»
«Sbaglio o qualcuno ha fatto delle ricerche su Internet?» domandò Lucas.
«Certo, perché io posso essere intelligente.»
«Io adoro le caprette nane» esclamò Desire giungendo le mani. «Il modo in cui saltano con quei minuscoli zoccoli è quasi magico... Se nella prossima vita fossi un animale, vorrei essere una capretta. O magari un gattino. O un tricheco, perché se anche ingrassi nessuno ci fa caso. O anche un cavallo lipizzano, di quelli che ballano... quello sarebbe il massimo.»
Jen si avvicinò all'orecchio di Lucas. «Un po' meno intelligente di quanto credevamo?» sussurrò.
«Lo spero tanto!» Si avvicinò di nuovo a Desire e continuò la conversazione sulle reincarnazioni in forma animale, mentre Jen pensava di nuovo a tutto quello che Lucas aveva fatto per lei e Kirk. Suo marito scherzava parlando di un appartamento sopra il garage, ma lei sperava davvero che sarebbero sempre restati amici. Negli ultimi mesi, Lucas era diventato parte della famiglia. Era stato al loro fianco, li aveva aiutati e loro avrebbero sempre fatto altrettanto.
Probabilmente, quando Jack avesse raggiunto la fase adolescenziale Odio i miei genitori, Lucas sarebbe stato quello a cui si sarebbe rivolto. E anche allora, pensò Jen divertita, sarebbe stato il più ribelle tra i due.
Ma in fondo sarebbe stato un problema piacevole, pensò sorridendo tra sé mentre arrivavano alla fattoria.
«Vedo le caprette!» gridò Desire.
«Se non altro non vede gli spiriti» mormorò Kirk. E Jen scoppiò a ridere.
Sdraiata su una sdraio nel giardino di suo padre, al sole, Zoe carezzava le orecchie morbide di Mariposa che stava accoccolata sulle sue ginocchia.
Era serena, pensò sorpresa. Certo, era rimasta incinta in modo inaspettato, e il suo futuro lavorativo era ancora incerto. Ma stava facendo progressi e poi Steven le aveva detto che l'amava!
Lei non glielo aveva ancora detto. Aveva provato l'ultima volta che si erano visti, ma lui le aveva risposto di aspettare, di esserne prima sicura. Con tutto quel che stava già succedendo non voleva farle pressione. Il che lo rendeva ancora più degno del suo amore.
Suo padre uscì dalla cucina reggendo una brocca e due tazze, poi si sedette accanto a lei. «Tisana biologica» annunciò. «Con quel che costa avrei potuto comprare una bella bistecca.»
«Guarda che una bistecca posso mangiarla» sogghignò lei.
«Molto divertente. Dovresti essermi grata perché non bevo caffè di fronte a te.»
«Oh, lo sono, e molto. Sei così premuroso con me... in effetti sono tutti molto gentili. Questa faccenda della gravidanza ha dei lati buoni.»
«Io con te sono sempre premuroso!»
«È vero, hai ragione.» Zoe prese il bicchiere che lui le offriva e Mariposa alzò la testa, interessata. Zoe rise. «Non ti piacerebbe per niente, piccolina.»
Le avvicinò il bicchiere e la cagnetta lo annusò, poi si tirò indietro e le lanciò un'occhiata che diceva chiaramente: Come diavolo fai a bere questa robaccia?
«Anche lei avrebbe preferito una bistecca» scherzò Zoe.
«Poco ma sicuro.» Miguel si allungò sulla sdraio e domandò: «Allora, che cos'hai deciso?».
«Per ora conservo il mio lavoro e mi iscrivo a un corso di specializzazione. Dovrei riuscire a seguire due cicli di lezioni durante l'estate, per l'autunno non sono sicura perché ormai sarò vicina alla data di nascita del bambino. Ma forse riuscirò a seguirne ancora uno, e poi chiederò di dare subito l'esame finale.» In ogni caso, per quella decisione aveva ancora tempo, pensò. «Il mio avvocato sta lavorando al programma di visite, che spero di poter mandare a Chad alla fine del mese. Intanto Steven si è offerto di dipingere la camera del bambino.»
«Per caso, Chad ti ha di nuovo chiesto di sposarlo?»
«No. Credo che ritenga di aver già fatto il suo dovere, perciò adesso possiamo dimenticare la faccenda.» Zoe diede un'occhiata al padre. «Tu non vorrai mica farmi pressione perché accetti!»
