IN FAMIGLIA A COMBRAY E A PARIGI
Sin dalle prime pagine della Strada di Swann, il Narratore ci rende partecipi della sua iniziazione al gusto del bello, della conversazione, delle gioie e delle pene dell’amore, ma anche della buona tavola. Egli, bambino e poi giovane adulto, osserva e riporta in modo dettagliato i riti, le manie, la saggezza popolare e la grande arte di cuoca di Françoise. Tutti i critici e gli storici della letteratura si sono chiesti chi fosse nella realtà questa fantastica donna. Poco importa, tanto è chiaro che Proust si è ispirato a tutte le cuoche di casa, in campagna e a Parigi, per creare il personaggio più bello, a mio parere, della Ricerca. L’esperienza fa di Françoise una donna saggia che finisce per credersi in grado di dare un giudizio su tutto e su tutti sfornando una dose esagerata di buon senso popolare. Ma il forno della cuoca sforna pietanze, dolci e manicaretti che mettono l’acquolina in bocca al più insensibile dei lettori e tormentano quello che ha iniziato la lettura durante una dieta. La cucina di Françoise viene descritta come in un quadro e di lei Proust riporta il linguaggio infarcito di proverbi, modi di dire dialettali e sgrammaticature. “(…) Françoise, mentre dava ordini alle forze della natura, diventate suoi aiuti, come accade nelle favole in cui i giganti si fanno impiegare come cuochi (…)”, e poi ancora: “(…) Alla sua consueta produzione di uova, costolette, patate, confetture, biscotti, che neppure più ci annunciava, Françoise aggiungeva – secondo i lavori dei campi e dei frutteti, la pesca della marea, le occasioni delle bancarelle, le gentilezze dei vicini e il suo genio, e come pure il nostro menù, simile a quelle quattro foglie che si scolpivano nel XIII secolo sui portali delle cattedrali, rifletteva un po’ il ritmo delle stagioni e gli episodi della vita –: un rombo perché la pescivendola ne aveva garantito la freschezza, un tacchino perché lei ne aveva visto uno bello al mercato di Roussainville-le-Pin, dei cardi al midollo perché non ne aveva mai cucinati in quel modo per noi, un cosciotto arrosto perché all’aria aperta viene appetito e che tanto c’era tutto il tempo che scendesse nello stomaco da qui alle sette di sera, degli spinaci così tanto per cambiare, delle albicocche perché erano ancora una rarità, del ribes perché in meno di quindici giorni non ce ne sarebbe più stato, dei lamponi portati appositamente dal Signor Swann, delle ciliegie le prime del ciliegio del giardino dopo ben due anni che non ne produceva più, del formaggio alla crema che a me piaceva tanto un tempo, una torta alle mandorle perché lei l’aveva ordinata la sera prima, una brioche perché era il nostro turno di offrirla. Una volta che tutto ciò era finito, ci veniva servita una crema al cioccolato, composta espressamente per noi, ma dedicata specialmente a mio padre che ne era particolarmente ghiotto, ispirazione, attenzione personale di Françoise, sfuggevole e leggera come un’opera di circostanza nella quale ella aveva messo tutto il suo talento. Colui che si fosse rifiutato di assaggiarne dicendo: ‘Ho finito, non ho più fame’, sarebbe stato immediatamente degradato al rango di quei villanzoni che, anche in occasione del dono di un’opera a loro fatto dallo stesso artista, valutano peso e materia piuttosto che considerarne l’intenzione e la firma. Anche lasciarne una sola goccia nel piatto sarebbe stato preso come un segno di maleducazione pari ad alzarsi prima della fine di un’esecuzione proprio sotto il naso del compositore”.
Grande cuoca ma che caratterino questa Françoise!
(Dosi per 6 persone)
INGREDIENTI
6 tuorli d’uovo
50 gr. di farina bianca (o fecola di patate se si vuole una crema più leggera)
0,5 lt. di latte intero
200 gr. di zucchero
80 gr. di cacao amaro
Portate il latte a ebollizione e spegnete il fuoco. Nel frattempo lavorate a lungo i tuorli con lo zucchero in un pentolino messo a bagnomaria sino a ottenere una bella crema spumosa. Miscelate a parte il cacao e la farina e rimestando con la frusta uniteli al composto. Aggiungete molto lentamente il latte ancora bollente continuando a mescolare, facendo attenzione che la crema si addensi ma togliendola dal fuoco al primo cenno di bollore. Raffreddatela mescolandola di tanto in tanto. Servitela in coppette con dei biscotti.
