IL CATTIVO SEME
Chiamati a uccidere?
Ladri e assassini, poliziotti sadici e maniaci sessuali, tutti gli abitatori, grandi e piccoli, dei bassifondi (il mondo infero): anche la loro anima è discesa dal grembo di Necessità? Plotino, come sempre, si era posto il problema secoli fa: « Come può un carattere malvagio essere dato dagli Dei?». Esiste una vocazione al delitto? Può la ghianda albergare un cattivo seme? O forse il criminale psicopatico non ha affatto un'anima?
Per rispondere a queste domande, che si interrogano niente meno che sulla natura del male, indagheremo sulla figura di colui che è stato il supremo criminale psicopatico dei tempi moderni, se non di tutti i tempi: Adolf Hitler (1889-1945).
Lo studio della figura di Hitler offre diversi vantaggi rispetto all'analisi comparata di una serie di casi sconcertanti di assassini e torturatori sadici. Innanzitutto, permette di affinare il metodo applicato fin qui: l'analisi di ciò che è estremo per meglio comprendere ciò che è normale. In secondo luogo, in un unico caso esemplare si ha agio di osservare meglio come il daimon si manifesti nei tratti del carattere e nelle azioni abituali. Terzo, confrontandoci con l'enormità rappresentata da Hitler, ci confrontiamo con le enormità che la nostra epoca ha ereditato da lui. Il fenomeno Hitler ha conseguenze implicite che toccano direttamente la nostra vita di cittadini. A differenza dei delitti commessi da Charles Manson.Jeffrey Dahmer, John Wayne Gacy e altri, «i danni causali dalla violenza individuale ... sono di poco conto a paragone degli olocausti prodotti dall'adesione sovrapersonale a un sistema di credenze condiviso a livello collettivo».
Per essere cittadini consapevoli del mondo occidentale nell'era post-hitleriana, non soltanto non dobbiamo dimenticare le immagini e la lezione della prima metà del nostro secolo, l'epoca storica di Hitler, abbiamo anche il dovere di riflettere su Hitler come possibilità demoniaca presente nel mondo occidentale stesso. La riflessione su Hitler è qualcosa di più della presentazione di un caso clinico di psicopatia o di un modello di totalitarismo politico, e qualcosa di più, anche, del tipo di ricreazione letteraria compiuta per esempio da Mailer, Capote e Sartre sui loro soggetti psicopatici. E un atto rituale di esplorazione psicologica, un atto altrettanto necessario, per poter rivendicare la nostra umanità consapevole, del ricordare l'Olocausto e la seconda guerra mondiale. La riflessione su Hitler è un atto di contrizione dovuto da parte di tutti coloro che sono partecipi della psiche occidentale per la sua complicità inconscia nelle azioni di Hitler; ed è un alto di propiziazione nei confronti del particolare demone che scelse di abitare Hitler. Essendosi già una volta manifestato in forma tanto virulenta, possa quel demone placarsi e non volerci nuovamente accecare. La nostra indagine intende inoltre mettere in evidenza uno per uno i vari modi in cui un daimon può rivelarsi un demonio e un genio rivelarsi malvagio.
Uno svantaggio è che, concentrandoci sui peggiori, delinquenti di minor calibro e assassini meno efferati sfuggono tra le maglie. Guardando Hitler cosi da vicino, potremmo lasciarci sfuggire il demonio che è accanto a noi. Ogni giorno, multinazionali e apparati statali senza volto prendono decisioni che sconvolgono intere collettività, rovinano centinaia di famiglie e distruggono la natura. Ci sono psicopatici che si accaparrano il favore delle folle e vincono le elezioni. Lo schermo del televisore, con la sua camaleontica versatilità nel mostrare qualsiasi cosa faccia audience, favorisce il distanziamento, l'indifferenza e il fascino di facciata, e altrettanto fanno i luccicanti e ben oliati meccanismi del successo propri della struttura politica, giuridica, religiosa e finanziaria. Chiunque salga in alto in un mondo che venera il successo dovrebbe riuscire sospetto, perché questa è l'età della psicopatia. Oggi lo psicopatico non si aggira furtivo come un topo di fogna nei vicoli bui, come nei film di gangster degli anni Trenta, ma sfila nelle macchine blindate durante le visite di Stato, amministra intere nazioni, invia rappresentanti alle Nazioni Unite. Hitler, in un certo senso, è vecchio stile e potrebbe distoglierci dal vedere in trasparenza la maschera che il demoniaco indossa oggi, e indosserà domani. Il demoniaco, che è fuori dal tempo, tuttavia entra nel mondo travestito da contemporaneo, vestito per uccidere.
Le abitudini di Hitler, riferite da informatori attendibili e verificate da storici e biografi degni di fede, testimoniano di una sua identificazione con il daimon o di una possessione da parte del daimon. La principale differenza tra la possessione di Hitler e quella di altri personaggi citati in questo libro sta nella natura della sua personalità e nella natura del suo daimon: un cattivo seme in una personalità che non opponeva dubbi né resistenze.
Sul fenomeno Hitler sono state avanzale diverse teorie, che esporrò brevemente alla fine del capitolo, e io intendo dimostrare che la teoria della ghianda rappresenta un modo non peggiore di altri di immaginare tale fenomeno. Anzi, l'idea di un demonio o genio malefico può forse meglio spiegare il fascino esercitato da Hitler sul substrato di ombra presente nel Volk tedesco e il formarsi di quell'ethos di gruppo che indusse tutto un popolo, accecato dalle visioni demoniache del capo, a aderirvi e a metterle in atto. Vedendo come il potere fascinatorio di Hider, emanante da un unico seme, abbia incantato milioni di persone in una demonizzazione collettiva, potremo forse capire meglio in che modo assassini psicopatici, come Jeffrey Dahmer, Andrej Cikatilo, Dennis Nilsen, Peter Sutcliffe e Juan Corona, abbiano potuto incantare una lunga serie di vittime arrendevoli. Forse il vero mistero non è tanto il male, ma l'innocenza.
Hitler
Nell'esposizione del carattere di Hitler, che è diventato il destino della nostra civiltà, procederemo in due fasi. Dapprima enumereremo talune caratteristiche particolari che nelle descrizioni tradizionali simboleggiano il male, la morte e la distruzione. Quindi analizzeremo un numero più ristretto di caratteristiche, che rivelano in maniera più cruda la presenza concreta dell'invisibile nella biografia di Hitler.
Il cuore di ghiaccio
Verso la fine, nell'ultimo discorso ai suoi Gauleiler, Hider disse: «Qualunque cosa succederà, il mio cuore rimarrà di ghiaccio». A una riunione di capi di Stato maggiore espresse il suo apprezzamento per Goring dicendo: «Si è dimostrato freddo come il ghiaccio ... Mi è stato vicino durante i giorni difficili, rimanendo sempre freddo come il ghiaccio ... Quando le cose volgevano al peggio, diventava freddo come il ghiaccio».
Il fondo dell'inferno è, secondo Dante, un regno di ghiaccio, il luogo di Caino, Giuda e Lucifero. Dal tardo Medioevo al Rinascimento, leggende e superstizioni, nonché uno degli assiomi dell'Inquisizione, sostengono che il pene del diavolo è ghiacciato e il suo seme è freddo.
Il tratto psicologico che si accompagna al cuore di ghiaccio è la rigidità, l'incapacità di cedere, di fluire, di abbandonare la presa. Waite riporta testimonianze riguardanti quattro diversi periodi della vita di Hider, che concordano tutte nel dire che «c'era nella sua natura un che di fermo, di inflessibile, irremovibile, ostinatamente rigido ... Adolf non poteva assolutamente cambiare idea né tanto meno cambiare la propria natura». Poco prima della morte, a Berlino, nel 1945, «quando un ufficiale provò a osservare che forse in certi casi si sarebbe dovuto agire diversamente, Adolf Hitler esclamò in tono esasperato: "Ma non capisce che non posso cambiare!"». Tutte le sue abitudini (i vestiti che indossava finché cadevano a pezzi, la ritualità nel lavarsi i denti, la musica e i film che sceglieva, gli orari) erano ripetitive. Quando portava fuori il cane, come faceva tutu i giorni alla stessa ora, gli tirava sempre lo stesso legno esattamente dal medesimo punto e nella medesima direzione.
Il fuoco dell'inferno
Un'immagine dell'inferno più comune è quella del fuoco. Il daimon stesso è sempre stato tradizionalmente associato al fuoco. Per esempio, il genio di una persona era descritto come un'aureola, un alone fiammeggiante intorno al capo. Il daimon di Hider fece largo impiego del fuoco nelle sue opere: l'incendio del Reichstag che predispose la scena della sua salita al potere; le metafore infuocate dei suoi discorsi; le città d'Europa in fiamme; i forni crematori con il fumo che si levava dai loro comignoli nei campi di sterminio; il suo corpo cosparso di benzina e divorato dalle fiamme nel bunker a Berlino. Nel 1932, dunque anni prima che scoppiasse la guerra, discorrendo con Hermann Rauschning, all'epoca un importante dirigente nazista, che in seguito abbandonò il partito e pubblicò le proprie annotazioni prima della guerra, Hitler dimostrò di sapere quale sarebbe stata la propria fine e quella della Germania, Disse: «Forse ci distruggeranno, ma in tal caso trascineremo con noi il mondo, un mondo in fiamme». E si mise a canticchiare un tema da II crepuscolo degli dei di Wagner.
Il fuoco ha molte valenze simboliche: trasformazione, battesimo, iniziazione, calore, la conquista del fuoco come inizio della cultura, la luce che illumina le tenebre. Per Hitler, le potenzialità del fuoco erano circoscritte all'aspetto distruttivo, e il bombardamento di Dresda rappresenta il momento culminante della discesa del demone della morte sul popolo e sulla cultura che dalla sua chiamata si erano lasciati infiammare.
