V - Abolire le Province? Macché: ne vogliono di nuove
«Questo è il momento in cui si deve far quadrato per il territorio.»
Pausa. Respiro. Tono solenne. «Ed è per questo che vi dico che al progetto Gela Provincia va tutto il mio sostegno.» È il 23 agosto 2011. In Italia si sta discutendo dell'abolizione delle Province. La maggioranza annuncia un disegno di legge costituzionale per cancellarle definitivamente. L'unica domanda che attraversa il Paese è: quanto ci metteranno? Non saranno mica troppo lenti? Perché non si fa più in fretta? Il deputato siciliano Miguel Donegani, però, non viene nemmeno sfiorato da simili preoccupazioni. Tutt'altro. «Questo è il momento in cui si deve far quadrato per il territorio» proclama tutto fiero. E chiarisce: altro che abolire le Province. Facciamone una nuova. Gela Provincia. Subito.
Immediatamente. Non possiamo più vivere senza.
Ma si capisce: di Province la Sicilia ne ha nove. Ma ci vuole la decima.
Proprio se ne sente l'esigenza. In particolare nel momento in cui si propone di eliminarle in tutta Italia. Non vi pare? Il comitato per Gela, infatti, pur essendo nato nel 2006, sbarca all'Assemblea regionale con la sua proposta proprio alla fine dell'estate 2011, nel mezzo delle discussioni sui tagli ai costi della politica. Qualcuno che, nella circostanza, avverta vagamente un senso di sconvenienza? Qualcuno che si senta poco poco inopportuno? O per lo meno intempestivo? Macché. Ci vuole Gela Provincia. E perché? Perché «Gela è un caso unico», come scrivono i suoi sostenitori. E perché sarebbe un caso unico? Perché, fra l'altro, è «al centro della direttrice New York - Bombay». Non lo sapevate? New York - Gela - Bombay, proprio così: la città sicula è lì, su quell'arteria mondiale, punto di scalo inevitabile per ogni broker di Wall Street che voglia farsi una capatina in India, tappa obbligatoria per ogni giovane indiano che desideri visitare la Grande Mela.
E dunque: si può negare il diritto di strutturarsi in amministrazione autonoma a una città che sta al «centro della direttrice New York - Bombay»? Macché. Infatti il progetto è definito fin nei minimi dettagli:
«La nuova provincia» stabilisce il documento «non dovrà più essere il centro della burocrazia, ma decentrarsi quanto più possibile creando uffici periferici». La sede sarà «un palazzo di rappresentanza nel centro storico (auspicabile il convitto Pignatelli), e tutti gli uffici provinciali saranno dislocati nella contrada Ponte Olivo». Perfetto, no? Il nuovo ente si decentra, ma intanto si concentra in contrada Ponte Olivo, occupa un bel palazzo storico e promette che non sarà il centro della burocrazia. Del resto avete mai sentito qualcuno che promette di diventare il centro della burocrazia? Nel frattempo è già pronto anche lo slogan. Dice; «Nuova Provincia, nuovo sviluppo». Non è originale, ma che ci volete fare? Da queste parti non si sciala in fantasia. Al massimo, si sciala denaro.
Ma penserete mica che si tratti dell'unico caso in Italia? Nient'affatto, purtroppo. Il 20 luglio 2011, sempre nel pieno dell'estate dei tagli, della crisi e dei risparmi, il Senato assegna alla prima commissione permanente (Affari costituzionali) la discussione del progetto di legge numero 2725 presentato dal leghista Sergio Divina (Lega Nord) e intitolato «Istituzione della Provincia autonoma Ladinia», con lo scopo di «garantire la tutela della minoranza ladina, mai in precedenza garantita con strumenti istituzionali». Si capisce: è proprio quello che serve all'Italia. Una nuova Provincia autonoma. La Provincia autonoma di Ladinia. Perché non ci abbiamo pensato prima?
