22
Osservare un bell'uomo intento ai lavori manuali in un pomeriggio di primavera era un bellissimo modo di passare il tempo, pensò Zoe. Steven aveva già finito di assemblare due fioriere e stava lavorando alla terza. Poi avrebbe sistemato un impianto di irrigazione che le avrebbe permesso di innaffiare i tre contenitori girando semplicemente una leva. Nel frattempo, lei doveva solo decidere che cosa piantare.
«Mason userà il terreno delle fioriere come lettiera?» domandò Steven avvitando un'assicella. «Magari va bene come concime organico...»
Zoe, seduta su una coperta con Mason accanto, lo carezzò sulla testa. «Lui è un gatto da sabbietta» disse. «Non gli piace la terra. Credo che nessuno gli abbia mai spiegato che un giardino in fondo è un'enorme lettiera, quindi direi che siamo salvi.» Sorrise e aggiunse: «E i miei vicini hanno tutti dei cani, perciò non dobbiamo preoccuparci nemmeno di loro».
«Ah, bene.» E prese un'altra vite.
La loro non si poteva definire una conversazione romantica, anzi era piuttosto pratica. Ma era bello sapere che Steven si preoccupava di lei e del suo orto.
«Un mio amico ha un pick-up» riprese lui. «Questa settimana me lo farò prestare per andare a ritirare il terriccio al vivaio. Il commesso mi ha detto che dovrebbe arrivare martedì.»
«Oh, grazie! Stasera deciderò che cosa piantare e inoltrerò l'ordinazione.»
«La mia ragazza di campagna» scherzò lui.
«Infatti. Devo comprarmi un vestito a quadrettini, o forse un gran cappello di paglia.»
«Meglio un cappello, per proteggerti dal sole.» Steven fece qualche passo indietro e ammirò le tre fioriere. «Ecco fatto!» esclamò.
Raccolse i suoi attrezzi, li mise nella cassetta e poi si sedette sulla coperta accanto a lei.
Zoe gli porse un bicchiere di limonata. «Ti ringrazio molto. Sul serio, mi hai fatto un grandissimo favore.»
«Mi piace fare qualche lavoro manuale. In ufficio sono prigioniero di una scrivania, e anche se di tanto in tanto vado nei cantieri è perché c'è un'emergenza, quindi non è affatto divertente.»
«E ti manca non lavorare più con la squadra?»
«A volte sì. Ricordo la prima volta che mio padre mi portò con sé in un cantiere. Avrò avuto sei anni, avevo una minuscola cintura portaattrezzi e un casco di protezione.» Sorrise. «Gli uomini mi chiamavamo amico o campione e io mi sentivo molto fico.»
«Non hai mai voluto fare un altro lavoro?»
Lui fece segno di no. «Sapevo che avrei seguito le orme di mio padre. A Brandon non interessava, a Jen nemmeno. Quindi era quasi automatico.»
«Ma avresti preferito aspettare un altro po' prima di prendere le redini dell'azienda.»
«Oh, sì. Non solo perché mi mancava mio padre, ma perché l'incarico era parecchio pesante.»
Zoe pensò a tutto quel che aveva passato. Avrebbe potuto spaventarsi all'idea di ereditare un'impresa tanto impegnativa, avrebbe addirittura potuto rifiutare, invece ci aveva messo tutto il suo impegno e aveva avuto successo. Si mise a gambe incrociate e lo guardò. «C'è una cosa che devo dirti.»
«Ti ascolto» disse Steven guardandola con attenzione.
Zoe trasse un respiro profondo. «Chad mi ha chiesto di sposarlo e io gli ho detto di no.» Quindi aspettò, per dare a Steven il tempo di elaborare l'informazione.
Ma lui non batté ciglio. «Sei sicura?»
«Sì, non voglio vivere con lui. Ho riflettuto bene sulla nostra relazione, ho capito perché dapprima mi interessava e perché non ha funzionato. Sono colpevole quanto lui di questo fallimento, forse io di più. Anziché guardare chi era Chad – e chi ero io quand'ero con lui – ho fatto finta che le cose potessero migliorare con il tempo. Sono stata sciocca e poco realista.» Sentì che stava arrossendo, ma non smise di parlare. Voleva dire tutto, in modo che tra lei e Steven non ci fosse alcun segreto. «Continuavo a ripetermi che tutto sarebbe andato bene se Chad e io ci fossimo sposati, ma quel che non capivo, o non volevo capire, era che non si trattava di convincerlo. Il problema era un altro, lui non teneva abbastanza a me. E probabilmente me ne sarei accorta prima se mia madre non fosse morta.»