Le creazioni culinarie di Françoise illustrano perfettamente il gusto dell’epoca che univa i sapori di sempre, genuini e contadini, alle esigenze più raffinate delle famiglie abbienti aristocratiche e borghesi, producendo quella cucina rigorosamente tradizionale che, per molti anni, ha fatto la fortuna dei cuochi di Francia in giro per il mondo.
Françoise è la protagonista del sicuro e caldo mondo della casa della zia Léonie e dell’infanzia, di quel mondo in cui i cibi hanno il nome dei loro ingredienti e non hanno, come vedremo a casa di Odette e dai Verdurin, i nomi alla moda più tipici sulle tavole degli arricchiti.
Françoise è la sacerdotessa del “piccolo tempio di Venere”, colei, come la chiama Proust, che officia riti magnifici e succulenti ma pure orrendi sacrifici con mano ferma e inesorabile come quando deve tirare il collo a una gallina. Come ogni sacerdotessa che si rispetti, la cuoca ha le sue piccole perverse crudeltà, non verso i padroni di casa, che adora, ma nei confronti delle ancelle, cioè le giovani sguattere che le danno una mano in cucina. Memorabile è il momento in cui il Narratore rivela come molti anni dopo fu chiarito perché Françoise, in un certo periodo, avesse preso l’abitudine di servire asparagi ogni giorno: il loro odore provocava crisi asmatiche a una povera ragazza che alla cuoca stava antipatica e così, obbligandola a pulirli quotidianamente, se ne liberò per sempre.
ASPARAGI VERDI IN SALSA OLANDESE
(Dosi per 6 persone)
INGREDIENTI:
450 gr. di asparagi verdi
200 gr. di burro
2 tuorli d’uovo
mezzo bicchiere di latte intero
1 cucchiaino di fecola di patate
succo di limone
sale, pepe
Tagliate le estremità filamentose degli asparagi. Immergeteli in una casseruola d’acqua bollente e lasciateli cuocere per 2 minuti finché diventano teneri. Scolateli e serviteli con la crema olandese.
Per la salsa olandese: sbattete a freddo con una frusta in una casseruola a bordi alti 25 gr. di burro, la fecola, 3 cucchiai di latte, i tuorli d’uovo e due pizzichi di sale. Dopodiché continuate a sbattere il composto a caldo, a fuoco molto moderato, fino a che non sia diventato cremoso. Dividete il rimanente burro a tocchetti e piano piano aggiungeteli alla crema uno per uno continuando a sbattere a fuoco debolissimo. Verso la fine alternate i tocchetti di burro rimanenti con altri 2 cucchiai di latte sino all’assorbimento completo da parte dei tuorli. Completate la salsa aggiungendo il limone e il pepe. Nel caso essa si slegasse prima di essere servita, potete rimontarla aggiungendola a un terzo tuorlo d’uovo che avrete messo in una casseruola riscaldata a bagnomaria, continuando a sbattere il tutto energicamente.
Françoise è una cuoca dalle tante specialità, ma c’è un piatto in cui raggiunge i livelli più alti ed è il piatto preferito dalla famiglia e dagli ospiti del Narratore: il boeuf en geléè, cioè l’arrosto di bue e carote in gelatina. In uno dei suoi Carnet, Marcel Proust scrive, tra le altre note sul libro: “(…) paragonare il mio libro all’arrosto di bue di Françoise, occorre che assorba tutto il sugo sino alla fine”. Si tratta di una delle tante sovrapposizioni della realtà di casa Proust con quella immaginata: il capolavoro della cuoca “vera”, Félicie, diventa, come la madeleine, uno dei tanti camei culinari protagonisti del romanzo. “(…) Sin dal giorno precedente Françoise, felice di darsi a quell’arte della cucina per la quale certamente aveva un dono, stimolata, d’altra parte, dall’annuncio di un nuovo invitato a tavola, e sapendo che doveva comporre, secondo metodi da lei sola conosciuti, l’arrosto di bue in gelatina, viveva nell’effervescenza della creazione (…) Poiché ella dava un’importanza estrema alla qualità intrinseca dei materiali che dovevano entrare nella fabbricazione della sua opera, andava lei stessa alle Halles a farsi dare i più bei carré di girello, di spalla di bue, di piede di vitello, come Michelangelo che passava otto mesi nelle cave delle montagne di Carrara a scegliere i marmi più adatti per il monumento di Giulio II (…) infine il bue freddo alle carote fece la sua apparizione deposto dal Michelangelo della nostra cucina su degli enormi cristalli di gelatina simili a blocchi di quarzo trasparente (…) Françoise accettò i complimenti del signor de Norpois con la fiera semplicità, lo sguardo felice e – fosse anche solo momentaneamente – intelligente, di un artista al quale si stia parlando della sua arte (…) ‘Ma – chiese mia madre – come spiegate che nessuno faccia la gelatina così bene come voi (quando lo volete)?’ ‘Non so da dove ciò divenga – rispose Françoise (che non stabiliva una demarcazione assai netta tra il verbo venire… e il verbo divenire)”.