Nell'attesa che arrivino anche le proposte per la Provincia autonoma dell'Orobia, della Val Pusteria e dell'alta Val Borbera, ci accontentiamo di prendere atto che alla Camera continuano a giacere, più attivi e minacciosi che mai, almeno altri due disegni di legge: il numero 3883 per la costituzione della Provincia speciale montana di Belluno (primo firmatario l'onorevole Gianclaudio Bressa del Pd) e il numero 604 per la costituzione della Provincia della Valcamonica (primo firmatario l'onorevole Davide Caparini della Lega Nord). Per quest'ultima pare ci sia un gran fermento a Breno: la cittadina non vede l'ora di distaccarsi da Brescia e di diventare capoluogo del nuovo ente locale al sapor camuno. Non arriva a 5000 abitanti, ma pazienza: le ambizioni non sono mica misurate sull'anagrafe...
E dunque, a questo punto, il piano è evidente: macché abolire le Province, qui ne vogliono fare sempre di nuove. La lista d'attesa è lunghissima. Solo per restare alle richieste ufficiali: Provincia di Avezzano, Provincia di Lanciano-Vasto-Ortona, Provincia dei Marsi, Provincia di Sulmona, Provincia di Melfi, Provincia di Lamezia Terme, Provincia della Sibariride-Pollino con capoluogo Sibari di Cassano allo Ionio, Provincia di Aversa, Provincia di Nola, Provincia di Sala Consilina, Provincia dell'Unta-Baronia-Calore, Provincia del Vallo di Diano - Cilento (proposta e ritirata), Provincia di Cassino-Formia-Sora, Provincia dei Castelli Romani con capoluogo Velletri, Provincia di Civitavecchia, Provincia di Guidonia-Tivoli, Provincia del Seprio con capoluogo Busto Arsizio, Provincia del Canavese e delle Valli di Lanzo, Provincia di Pinerolo, Provincia della Venezia Orientale con capoluoghi Portogruaro e San Dona di Piave, Provincia di Bassano del Grappa e Provincia dell'Arcipelago Toscano... Avanti c'è posto: è dal 1970, cioè da quando sono state create le Regioni, che si dice che le Province non hanno più senso. Eppure non c'è paesello, rione, quartiere che non sogni di diventare capoluogo...
Vi chiederete come mai. E la risposta è semplice: non è vero che le Province non servono a niente. Macché: le Province servono un sacco. A che cosa? Semplice: a finanziare la sagra del salmone del Medio Campidano, per esempio. O il censimento per lo studio delle abitudini del cormorano dell'Iglesias. Vorrete mica perdere di vista il cormorano dell'Iglesias, perdinci. E allora perché vi stupite? La Provincia di Oristano (meno di 300.000 abitanti) è riuscita a finanziare in un solo anno: la sagra della fragola (8942,42 euro), la sagra dei pesci (2257,67 euro), la sagra dei muggini (1474,20 euro), la sagra de sos cannisones (983,55 euro), la sagra de sos culur-zones de patata (903,05 euro), la sagra del riso (1493,87 euro), la sagra degli agrumi (1867,34 euro), la sagra del pomodoro (5465,73 euro), la sagra dei ravioli (1806,09 euro), la sagra del pane e dei prodotti tipici (2709,14 euro), la sagra su pai fattu in domu (1354,57 euro), la sagra del carciofo (1331,58 euro), la sagra de su bino nou (903,05 euro) e la sagra pane e olio in frantoio (1422,30 euro).
Ho l'impressione che alla fine abbiano mangiato un po' tutti...