«No, ho deciso di lasciar perdere.» La guardò di sfuggita. «Perché sei la mia figlia prediletta.»
«Sono la tua unica figlia.»
«Sì, anche per questo. E perché mi hai convinta che Chad non ti avrebbe resa felice.» Poi la fissò serio. «Voglio pagare io il tuo corso di specializzazione, e non voglio sentire proteste.»
«Ma no, papà, non è necessario!»
Lui corrugò la fronte. «Questa è una protesta.»
«Lo so. Apprezzo la tua offerta generosa, ma il corso me lo pago io. Ormai sono cresciuta e posso permettermelo.»
«Ma devi risparmiare per il bambino. Per pagargli il college!»
«Lo sai che il bambino è grande quanto un rapanello?»
«Anche i rapanelli crescono e devono andare al college.»
«Bene. Allora puoi destinare a questo la somma che volevi spendere per la mia specializzazione.»
Miguel corrugò di nuovo la fronte, poi cedette. «E va bene, farò così. Ma se hai bisogno di qualcosa, ricordati che ci sono io.»
«Lo so, grazie.» Zoe bevve un altro sorso di tisana.
«Non riesco a decidere se voglio che nasca una bambina o un maschietto» riprese Miguel.
Il che era tipico di suo padre. «Lo sai, vero, che non hai voce in capitolo?»
«Sì, conosco i rudimenti della biologia» rispose lui. Poi prese la mano di Zoe e la strinse. «Vorrei tanto che tua madre fosse ancora viva per conoscere suo nipote...»
La frase inattesa la commosse. «Anch'io» ammise ricambiando la stretta affettuosa.
«Sarebbe così felice...»
Zoe annuì. «E prenderebbe a bastonate chiunque abbia fatto l'errore in quella casa farmaceutica.»
«Oh, l'aiuterei anch'io!»
Zoe non era sicura di voler fare altrettanto. Era già stata avvicinata da alcuni avvocati che rappresentavano altre donne alle prese con gravidanze indesiderate. Lei aveva la fortuna di poter affrontare la situazione senza problemi, però sapeva che ad altre donne era crollato il mondo addosso. L'unico modo per far sì che incidenti come quello non si ripetessero era sporgere denuncia facendo fronte comune. Lei non aveva ancora deciso in proposito. «Ci sono altre novità?» domandò per distrarre il padre. «Hai visto Pam dopo il suo ritorno?»
«Come fai a sapere che è tornata?»
«Conoscevo le date del suo viaggio.»
«L'ho vista, e le ho detto che prima di uscire di nuovo insieme doveva far pace con te.»
«Perché tu sei talmente speciale che lei cambierà idea per farti piacere?» chiese Zoe scherzosamente. In realtà non voleva far capire a suo padre quanto la reazione della madre di Steven l'avesse ferita. Ripetersi che Pam aveva ragione a proteggere suo figlio non alleviava il dolore di essere stata respinta da quella che lei considerava un'amica. Le sembrava che trovare una via di mezzo non fosse poi così difficile, eppure Pam non voleva nemmeno provarci.
«Sono speciale eccome, per usare le tue parole. Comunque, non è per questo che Pam cambierà idea. Lo farà perché è una brava persona e quindi capirà di aver sbagliato. Ma il problema è se, quando l'avrà capito, sarà troppo tardi.»
«Vuoi dire se io le serberò rancore?»
«Sì.»
«Non sono così sicura che Pam riesca a vedere le cose dal mio punto di vista, ma se smetterà di considerarmi l'incarnazione del male tornerò volentieri a essere sua amica.»
«Grazie.»
Zoe sorrise. «Senza offesa, papà, ma non lo dico per compiacerti. Lo dico perché devo essere capace di lasciar perdere. È la cosa più giusta da fare, per il bambino e per me.»
«Posso essere fiero di te quanto mi pare» protestò lui.
Zoe rise. «E va bene, più tardi ti farò il disegno di un fiore con i pastelli e tu potrai appiccicarlo sul frigorifero.»
«Adesso mi prendi anche in giro.»
«Sì, ma con amore. Lo giuro.»