ARROSTO DI BUE E CAROTE IN GELATINA
(Dosi per 6 persone)
INGREDIENTI
1,5 kg. di punta di coscia di bue
1 piede di vitello
100 gr. di lardo salato
4 uova, 200 gr. di cipolline novelle
200 gr. di carote novelle
20 gr. di burro, sale grosso
Ingredienti per il sugo marinato:
1 bicchierino di cognac
0,5 lt. di vino rosso
200 gr. di carote
200 gr. di cipolle
foglie di lauro, timo
3 rametti di prezzemolo
(Il giorno precedente). Con un coltello a lama finissima lardellate la coscia di bue con sottili fettine di lardo e legatela con lo spago (operazione che potete anche far fare al vostro macellaio di fiducia). Preparate il sugo per la marinatura: pulite e tagliate a rondelle le carote e a fette le cipolle. Unite il lauro, il timo e il prezzemolo. Mettete la carne in una terrina e coprite con le verdure, versando due o tre bicchierini di vino rosso e il cognac. Coprite la terrina con un foglio di alluminio e mettete in frigorifero a riposare per circa 12 ore.
(Il giorno successivo). Riscaldate il forno a 180° C. In una pentola apposita per la cottura arrosto fate sciogliere il lardo non utilizzato e scottate la carne su tutti i lati, ben scolata e leggermente asciugata con carta assorbente. Aggiungete il resto del vino rosso e lasciate che si assorba di un quarto. Versate la marinata con tutti i suoi ingredienti e, aggiungendo dell’acqua calda o del brodo vegetale, portate a cottura.
Lasciate 5 minuti in acqua fredda il piede di vitello per imbianchirlo. Unite il piede di vitello alla carne e portate a ebollizione salando leggermente. Infornate il tutto dopo avere coperto la pentola e lasciate cuocere per almeno 3 ore. A parte pulite le carote novelle e le cipolline e tagliatele a rondelle e a tocchetti. Una volta finita la cottura della carne, scolatela ma non spegnete il forno. Passate il sugo al colino, pulite la pentola con carta assorbente, fatevi sciogliere il burro e lasciatevi dorare leggermente le carote e le cipolline. Toglietele dalla pentola e mettetele a parte. Riponete la coscia nella pentola e versatevi il sugo passato al colino, coprite e infornate per un’altra ora. A fine cottura, raccogliete in una casseruola il sugo passato nuovamente attraverso il colino e portatelo a ebollizione. Battete a parte l’albume delle 4 uova e versatelo nel sugo bollente, fate cuocere per altri 5 minuti a fuoco lento. Ripassate il tutto con un colino più fitto (aiutatevi con un tessuto a trama fine). Slegate la carne, tagliatela a fette di circa 5 mm di spessore e posatela in un piatto di portata; decoratela con le carote e le cipolline. Versatevi sopra il sugo di cottura (che si trasformerà in gelatina) e ponete il tutto nel frigorifero per almeno 3 ore.
Proust analizza profondamente ogni personaggio del romanzo e di ognuno di essi veniamo informati dei pensieri, quelli espressi e quelli inespressi, ma pure ne abbiamo una logica spiegazione e in alcuni casi ci viene fornita quasi quella che oggi si direbbe una lettura in “chiave psicoanalitica”.
“(…) ‘L’Ambasciatore – le disse mia madre – ci assicura che in nessun luogo si gustano un arrosto di bue freddo e dei soufflé al formaggio come i vostri.’ Françoise, con l’aria modesta e di voler rendere omaggio alla verità, lo riconobbe, senza d’altronde essere impressionata dal titolo di ambasciatore; ella diceva del signor de Norpois, con l’amabilità dovuta a chi l’aveva presa per uno “chef”: ‘È un vecchio gentile come me’”.