Steven annuì. «Lo capisco bene.»
Certo, Steven sapeva che cosa significasse perdere un genitore. E anzi era stato lui il primo a dire che la morte della madre aveva avuto un forte impatto sulla sua relazione con Chad.
«Avevi ragione» ammise Zoe. «Mi sentivo sola e molto vulnerabile, e Chad era lì. Quel che c'era tra noi era familiare e rassicurante, così resistetti per altri due anni. Vorrei tanto non averlo fatto. Vorrei essere stata più forte.» Si sfiorò l'addome. «Sia chiaro, non rimpiango affatto di aspettare un bambino. Rimpiango il modo in cui è successo e il fatto che sia di Chad, ma non mi dispiace di essere incinta. Non potrei. Questo è il mio bambino.»
«Lo so, Zoe. Avresti potuto disfartene e nessuno ne avrebbe saputo niente, ma non l'hai fatto. E io rispetto la tua scelta.»
«Grazie. Sai, ho parlato con il mio avvocato e vogliamo preparare un accordo sul mantenimento e le visite prima che il bambino nasca.» Esitò un attimo, poi riprese. «Chiederò la piena custodia, e Chad avrà il diritto di visita. Sono gli accordi che ha con l'ex moglie, quindi non credo che farà delle difficoltà. Sarò io il genitore a tempo pieno.»
«Non mi sorprende, sai? Da te non mi aspettavo niente di diverso.» Poi si chinò verso di lei. «Ho capito bene, non temere. Tu avrai un bambino e quel bambino starà con te. Stai per caso cercando di spaventarmi per farmi scappar via?»
«Al contrario, spero che tu resti. Voglio solo che tu sappia quel che ti aspetta.»
«Ci sto» sorrise lui sfiorando la sua bocca con un lieve bacio. «E poiché mi assicuri che Mason non farà i suoi bisogni sulle verdure, sto anche con lui.»
Lei rise. «Grazie. Sei stato fantastico e mi piace quel che abbiamo.»
«Piace anche a me.»
«Però tua madre continua a detestarmi.»
Steven si raddrizzò e tossicchiò. «Detesta entrambi.»
«È un bel problema...»
«No, non lo è.»
«Lo dici adesso, ma lei è tua madre e tu le vuoi bene. Non vorrai darle un dispiacere...»
«Mi stai dicendo che devo scegliere tra voi due?»
«Io no, ma lei potrebbe volerlo.» Zoe alzò una mano. «Steven, io non voglio perderti, però non voglio neanche essere fonte di guai.»
Lui posò il bicchiere di limonata e si spostò sulla coperta, in modo da farla sdraiare. Poi si chinò su di lei e la guardò negli occhi. «Sei un tesoro e ti ringrazio, ma mettiamo in chiaro una cosa: io sono innamorato di te.»
La mente di Zoe si svuotò del tutto. Non riusciva più a parlare né a respirare. Lui l'amava? L'amava!
Steven si lasciò sfuggire un accenno di sorriso. «Sì, la scoperta ha sconvolto anche me.»
Quando lei aprì la bocca, lui la zittì posandole un dito sulle labbra. «Non rispondere subito. Voglio che tu ci pensi, voglio che pensi anche a noi e a quel che potremmo avere insieme. Io ti amo e voglio stare con te, voglio far parte della vita di questo bambino e di tutti gli altri che avrai. Ho una quantità di progetti per noi, ma tu devi essere sicura di quel che provi. Perciò prima di rispondere, prenditi un po' di tempo.»
Zoe moriva dalla voglia di dirgli che anche lei lo amava, ma capiva il suo punto di vista. Dovevano essere certi che lei non reagisse d'impulso a quella meravigliosa dichiarazione. Lo baciò. «Questo significa che potremmo fare qualcosa di interessante adesso, subito?»
Steven scoppiò a ridere. «Probabilmente sì. È questo che vuoi?»
«Sempre.»
«Lei è Desire.»
Jen sorrise alla ragazza al fianco di Lucas. Desire, cioè Desiderio? pensò. Ma davvero? «Sono lieta di conoscerti» disse ad alta voce.