Wolf, il lupo
Da giovane Hitler si faceva chiamare Herr Wolf e costrinse anche la sorella ad assumere quel cognome. Durante l'ultimo periodo, teneva nel bunker un cucciolo a cui aveva dato il nome di Wolf e che curava personalmente, senza permettere a nessun altro di toccarlo. Lo spirito-lupo aveva fatto la sua comparsa quando Hitler, ragazzino, si era inventato la derivazione del nome Adolf da Athalwolf, «nobile lupo». Il lupo ricorre nel nome che Hider diede a tre dei suoi quartieri generali: Wolfsschanze, Wolfsschlucht e Werwolf. I suoi cani preferiti erano i wolfshunde, i cani lupo alsaziani. «Chiamava le ss "il mio branco di lupi". Spesso fischiettava soprappensiero la canzoncina Chi ha paura del lupo cattivo?»
Il potere archetipico di questa identificazione con il lupo continua a influire sulla vita di ciascuno di noi. È stato alla base della guerra fredda e della divisione dell'Europa in due blocchi. I servizi segreti americani, infatti, si erano convinti che Hider si sarebbe asserragliato in un fortino sulle montagne della Baviera con un folto gruppo dei suoi «lupi mannari » e una riserva di gas tossici e di armi segrete, pronto a iniziare azioni di guerriglia, in cui avrebbe usato gli antichi simboli runici del lupo per segnare le case su cui compiere la sua vendetta, Di conseguenza, il generale Bradley spostò le truppe americane verso Sud, verso la Baviera e l'Austria, lasciando che fosse Stalin, con sua stessa meraviglia, a entrare a Berlino.
Senza voler condannare il lupo come animale e senza dimenticare le virtù materne della lupa come nutrice e protettrice di bambini smarriti, si potrebbe citare una lunga tradizione che, in culture diversissime e lontane tra loro, non soltanto e non principalmente di area germanica, colloca il lupo tra i feroci demoni di morte.
Analità
Hitler si faceva spesso il clistere; era continuamente afflitto da flatulenza; aveva idee ossessive circa i contatti fisici, le diete, la digestione e l'igiene personale. Si hanno inoltre prove attendibili che il suo piacere sessuale comportasse l'essere lordato dalle sue partner.
Di nuovo, associazioni con il demoniaco: secondo una diffusa credenza, il diavolo sceglierebbe l'ano come sua localizzazione particolare nel corpo umano, di qui la sodomia come peccato, la pulizia come prossima alla santità, i miasmi sulfurei come odore dell'inferno e i diavoli con la faccia riprodotta sul posteriore delle sculture lignee medioevali. La prescrizione di purghe violente in medicina aveva una componente teologica: serviva a ripulire dalle cose cattive. E il Marchese de Sade, quell'Anticristo delle pratiche sessuali e altra faccia dell'amore cristiano, concentrava le sue fantasie prevalentemente sull'erotismo anale. Le punizioni corporali dirette alle natiche, dagli sculaccioni alle frustate, alla marchiatura, all'impalatura e ad altre terribili torture comminate dai cristiani a peccatori e malfattori, potevano essere giustificate come attacchi sferrati al demonio nella sua tana dentro il corpo.
Vediamo, dunque, come sia ampia e profonda la fantasia dell'analità; l'analità non è soltanto una fase evolutiva del carattere di Hitler che ne spiega la rigidità e il sadismo. Se l'ano è la zona erogena che alberga gli spirid maligni, allora l'ossessione anale non esprime semplicemente una fissazione sul controllo degli sfinteri, ma serve a mantenere costantemente presente il demoniaco, con il dare al suo luogo simbolico l'attenzione rituale che esso richiede.
Donne suicide
Sei delle donne con le quali risulta da fonte attendibile che Hitler abbia avuto una relazione o un legame o un «amore» (e non è che in tutto fossero molte di più) si suicidarono o tentarono il suicidio. Tra queste, Mimi Reiter, una ragazza molto giovane, di cui Hitler si era invaghito a trentasette anni e che tentò di impiccarsi quando lui da un momento all'altro la lasciò, e Geli Raubal, sua nipote, «l'amore della sua vita». Eva Braun si era sparata un colpo al cuore nel 1932, ma sopravvisse fino a morire con lui nel bunker secondo il loro patto suicida.
Da una prospettiva psicologica tradizionale, possiamo teorizzare che Hitler era attratto da donne psichicamente instabili, il che spiegherebbe il loro impulso autodistruttivo. Si potrebbe anche teorizzare che le inclinazioni sessuali disfunzionali di Hider, con la probabile coprofilia, producessero in queste donne un tale disgusto e odio per se stesse da preferire « la morte al disonore». O, invece, possiamo usare l'immaginazione in modo più demonico e chiederci se l'intimità con il lupo, con il fuoco dell'inferno e il cuore di ghiaccio non renda impossibile continuare a vivere. Che quelle donne avessero intuito di avere amato un demonio?
Corpi deformi
Nell'atmosfera circense del Terzo Reich, fatta di uniformi, parate militari, cerimonie e gestualità bizzarra (passo dell'oca, saluto a braccio teso), non potevano mancare i fenomeni da baraccone. L'autista personale di Hitler era così basso di statura che si dovevano inserire zeppe sotto il sedile perché potesse arrivare al volante. L'uomo che rimpiazzò Ernst Rohm, che era stato fatto assassinare, come capo di Stato maggiore delle sa era senza un occhio; Joseph Goebbels aveva il piede caprino; il fotografo ufficiale del regime era gobbo e alcolizzato ; Max Amann, capo dell'ufficio stampa del Fuhrer, e il suo primo tesoriere erano privi di un braccio, e Amann era inoltre una specie di nano; l'assistente del capo dell'ufficio stampa era completamente sordo. Martin Bormann era alcolizzato, Rudolf Hess paranoico, Hermann Goring morfinomane; Robert Ley, capo del Fronte del lavoro, aveva un difetto di pronuncia.
L'Europa degli anni Venti e Trenta, per effetto della Grande Guerra, era piena di gente sfigurata, di storpi e di ciechi che mendicavano nelle piazze e agli angoli delle strade. L'arte espressionista, la satira dei cabaret, la vita notturna dei bordelli esponevano il deforme in piena vista. Con tutto ciò, l'entourage di Hitler esibiva nelle sue alte sfere una concentrazione di aborti di natura piuttosto insolita, e questo mentre altri portatori di difetti fisici venivano sistematicamente eliminati nei campi di sterminio.
Ma forse la cosa non era così insolita, giacché la storia della demonologia insegna che la figura semi-umana rappresenta l'inumano che minaccia il mondo della normalità, come, nei film e nelle fantasie, il pirata con un occhio solo e l'uncino al posto della mano, l'inseguitore zoppo, il nano, il gobbo. I due film preferiti da Hitler, che se li faceva continuamente proiettare, avevano per protagonisti esseri deformi; erano King Kong e Biancaneve e i sette nani.
E una meritoria conquista dello spirito democratico americano l'avere giuridicamente integrato nella società i disabili, sostenendone con vigore i diritti. L'integrazione del «mostro» non solo arricchisce la società e dà risonanza a un gesto di pietas. Costituisce anche un tentativo di togliere una maledizione simbolica dal capo delle persone fisicamente menomate e inabili, laddove in molte culture esse sono ancora portatrici della fantasia di un mondo infero sinistro e demoniaco.
Mancanza di senso dell'umorismo
Circo, uniformi, teatro, cortei storici; ma commedia mai. «Hider non aveva il minimo senso dell'umorismo» disse Albert Speer, il suo architetto e ministro degli Armamenti. Un'impiegata che lavorava quotidianamente con lui disse: «Devo ammettere di non averlo mai visto ridere di cuore », e un compagno di gioventù riferì: «Mancava totalmente di autoironia ... Era incapace ... di passare sopra alle cose con un sorriso ». Nelle visite alle truppe al fronte, « non rideva né scherzava mai». Aveva il terrore che si ridesse di lui; non pronunciava mai frasi scherzose che alludessero alla sua persona e proibì simili allusioni in sua presenza.
Il diavolo può impersonare la figura del Briccone, dire arguzie, fare il buffone, danzare la giga, giocare burle, ma l'umiltà terragna dell'umorismo gli è totalmente estranea. L'umorismo, come indica la parola stessa, inumidisce e ammorbidisce, conferendo alla vita un tocco ordinario; poiché incoraggia l'autoriflessione e prende le distanze dal senso di importanza personale, l'umorismo è fumo negli occhi per il delirio di grandezza. In quanto ci pone su un gradino più basso, è essenziale per crescere cioè discendere (si veda il capitolo li). La risata che dà riconoscimento alla nostra assurdità di comparse nella commedia umana è altrettanto efficace per scacciare il diavolo dell'aglio e della croce per scacciare i vampiri. Lo aveva capito Chaplin, che nel suo film II grande dittatore non si limita a ridicolizzare Hitler, ma rivela l'assurdità, la trivialità e la tragicità dell'inflazione demonica.
Caratteristiche generali del demoniaco
Voglio presentare ulteriori prove della presenza del demoniaco in Hitler, per meglio mostrare come opera il Cattivo Seme e come lo si può riconoscere.
August Kubizek, suo compagno di scuola, disse che sua madre trovava inquietanti gli occhi di Hitler: azzurro slavato ma sorprendentemente intensi, e privi di ciglia. Un professore di Hitler li descrisse come «luccicanti». Kubizek dichiarò inoltre: «Se mi si chiedesse dove, in gioventù, si potevano percepire le qualità fuori della norma di quell'uomo, risponderei senza esitare: "Negli occhi"». Dal canto suo, Hitler trovava di avere ereditato gli occhi della madre, che «a loro volta gli ricordavano quelli di Medusa» nei quadri del suo pittore preferito, Franz von Stuck. Si esercitava a lanciare «occhiate penetranti davanti allo specchio» e gli piaceva fare «a chi abbassa per primo gli occhi». Gli scrisse da vecchio Houston Chamberlain, lo scrittore razzista genero di Wagner: « È come se i Suoi occhi fossero dotati di mani, perché ti afferrano e ti tengono stretto ... Lei ha trasformato in un colpo solo la condizione della mia anima».