Per tutta la settimana, Pam cercò di tenersi occupata. Accompagnò Filia all'appuntamento con il responsabile dei prestiti presso la Credit Union, e l'incontro andò bene. La decisione definitiva sarebbe stata presa nel giro di alcuni giorni, ma Filia era elettrizzata e Pam era molto soddisfatta – anche se non aveva fatto altro che starle accanto senza dire una parola e quindi non poteva attribuirsi alcun merito.
Poi curò le piante in vaso del suo terrazzo e mandò a Ron, il proprietario del vivaio, delle foto dei suoi lussureggianti fiori di scimmia.
La risposta – Non dubiterò mai più delle sue capacità – non la inorgoglì più di tanto. Anche perché continuava a sentirsi fuori posto, non solo nella vita ma nella sua pelle.
Tutto per colpa di Steven, pensò mentre andava a trovare sua figlia. E di Zoe. Di loro due insieme, insomma. Che diavolo le era venuto in mente di farli conoscere?
Da quel che aveva capito quei due erano più vicini che mai, il che significava che Steven si era rifiutato di seguire il suo consiglio. Inoltre, continuava a non parlarle. Certo, rispondeva brevemente ai suoi messaggi, ma non era passato a trovarla da quando era rientrata dalla crociera, né le aveva telefonato. Pam avrebbe potuto invitarlo a cena, ma non lo aveva fatto perché in cuor suo temeva che rifiutasse.
Perciò aveva deciso di andare da Jen, che almeno le rivolgeva la parola.
Sua figlia le aprì la porta con un sorriso. «Giusto in tempo» esclamò mostrando le mani sporche di farina. «Sto cercando di impastare il pane, ma non sta andando benissimo e Jack ha sete... potresti dargli un succo di frutta, per favore?»
«Certo. O se vuoi posso impastare il pane al posto tuo.»
«No, devo domarlo. Quella massa di pasta non avrà la meglio.»
Pam e Lulu entrarono in casa. Jack si illuminò vedendole e corse da lei con le braccia tese. «Nonna!» la chiamò.
Pam lo prese in braccio. «Ciao, tesoro, come stai?»
«Bene.» Il piccolo indicò la cagnetta e disse: «U-u».
«Ci sei andato vicino.» Pam entrò in cucina e osservò: «Parla davvero!».
«Così pare» replicò Jen rassegnata, continuando a lavorare la pasta.
Pam sospirò. «Ma non con te?»
«No. Cerco di accettarlo. La mia psicologa dice di aver pazienza, il che è un ottimo consiglio, ma è difficile da seguire.» Jen storse la bocca. «Però faccio dei progressi.»
«Vedi sempre la psicologa?»
«Sì, ma solo a settimane alterne. Continuerò con le medicine per i primi mesi dell'anno scolastico, poi vedrò se posso eliminarle. Prendo già delle dosi ridotte. E devo dire che meditare, bere molta acqua e dormire bene mi sono di grande aiuto. È importante prendersi cura di se stessi.»
Pam riempì un bicchiere di succo di frutta per Jack e si sedette con lui al tavolino. «Fantastico. Sono felice che tu stia meglio.»
«Anch'io. E poi mi tranquillizza pensare che l'ansia diminuirà con gli anni, com'è successo a te.»
Pam prese Lulu e se la mise sulle ginocchia. «Non capisco di che cosa parli.»
Jen prese la massa di pasta, la mise in una ciotola e la coprì con uno strofinaccio. «Adesso devi lievitare» le intimò. «Non deludermi!» Poi si lavò le mani e si rivolse alla madre. «Ma sì, eri sempre così tesa quando eravamo piccoli e ti preoccupavi di tutto... Poi però sei cambiata a mano a mano che crescevamo. Mi domando se l'ansia è legata agli ormoni, devo controllare su Internet.»
«Non è vero che mi preoccupavo di tutto» obiettò Pam con foga.
Jen rise. «Oh, invece sì. Ti creavi sempre degli scenari disastrosi – e lo fai ancora. Come con Steve e Zoe. Capisco che i rischi ci siano, ma la vita è piena di rischi. Certo, se si sposano, poi potrebbero divorziare e lui ne uscirebbe con il cuore spezzato, ma potrebbero anche restare insieme per i prossimi ottant'anni.»
Pam stava per replicare che non sarebbero vissuti così a lungo, ma era troppo occupata a elaborare le parole della figlia – anzi, l'opinione che sua figlia aveva di lei. «Sicché pensi che io fossi una madre nevrastenica?»