Desire, una bionda platino che non doveva avere più di ventidue anni, sorrise rivelando le fossette. «Lucas mi ha parlato tanto di te e del tuo bambino. Siamo felici di fargli da baby-sitter!»
Sapendo quanto Jack e Lucas si adoravano, probabilmente era vero. Ma Jen era stupita che il partner di suo marito volesse includere nel suo repertorio di dongiovanni il baby-sitting a un bambino di un anno e nove mesi. Quando Kirk d'improvviso le aveva proposto di andare a cena fuori, lei si era precipitata a cercare qualcuno che badasse a Jack, e stava per telefonare a Rose dell'asilo nido per sapere se una delle assistenti era disponibile quando il marito aveva suggerito Lucas.
Non più tardi di tre mesi prima, Jen si sarebbe buttata da una scogliera piuttosto di permettere che Lucas si avvicinasse a suo figlio. Adesso la pensava diversamente.
Lucas seguì Desire che entrava in casa e passando accanto a Jen le sussurrò all'orecchio: «Prometto che non faremo sesso di fronte a lui».
Lei rise. «Ci credo, sai. Non mi importa se bevi, ma per favore niente sigari.»
«D'accordo. E la TV?»
«Niente film porno.»
Lucas ridacchiò. «Non è il mio genere, ma grazie per la precisazione.» La studiò per un momento. «Stai molto bene.»
Lei si lisciò il vestito. «Grazie. È un vecchio vestito che non mettevo da tempo.»
«Intendevo te, non il vestito. Ti senti meglio, vero?»
«Sì, molto meglio. Grazie per i tuoi...»
Lui scrollò il capo. «Lascia perdere, Jen. Non ringraziarmi. Siamo come una famiglia e ci si aiuta a vicenda, no?»
«Allora smetterò di ringraziarti, ma posso almeno farti conoscere una donna sulla trentina? Per una volta? Potresti provare.»
Lui le fece l'occhiolino. «Forse tra qualche anno, quando sarò più vecchio.»
Lei sospirò. «E va bene. Finisco di prepararmi. Kirk è sotto la doccia, dovremo uscire di casa tra una ventina di minuti.»
Jack arrivò di corsa in soggiorno e vedendo Lucas lanciò uno strillo di gioia e gli tese le braccia. Lucas lo sollevò e gli fece fare una giravolta.
«Ma guarda quanto sei cresciuto, amico mio!» Lo accostò al petto e continuò: «Lei è Desire. Vuoi dirle ciao?».
«Ciao» ripeté Jack. «Calina.»
Desire sorrise. «Grazie, sei molto carino anche tu.»
Jen cercò di godersi la scena. Di tanto in tanto sentiva Jack parlare, ma mai con lei. Il che andava bene... anche se la rattristava un po'.
«Dateci qualche minuto» disse ai due. E si avviò verso la camera da letto.
Si era già truccata e aveva messo i capelli in piega, adesso doveva solo applicare il rossetto e infilarsi le scarpe. Kirk doveva aver finito con la doccia e...
Suo marito l'afferrò e chiuse la porta a chiave, poi le carezzò un seno e la baciò con ardore.
«Che stai...» chiese lei tra un bacio e l'altro.
«Dio, quanto mi sei mancata. Tu, e noi insieme.»
Solo allora lei notò che Kirk era completamente nudo... ed eccitato.
Sempre baciandola, lui la spinse verso il letto e lei pensò che per fortuna non aveva scelto dei pantaloni per la loro serata fuori. Bastava che facesse scorrere la lampo... Il vestito cadde a terra, lui le slacciò il reggiseno e le sfilò le mutandine. Poi caddero sul letto e Kirk cominciò ad accarezzarla ovunque.
Jen intrecciò le sue gambe a quelle di lui e gli fece scorrere le mani sulla schiena, mentre lui trovava il suo punto più sensibile e cominciava a carezzarla.
Continuarono a baciarsi, sempre più eccitati, e Jen pensò che forse avrebbe dovuto preoccuparsi della presenza di Desire e Lucas in soggiorno, e di Jack ancora sveglio. Oh, al diavolo, si disse ridacchiando tra sé.
«Che succede? Perché ridi?» domandò Kirk.
«Perché ti amo.» E lo fece sdraiare sulla schiena.
«Stai sopra tu?»
Era la sua posizione preferita, ma a Jen non piaceva per una serie di ragioni che al momento le sembravano molto sciocche. A lui piaceva, lei arrivava più velocemente all'orgasmo e che importava se si sentiva un po' stupida a muoversi su e giù in quel modo? Fare l'amore non doveva per forza tener conto della dignità.