Il fatto è che di dimagrire nessuno ha voglia. La Provincia di Napoli, per dire, negli ultimi dodici mesi ha sostenuto con oltre 3 milioni di euro una miriade di fondamentali iniziative come «La cucina di mammà», «Cogli l'attimo», «C'è di più per te» e «Sognando di diventare campioni tirando la fune». Il tiro alla fune, ecco, ci mancava. La Provincia di Roma pensa alle lepri e ai fagiani: spende 298.392 euro per distribuirne una certa quantità nei boschi. La Provincia di Trento finanzia ogni tipo di convegno: 110.000 euro per quello sul clima, 790.000 per quello sull'economia, 100.000 per quello sulle «rotte del mondo», addirittura 180.000 per «educare nell'incertezza» (fra l'altro, di questi, 82.000 se ne vanno in comunicazione, cartellonistica, vitto e soprattutto buffet, che in mezzo a tanta incertezza restano l'unica cosa sicura). Inoltre, sempre la Provincia di Trento ha affidato anche una consulenza da 20.000 euro a due professori universitari per «capire gli orsi», mentre quella di Belluno paga dieci volte tanto un consulente per sapere se le Dolomiti possono entrare nel patrimonio dell'Unesco. E la Provincia di Bolzano batte tutti: è riuscita ad assoldare un consulente per fare lezione ai troppi consulenti che aveva assoldato. «Come migliorare le proprie prestazioni», era il titolo esatto del seminario. Ecco: come migliorare le proprie prestazioni.
E magari farsi pagare qualche euro in più sognando la cucina di mammà o il tiro alla fune. E dimenticando, però, che a forza di tirare la fune, si rischia di spezzarla.
Ma chi ci pensa ai pericoli? Ma chi ci pensa ai costi? Ma chi ci pensa agli sprechi? Ecco perché, nonostante le promesse elettorali, le Province sopravvivono sempre. Ecco perché, quando si arriva al dunque, nessuno vota per l'abolizione. Perché le Province sono utili. Prendete quella di Monza e della Brianza. La neonata organizzazione territoriale brianzola ha appena visto la luce in una terra che, come tutti sanno, è celebre per la febbrile attività e l'indomito dinamismo. Ebbene, che cosa ha prodotto in sei mesi, dal gennaio al giugno 2011, il consiglio provinciale della produttiva Brianza? Una delibera. Proprio così: una di numero. Accidenti, non sarà mica calata l'ernia a qualcuno dentro quel palazzo? Una delibera tutta intera? Tutta insieme? L'avranno approvata in un colpo solo oppure a rate per non affaticarsi troppo? Fra l'altro trattasi di una decisione operativa di importanza fondamentale, dati i tempi di crisi e le necessità dei Paese: il premio Talamoni, cioè una medaglietta d'oro (4 centimetri) da assegnare a non si sa bene chi. Valeva la pena costituire una nuova Provincia per avere un riconoscimento così prestigioso, no?
Pare che in Brianza si fatichi a trovare uno stemma, un simbolo, un segno distintivo per rappresentare il nuovo ente locale. Che, in compenso, ha ben quattro sedi (proprio quattro) e quattro aziende dell'acqua (proprio quattro) che costano, secondo quanto riferisce «l'Espresso», 1,5 milioni di euro l'anno. Le spese per la comunicazione istituzionale ammontano a 880.000 euro, quelle per le consulenze a 1 milione di euro. E non mancano nemmeno le solite regalie a pioggia per foraggiare ogni tipo di manifestazione, da «Pagine come rose» a «Le immagini della fantasia», da «Libritudine» a «Teodolinda messaggera di pace»...
Finanziamenti in libertà anche a Palermo: qualsiasi sagra, dal ficodindia all'asino di Castelbuono, e qualsiasi associazione, dal Badminton di Cinisi alla Confederazione siciliani del Nordamerica, sembra in grado di ricevere generose donazioni di soldi dei contribuenti.
All'altro capo dell'Italia, in compenso, c'è la Provincia di Treviso che spende 22.800 euro per organizzare un sondaggio sulla soddisfazione dei pescatori e altri 21.600 per studiare le anguille. In effetti, però, lo studio delle anguille può presentare anche alcuni lati assai interessanti: considerato il modo in cui vengono gestiti i soldi dei contribuenti, almeno si impara a essere sfuggenti...