Verso il 1909, Hitler incontrò uno dei suoi mentori, Georg Lanz, un antisemita delirante e prolifico che aveva scritto trattati magicheggianti con titoli tipo: «Teozoologia, ovvero racconti degli uomini-scimmia di Sodoma», e «I pericoli dell'emancipazione femminile e la necessità di una virile etica del padrone». A Lanz si deve anche la seguente osservazione: «La più importante e decisiva forza erotica per i popoli delle razze superiori è l'occhio ... L'erotismo eroico è amore con gli occhi». E uno dei molti che furono catturati dall'«erotismo eroico» dì Hitler raccontò: «Ci guardammo negli occhi, e io provai un unico desiderio: tornarmene a casa e restarmene solo con quella travolgente esperienza».
Quando il drammaturgo tedesco Gerhart Hauptmann ebbe finalmente l'occasione di conoscere Hitler, «il Fuhrer gli strinse la mano e lo guardò negli occhi. Era il famoso sguardo che fa tremare tutti... In seguito Hauptmann riferì ai suoi amici: "È stato il momento più grandioso della mia vita!"».
Se gli occhi sono lo specchio dell'anima, come sostiene la tradizione, dobbiamo dedurne che il potere magnetico degli occhi di Hitler venisse dallo sguardo del demonio? Che i suoi occhi rivelassero il vuoto di dentro, l'abisso di ghiaccio, l'assenza totale di anima? Benché nessuno possa rispondere a queste domande, di sicuro non possiamo attribuire la stranezza di quegli occhi al condizionamento ambientale; e anche se il loro colore è geneticamente determinato, il loro potere paralizzante, come quello di Medusa, davvero può essere riconducibile ai cromosomi?
Come abbiamo osservato in molte biografie, la pressante certezza conferita dalla ghianda sembra porre la vita del suo portatore nelle mani di una potenza superiore. « Seguo la strada che la Provvidenza mi detta con l'assoluta sicurezza di un sonnambulo » ebbe a dire Hitler in un discorso del 1936. Sentirsi l'eletto, un predestinato, diverso da tutti. In trincea, per tutta la durata della Grande Guerra (dove ricevette l'unica ferita nella carne, e subì una lieve intossicazione da gas, con effetti quasi esclusivamente sugli occhi), i commilitoni lo consideravano una «mosca bianca», un tipo isolato e inaccessibile, come se ci fosse un incantesimo su di lui. «Il suo reggimento partecipò a trentasei grandi battaglie ... Per oltre mille giorni, Hitler visse circondato dalla morte e il modo in cui la evitò sempre aveva dell'arcano». «In tutte le occasioni, Hitler sembrava corteggiare la morte, ma i proiettili si portavano via il compagno, lasciando lui senza una scalfittura. Dopo un attacco particolarmente violento, che lasciò il suo reggimento decimato, un soldato esclamò, rivolto a Hider: «Mensch, fur dich gibt es keinen Kugel (Amico, non dev'esserci nessuna pallottola con il tuo nome sopra)». Durante il fallito «putsch della birreria» del '23, la sua guardia del corpo gli si buttò davanti prendendosi la mezza dozzina di pallottole destinate a lui». Il coraggioso attentato del luglio 1944, pur così accuratamente pianificato, fallì; Hitler si salvò quasi per caso, grazie all'intervento della sicura difettosa di una bomba a mano e di una robusta gamba di tavolo.
In una occasione, tuttavia, la fortuna gli venne meno. Aveva diciassette anni, aveva comperato un biglietto della lotteria e fatto grandi progetti su come utilizzare la vincita. Ma non vinse ed ebbe una crisi di rabbia furibonda: la «provvidenza», o Moira o Dea bendata, in cui riponeva una fede assoluta, l'aveva tradito. Moira, come ricorderete, è uno dei nomi del daimon personale.
Hitler stesso parlava di dee del fato, del destino e della storia. Mein Kampf lo scritto in cui espose la sua visione, si apre con la sua personale versione del mito platonico: il suo luogo di nascita, Braunau, in Austria, era stato scelto dal fato per il suo ingresso nel mondo.
Mosso dal suo senso di un destino speciale, Hitler si arrogò il diritto di sconfinare in stato sonnambolico fuori dal mondo umano. Fuori dal mondo umano significa anche in un mondo trascendente, là dove abitano gli dèi. La certezza di essere chiamato gli confermava inoltre il senso di essere sempre nel giusto, e tale assoluta convinzione convinse a sua volta la nazione tedesca, spingendola sempre più avanti nei suoi errori. Assoluta certezza, convinzione assoluta: ecco altri segni del demoniaco.
Già all'età di sette anni, Hitler «era imperioso e facile alla collera e non dava ascolto a nessuno » disse il suo fratellastro Alois; da adulto non avrebbe dato ascolto ai suoi generali. Così come a nessuna donna; perché Hitler ascoltava soltanto il suo daimon, suo unico compagno. Incominciamo a vedere, qui, l'opera corruttrice del potere, via via che il sussurro che guida diventa una voce demoniaca che copre tutte le altre. Il seme possiede dall'inizio una conoscenza sicura e misteriosa. Ma dove un dio è onnisciente, l'essere umano diventa saccente; perciò Hitler non aveva bisogno di scambi con gli altri. Non c'era niente che gli altri potessero insegnargli.
Per dimostrare quella onniscienza, Hitler memorizzava una massa incredibile di dati: localizzazione di reggimenti e scorte, dislocazione e armamento delle navi, tipo di veicoli; e li usava per sopraffare gli interlocutori e mettere in difficoltà i suoi ufficiali. La conoscenza di tutti quei dati «dimostrava» la sua onniscienza, e copriva la mancanza di pensieri e di riflessione e l'incapacità di sostenere un dialogo. Il demoniaco non si lascia coinvolgere; soffoca sotto i particolari e il gergo ogni possibilità di approfondimento.
La nostra democrazia dovrebbe imparare dalla lezione di Hitler, perché esiste il rischio che si possa eleggere un giorno al potere il vincitore di qualche Superquiz televisivo e che si educhino i nostri i figli a credere che le autostrade dell'informazione siano la via della conoscenza. Se uno degli indizi della psicopatia è la mente banale che si esprime con frasi altisonanti, allora stiamo attenti, perché un'educazione che privilegia i fatti invece del pensiero e «valori», nazionalistici o confessionali, «politicamente corretti» invece del giudizio critico può produrre una nazione di primi della classe che sono anche psicopatici.
La sua trascendenza situa il daimon fuori dal tempo; e nel tempo il daimon può entrare soltanto calandosi dentro il mondo. Per cogliere la biografia del daimon a parure dalla cronologia di una vita umana, è necessario leggere quella vita a riiroso mediante l'intuizione (si veda il capitolo IV). L'intuizione vede le cose tutte in una volta, come una Gestalt, mentre il tempo inanella le cose in una catena di eventi che si succedono l'un l'altro verso la linea del traguardo. Ma i progetti e il potere di Hitler non si sono sviluppati via via nel tempo: erano già presenti durante l'infanzia, così come era già presente la sua morte fra le rovine wagneriane.
Hitler stesso si sentiva intrappolato dal tempo. Ripeteva sovente: «Mi manca il tempo», «Il tempo ... lavora contro di noi». Non portava orologio al polso e le rare volte in cui ne aveva uno da taschino trascurava di dargli la carica. Negava la divisione dei giorni in luce e tenebra, tirando le tende di giorno e tenendo accesa la luce tutta la notte. Il regno che voleva edificare sulla terra sarebbe durato mille anni, diceva, e le figure con le quali si identificava appartenevano ad altre epoche: Federico il Grande, Bismarck, Cristo. L'insonnia era uno dei suoi sintomi più vistosi.
Per il disegno iscritto nel seme tutto è presente nello stesso momento e spinge verso un articolarsi simultaneo. Voglio tutto, tutto e subito, perché io lo sento e lo vedo tutto in una volta. Questa è una forma di percezione trascendente, appropriata a un Dio onnipresente. Come spiegò il vecchio rabbino: «Dio creò il tempo affinché le cose non dovessero accadere tutte in una volta». Il tempo rallenta la vita; gli eventi si dispiegano uno per volta, e noi, che aderiamo a una coscienza condizionata dal tempo, crediamo che ciascuno di essi causi il successivo. Ma per il daimon il tempo non può causare niente che non sia già presente nell'immagine globale. Il tempo può solo rallentare e frenare la realizzazione, favorendo così la nostra discesa, cioè la nostra crescita.
L'atemporalità della ghianda, con la sua spinta a far succedere tutto subito, rimanda alla possessione da parte del daimon, un daimon sul punto di diventare demoniaco. Il saper assaporare come ogni cosa abbia la sua stagione, il saper dare tempo e avere tempo e metterci tempo sono atteggiamenti estranei al Cattivo Seme, il quale predica e impone l'inflazione maniacale che non tollera interruzioni (Hitler che inventa la guerra lampo, che dà in escandescenze di fronte al minimo impedimento) ed esige impulsività e fretta. Dicevano gli alchimisti: «Nella tua pazienza è la tua anima» e «La precipitazione viene dal demonio».
Concluderò con la testimonianza di un'intrusione diretta del daimon, forse del demonio stesso.
«Ho ricevuto la seguente testimonianza da un uomo che viveva in stretto contatto quotidiano con Hitler. È notte, Hitler si sveglia urlando istericamente ... È scosso da brividi di paura che fanno vibrare tutto il letto ... Sta in piedi tutto tremante in mezzo alla stanza e lancia intorno occhiate di panico. "Era lui! Era lui! E stato qui!" dice ansimando. Aveva le labbra blu, il sudore gli colava lungo la faccia. Di colpo si mise a pronunciare una sequela di numeri e di strane parole e frasi smozzicate completamente prive di senso. Faceva un'impressione terribile. Usava costruzioni e locuzioni completamente estranee alla lingua tedesca. Poi si irrigidì, solo le labbra si muovevano. Gli fu fatto un massaggio e gli fu dato da bere. A un tratto scoppiò a dire: "Laggiù, laggiù! Nell'angolo! Chi è quello?".
« Incominciò a pestare i piedi e a strillare nel solito modo. Gli fu fatto vedere che non c'era niente di fuori del comune nella stanza e lui a poco a poco si calmò».