«Sì, sto sopra io.»
Si mise a cavalcioni e si abbassò su di lui, sentendosi riempire completamente. Kirk le carezzò i seni, lei portò una mano tra loro per guidarlo meglio e cominciò a muoversi.
Non ci sarebbe voluto molto, pensò lei già senza respiro. Le loro mani che si toccavano, il movimento del suo corpo sopra di lui la stavano portando dritta alla vetta. Jen aprì gli occhi e vide lui che la fissava intento.
«Fallo» gemette Kirk. «Voglio vederti fino alla fine.»
Lei accelerò i movimenti, sempre più in fretta, finché cedette con un grido. Sentì i suoi muscoli che si contraevano, ma tenne gli occhi aperti, per guardarlo e lasciare che lui la guardasse.
Poi si abbandonò su di lui e Kirk la prese per i fianchi. L'orgasmo di lei si stava affievolendo, ma lui si muoveva ancora, più in fretta, più a fondo, finché non si perse a sua volta nel piacere.
Dopo qualche minuto, la fece spostare su un fianco e la guardò. «Sei sexy da morire» sussurrò. «E questo mi è mancato molto.»
«Anche a me.» Lo baciò, poi diede un'occhiata all'orologio. «Quattro minuti. Non so se è il nostro record, ma ci siamo andati vicini.»
Lui rise e la strinse a sé.
«Voglio farlo più spesso» disse Jen poggiandogli la testa sul petto. «Molto più spesso.»
«Anch'io. E ti amo.»
«Ti amo anch'io.»
Kirk la guardò con un sorriso. «Muoio di fame... pronta per andare a cena?»
«Sì, ma credo che prima dovremmo vestirci.»
Lui rise. «Già, forse hai ragione.»
Pam arrivò in anticipo all'appuntamento con Filia, e ciononostante la trovò già là. Bastò un'occhiata al viso angosciato della donna per capire che qualcosa non andava, e solo un attimo dopo Pam notò che con Filia c'era anche la sua bambina.
La donna si alzò. «Mi scusi... Marta ha chiesto se poteva venire con me, e non ho voluto dirle di no perché sono contenta che si interessi al mio lavoro. Spero che non sia un problema... non darà alcun fastidio.»
«Ma certo che non è un problema» la rassicurò Pam gentilmente. «Qui di fronte al mio ufficio c'è una saletta per le riunioni. Marta può stare lì mentre noi parliamo.»
In breve sistemarono la bambina nella saletta, e quando furono nell'ufficio di Pam, lei spostò la sedia di Filia in modo che potesse vedere Marta attraverso la parete di vetro.
«Allora, mi dica qual è il problema» disse sedendosi dietro la sua scrivania.
«Le banche mi hanno rifiutato il prestito» la informò Filia. «Il responsabile della seconda non ha neanche voluto darmi un appuntamento. Ha detto che non avevo i requisiti adatti.» Arrossì. «Io lavoro sodo, certe volte anche la domenica. So quel che faccio, rappresento un buon investimento. Ho cominciato dal niente e sono arrivata ad avere un salone ben avviato, perciò non capisco... è perché sono una donna? Perché non sono nata in questo paese? Qual è la ragione?»
«Non lo so» rispose Pam con sincerità. «Mi dispiace che lei abbia dovuto subire tutto questo e mi dispiace di non esserci stata. Non tutti ottengono il prestito che hanno chiesto, ma di solito ottengono almeno un appuntamento e un minimo di attenzione. Io comunque non ho intenzione di arrendermi, e spero che lei la pensi allo stesso modo.»
«Non mi arrenderò neanch'io. Sono ben decisa a...»
«Buongiorno, Pamela.»
Pam alzò gli occhi e vide Miguel sulla soglia del suo ufficio. La sua visita era così inattesa e lui era così attraente che il cuore di Pam fece una capriola e la sua bocca si seccò del tutto. Per fortuna non ebbe bisogno di parlare, perché lui spostò lo sguardo da lei a Filia e aggiunse: «Chiedo scusa. Non sapevo che fossi occupata, tornerò un'altra volta».
Pam non lo vedeva da prima di partire per la crociera. Non sapeva come mai fosse lì, ma voleva parlargli.
«Se volete posso andarmene» suggerì Filia.
«No» risposero all'unisono Pam e Miguel.