(Dosi per 6 persone)
INGREDIENTI
20 gr. + 1 cucchiaio di farina bianca
20 gr. + 1 noce di burro
1 bicchiere di latte intero
1 bicchierino di panna liquida
85 gr. di formaggio gruviera grattugiato
5 uova
noce moscata, sale e pepe
Riscaldate il forno a 200° C. In un pentolino fate bollire il latte, la panna e 2 prese di noce moscata grattugiata. In un altro pentolino fate sciogliere 20 gr. di burro e aggiungetevi, mescolando con un cucchiaio di legno, 20 gr. di farina, riscaldando il tutto per 5 minuti. Versatevi sopra la crema di latte e panna bollente e mescolate per 5 minuti con forza, evitando la formazione di grumi. Togliete il pentolino dal fuoco e aggiungetevi 3 tuorli d’uovo, uno dopo l’altro, continuando a mescolare e aggiungendo un pizzico di sale e di pepe. Versate il tutto in una ciotola e lasciate raffreddare. Imburrate lo stampo da forno (14 cm di diametro) con la noce di burro e cospargetevi della farina. Montate a neve 5 albumi d’uovo con un pizzico di sale e successivamente incorporateli delicatamente alla crema nella ciotola. Aggiungete il formaggio gruviera grattugiato. Riempite lo stampo, infornate e lasciate cuocere per circa 15 minuti. Servite immediatamente.
Il sabato in famiglia era una giornata particolare per la madre del Narratore e Françoise: dovevano decidere che cosa cucinare la domenica. Invece di una pernice ai cavoli, che era la preferita del padre ma più indigesta, specie se poi si doveva uscire dopo cena, si poteva optare per un rombo alla griglia con la solita salsa olandese che piaceva tanto allo zio e che da tempo non veniva preparato.
(Dosi per 4 persone)
INGREDIENTI
4 tranci di rombo
50 gr. di farina
3 cucchiai d’olio d’oliva
sale e pepe
Riscaldate il forno a 180° C. Salate e pepate i tranci e infarinateli. Pennellate d’olio una pentola per la cottura ai ferri. Ponetela sul fuoco vivo e deponetevi i tranci che farete cuocere per due minuti circa su tutti i lati. Poneteli in un piatto adatto, infornate e finite la cottura per circa 5 minuti. Al termine, serviteli con la salsa olandese (vedi ricetta precedente) decorandoli con prezzemolo. Questo piatto si accompagna molto bene con le patate al vapore.
Il sabato è la giornata più lunga della settimana, soprattutto a Combray dalla zia Léonie: “(…) Sin dal mattino, prima di vestirci, senza motivo, per il solo piacere di provare la forza della solidarietà, ci si diceva gli uni agli altri con buon umore, cordialità e patriottismo: ‘Non c’è tempo da perdere, non dimentichiamo che è sabato!’ mentre mia zia, conferendo con Françoise e pensando che la giornata sarebbe stata più lunga del solito, diceva: ‘Se voi gli faceste un bel pezzo di vitello, dato che è sabato’”.
ARROSTO DI VITELLO IN “COCOTTE”
(Dosi per 6 persone)
INGREDIENTI
1 kg. di arrosto di vitello nella noce o nel
girello
3 cipolle bianche
3 spicchi d’aglio
4 patate, 50 gr. di burro
3 cucchiai d’olio di semi
50 gr. di pancetta affumicata a fettine
timo, lauro, sale e pepe
Riscaldate il forno a 180° C. Ricoprite il pezzo di carne con la pancetta e legatela con lo spago, salate e pepate. Pelate le patate e tagliatele in quattro; pelate le cipolle e tagliatele in sei parti; pelate gli spicchi d’aglio. Riscaldate l’olio in una “cocotte” (pentola in ghisa) a fuoco vivo, ponetevi la carne e fatela rosolare su tutti i lati. Estraete la carne ed eliminate il grasso dalla cocotte. Abbassate il fuoco al livello medio e fate rosolare per due minuti le cipolle, l’aglio, il lauro e il timo. Rimettete l’arrosto nella cocotte e ponete su di esso il burro. Coprite la cocotte e infornatela per 45 minuti. Durante la cottura (dopo 15 minuti) mettete intorno all’arrosto le patate. Ogni tanto, per evitare che le cipolle brucino in cottura, aggiungete un bicchiere di acqua calda. A cottura terminata, slegate l’arrosto e servitelo caldo a fettine.
Fra le creazioni di Françoise spiccano molti dessert e ognuno in famiglia ha le sue preferenze.
Il Narratore non sa dichiarare la propria: riso all’imperatrice o crema al cioccolato?