Otto spiegazioni
Alice Miller, nel riferire questo episodio, immagina che Hitler stia rivivendo nella fantasia i rapporti con un padre punitivo. Questa prospettiva convenzionale riduce il demone che Hitler vede a un padre evocato. La Miller è convinta che anche le battaglie (indiani o boeri contro gli inglesi oppressori) che Hitler inscenava per gioco con i compagni esprimessero il conflitto con il padre oppressore. Oltre a opporsi al padre, Hitler si identificava anche inconsciamente con lui in quanto oppressore; per Alice Miller, dunque, la forza motivante, il demone persecutore dell'incubo notturno di Hitler non era affatto un daimon, bensì un'immagine paterna introiettata. Così la superstizione parentale esorcizza il male!
Anche le interpretazioni del caso di Charles Manson, una figura orrifica che ha occupato l'immaginazione occidentale degli ultimi trent'anni come fece Jack lo Squartatore nel secolo scorso, attribuiscono la colpa in primo luogo ai genitori. Nel caso di Manson, il seme del male è localizzato nella madre, che lo avrebbe «venduto a una cameriera di bar per una caraffa di birra». Manson stesso aveva raccontato quell'episodio al suo biografo, per spiegare come mai «si sentiva sempre un isolato». La nostra è una psicologia pop, che non riesce a spingersi al di là dei genitori e dello sviluppo per spiegare la solitudine originaria e gli effetti isolanti della chiamata del daimon, in Hitler come in qualsiasi altro assassino nato.
Mickey, l'assassino psicopatico interpretato nel film di Oliver Stone da Woody Harrelson, lo dice a chiare lettere: lui è un «natural born killer», dando in questo modo una spiegazione delle sue azioni e il titolo al film. Eppure Quentin Tarantino, autore della sceneggiatura, e il regista, Oliver Stone, sembrano incapaci di trarre sino in fondo le conseguenze della loro intuizione. Rendono omaggio a trite e ritrite «ragioni» psicologiche con flashback su scene di violenza sessuale. Questi inserti marginali non solo propongono lo psicopatico a sua volta come vittima, ma rendono confusa l'importante intuizione del film. Le vere ragioni di quel «comportamento insensato» sono date dai temi di fondo del film in una triplice combinazione di motivazioni irresistibili: il modo come in America l'esperienza amorosa è vissuta inflazionisticamente con effetti isolanti e antisociali, la delirante trascendenza del successo mediatico e, infine, l'innato Cattivo Seme, che chiama a uccidere.
Quest'ultimo fattore si manifesta in modo forse più trasparente che in altri nel caso di Mary Bell, una bambina inglese di dieci anni, di Newcastle, che nel 1968 strangolò a due mesi di distanza l'uno dall'altro i piccoli Martin, quattro anni, e Brian, tre anni. Citta Sereny analizzò in profondità i primi mesi di vita della bambina con una madre schizoide estremamente distruttiva, che non l'aveva voluta e non la voleva, e che anzi cercò ripetutamente di liberarsi di lei; sicché, nella ricostruzione della Sereny, i due bambini assassinati diventano le vittime dello stesso assassinio dell'anima di Mary Bell perpetrato dalla madre. La disumanità nasce da cure materne disumane. Il libro della Sereny vorrebbe contribuire a una società migliore, liberando il campo dalla teoria della ghianda: «Possibile che non si sia ancora andati oltre la mentalità che chiama mostri i bambini malati e crede nel male innato?».
Vi sono tuttavia episodi, nella prima infanzia di Mary Bell, che possono essere letti come indizi di un arcano destino. Gli altri bambini avevano antipatia per lei e la tenevano a distanza: « Nessuno vuole giocare con me». Le maestre delle elementari la giudicavano furba, insolente e poco spontanea; raccontava frottole a getto continuo ed era difficile nelle sue storie distinguere tra verità e bugie. Sul banco dei testimoni, «suscitò un'automatica e inspiegabile repulsione, non solo nelle persone che avevano a che fare con lei, ma anche in molti degli spettatori». C'era qualcosa in lei che respingeva il contatto umano.
Questo le succedeva già da piccolissima. Disse la sorella di suo padre, alla quale era stata affidata per un certo periodo: « Era ancora in fasce, ma non si lasciava quasi toccare. Non si poteva tenerla in braccio, baciarla; ed è sempre stata così, subito girava la testa dall'altra parte». La Sereny stessa osserva che, come anche per la madre, «c'era grande disponibilità di amore intorno a loro, ma né Mary né la madre sembravano capaci di accettarlo».
E poi c'è l'attrazione per la morte. In quattro diverse occasioni, prima dei quattro anni, Mary fu lì lì per morire per avere ingerito del veleno e dei farmaci e per una caduta quasi mortale dalla finestra. Quelle morti sfiorate erano forse opera della ghianda, che già sapeva che non sarebbe dovuta entrare nel mondo? Una volta, dalla nonna, «una donna molto responsabile», Mary (che non aveva ancora un anno d'età!) si impossessò di certe medicine, e «per riuscirci dovette innanzitutto trovare il ferro da calza [che serviva ad aprire il nascondiglio], arrampicarsi lino al grammofono [il nascondiglio], aprirlo, scovare il flacone ben nascosto, svitare il coperchio, togliere e inghiottire un numero di minuscole pillole dal cattivo sapore sufficiente a riuscirle quasi fatale».
Venendo agli omicidi: «Concetti come "morte", "assassinio", "uccisione" per Mary avevano una connotazione diversa dalla nostra ... Per lei era stato tutto un gioco».
Con Mary Bell entriamo direttamente nel rompicapo delle cause. Gitta Sereny è evidentemente convinta che, se la madre avesse ricevano le opportune cure psichiatriche, se a scuola ci fosse stato un servizio psicologico efficiente, e in condizioni socioeconomiche non così deplorevoli, Brian e Martin non sarebbero stati assassinati.
Alice Miller concorderebbe con la valutazione della Sereny; lo dichiara esplicitamente: « I comportamenti assurdi affondano sempre le loro radici nella prima infanzia» e « Hitler di fatto trasferì il trauma della sua vita familiare sull'intera nazione tedesca». Le fa eco la «psicostoria» di Helm Stierlin, Adolf Hitler. A Family Perspective, da cui si ricava l'impressione che l'intero corso della storia mondiale sarebbe potuto essere modificato con un tempestivo intervento terapeutico su quell'anonima famigliola austriaca. Venti milioni di caduti in Russia e sei milioni di ebrei sterminati, per non parlare delle vittime negli altri paesi nonché dei soldati tedeschi stessi, «causati» dalle percosse ricevute dal piccolo Adolf e da ciò che sua madre aveva fatto o non fatto!
Naturalmente dei punti di verità ci sono, nelle tesi della Sereny e della Miller; tuttavia, rimane sempre la domanda: Non si daranno anche fattori genetici, fattori ereditari, in questi e in altri casi di criminali psicopatici? È, possibile che certe persone siano demoni per natura e inaccessibili ai sentimenti umani? Prospero, con il tono di un terapeuta frustrato, dice di Calibano; « Un demonio, un demonio nato, sulla cui natura / la cultura mai potrà fare presa; con lui le pene, / che per un senso di umanità mi sono dato, sono andate tutte sprecate, tutte! » (La tempesta, IV, i, 189). Allora, quando leggiamo della strana freddezza di Mary e di Hitler, di quell'impulso verso la morte, abbiamo l'impressione che debba esserci qualcos'altro, al di là dell'educazione e dell'eventuale ereditarietà, una qualche lacuna nella loro anima, o addirittura una mancanza di anima.
Perciò adesso esporremo gli otto più importanti modelli interpretativi usad per spiegare il Cattivo Seme. Benché io li elenchi separatamente quasi in contrapposizione, non occorre dire che essi si integrano a vicenda; ciascuno aggiunge ipotesi a ognuno degli altri e nessuno, singolarmente, può pretendere di proporsi come l'unica verità.
Quella certa rigidità espositiva che forse si noterà in questo capìtolo dipende probabilmente dal materiale trattato, la figura di Hitler, L'immagine è talmente tossica, talmente esplosiva da richiedere di essere maneggiata con cautela. Ciascuna prova, ciascuna accusa va numerata e contrassegnata separatamente. Ecco forse il perché dei metodi faticosi, ossessivi usad in casi del genere, dall'Inquisizione ai processi a Adolf Eichmann in Israele, a Klaus Barbie in Francia e naturalmente nel processo di Norimberga. La minuziosità e la pignoleria della ragione è una difesa contro la forza demoniaca a cui si applica. Dunque, immaginiamo che sotto processo sia il Cattivo Seme stesso e che gli otto modelli interpretativi delineati di seguito costituiscano l'esposizione preliminare delle tesi della difesa.
Condizionamento dovuto a traumi infantili
Sei diventato quello che sei a causa dell'ambiente violento, brutalizzante e privo di cure affettuose dei primi mesi e dei primi anni dì vita.
Forse hai anche sofferto di complicazioni perinatali, di denutrizione, di lesioni cerebrali precoci. Eri un figlio indesiderato, sei dovuto sopravvivere già alla nascita in un clima di crudeltà e di violenza. I messaggi che ricevevi erano contraddittori (doppio legame), negavano la realtà dei fatd; eri in balia degli umori imprevedibili e dei capricci arbitrari degli adulti. Ogni istante della tua vita sarebbe potuto essere l'ultimo; inerme di fronte a un potere assoluto, derubato di ogni dignità, hai acquisito uno schema di comportamento che, instauratosi precocemente, è diventato continuativo e progressivo. Di male in peggio.
2.La tara ereditaria
Sei portatore di una struttura fisiologica disfunzionale: troppo testosterone; serotonina insufficiente; squilibri ormonali; elettroencefalogramma irregolare; insensibilità autonomica; anomalie geniche. L'idea delle tare ereditarie come determinanti del comportamento ha avuto grande peso soprattutto nella psichiatria ottocentesca. Alla base c'erano gli studi longitudinali di famiglie lungo diverse generazioni, indicanti la presenza di segni di degenerazione nella forma delle orecchie e nelle linee delle mani. I testi di psichiatria si presentavano come una sorta di schedario della polizia con grotteschi individui «degenerati», la cui «sostanza» aveva perduto vitalità a causa dei nonni ubriaconi o dediti a pratiche sessuali innaturali. Il criminale psicopatico era l'effetto di forze biofisiche e nasceva, come peraltro anche i geni e gli artisti, con una dotazione fisiologica fortemente influenzata dalla libido sessuale. Tale condizione è sostanzialmente immodificabile se non attraverso mezzi fisici, il che giustifica «trattamenti» come la reclusione a vita in apposite istituzioni per «pazzi criminali», la castrazione, l'elettroshock, la lobotomia e, sotto il regime nazista, la vivisezione e lo sterminio. Oggi invece, il modello fisiologico prescrive, con maggiore sottigliezza, tutto un armamentario farmacologico capace di domare il comportamento: tante belle pilloline colorate.