«Posso aspettare, se per te va bene» aggiunse lui.
«Sì, va benissimo.» Pam attese che lui si fosse allontanato e poi si rivolse di nuovo a Filia, augurandosi nel frattempo che la presenza di Miguel là significasse che non aveva rinunciato del tutto a lei.
«Chiedo scusa per l'interruzione» disse.
Filia sorrise. «Il suo amico è un gran bell'uomo. Mi sembra di averlo già visto prima da qualche parte.»
«Sì, glielo dicono spesso. Adesso, per tornare a noi...»
«Come dicevo, sono molto decisa. Mi preoccupa dover chiedere un prestito, però non ho intenzione di arrendermi. Tanti mi hanno detto: "Non puoi", nel corso degli anni. Che non potevo venire in America, che non potevo avviare un'attività, che non potevo farla funzionare. Per tutta la vita mi sono sentita dire che sognavo troppo in grande. Ma i miei genitori mi hanno insegnato a essere forte e a credere in me stessa, e per questo non intendo mollare.»
«Sono certa che ce la farà» disse Pam colpita dalla sua tenacia. «Quelle due banche erano solo la prima tappa, ma ci sono altre opzioni. Adesso voglio provare con la Credit Union, che a quanto so concede prestiti nella nostra zona.» C'erano anche le sovvenzioni di Donne e Futuro o gli investitori informali, ma Pam voleva assicurarsi che prima Filia avesse tentato tutti i canali tradizionali. «Visto che sono tornata» aggiunse, «posso accompagnarla.»
«Oh, grazie, sarebbe fantastico» ammise Filia sollevata. «Appena mi farà avere le informazioni necessarie, telefonerò per fissare un appuntamento.»
«Se mi dà due minuti, vado a prendere i documenti adesso» propose Pam.
Andò nell'archivio, dove tenevano tutte le informazioni sulle banche e gli istituti di credito, trovò i documenti che le occorrevano e tornando nel suo ufficio vide Miguel nella saletta di fronte intento a chiacchierare con Marta. Poi si accorse che non stavano solo parlando: la ragazzina gli stava mettendo lo smalto sulle unghie!
La vista di quell'uomo attraente e sofisticato con la bambina di Filia sciolse il suo cuore e le diede una speranza che non sapeva nemmeno di aver accarezzato. Non perché volesse una relazione romantica con Miguel. Però voleva rivederlo, parlare con lui e se per caso avesse voluto baciarla di nuovo, be', forse le sarebbe piaciuto anche quello.
Tornò da Filia e insieme esaminarono i moduli da riempire. Filia li avrebbe inviati online, ma Pam voleva essere certa che contenessero tutte le informazioni che la banca richiedeva e che fossero compilati correttamente. Circa trenta minuti dopo, le due donne si abbracciarono.
«Le starò accanto» le promise Pam. «Anche se sarà un processo lungo, starò con lei e farò in modo che tutto vada a buon fine.»
«Grazie!» esclamò Filia.
Entrarono nella saletta di fronte e Pam si accorse divertita che Marta non solo aveva dipinto le unghie di Miguel, ma aveva usato uno smalto glitterato.
«Oh, santo cielo!» esclamò Filia mortificata, «le chiedo scusa! Ci vorrebbe del solvente, ma non l'ho con me... se mi aspetta qui, posso andare a comprarlo.»
Miguel ammiccò. «Non si preoccupi, ho una figlia che può aiutarmi. E questo colore mi piace!»
Dopo essersi scusata ancora una volta, Filia se ne andò con la bambina, e Pam fece accomodare Miguel nel suo ufficio.
«Ho del solvente per lo smalto a casa» disse cercando di non ridere alla vista di quell'uomo così virile con le unghie coperte di glitter rosa.
«Anch'io» rispose lui. «In garage ho dell'acetone, che è la stessa cosa.» Poi accennò alla porta. «Mi dispiace per la signora che è andata via...»
Pam apprezzò la sua preoccupazione per Filia, ma non poteva parlare delle clienti e disse soltanto: «Tranquillo, va tutto bene. E tu, come stai?». Una frase più educata e distaccata di quel che avrebbe voluto dire in realtà, e cioè: Non credevo che ti avrei rivisto, o addirittura: Dio, mi sei mancato molto più di quanto pensassi.
«Sto bene, grazie. La tua crociera è stata piacevole?»
