XXVIII.

—. «», «», :

—.

: «»

Voleva dire ancora qualcosa, ma non avendo la forza di trattenere i singhiozzi, si fermò. Raccolte le sue forze, proseguì:

Singhiozzò un momento, ma subito continuò in fretta.

—, urlò più volte, poi tacque...

Per un pezzo stemmo in silenzio. Egli singhiozzava e tremava, lì davanti a me, in silenzio. Il viso gli si era come affinato, allungato, e la bocca appariva in tutta la sua larghezza.

Di nuovo ci fu un lungo silenzio.

—. Si voltò dall'altra parte e, mezzo sdraiato sul sedile, si ravvolse nel plaid. Quando giungemmo alla stazione dove io dovevo scendere – erano le otto di mattina – mi avvicinai a lui per salutarlo. Dormiva o fingeva di dormire e non si mosse. Lo toccai con la mano. Si scoprì il viso e fu chiaro che non dormiva.

— dissi io, stendendogli la mano. Egli mi diede la sua ed ebbe un impercettibile sorriso, ma tanto triste che mi venne voglia di piangere.

— disse egli, ripetendo la parola con la quale aveva concluso tutto il suo racconto.