La storia la cambiano i folli

Fino al 2013 il pallino del centrodestra è rimasto nelle mani di Silvio Berlusconi, anche perché il consenso popolare era dalla sua parte. Ma ora non è più così.

Forza Italia è un partito in calo, indebolito da faide interne, dilaniato dal patto del Nazareno e – soprattutto – con un leader politico al quale riconosco un ruolo fondamentale, ma che oggi non può più essere il solo cardine della coalizione. Per almeno tre motivi.

Il primo è di tipo anagrafico: Renzi ha quarant’anni, non si può immaginare un futuro confronto con lui quando si è nati nel 1936.

Secondo motivo: la legge Severino ha provocato l’allontanamento di Berlusconi dal Senato e la sua incandidabilità, azzoppando di fatto la sua libertà di azione politica. È vero che altri politici, da Vincenzo De Luca a Luigi de Magistris, sono rimasti in sella nonostante la Severino, ma purtroppo il Cavaliere è stato messo in fuorigioco da una magistratura troppo politicizzata e da una legge (a mio parere sbagliata) nata anche grazie a Forza Italia.

Terzo motivo: la Lega è oggi il partito più forte della coalizione, e quindi tocca a me l’onore e l’onere di guidare l’opposizione contro il PD. Sono pronto, conscio dei miei limiti ma forte di una squadra preparata e organizzata, ben diversa dal circolo di amici e mediocri di cui si è circondato Renzi.

Non sono un cultore del «chi si accontenta gode». Secondo i sondaggi, la Lega è intorno al 15%, ma non mi basta. Credo che in politica si debba vincere, e se non si vince è necessario cambiare mestiere. Quindi spero di fare il segretario per il minor tempo possibile e andare al governo per cambiare le cose. Questo è il lavoro più bello, ma è anche molto impegnativo: dopo aver riportato l’Italia a essere un Paese normale non vedo l’ora di ritirarmi in una cascina a Caderzone Terme in Val Rendena, magari con due bestie e un orto, guardando le Dolomiti del Brenta.

Prima, però, ho un paio di obiettivi da centrare. Per andare al governo, lancio una sfida che spero possa convincere anche altri partiti, a cominciare da quelli che insieme alla Lega già condividono tante buone esperienze di governo. Alcune idee sono già state accennate in precedenza, ma mi preme elencarle per renderle ancora più esplicite. Riguardano la sforbiciata delle tasse, uno Stato più leggero, un piano di aiuto per imprese e famiglie, un sistema giudiziario più rapido ed efficiente, il ripristino di alcune garanzie cancellate da provvedimenti sciagurati come la legge Fornero, più sicurezza. Vado per ordine.

Le proposte fiscali della Lega hanno come cardine la semplificazione data dalla flat tax, la famosa aliquota unica che noi vediamo come ottimale al 15%, e dall’abolizione progressiva di tutte le tasse slegate dal reddito reale, in primisIRAP, tasse sulla casa, acconti e redditi presunti. Dato che il sistema della flat tax si compone di un’aliquota e di una soglia di deduzione, siamo pronti a discutere di ogni combinazione dei due parametri e di ogni tipo di modalità di applicazione. Vogliamo abolire gli studi di settore e su questo sappiamo che è dalla nostra parte anche l’enorme platea degli artigiani, dei liberi professionisti e dei commercialisti. Dobbiamo sburocratizzare e semplificare le norme per far ripartire e far correre davvero la nostra economia. Non è possibile che un agricoltore in Italia, fra idiozie europee e burocrazia nostrana, perda cento giorni all’anno per compilare scartoffie. La crescita dello «zero virgola» non ci farà uscire dalla crisi.

Un sistema fiscale a basse aliquote ed estremamente semplificato porterà come ulteriore beneficio una forte facilitazione dei controlli, con conseguente riduzione ai minimi dell’evasione, resa non più conveniente.