3. L'ethos del gruppo
Benché la natura biologica e il condizionamento sociale possano avere posto le basi del tuo comportamento criminale, il fattore scatenante decisivo è il cosiddetto «gruppo dei pari», specialmente dall'inizio della pubertà a tutta la nostra lunga adolescenza. Le abitudini della strada, il codice della banda, le leggi non scritte del carcere, l'indottrinamento militare delle forze speciali, l'ideologia dei vigilantes, il recinto del campo di concentramento, l'omertà delle «famiglie» mafiose: le convenzioni del gruppo con il quale ti identifichi determinano il sistema di valori che modella lo stile del tuo comportamento. Lo stile viene interiorizzato e va a costituire una riserva di reazioni violente alla quale attingi in situazioni in cui ti senti minacciato, come i marines nel villaggio vietnamita di My Lai o qui, sotto casa, se qualcuno «vuole pestarli i piedi». Criminalità e violenza fanno parte del costume di certi gruppi, come le ronde di strada che prelusero alle sa di Hitler, mentre incendi, saccheggi e stupri fanno parte del costume degli eserciti vittoriosi dopo la battaglia. Questi comportamenti sono relativamente indipendenti da fattori fisiologici e dal condizionamento ambientale infantile. Gruppo che vai, u- senza (violenta) che trovi - e che segui.
Un biografo di Al Capone, lo spietato capo della malavita di Chicago, spiega la vocazione criminale del suo soggetto al solito modo, richiamandosi all'infanzia a Brooklyn e ai costumi del gruppo.
«Quale ragazzino si sarebbe fermato un minuto più del necessario in un posto dove olio, dieci, dodici persone mangiavano e dormivano, si lavavano e si vestivano in un paio di stanze umide e squallide, con la puzza di escrementi proveniente dalle tubature marce che riempiva gli androni e i topi che banchettavano nella spazzatura scaraventata in cortile dalle finestre; dove o ti congelavi o morivi di caldo; dove gli adulti, per la miseria e l'impotenza, non facevano che lanciarsi insulti e urlarti dietro e ti riempivano di botte alla minima provocazione?
«La banda di strada era la salvezza ... Nella strada, i ragazzi si creavano la loro società indipendente dal mondo degli adulti e antagonistica a esso. Sotto la guida di qualche ragazzo più grande e più forte, inseguivano l'eccitazione di avventure condivise, degli scherzi violenti, dell'esplorazione, del gioco d'azzardo, dei piccoli furti, del vandalismo, della sigaretta o della sniffata o della sbronza di nascosto, dei riti segreti, del turpiloquio e della pornografia, delle battaglie contro bande rivali».
4. Il meccanismo della scelta
Ciò che fai è una tua scelta ed è condizionato a ogni passo dalle tue scelte. Il fatto che esse siano a loro volta condizionate dalla fisiologia, dall'educazione infantile, dai costumi del gruppo durante l'adolescenza, non è realmente determinante per l'analisi dei costi e dei benefici che intraprendi a ogni tua mossa criminosa. È chiaro che devi trovarci il tuo tornaconto. La scala dei pesi è elementare: il rapporto dolore/piacere, proposto da Jeremy Bentham con il suo calcolo utilitaristico dell'agire umano, e ripreso ancora di recente nel concetto di punizione/ricompensa di James Q. Wilson e Richard Herrnstein. Se per il tuo tipo di personalità la ricompensa che trai dalla violenza impulsiva o dall'uccisione premeditata supera in valore la punizione prevista, ti ci butti, automaticamente, meccanicisticamente. Non solo, se ciascuna scelta incontra cumulativamente il successo, come è accaduto a Hitler per un intero decennio, allora quei successi rinforzeranno in te la convinzione di essere sulla strada giusta e di avere il destino dalla tua parte.
In questa vita si realizza una porzione della tua vita precedente. La tara ereditaria sarà anche iscritta nei tuoi cromosomi, ma a mettercela è stato il karma. Il Cattivo Seme è il riflesso di qualcosa che devi patire personalmente e anche di qualcosa che attiene alla storia del mondo, al suo Zeitgeist. Che tu ti metta con la banda di ladruncoli di Fagin o che venga iniziato alla setta dei Thughs in India o che il tuo corpo sia predisposto a produrre reazioni fisiologiche anomale, tutto questo è il tuo karma, risultante dalle precedenti incarnazioni. Siamo di fronte a un mistero metafisico che la ragione umana è troppo limitata per afferrare: anche il più cattivo dei Cattivi Semi fa parte del disegno universale dello Zeitgeist. II karma personale di Hitler rientra in un progetto cosmico.
5.L'Ombra
Indipendentemente dai fattori biologico e ambientale, la propensione psicologica a distruggere esiste in tutti gli esseri umani. Violenza, criminalità, omicidio, crudeltà appartengono all'anima umana come sua ombra. La Bibbia rende il dovuto rispetto all'Ombra con la proibizione diretta, in cinque dei Dieci comandamenti, del furto, dell'omicidio, dell'adulterio, della menzogna e dell'invidia. È stato a causa di tali tendenze universali, latenti in ciascuno di noi, come protezione contro di esse, che sono sorte le varie forme societarie, le organizzazioni politiche, i freni della morale. Se l'anima umana non avesse un'ombra, che bisogno avremmo di avvocati, criminologi e confessori? L'autonomia dell'ombra può erompere in qualsiasi momento, come Mr. Hyde dal dottor Jekyll, oppure emergere gradualmente in condizioni estreme, come racconta II signore delle mosche. L'assassino nato è umano, troppo umano. Poiché gli esseri umani hanno ombre le cui profondità attingono al livello collettivo dove si annida l'assassino, il comportamento umano è mosso da questa forza archetipica. Hitler conosceva bene l'Ombra, la assecondava, ne era ossessionato e voleva epurare il mondo da essa; ma non poteva riconoscerla dentro di sé, ne vedeva solo la forma proiettata, come ebrei, zingari, intellettuali, stranieri, deboli e malati.
7. La lacuna
Un qualche tratto umano fondamentale è assente. C'è un buco nel tuo carattere, nel tuo inventario di personalità. I tuoi delitti non sono dovuti tanto alla presenza dell'Ombra (tutti, infatti, siamo sottoposti a quell'archetipo universale), quanto a una precisa assenza, la mancanza di sentimento umano. Adolf Guggenbùhl-Craig chiama eros tale ingrediente essenziale mancante. La teologia cattolica chiama l'assenza privatio boni, mancanza di bontà; come si dice colloquialmente: «Quel ragazzo è un poco di buono».
L'assenza può essere riempita da altri tratti: impulsività (una miccia troppo corta), miopia (la gratificazione immediata sembra più importante delle conseguenze a lungo termine), rigidità ripetitive, povertà emotiva, intelligenza rattrappita, inaccessibilità al senso di colpa e al rimorso (non attaccano, come il cibo ai tegami di Teflon), meccanismi di proiezione e di negazione. Ma più importante e più fondamentale è quella lacuna erotica, quella fredda assenza, quell'incapacità a intenerirsi e a immedesimarsi in un'altra creatura vivente.
Il serial killer Dennis Nilsen, che tiene nel suo letto i ragazzi uccisi per dormirci, per coccolarli e farci l'amore, e Jeffrey Dahmer, che mangia le carni dei ragazzi che ha rimorchiato e ucciso, assomigliano alle figure demoniache del mondo infero rappresentato nell'arte cristiana, tibetana o giapponese. Forse stanno cercando il modo di uscire dall'esilio nel loro vuoto, di ritornare a una comune umanità. La componente sessuale dei loro delitti non è la causa, bensì un sintomo, il tentativo di accendere un fuoco spento, di stimolare una forza di vita, di toccare, di unire, di avere un rapporto con la carne umana.
8. La chiamata del demonio
Esiste una vocazione che è ineludibilmente tua. In quale rapporto essa sia con le vite passate, con il corpo attuale, o con il divenire dello Zeitgeist nella storia, non è a tua conoscenza e nemmeno ha interesse per la nostra ricerca. La chiamata offre la trascendenza, che ti diventa assolutamente necessaria per la vita su questa terra, come lo erano le luci della ribalta per Judy Garland, il campo di battaglia per il generale Patton, la pittura per Picasso. Come le potenzialità per l'arte e per il pensiero sono date con la ghianda, così è anche delle potenzialità per il delitto demoniaco.
«... la gente non capisce ... A noi gente di vita non ci frega niente di villette con il loro giardino e l'erba tosata e stronzate del genere. Noi siamo gente di spettacolo. La bella gente. Come arrivare sul set con la macchina più bella, avere le donne più belle, i vini migliori. Senu la gente che parla di te. Come entri in un locale, senti che si fa il silenzio. Fai esistere una cosa dal niente».
La trasgressione come trascendenza; innalzato al di sopra della tua situazione, pieno di potere o di fascino, e in contatto con l'origine trascendente dell'urgenza che ti chiama.
Nell'ultima scena dell' Otello, quando si rivela come sia stato Iago la causa malvagia di molte morti e il corruttore del suo carattere nobile e ingenuo, Otello domanda: « Perché questo demonio mi ha irretito l'anima e il corpo?». Shakespeare fa rispondere così a Iago: «Non chiedermi nulla; quel che sai, sai». Queste sono le ultime parole di Iago, che lasciano i commentatori nel dubbio circa le sue motivazioni. Eppure non c'è niente di enigmatico nell'affermazione di questo che è tra i più malvagi personaggi shakespeariani. lago sta dicendo, in sostanza: «Lo sai già, Otello. Per due volte, nelle battute precedenti, mi hai chiamato demonio». Iago ha fatto esistere una tragedia dal niente: così, quasi per gioco.