«Oh, mamma, non fare così. Abbiamo tutti le nostre manie, e la tua era di tenerci al sicuro. Ti preoccupavi per noi, e questo ci faceva capire quanto ci volevi bene. Io sono come te e mi preoccupo moltissimo. Solo che tu riuscivi da sola a gestire le tue ansie mentre io ho avuto bisogno di aiuto.»
Pam aveva la sensazione che Jen stesse solo cercando di farla sentir meglio, ma la cosa non funzionava. Stentava a credere che sua figlia la vedesse in quel modo, un modo così diverso da come lei vedeva se stessa. «Ho una vita piena e felice» precisò.
«Lo so, mamma. Sei riuscita a riprenderti così bene dopo la morte di papà. Noi tutti ci domandavamo come avresti potuto tirare avanti, ma tu ci hai sorpresi. Ammiro il tuo impegno per aiutare le donne negli affari e i tuoi viaggi con le amiche, e un giorno spero di diventare come te.»
Poi si sedette a terra accanto a Jack e disse: «Ciao, tesoro. Stai bevendo un po' d'acqua o un succo?».
Il piccolo le sorrise e annuì.
«Puoi dire acqua?»
Jack rise.
«E va bene. Un giorno o l'altro comincerai a parlarmi e non smetterai più, vero?»
Lui ridacchiò senza rispondere.
Jen picchiettò sulle proprie ginocchia e Lulu le saltò in grembo. «Volevo dirti, a proposito di Lulu...» La cagnetta alzò la testa per guardarla e lei la carezzò sul musetto. «Sì, parlo di te, piccolina!» Poi si rivolse di nuovo a Pam. «Posso tenerla io quando viaggi se Shannon è troppo impegnata.»
Il mondo stava impazzendo, pensò Pam. «Vuoi davvero tenere Lulu?»
«Sì.»
«Ti rendi conto che è un cane, e che farà pipì e popò nel tuo giardino?»
«Vuol dire che pregherò Kirk di pulire. Lo so, mamma, avrei dovuto proportelo prima. Jack la adora, lei è una cagnetta beneducata e ci saranno sicuramente dei periodi in cui Shannon non potrà occuparsi di lei. Ti sto dicendo che posso pensarci io.»
«Sei proprio cambiata!»
«Lo spero. A ogni modo ci sto provando, e ho intenzione di tornare al lavoro nel mese di settembre. Non vedo l'ora di avere di nuovo una classe piena di bambini... e Kirk e io vogliamo mettere in cantiere un altro figlio. Se abbiamo fortuna, l'anno prossimo in questo periodo sarò incinta di sei mesi.»
«Ma è magnifico. Sono molto felice per te!»
«Grazie, lo sono anch'io. E so che Jack sarà un fantastico fratello maggiore.»
Continuarono a parlare, anche se Pam non prestava più molta attenzione. Si sentiva travolta da tanti cambiamenti e faceva fatica a seguirli. Jen era così equilibrata, così a proprio agio con quel che succedeva nella sua vita, tanto che Pam si sentiva quasi superflua. «Tu parli spesso con tuo fratello?»
Jen mise Lulu a terra e prese Jack sulle ginocchia. «Vuoi dire Brandon o Steven?»
«Steven, ovviamente. Con Brandon posso parlare quando voglio.»
«E perché con Steven no?»
«Non saprei. Lui non mi ha più telefonato.»
«Hai provato a chiamarlo tu?»
Non sono stata io a cominciare, pensò Pam, ma non lo disse perché era sicura che Jen non sarebbe stata d'accordo.
«Sono stata occupata» rispose sulla difensiva. «E poi è lui il figlio...»
«Ma tu sei sua madre» le ricordò Jen dolcemente. «Steven ti vuole bene e ti rispetta, ma vorrebbe che tu fossi felice per lui. Se vuoi biasimare qualcuno per il suo comportamento, prenditela con te stessa e papà, che ci avete insegnato ad accettare le persone e a capire il motivo profondo delle loro azioni.»
La frase di Jen era molto simile a ciò che Steven le aveva detto l'ultima volta che si erano visti. «Questa è una cosa diversa.»
«No, non lo è.» Jen guardò sua madre. «Sai benissimo che Zoe non è rimasta incinta di proposito.»
«Lo so, lo so, continuano a ripeterlo tutti, ma questo non cambia niente!»