Ovviamente dovrà essere rivisto il trattato sul fiscal compact e il dogma del pareggio di bilancio, con i quali ogni riduzione vera delle imposte è impossibile limitandosi a un semplice trasferimento fra categorie, cosa arbitraria e quasi mai giusta.

Per non parlare dell’euro, della moneta unica che ci hanno rifilato, vantaggio unico per i tedeschi e fregatura unica per tutti gli altri. Una moneta senza popolo e senza futuro, da superare, come ormai ben sette premi Nobel per l’economia hanno certificato.

All’Italia, però, serve anche meno Stato. Questo è uno dei punti cardine della rivoluzione liberale che Berlusconi non è riuscito a realizzare. Per «meno Stato» si intende ovviamente uno stop all’invasività di una gestione oppressiva del governo centrale, e non una riduzione dei servizi e delle competenze dello Stato medesimo.

Secondo la Lega i cardini della riforma dello Stato dovrebbero essere costruiti attorno alla separazione fra la spesa necessaria alla produzione dei servizi (che in molti casi deve essere aumentata sulla base di criteri di efficienza e costi standard) e le spese legate ai trasferimenti fiscali o agli incentivi economici che devono invece essere pesantemente riqualificate perché non diventino bacini di clientele, ma siano veramente mirate al rilancio economico e all’obiettivo della piena occupazione. La nostra proposta per arrivare a questi risultati prevede la valorizzazione dei territori, la responsabilizzazione degli enti locali, il decentramento e l’autonomia, nonché il ripensamento delle politiche economiche sulla base delle specificità di aree macroregionali. Servono strumenti più snelli per liberare risorse economiche: per questo siamo contrari al patto di stabilità che blocca venti miliardi di euro che i comuni virtuosi oggi non possono spendere perché lo stato li ha congelati. Così come vanno superati, o meglio ancora cancellati, tutti i carrozzoni burocratici, dalle prefetture alle soprintendenze, passando per l’incredibile monopolio della SIAE che danneggia e blocca creatività e lavoro di migliaia di giovani.

Negli ultimi anni, a causa della crisi galoppante, imprese e famiglie si sono ritrovate in difficoltà. Lo Stato ha abbandonato la sua funzione di sostegno per diventare un nemico del lavoro e dell’iniziativa privata. Non c’è però ammortizzatore sociale e sindacato più efficace della crescita economica. Uno degli aspetti fondamentali della crescita di uno Stato è la demografia: la Lega propone di concentrare le risorse sul sostegno alla famiglia e alla natalità.

Vogliamo che si ritorni alla gioia di poter fare figli senza ricorrere all’orrore del ricambio della popolazione con l’immigrazione incontrollata. A partire da qui proporremo ai potenziali alleati la gratuità per gli asili nido sul modello francese, forti assegni per le famiglie di cittadini italiani che daranno alla luce figli oltre il secondo e una fiscalità a misura di famiglia. Dove si recuperano i soldi? Applicando davvero un taglio della spesa inutile, dalle pensioni d’oro ai falsi invalidi, dai contributi milionari ai sindacati alle migliaia di «operai forestali» senza foreste. A ciò si aggiungano nuove possibili entrate, come i miliardi di euro (oltre alla sicurezza in più) che lo stato incasserebbe regolarizzando e tassando la prostituzione, togliendola dalle strade e dal controllo delle mafie e portandola alla luce del sole, come avviene nei Paesi più civili e sviluppati.