Il Cattivo Seme trae piacere dalla malvagità, dalla distruzione. Alla psichiatra che le chiedeva dell'assassinio del piccolo Brian, Mary Bell disse: «Ho riso tanto quel giorno». L'unica testimone, una ragazzina di quattordici anni, dichiarò: «Disse che le era piaciuto». L'esecuzione in sé dell'atto demoniaco dà soddisfazione, una gratificazione che, nei maschi postpuberi, può essere accompagnata da piacere sessuale, ma questo non è un fattore determinante, non, per esempio, nel caso di Mary Bell.
Il materialismo non sa spiegare questa urgenza. Hitler non costruì una nazione fondata sull'assassinio per un tornaconto economico. Anzi, la spesa stanziata per le infrastrutture e la gestione dei campi di sterminio, mentre stava perdendo la sua guerra, superava di gran lunga il guadagno ottenuto con la confisca di beni e oro. Nemmeno la povertà materiale costituisce una spiegazione sufficiente del Cattivo Seme, ovvero, come lo chiama Jack Katz, da sociologo, della «pulsione verso la devianza», anche se condizioni di vita oppressive possono certamente costituire un importante fattore concomitante.
L'interpretazione di Katz poggia su una serie di concetti filosofici (in parte mutuati dalla ricerca sul simbolismo del male dell'epistemologo francese Paul Ricoeur), secondo i quali gli atti « insensati » non sono semplicemente insani, ma acquistano senso, in quanto colmano il divario tra l'umano e il divino. L'infrazione di tutti i comandamenti ti libera dalle catene dell'umano, consentendo l'accesso a una condizione trascendente, dove demonio e divinità sono indistinguibili.
Il misticismo radicale, quale si esprime per esempio nelle messe nere, nel movimento ebraico del frankismo, nell'antinomismo e nei culti satanici del cristianesimo e nelle pratiche tantriche, spezza ritualisticamente i tabù che isolano il sacro nel recinto della morale. L'elevazione del profano attraverso gli atti più profanatori immaginabili aumenta la sua potenza fino a renderla indistinguibile dai sacro.
Gli omicidi psicopatici non sono detti insensati solo perché sono a-razionali e arbitrari, perché la loro motivazione è così oscura. Sono insensati perché presuppongono la «vertigine della devianza», un tuffo o un'ascesa radicali per mezzo di un delitto che è una trasformazione, un «apoteosi». Katz lascia intendere che l'insensatezza ha senso, se guardata dal suo lato oltremondano, non dalla persona che eri o sei, ma da quella che potresti per suo mezzo diventare.
Tale sconvolgimento dei sensi è presente durante l'atto. La conclusione di Brian Masters sull'assassino psicopatico (si riferisce in particolare a Dennis Nilsen, che assassinò quindici ragazzi adolescenti) è che, «nel momento dell'omicidio, la ragione dell'assassino è obnubilata».
Jurgen Bartsch, il serial killer tedesco che uccise alcuni bambini dopo averli torturati, dichiarò: « Da una certa età in poi (verso i tredici, quattordici anni), ho sempre avuto la sensazione di non possedere il controllo delle mie azioni... Allora pregavo, con la speranza che almeno questo servisse, invece non servì». Quell'uomo si rivolgeva all'intervento divino perché avvertiva che la causa era al di fuori della sfera umana. Jeffrey Dahmer, che uccise a percosse una serie di adolescenti facendoli a fette per poi mangiarne le carni, non sapeva dare alcuna spiegazione del suo comportamento e decise di affrontare il processo, anziché dichiararsi colpevole, appunto «per scoprire che cosa mi aveva fatto essere così cattivo e malvagio».
Nel corso del processo, nel 1992, al padre, Lionel Dahmer, tornarono di colpo alla mente episodi e situazioni della propria giovinezza molto simili a quelli riferiti dal figlio: il «gusto» di dominare tutto e il desiderio di potere; esperimenti con materiali distruttivi; distacco e freddezza emotiva; un tentativo di seduzione di una bambina; e anche una serie di sogni ricorrenti, tra gli otto e i venti anni, in cui commetteva orrendi omicidi. Al risveglio, il delitto sembrava reale: « Oscillavo letteralmente tra fantasia e realtà, ero terrorizzato di averlo fatto davvero. Mi sentivo smarrito, come se avessi perduto il controllo e in quel momento avessi potuto commettere qualcosa di orribile».
Lionel Dahmer si ritiene responsabile per essere stato un cattivo padre, «elusivo e poco perspicace». E tuttavia egli va oltre la superstizione parentale della Miller e di altri che incolpano i genitori per i figli delinquenti. Questo padre mette in campo una componente arcana. Si assume una sorta di participation mistique, un potenziale demoniaco in comune con suo figlio. Lui pure conosceva la schiacciante realtà dell'intervento demoniaco, del Cattivo Seme.
Il Cattivo Seme aveva manifestato la sua violenza nel figlio già a quattro anni. La famiglia stava intagliando le zucche per Halloween (la notte dedicata a rendere visibile l'invisibile presenza in mezzo a noi di demòni, diavoli, streghe e morti). Mentre stavano per scolpire un sorriso sulla zucca di Jeffrey, d'improvviso il bambino si mise a strillare: «Voglio una faccia cattiva! ». I genitori cercarono di convincerlo ad accettare il sorriso, ma Jeffrey «incominciò a pestare pugni sul tavolo e a urlare con veemenza: "No, voglio una faccia cattiva!"».
Quello che è forse, almeno numericamente, il più feroce dei serial killer, Andrej Cikatilo, catturato nell'Ucraina meridionale dopo che aveva ucciso una cinquantina di adolescenti, in maggioranza ragazze, durante l'interrogatorio dichiarò: «Era come se qualcosa me lo ordinasse, qualcosa fuori di me, qualcosa di soprannaturale. Non avevo il controllo di me stesso quando commettevo quegli omicidi, quando le accoltellavo, quando infierivo». Nella sua confessione ricorrono di continuo frasi come: « Ero in preda a una febbre animalesca, ricordo solo vagamente quello che ho fatto ... In quel momento, avrei voluto distruggere tutto ... Non so che cosa mi sia successo ... mi aveva preso un bisogno incontrollabile ... mi sentivo spinto in maniera irresistibile ... Incominciai a tremare ... tremavo violentemente ... incominciai letteralmente a tremare...».
La ghianda si manifesta non soltanto come angelo che guida, ammonisce, protegge, consiglia, esorta e chiama. Si esprime anche con una violenza implacabile, come quando svegliò Hitler nel cuore della notte e lo fece tremare dal terrore, un terrore che non risulta in altre situazioni, in trincea, dopo l'attentato del luglio 1944, negli ultimi giorni nel bunker. Le uniche reazioni in qualche modo paragonabili sono le crisi isteriche che lo prendevano durante i comizi, quando si contorceva come un ossesso ammaliando le folle, e le sfuriate che faceva quando veniva contrastato.
Prevenire, si può?
Alla fine di tutto, sorge inevitabile la domanda pratica: Se Hitler esemplifica nel modo più mostruoso il Cattivo Seme, è possibile prevenire dei futuri Hitler?
Che il seme fosse presente già nell'infanzia pare evidente. L'incerta ascendenza e le leggende apocrife sui suoi inizi sottolineano l'eredità daimonica. Il fervente pangermanesimo esibito a dodici anni, benché Hitler fosse austriaco, predice gli svolgimenti successivi. Già intorno ai dieci anni, giocando alla guerra con i compagni, guidava attacchi di boeri contro gli inglesi. A undici, era un «caporione», tiranneggiava i compagni più piccoli e appariva riservato ma anche fanatico. Il suo romanticismo di adolescente trovava appiglio nella spettacolarità del mito e dell'opera riassunti in Wagner.
Ancora prima, a sette anni, con un grembiule drappeggiato intorno alle spalle, «in piedi su una sedia in cucina, arringava i presenti con lunghi e infervorati comizi ». A quattordici, quindici anni, era capace di farneticanti esibizioni di oratoria, sembrava che si rivolgesse alle forze della natura, trascendendo la sua persona, la sua forma visibile; «aveva un aspetto quasi sinistro», come se attraverso di lui parlasse la voce di un altro essere. « Era come se non potesse esimersi dal parlare» ebbe a dire un amico d'infanzia.
Mein Kampf, il libro che scrisse in carcere verso i trent'anni, espone il progetto visionario che intendeva realizzare. Tutta la tragedia a venire è compendiata lì, per chi la vuole leggere. Eppure gli statisti occidentali, gli intellettuali, le forze democratiche, la Chiesa, gli stessi ebrei non seppero cogliere il demoniaco. L'occhio tenebroso che sa vedere il male era stato accecato dalle abbaglianti promesse di progresso e dalla fede nella pace e nella buona volontà degli uomini.
Senza una profonda sensibilità per la psicopatia e la forte convinzione che il demoniaco è sempre tra noi (e non solo nelle sue forme più aberranti), finiamo per nascondere la testa nella negazione e nell'innocenza dagli occhi sgranati, in quel tipo di apertura che in realtà spalanca le porte al peggio. Si noti, poi, come la tirannide politica si nutra della credulità della popolazione, e come una popolazione credulona si lasci incantare dalla tirannide. L'innocenza, si direbbe, chiama il male.
Le biografie di Hitler ci offrono alcuni suggerimenti sugli indizi diagnostici che bisogna cercare, nell'infanzia e nella giovinezza: gli occhi freddi e il cuore di ghiaccio; la mancanza di senso dell'umorismo; la certezza assoluta, l'arroganza, l'inflessibilità, la purezza; la proiezione fanatica dell'Ombra; la sfasatura rispetto al tempo presente; la fede mistica nella fortuna; la rabbia se si viene impediti, ostacolati o contraddetti; la richiesta paranoide di fiducia e lealtà assolute; la fascinazione nei confronti di miti e simboli del «male» (il lupo, il fuoco, l'apocalisse); rapimenti estatici, crisi convulsive, momenti di assenza e/o tensione alla trascendenza; desiderio di potenza per paura di essere ordinario, ignorante, impotente.