«Cambia tutto, mamma. Lei non aveva programmato la gravidanza, di certo non se l'aspettava, eppure se n'è assunta la responsabilità. Sarà un'ottima madre. Ovviamente è spaventata – e oltretutto deve accettare la presenza di Chad e questo non sarà certo piacevole. È un bel peso da portare, direi. Quando aspettavi me, avevi papà, io ero stata programmata, eravate entrambi felici del mio arrivo. Lei non ha niente del genere. Sua madre è morta e io sono l'unica a cui può chiedere consigli... e non è che con Jack io sia stata così brava.»
«Sei stata bravissima, e sei una madre eccezionale!»
Jen sorrise tristemente. «Grazie, ma, come vedi, mio figlio parla con tutti tranne che con me. Direi che questo non fa di me la madre dell'anno.»
«Sei troppo severa con te stessa.»
Jen esitò un attimo, fece un gran respiro e poi disse sottovoce: «E forse tu con te stessa sei troppo indulgente».
Pam si voltò di scatto con se avesse ricevuto uno schiaffo e fece per alzarsi, ma poi si impose di restare seduta dov'era. Aveva già litigato con Steven, voleva davvero trovarsi ai ferri corti anche con la figlia? «Non sono una cattiva persona» insistette. «E amo i miei figli.»
«Li ami al punto da non accettare quel che Steven vuole. Non è strano che anche tuo figlio non voglia parlare con te.»
Pam arrossì, poi prese Lulu e si alzò. «Non so più che cosa pensare.»
Anche Jen si alzò, mettendo Jack in piedi. «Mamma, io ti voglio bene e spero che tu non sia arrabbiata.»
«Arrabbiata no, ma sono...» Si morse il labbro. «Non ho idea di che cosa sono.» Una madre nevrastenica che si stava alienando i figli? Ma lei non era così. Inspirò a fondo e si ingiunse di non piangere fino a quando non fosse stata a casa, da sola. «Che cosa vuoi che faccia?»
«Voglio che tu ami me e la mia famiglia, e che ci permetta di ricambiare il tuo amore lasciando in pace Steven e Zoe. A loro occorre il tuo sostegno, la tua saggezza, e con il tempo anche il tuo aiuto come baby-sitter. Lasciali tranquilli, mamma. Steven è un uomo adulto, non costringerlo a scegliere tra voi due.»
Proprio ciò che anche Miguel le aveva detto. E lei capiva che Miguel scegliesse sua figlia, ma Steven... Steven avrebbe scelto la donna che amava perché voleva condividere la vita con lei. Con i figli era diverso, ci si schierava sempre con i figli, mentre un genitore era... non proprio usa e getta, pensò, ma lo si poteva benissimo mettere da parte.
Steven avrebbe fatto così. Avrebbe scelto Zoe e messo da parte lei. E mentre viveva la sua vita, lei sarebbe stata esclusa dalla sua cerchia di affetti e da tutto ciò a cui lui teneva di più.
Il dolore di quell'immagine la ferì a tal punto che le parve di non poter più respirare. Un conto era non parlarsi per un po', ma se la frattura tra loro fosse diventata permanente? John si sarebbe vergognato di lei!
Quella verità la colpì con forza. Pur pensando sempre a suo marito, non aveva mai preso in considerazione quel che lui avrebbe detto a proposito di Steven e Zoe. Le pareva addirittura di sentire la sua voce!
Non spetta a noi decidere, Pam. Protesta finché vuoi, ma alla fine Steven farà quel che sente di dover fare. Confida che prenda la decisione giusta, e fatti da parte.
Le parole le parvero talmente chiare che lei si guardò intorno per vedere se John era lì con loro.
«Tutto bene, mamma?»
Lei annuì, carezzando Lulu. «Sì, benissimo. Stavo solo pensando a tuo padre.»
«Manca tanto anche a me.»
«Lo so, tesoro.» Pam le rivolse un sorriso tremulo e aggiunse: «Per quel che vale il mio giudizio, non sei esclusa dal titolo di madre dell'anno».
Jen la guardò confusa. «Grazie... ma che c'entra con quel che stavamo dicendo?»
«A prima vista, niente.» Pam abbracciò la figlia, poi diede un bacio sulla testolina di Jack. «Vi voglio bene. Ci vediamo presto.»
«Ma stai bene?»
«Sì, certo. Non preoccuparti.» E con questo se ne andò. Quando fu in macchina, esitò un momento, poi le fu chiaro dove doveva andare.