Ecco a che cosa servono le Province. Costano 14 miliardi di euro l'anno, ci prosciugano, non funzionano, ma svolgono due compiti fondamentali: mantengono un esercito di 4520 amministratori e distribuiscono denari a pioggia, dall'associazione della salsiccia agli amici del peperone. Che poi, oltre che essere amici del peperone, evidentemente, sono pure amici dell'assessore. O almeno di sua moglie.
Altrimenti come spiegare certe spese? La Provincia di Prato finanzia con 61.000 euro una ricerca sui pipistrelli, con tanto di bat detector. La Provincia dell'Ogliastra impegna 28.000 euro per la «valorizzazione e il recupero varietale del ciliegio». E la Provincia di Milano da 10.000 euro all'associazione Occidens di Lucca per presentare un libro sulla Lucchesità. Vizi e Virtù. Spesa che solleva un inevitabile dubbio: come mai la lucchesità, con i suoi vizi e le sue virtù, interessa tanto a Milano? Non sarà mica perché di Lucca è l'ex presidente del Senato Marcello Pera, amico del presidente Guido Podestà?
La provincia di Salerno fa di meglio: finanzia il Valva Film Festival e in particolare il premio per il «talento che verrà», riconoscimento di altissimo livello già vinto da Noemi Letizia, la diciottenne di Casoria che fu all'origine dello scandalo di Papi. Grande talento che verrà, si capisce.
La Provincia di Napoli non esita a incentivare con 50.000 euro il rinnovo dell'arredo degli uffici di rappresentanza del Comune di Sant'Anastasia (non sarà perché il sindaco, Carmine Esposito, è un amico intimo del presidente?). La Provincia del Verbano-Cusio-Ossola investe migliaia di euro per un gemellaggio agro alimentare con la Provincia di Cosenza. E la Provincia del Medio Campidano (una delle più piccole d'Italia, appena 105.000 abitanti, già citata in questo capitolo per l'imperdibile sagra del salmone) continua a cercare persone da assumere: nell'autunno 2011, quando già dovrebbe essere sciolta nel nulla, pubblica un bando per trovare 5 nuovi dipendenti (un tecnico geometra, un istruttore direttivo amministrativo, un esperto per l'attività di supporto all'ufficio politiche comunitarie, un istruttore direttivo tecnico e un istruttore perito agrario).
Altro che enti in via d'estinzione: nelle Province si trovano nuove occasioni di lavoro, nuovi contratti, anche nuove possibilità di carriera.
La Provincia di Foggia, per esempio, nell'estate 2011 propone a più riprese un concorso per nominare 4 dirigenti di area amministrativa. Solo che c'è un problema: nessuno riesce a superare la prova...
Eppure, avanti: chi li ferma più? I concorsi si moltiplicano, i dipendenti pure. E gli spazi a disposizione non possono essere da meno.
Così nel silenzio generale, mentre sui giornali si ripetono gli appelli all'abolizione delle Province, le Province moltiplicano i loro edifici, le loro sale, i loro locali. Nel luglio 2011, per esempio, la Provincia di Bologna annuncia ufficialmente l'inizio dei lavori per la nuova sede: una palazzina di cinque piani, con 5700 metri quadrati di uffici, 300 metri quadrati per la ristorazione, un grande parcheggio interrato (400 posti), sala conferenza da 100 posti e «ampi spazi per il ricevimento del pubblico al piano terreno». La palazzina sarà pronta nel 2015. Costo previsto: 31 milioni di euro. «Ma in questo modo riusciamo a risparmiare 1,6 milioni l'anno di affitti» proclamano orgogliosi gli amministratori emiliani.
Perfetto, no? Per risparmiare 1,6 milioni di euro in futuro ne spendiamo 31 subito. Anziché distruggere la Provincia, le costruiamo una palazzina a cinque piani nuova di zecca. Un affare, si capisce. Adesso che ci penso: come mai non lo facciamo anche in tutte le altre 109 Province d'Italia?