A proposito di impotenza: è importante mantenere nettamente distinte inadeguatezza e impotenza. L'attribuzione della psicopatia di Hider al suo presunto monorchismo (così come l'attribuzione dei delitti di Cikatilo, Gilmore e Nilsen a disfunzioni sessuali) mette il carro davanti ai buoi. L'animale trainante, qui, è la terribile paura di essere inadeguati rispetto alla visione totalizzante del daimon. E una paura che affligge tutti noi quando entriamo in contatto con le sue pretese fuori dell'ordinario. Il demonismo nasce non già a causa di presunte o reali disfunzioni sessuali, bensì in seguito alla relazione disfunzionale con il daimon. Cerchiamo di realizzare integralmente la sua visione, rifiutando di lasciarci frenare dalle nostre umane limitazioni: diventiamo, insomma, megalomani.
La sproporzione fra gli strumenti a disposizione della persona e le pretese del daimon fa nascere sentimenti di inadeguatezza, di inferiorità, che poi, in conformità con il tipico concretismo di fondo della psicopatologia, vengono ridotti al senso di inadeguatezza sessuale. (Concretismo è la definizione che meglio compendia l'atteggiamento psicopatologico: il considerare letteralmente, concretamente reali eventi psichici come i deliri, le allucinazioni, le fantasie, le proiezioni, i sentimenti e i desideri. Per esempio, Hitler prese in modo letterale le fantasie, dettate dal desiderio, di indurre la nazione tedesca a superare la situazione di debolezza conseguente alla sconfitta nella prima guerra mondiale, e si apprestò a eliminare «la debolezza» con misure concrete, come il riarmo e i campi di sterminio. Il medesimo tipo di pensiero concretistico convince il molestatore di bambini e il violentatore recidivo che l'unica cura sia la castrazione, giacché si dà per scontato che ciò che si manifesta come sessuale stia, letteralmente e soltanto, nell'organo sessuale).
Solo nelle teorie psicologiche dell'Occidente troviamo che è la coda ad agitare il cane. Le nostre teorie, infatti, tendono ad avere in comune con le patologie che vorrebbero spiegare la medesima immaginazione concretistica. E sono, oltretutto, parimenti ossessionate dalle fantasie sessuali che hanno sempre permeato la nostra cultura, ben prima di Freud, forse sin dai tempi di san Paolo. Poiché le nostre teorie sulle psicopatologie sono a loro volta pornografiche (pensiamo al voyeurismo e alla libidinosità dei nostri casi clinici), per l'anima e per il suo daimon esse sono certamente altrettanto degradanti della pornografia commerciale su cui i puritani amano tanto gettare la colpa.
Riducendo il Cattivo Seme allo scroto mezzo vuoto del monorchismo (un dato peraltro controverso, visto che Hitler non si lasciava visitare al di sotto della vita), si ignorano i profondissimi sentimenti di inadeguatezza, l'impressione di venir meno al daimon, di non essere all'altezza della sua chiamata, della sua visione senza limili, della sua compulsione maniacale. La «cura», dunque, non consiste nel recuperare potenza sessuale (cioè «palle più grosse»), ma nel guarire dal concretismo, che banalizza la potenza della ghianda riducendola a quella «piccola borsa col suo conienuto», come Freud chiamava lo scroto.
E sempre difficile resistere alla chiamata: era difficile per Judy Garland non cantare, anche quando la sua voce non arrivava più alle note e la sua testa non teneva più le parole, difficile per Manolete non scendere nell'arena, anche se quel giorno presentiva la tragedia. Come il potenziale di Manolete o di Judy Garland, anche il potenziale criminoso dello psicopatico è del daimon ed è dato con la ghianda. I suoi delitti non sono tanto il risultato di una scelta, quanto una necessità, anche se, come si raccontano a volte psichiatri e criminologi, la necessità può essere dirottata, inibita, soffocata, sublimata. La chiamata, per lo psicopatico, è quella a esercitare un potere con gli occhi, la voce, il fascino, le bugie e uno scaltro tempismo, con il corpo, con tutto ciò che serve a camuffare la fondamentale debolezza della persona. Poiché la potenza è del seme, non della persona, ecco che la persona può essere, come Hitler, un omarino, uno spostato, con appena un'infarinatura di cultura e un'occupazione insignificante, non privo, magari, di un vago talento artistico e certamente dotato di una immaginazione eccitabile (come hanno messo in luce Capote, Mailer e Sartre nell'analisi dei criminali psicopatici di cui hanno scritto).
La sproporzione tra personalità umana e seme daimonico è talmente grande che è come se il mondo umano fosse prosciugato per nutrire il seme. L'essere umano, sempre più striminzito e «inumano», ha bisogno allora di sangue, come le pallide ombre che Ulisse incontra nell'Ade, bramose di bere il sangue del sacrificio. Il Cattivo Seme (e forse, in misura minore, tutte le ghiande) si comporta come un parassita della vita dell'ospite prescelto, il quale sovente ne rimane destrutturato, pieno di sìntomi, appiattito, svuotato di eros, incapace di tessere rapporti. Sono le persone che chiamiamo asociali.
Ma questi tipi solitari non sono soli. Sono in comunione con il daimon, attirati dall'invisibilmente inumano lontano dall'umanità, e cercano di creare un mondo modellato sulla grandiosità e il luccichio di un mondo non visto ma colto in una visione. Il solitario ha commercio con un Dio solitario e trascendente, monomania e monoteismo diventando indistinguibili, in una parodia del famoso passo delle Enneadi di Plotino: «Questa è la vita degli dei e degli uomini benedetti e simili agli dei ... una vita che non trova più piacere nelle cose di questo mondo, che è fuga di solo a solo».
La vera, grande passione di Hitler non era il Reich tedesco, non era la guerra, o la vittoria, e neppure la sua stessa persona. Era l'architettura. I despoti megalomani, da Nabucodònosor e dai faraoni d'Egitto attraverso gli imperatori romani fino a Napoleone e a Hider, costruiscono materialmente la visione del daimon. Per questo motivo, la megalomania perseguita il costruttore, l'architetto, come insegna la Bibbia con il racconto della torre di Babele, che non parla soltanto dell'origine delle lingue ma anche della megalomania insita in tutti i tentativi di rendere concreta la grandiosità delle fantasie, specialmente nel campo dell'architettura. Le società tribali di norma hanno cura che i loro altari siano mobili, la loro architettura sia contingente, ma le loro visioni resdno oltremondane.
Prevenzione e ritualità
La prevenzione, pertanto, dovrebbe essere imperniata sul tentativo di ripristinare un equilibrio tra la debolezza della psiche e la potenza del daimon, tra la chiamata trascendente e la personalità alla quale essa si rivolge, La costruzione della personalità è un compito psicologico che va oltre il «rafforzamento dell'Io» e anche oltre la Bildung, l'idea tedesca di formazione culturale e morale. Joseph Mengele, il più efferato medico dei campi di concentramento, che condusse atroci esperimenti sui detenuti, era colto, amava la musica e leggeva Dante. Cikatilo era un maestro di scuola; Hitler dipingeva e fino all'ultimo si dedicò a disegnare tavole di architettura; Manson, in carcere, scrive musica e testi di canzoni pop; Mary Bell scriveva poesie; Gary Gilmore era un pittore abbastanza bravo e suo fratello Gaylen, che a sua volta ha una lunga storia di comportamenti sociopatici e di condanne al carcere, ha letto i classici della letteratura e ha scritto poesie. Come abbiamo appreso, il problema, il compito psicologico, è di «crescere, cioè discendere».
Lo sforzo di discendere per crescere fa slittare il punto focale della personalità dall'egocentricità monomaniacale del daimon verso la comune umanità, distorcendo, per così dire, la chiamata dalla trascendenza all'espansione dentro il mondo con le sue esigenze, come abbiamo visto nella vita di Josephine Baker e anche in quelle di Canetti e di Einstein, di Bernstein e di Menuhin.
Ma questo ai giovani non si può imporre. Hitler andava su tutte le furie quando gli consigliavano la solita carriera di impiegato statale. Il matematico francese Evariste Galois non riusciva ad adattarsi alla routine scolastica. Più lo si obbligava, più aumentavano la sua arroganza e la sua genialità, nonché il suo isolamento; mori a vent'anni.
Prima che si possa non dico realizzare, ma anche solo prendere in considerazione una discesa dentro il mondo occorre il pieno e incondizionato riconoscimento del genio. Il riconoscimento, cioè, del fatto che la ghianda, perfino come Cattivo Seme, è la più profonda forza motivante della vita, soprattutto di una giovane vita. Nella maggior parte dei casi, il riconoscimento viene da un amico (come, per Hitler, Kubizek, che per anni stette ad ascoltare le sue tirate, o Izambard, che accompagnava e ammirava Rimbaud), da un insegnante sensibile (come la Miss Shank di Kazin) o da un istruttore (come Camarà con Manolete). Il riconoscimento viene da coloro che sono in grado di vedere il daimon e gli rendono omaggio. A quel punto, il daimon sarà forse più disposto a lasciarsi mettere le briglie.
Ciò che questi mentori hanno percepito, deve essere riconosciuto anche a livello teoretico. Dunque, il primo passo per togliere forza al Cattivo Seme è una teoria che gli dia pieno riconoscimento. Che è ciò che questo capitolo, questo libro, vogliono fare. Finché le nostre teorie negheranno il daimon come forza motivante della personalità umana, insistendo invece sulla costituzione cerebrale, sulle condizioni sociali, sui meccanismi comportamentali, sulla dotazione genetica, il daimon non si ritirerà in silenzio nell'oscurità. Perché il daimon è attratto dalla luce, vuole essere visto, vuole il posto che gli spetta al sole. « Senti la gente che parla di te ... Noi, la gente di spettacolo». Dick Hickcock, che sterminò la famìglia Cutter a sangue freddo, disse: «Credevo che ti venisse un sacco di gloria, ammazzando la gente. Quella parola, gloria, continuava a girarmi per la testa ... Quando fai fuori qualcuno sei sotto i riflettori»». E la televisione offre al daimon la luce, la celebrità che cerca. Ammesso che si possa attribuirle una responsabilità per la criminalità dilagante, questo non dipende tanto da ciò che la televisione mostra, quanto dal fatto stesso che essa mette in mostra, consentendo istantaneo riconoscimento in tutto il mondo, piena esposizione. Ma il seme, che desidera entrare nel mondo, rimane pur sempre prigioniero di un delirio che trascende il mondo. La televisione si limita a fornire un veloce simulacro della crescita dentro di esso.