«Oh, sì. Il clima è stato perfetto, e ho visto posti bellissimi.»
Gli occhi scuri di Miguel la fissarono. «Grazie per il tuo messaggio. Sono felice di essere stato nei tuoi pensieri, Pamela, anche se brevemente.»
La sua voce bassa e vellutata la fece rabbrividire. Pam non sapeva che cosa dire o pensare, o sentire. Quell'uomo la confondeva terribilmente, e in più c'era la questione di Zoe che cominciava a sembrarle sempre meno chiara.
«C'è qualcosa che ti turba» osservò lui.
«Non so bene perché sei qui, visto che sei stato tu ad andartene l'ultima volta.»
Miguel alzò una spalla. «È vero. Ma tu non eri ragionevole e piuttosto che litigare ho preferito andarmene.»
«Te ne vai sempre quando sei turbato?»
Lui sorrise appena. «Di solito gli uomini non sono turbati, Pamela.»
«E va bene, te ne vai quando sei arrabbiato?»
«No, rimango e lotto.»
«Però con me non lo hai fatto. Te ne sei andato e basta.» E questo l'aveva sconvolta più di quanto si aspettasse. «Dev'essere comodo prender su e andarsene, ma non è giusto nei confronti dell'altra persona. Pensavo che fossimo amici.»
«Davvero?»
Pam si sentì una stupida. Dunque si era sbagliata e lui voleva semplicemente spassarsela come il gatto con il topo? «Perché sei qui, Miguel?»
«Tu mi hai teso una mano mentre eri in Europa. Io voglio fare altrettanto adesso che sei a casa.»
Lei pensò alla mail di Zoe e a come l'aveva fatta sentire. Davvero sbagliava a pensare che Steven avrebbe dovuto rompere con Zoe? In fondo voleva solo che lui avesse dei figli suoi, che sapesse che cosa significava. Com'era possibile che amasse il figlio di Chad quanto uno suo?
«Ti sento pensare da qui» osservò Miguel.
«Spero che tu non possa anche sentire quello che penso.»
«Purtroppo no.»
«Meglio così, credimi. Per ora la mia mente è troppo confusa.»
«Allora permettimi di chiarire alcune cose.»
«D'accordo, anche se è difficile prenderti sul serio con quelle unghie glitterate.»
«Sono certo che sarai all'altezza del compito.» Miguel la studiò per un secondo e proseguì: «Zoe è mia figlia e io la amo moltissimo. Ma non sceglierò tra te e lei, come sicuramente tu non vorrai scegliere tra me e Steven».
«Certo che no.»
«E allora la soluzione è una sola.»
Lei annuì, ma era turbata dalla delusione che provava. In fondo lei e Miguel si conoscevano appena... non le sarebbe dovuto importare se non l'avrebbe mai più rivisto. Eppure era turbata dall'idea di non poter mai più...
«Dovrai abbandonare la tua ridicola presa di posizione su quel che sta succedendo.»
Lei lo fissò a bocca aperta. «Scusa?» Lui non rispose, e dopo un poco lei aggiunse: «Insomma, vuoi che cambi idea».
«Voglio che tu sia ragionevole. Non solo per me, Pamela, ma per te stessa. Sappi che Steven e Zoe stanno ancora insieme.»
Cosa che avrebbe saputo se lei e Steven si fossero parlati. Non c'erano mai state divergenze tra loro, e il fatto che quell'uomo ne sapesse più di lei riguardo a suo figlio la turbava.
«Pensaci» la esortò alzandosi in piedi. «Io credo che tu abbia il cuore di una leonessa che protegge i propri figli con tutte le sue forze. Tuttavia a volte, la cosa più giusta è non fare niente, lasciare che crescano e commettano i loro errori. Forse i nostri figli sono destinati a restare insieme, forse no, e questo lo dirà solo il tempo. Ma io so per certo che dare degli ultimatum non serve mai a niente. Spero che tu sia d'accordo su questo.»
Lei annuì quasi impercettibilmente.
«Bene. Allora mi auguro di vederti presto.»
Poi, senza lasciarle il tempo di domandargli che intendeva dire, Miguel se ne andò.
Pam fissò la porta da cui era uscito, poi si voltò di scatto. «Che uomo irritante! Non ho certo bisogno di te!»
Ma quelle parole non suonavano sincere alle sue stesse orecchie, e Pam aveva la sensazione di non aver capito qualcosa di molto importante. Solo che non sapeva che cosa.