Non diciamolo troppo forte, che altrimenti ci prendono sul serio. In effetti, non ci siamo mica lontani... La Provincia di Belluno nell'aprile 2011 da il via alla costruzione della nuova sede per gli uffici del personale: i costi sono stimati in 9 milioni e 335.000 euro, escluse Iva e spese tecniche. La Provincia di Roma nel novembre 2011 approva un «piano di riorganizzazione immobiliare» che prevede la costruzione di una megatorre all'Eur Torrino, che dovrebbe ospitare tutti gli uffici dell'ente: 50.000 metri quadrati di superficie, 263 milioni di euro il costo. La Provincia di Bergamo ha inaugurato Spazio Bergamo, un ufficio di rappresentanza a Roma, accanto a Palazzo Chigi, che costa ai cittadini orobici 73.500 euro l'anno. Affrancatasi (chissà perché) da Ascoli, la nuova Provincia di Fermo ha costruito una cittadella per dipartimenti istituzionali del costo di 18 milioni di euro. E la Provincia di Treviso si è appena costruita una sede strabiliante, come riferisce il settimanale «Panorama»: una decina di palazzetti, racchiusi all'interno di un parco naturale, costati assai più del previsto (80 milioni contro i 35 preventivati). Sprechi? Be', qualcuno di sicuro: sono stati spesi 500.000 euro solo per le poltrone. E per un tavolo in vetro e acciaio che serve da divisorio tra l'area del consiglio e quella della giunta sono serviti addirittura 12.500 euro.
Dodicimila euro per un tavolo? 500.000 euro per le poltrone? Dai, su, non fate i tirchi. È vero che sono tempi in cui bisogna tirare la cinghia, ma questo evidentemente non vale per tutti. Soprattutto, non vale per chi dev'essere abolito e dunque tenta, disperatamente, di apparire assai più bello di quello che davvero è... La Provincia di Venezia, per esempio, ha recentemente speso 9000 euro (9240 per l'esattezza) per un lampadario di Murano da mettere nella sala del consiglio. Era proprio necessario?, ha chiesto qualcuno. «Potevamo mica mettere una lampada al neon» hanno risposto quelli. Oppure: «Potevamo mica rimanere al buio». Ovvio che no, e pazienza se, in questo modo, al buio continuiamo a restarci noi, poveri illusi delle promesse elettorali.
A proposito di apparire più belli: la Provincia di Padova ha deciso di rifarsi il look. Palazzi? Lampadari? Poltrone? Macché: per il momento si è accontentata di un nuovo logo e di un nuovo brand. Costo: 34.000 euro.
Non è molto, ma chissà perché fatico a considerarlo un vero risparmio.
Anche la BAT-Provincia si è rifatta lo stemma. Notizia ufficiale: il nuovo simbolo araldico è costato 25.000 euro. Stiamo parlando di Barletta-Andria-Trani, l'ente intermedio più discusso che ci sia. Ne avete mai sentito parlare? Memorabile l'articolo che gli ha dedicato «l'Espresso» nel luglio 2011: 392.000 abitanti (come un quartiere dì Roma), 10 comuni, 3 capoluoghi, la provincia BAT è stata istituita nel 2009 e da allora non ha fatto che litigare sull'ubicazione delle sedi: a chi la Prefettura? A chi il Consiglio? A chi la Questura? Risultato: un disastro. Finora la BAT-Provincia è servita a:
1) aprire qualche ufficio molto chic, con lampade di design e poltrone in pelle superluxe;
2) far viaggiare una marea di auto blu;
3) far consumare un mare di soldi fra gettoni, stipendi e benzina che assorbono buona parte del bilancio provinciale (50 milioni di euro). «La BAT è un assurdo» ripetono in molti. «La BAT è uno spreco.»
«Aboliamo la BAT.» Ne sono tutti convinti, almeno a parole. E i fatti? Mentre li aspettiamo, la BAT continua a spendere i suoi 50 milioni annui, a litigare su chi deve comandare la Prefettura e a mandare in giro assessori sull'auto blu. E ora, come se non bastasse, s'è pure rifatta il look: ditemi voi come si fa ad abolirla con quello stemma nuovo fiammante...