Al di sopra del mondo è il luogo in cui M. Scott Peck situa quelli dei suoi pazienti che condividono una condizione che Peck chiama «il male». Egli usa questo termine in senso diagnostico: il male, in sostanza, consiste in un caparbio egoistico narcisismo, in un'arroganza senza limiti.
Questa nozione di male non è poi così nuova: i greci chiamavano hybris l'arroganza senza limiti, ed esso è indicato come superbia, ossia orgoglio smisurato, nella tradizione cristiana. L'idea che le persone malvagie scelgano la propria strada di propria volontà è ciò che sposta l'interpretazione di Herrnstein del comportamento criminale (si veda sopra, al numero 4) sul terreno della morale. E Peck, benché sia uno psichiatra, è indubbiamente un moralista.
L'aspirazione del criminale alla trascendenza e l'invocazione di potenze invisibili, come Fama e Fortuna («Noi siamo gente di spettacolo ... la bella gente»), non sfiora neppure la mente di Peck, secondo il quale il male rende le persone brutte, volgari, pacchiane, impotenti e meschine, illudendole nel contempo con un'idea romantica di superiorità. Tant'è vero che per lui «la versione aggiornata dell'inferno» è una Las Vegas dantescheggiante, «affollata di gente dagli occhi appannali... condannata a strattonare macchine mangiasoldi per l'eternità».
La rigida cornice in cui è inquadrata la sua visione, gli impedisce di scorgere il daimon nel demoniaco. Un radicato manicheismo divide il mondo di Peck in santi e peccatori, in eletti e dannati, in sani e malati. «Il male è la malattia estrema ... i malvagi sono i malati più gravi dì tutti». Ecco come, con l'ausilio della diagnosi psichiatrica, il moralista può relegare il paziente tra i dannati.
Una logica che divide bene e male in maniera così radicale può solo offrire il solito ripetitivo consiglio, tante volte udito pronunciare nel nostro Occidente cristianizzato: scateniamo la guerra giusta. « Corpo a corpo», lo chiama Peck: «Da ciò che sappiamo sulla natura del male, la vittoria può solo venire dai combattimento corpo a corpo con il male stesso». In questa guerra, i terapeuti saranno in prima linea grazie al loro tirocinio nell'amore: «Si può studiare e curare il male senza pericolo soltanto con gli strumenti dell'amore».
«Amore» è certamente la parola più onnipotente in uso oggi, visto che il dio cristiano stesso è definito amore. L'amore può tutto. Io, però, mi permetto di insistere che nei confronti del «male» l'«amore» può fare ben poco, se prima non riconosce dentro il Cattivo Seme la vocazione dell'anima. L'amore, è questo che vorrei far capire nei presente capitolo, può essere non tanto un esercizio della volontà in un'azione di guerra, quanto un esercizio di comprensione intellettuale nei confronti della necessità daimonica che chiama alla trascendenza il peccatore come il santo. Per assurdo, così come per certi santi il martirio può essere la strada per discendere nel mondo, alla stessa stregua possono esserlo certi atti atavici per colui che è chiamato dal Cattivo Seme - benché, sia chiaro, la chiamata non giustifichi affatto il gesto criminoso né liberi il criminale dalle sue responsabilità. lo sostengo semplicemente che la teoria della ghianda consente una comprensione del Cattivo Seme di più ampio respiro che non la categoria diagnostica del male.
La prevenzione, a mìo modo di vedere, non coincide necessariamente con la limitazione della libertà o l'ammonimento moralistico. Deve invece rivolgersi al medesimo seme, alla medesima vocazione, ai medesimi esseri inrisibili che esigono il tributo della vita umana. E l'entità invisibile più immediatamente pericolosa è la carica esplosiva contenuta nel seme, la sua potenza ossessiva, irresistibile, come si vede nella iraconda irremovibilità di Hitler. Prima di disinnescare la bomba o di sotterrarla in un luogo isolato, può essere necessario prolungarne la miccia. Dobbiamo incoraggiare la lentezza, ed è questo in fondo il significato di frasi come: «scontare la pena» e «passare un periodo al fresco».
Pertanto, i rituali efficaci dovranno avere dapprima un effetto sedativo, incominciare con il lutto. Anche se non c'è rimorso per gli atti malvagi commessi, si può indurre una crescente consapevolezza del demonio che li ha istigati. Hitler il demonio lo ha soltanto seguito, senza mai metterlo in discussione, con la mente totalmente schiava dell'immaginazione del suo daimon anziché applicata a investigarla.
Dopo i sedativi verrà non già la rimozione, variamente camuffata da conversione, emendamento, rinascita, bensì la svolta in direzione del servizio alla collettività, come già viene fatto in molti casi: ex detenuti che entrano nella scuola e si calano nel mondo dei ragazzi, per spiegare come opera il Cattivo Seme, che cosa vuole, che prezzo esige, e come aggirarlo. Fare da mentore ai giovani come esercizio quotidiano, ripetitivo, di dedizione: anche questa è una forma di ritualità.
Infine, la prevenzione del demoniaco deve poggiare sul terreno invisibile della trascendenza, deve trascendere l'idea stessa di prevenzione. La prevenzione richiede non il corpo a corpo, bensì la seduzione: invitare il daimon che è nella ghianda a uscire dai suoi confini coriacei di seme solo cattivo, in modo da recuperare una più completa immagine della gloria. Ciò che rende demoniaco il seme, infatti, è la sua ossessività monomaniacale, il suo letteralismo monoteistico che vede un unico orizzonte, pervertendo la più ariosa immaginazione del seme verso la ripetizione seriale del medesimo atto (e la ripetizione degli stessi gesti è anche la forma del rito).
La nostra idea di ritualità suggerisce modi concreti per rispettare la potenza della vocazione. Suggerisce discipline intrise di valori più che umani, i cui riti saranno toccati da bellezza, trascendenza, avventura e senso della morte. Similia similibus curanlur: ancora l'antico adagio. Dobbiamo indirizzarci all'origine del seme e cercare di seguire le sue intenzioni più profonde.
La società deve, è giusto, disporre di riti esorcizzanti per proteggersi dal Cattivo Seme. Tuttavia, deve anche disporre di riti di riconoscimento, che assegnino al demoniaco il suo spazio, diverso dal carcere, così come Atena seppe trovare nella civile Atene un luogo onorevole per le Erinni, le Furie distruttive rese irate dal sangue.
Quei riti, mentre proteggono la società, integrano i demòni. Scorgono il daimon nel demonio. E contrastano nettamente con le idee correnti di prevenzione, le quali, seguendo i metodi preferiti da Hitler per epurare la società, vorrebbero estirpare radicalmente il Cattivo Seme. Oggi, vengono proposte rilevazioni di massa per individuare la «predisposizione genetica» dei bambini, per scoprire il potenziale di criminalità e di violenza riferito ai tratti del carattere e al tipo di personalità, e potere in tal modo «estirpare le male erbe», eliminare coloro che presentano fattori come «una precoce irascibilità e atteggiamenti non collaborativi».
Ma questi tratti, come abbiamo visto negli esempi riportati nel nostro libro, non sono indicativi precipuamente di criminalità, bensì dell'eccezionalità del genio, dalla quale l'intera società trae le sue risorse in politica, nelle scienze, nelle arti. E poi, una volta individuate le erbacce, dove le buttiamo? O ci limiteremo a « migliorarle », a rendere questi individui più malleabili somministrando loro droghe senza diritto di opposizione; o li rinchiuderemo in penitenziari privatizzati, rivolti al profitto, esenti da ogni regolamentazione del lavoro e dei salari?
Ai riti noi oggi sostituiamo rigidità e formule di sbarramento, come: «Alla terza recidiva, dentro!». Senza esorcismi rituali che cerchino di separare il Demonio dal daimon, rimane soltanto un'eliminazione radicale che elimina entrambi. I riti non solo proteggono la società dal demoniaco; la proteggono anche dalla sua stessa paranoia, dal cadere preda della sue stesse ossessive e perverse misure di purificazione, dall'inestirpabile mito americano: il ritorno all'innocenza in un paradiso puritano.
L'innocenza è la nube mistica dell'America: «Essi non sanno quello che fanno». Siamo perdonati in virtù del fatto di non sapere quello che facciamo. Avvolgerci stretti nella bandiera della Bontà: ecco il sogno americano, mentre l'incubo del male trova posto solo nell'«altro», dove lo si può diagnosticare, trattare, prevenire e scriverci intorno dei bei sermoni. La storia di questo vizio del cuore è delineata da Elaine Pagels nel suo importante studio sulle origini di Satana, che lo mette in luce come una esiziale, forse «diabolica» componente fondamentale, un cattivo seme innato delle confessioni religiose dell'Occidente, che ha reso indispensabile, come contromisura, l'implacabile insistenza sull'«amore».
Una società la quale sostiene tanto pervicacemente che l'innocenza è la virtù più nobile e la adora in templi appositi, a Disney World e a Disneyland come in Sesame Street, non vedrà mai nessun seme, a meno che non sia rivestito di zucchero. Come Forrest Gump, che mangia cioccolatini e offre caramelle agli sconosciuti prima di guardarli negli occhi, stupida è e stupida resta. L'idea del Cattivo Seme, l'idea dell'esistenza di una vocazione demoniaca, dovrebbe dare una scossa alla nostra intelligenza innata, risvegliarla dal torpore dell'innocenza delle nostre teorie, in modo da vedere, tutu, come nazione, che il male è attratto dall'innocenza, che essi vanno mano nella mano. E allora, finalmente, ammetteremo che in America i Natural Born Killers sono i compagni segreti di tutti i Forrest Gump e forse, addirittura, uccidono per conto loro.