A nulla però varrebbe aiutare la natalità se i nostri giovani migliori continuassero a emigrare perché non messi in condizione di lavorare al meglio nel luogo in cui sono nati. Attualmente, in Italia non è in corso un fenomeno di immigrazione, ma una vera e propria sostituzione: i nostri giovani partono e vengono rimpiazzati da extracomunitari. Penso alle migliaia di infermiere e di infermieri italiani, fra i migliori al mondo, costretti a scappare in Inghilterra per avere una speranza di lavoro e di vita. Bisogna smettere di umiliare e far scappare le nostre migliori menti, giovani e meno giovani, privando il Paese dell’esperienza e dell’energia fondamentali per la crescita. Anche per questo vogliamo aprire un dibattito serio e approfondito per una revisione degli ordini e una riforma delle professioni. In Italia se ne parla da decenni senza mai arrivare a una svolta. Non è concepibile che nel nostro Paese ci siano duecentoquarantamila avvocati senza l’esistenza di un minimo tariffario: una giungla che rischia di far implodere l’intero settore.

Ho già parlato più volte con Berlusconi e Meloni per confrontarci sulla necessità di aumentare le garanzie sociali. La legge Fornero è stata un esempio terribile delle conseguenze di un tradimento da parte dello Stato, che ha cambiato retroattivamente idea provocando il dramma degli esodati e dei mancati pensionati, magari con trenta o trentacinque anni di contributi versati. Il programma condiviso di una futura alleanza dovrà trovare un terreno comune su cui fissare un nuovo patto tra lo Stato e i cittadini eliminando i giochi sulla vita delle persone che si ritrovano senza lavoro, senza reddito e senza pensione.

A riprova del fatto che a me interessa il risultato e non la gloria personale ho più volte ripetuto a Renzi che pur di superare la legge Fornero sarei disposto a votare anche una proposta del Pd, magari migliorandola, come ad esempio la n. 857 della Camera che stabilisce un principio sacrosanto: andare in pensione dopo aver versato quarant’anni di contributi non è un privilegio ma un diritto!

Quindi chiediamo regole certe, divieto di retroattività dei provvedimenti fiscali, un sistema pensionistico uguale per tutti, basato sui contributi effettivamente versati e che consenta a chi ha lavorato una vita di poter scegliere quando andare in pensione.

Tutte queste riforme devono andare di pari passo con decisioni forti a favore della sicurezza. Dopo anni in cui le nostre forze dell’ordine sono state umiliate, con pochi soldi a disposizione e un ministro – Angelino Alfano – decisamente inadeguato, è necessario ribadire che è impossibile proseguire su una strada che consegna i cittadini alla paura e alla delinquenza.

La Lega, come è noto, fa della sicurezza un cardine del proprio programma. Pertanto proporremo agli alleati l’abolizione del reato di eccesso colposo di legittima difesa (una proposta di legge in tal senso, seppure ostacolata dal PD, è da tempo pronta in parlamento), il potenziamento delle forze di polizia, magari da ottenersi anche tramite l’unione fra corpi oggi divisi delle forze dell’ordine, la lotta all’abusivismo di campi rom o centri sociali che diffondono degrado e criminalità, il controllo delle frontiere e il forte contrasto all’immigrazione clandestina, la castrazione chimica per pedofili e stupratori, ma soprattutto la certezza della pena! Se sbagli paghi, e paghi fino in fondo. Come è possibile che l’assassino del piccolo Tommy, strappato ai genitori e ammazzato a soli diciotto mesi, dopo dieci anni goda già di «permessi premio»? In galera a vita, magari lavorando obbligatoriamente per ripagare la società del costo che sopporta, altro che permessi premio... Anche in questo caso siamo disposti ad accettare ogni tipo di idea che vada in questa direzione.

Penso che si voterà nel 2017: Renzi cadrà vittima della sua arroganza, delle sue promesse non mantenute che hanno fatto dell’Italia un Paese impaurito e precario. Io non mollo. E con la mia squadra continuo a lavorare su tante questioni: dalla riforma della giustizia civile a un nuovo ed efficiente piano energetico nazionale, dalla realizzazione di infrastrutture che colleghino finalmente l’Italia da Nord a Sud a una politica industriale che blocchi la svendita delle nostre migliori aziende alle multinazionali straniere. Io ce la metterò tutta, con coraggio e onestà, ma adesso tocca a voi!