(Dosi per 6/8 persone)
INGREDIENTI
250 gr. di riso
150 gr. di zucchero semolato
100 gr. di frutta candita a piacere
1 lt. di latte intero
50 gr. di burro
50 gr. di gelatina di ribes o di altri frutti di bosco
3 cucchiai di kirsch e di maraschino, 1,5 gr. di sale
Ingredienti per la bavarese:
0,25 lt. di latte intero
4 uova
40 gr. di zucchero semolato
10 cl. di panna fresca
3 fogli di colla di pesce
mezza stecca di vaniglia
Riscaldate il forno a 180° C. Lasciate la panna fresca nel frigorifero e ammollate i fogli di colla di pesce nell’acqua. Ponete la frutta candita a macerare nel kirsch unito al maraschino. Mettete il riso in una casseruola e copritelo d’acqua fredda. Portate ad ebollizione e lasciate bollire per 10 minuti. Scolatelo e passatelo sotto l’acqua fredda del rubinetto. Fate bollire il latte in un recipiente da forno, aggiungete il burro, lo zucchero, il sale e il riso. Portate a ebollizione e infornate per 20 minuti. Sfornate e mescolate il riso con una forchetta per dividere i grani. Preparate la bavarese: spezzate la stecca di vaniglia in due e con un coltello recuperatene i grani neri che mettete nel latte. Portate a ebollizione. In una terrina sbattete con la frusta lo zucchero e i tuorli delle uova sino a ottenere una crema chiara. Versate dolcemente il latte bollente sulla crema di uova e zucchero. Mescolate con la frusta e quindi travasate il tutto in un casseruola. Fate cuocere a fuoco basso senza smettere di mescolare con un cucchiaio in legno. La crema deve ispessirsi ma non bollire. Passatela al colino. Strizzate bene la gelatina e mettetela in una terrina con la crema. Continuando a mescolare aggiungete alla crema il riso con la frutta candita ancora tiepido. Fate fondere la gelatina di ribes e coprite con essa il fondo di uno stampo per dolci a ciambella bassa del tipo a Savarin (diametro 16 cm) che ponete nel frigorifero. Unite il riso ormai quasi freddo alla crema ancora tiepida. Montate la panna e unitela al riso. Versate il tutto nello stampo e riponete nel frigorifero per almeno 3 ore prima di servire.
(Dosi per 6 persone)
INGREDIENTI
1,5 kg. di pesche gialle
0,5 kg. di mele
50 gr. di zucchero di canna
3 cucchiai d’acqua
1 cucchiaio di cannella in polvere
Sbucciate le pesche e le mele. Eliminate i noccioli e i semi. Tagliate la frutta a quarti e ponetela in una casseruola con l’acqua, lo zucchero e la cannella. Fate cuocere a fuoco lento per 30 minuti circa coprendo la casseruola. Servite la composta tiepida aggiungendo, se volete, della panna liquida fresca.
(Dosi per 6/8 persone)
INGREDIENTI
20 gr. di lievito di birra
5 gr. di sale
60 gr. di zucchero semolato
6 uova, una bustina di vanillina
700 gr. di farina
300 gr. di burro
3 cucchiai di latte
Sciogliete, in una ciotolina, il lievito di birra sbriciolato con un pizzico di sale, un cucchiaino di zucchero e i cucchiai di latte tiepido con un po’ d’acqua. In un’altra ciotola unite alla farina il burro a pezzetti, lo zucchero, 3 uova intere e 2 tuorli, la vanillina e il lievito che avete sciolto. Impastate con un cucchiaio di legno senza aggiungere farina anche se il composto vi sembra troppo morbido. Continuate a impastare fuori dalla ciotola e quando avete ottenuto un impasto uniforme ed elastico, ma molle, ne fate una palla e, posta in una ciotola un po’ infarinata, avendola coperta con un tovagliolo, la lasciate lievitare in un luogo tiepido e aerato per 3 ore. Successivamente rilavorate la pasta e ne sistemate i 2/3 nell’apposito stampo da brioche praticandovi un incavo al centro nel quale sistemerete la pasta rimasta a forma di palla. Lasciate riposare e lievitare ancora per 2 ore. Sbattete l’ultimo uovo e riscaldate il forno a 180° C. Pennellate la forma con l’uovo sbattuto e infornate per 40 minuti.
(Dosi per 8 persone)
INGREDIENTI
100 gr. di scaglie di mandorle tostate
80 gr. di zucchero semolato
3 uova
1 noce di burro
sale
Ponete le mandorle in una terrina con lo zucchero e i tuorli d’uovo. Mescolate. Riscaldate il forno a 200° C. Montate a neve ferma gli albumi e uniteli piano piano al composto di mandorle. Imburrate uno stampo da pan di Spagna (diametro 22 cm) e versatevi il contenuto della terrina. Infornate per 45 minuti controllando la cottura con un coltello. Servite fredda.