Le Province in Italia sono 110,18 hanno meno di 200.000 abitanti. A Isernia, tanto per dire, gli abitanti sono appena 89.000: in pratica è come se lo stadio di San Siro facesse provincia a sé. La Sardegna (1 milione e 600.000 abitanti) ha ben otto amministrazioni intermedie, quattro delle quali nate di recente: Medio Campidano (105.000 abitanti), Carbonia-Iglesias (131.000 abitanti), Olbia-Tempio (158.000 abitanti) e l'Ogliastra (58.000 abitanti). Avanti di questo passo e sull'isola decideranno di trasformare in Provincia anche qualche gregge di pecore.
In totale gli amministratori, tra presidenti, vice, assessori e consiglieri sono 4520. I dipendenti oltre 60.000. La spesa annua è pari a 14 miliardi.
Non sempre spesa oculata, per altro: da Nord a Sud non si contano le amministrazioni provinciali finite nel mirino dei giudici. Varese è sotto accusa per gli acquisti di macchinari che avrebbero dovuto pulire il lago Maggiore; a Palermo sono state riscontrate anomalie nei bilanci; a Trento c'è un'indagine per la proliferazione dei consulenti e a Firenze per l'assunzione di persone sprovviste dei titoli necessari. Senza dimenticare che fu alla Provincia di Milano che Filippo Penati decise il contestato acquisto del 15 per cento delle azioni della Serravalle, con quello strano sovrapprezzo che ha fatto guadagnare all'imprenditore Marcellino Gavio 179 milioni di euro e al medesimo Penati un'accusa di corruzione...
A proposito di corruzione: nell'ottobre 2011 il presidente della Provincia di Agrigento è finito nei guai per le spese di rappresentanza: un lunghissimo e imbarazzante capitolo di rimborsi pasto non dovuti, e poi coppe, targhe, penne Mont Blanc, portafogli, stilografiche, servizi di pelletteria. Tutto irregolare, secondo i magistrati. Il medesimo presidente avrebbe anche usato mezzi e personale dell'ente pubblico per sistemarsi la sua bella villa: l'agronomo lavorava per lui in orario d'ufficio, l'architetto pure, gli scavi venivano eseguiti a prezzi stracciati da ditte che, per contro, ricevevano ricchi appalti dalla Provincia. E il suo giardino privato? Piantumato alla perfezione, grazie soprattutto al verde che doveva essere pubblico. Nella villa del presidente, infatti, sono state rinvenute diverse aiuole comprate per abbellire le scuole della città. E 40 palme destinate all'Orto botanico.
Qualche tempo fa il ministro Giulio Tremonti disse che ad abolire le Province si risparmierebbero solo 100-200 milioni di euro l'anno. Da che cosa deriva quel numero? Il «costo politico» delle Province - cioè quello per mantenere i 4520 presidenti, assessori e consiglieri - ammonta a 135 milioni di euro l'anno, che sarebbero immediatamente risparmiati in caso di eliminazione dell'ente. Ma siamo sicuri che il beneficio si fermerebbe qui? Uno studio realizzato dall'economista Andrea Giuricin e pubblicato dall'Istituto Bruno Leoni ha dimostrato, numeri alla mano, che in realtà l'abolizione delle Province consentirebbe di ridurre anche spese di amministrazioni e sprechi (palme da giardino comprese): quindi, pur ipotizzando di continuare a pagare gli stipendi a tutti i 60.000 dipendenti, ricollocati in altri uffici pubblici, si riuscirebbe a risparmiare stabilmente ben più di 100-200 milioni di euro. Cioè dieci volte tanto, quasi 2 miliardi di euro l'anno (1,9 per l'esattezza). Una bella cifra, insomma. E non è meglio che aumentare l'Iva?
Invece, niente. Le Province resistono alla prova del tempo. Al massimo si parla di cambiare loro nome. Ma sì, non vi pare una bella idea? In futuro, non stiamo scherzando, potremmo essere costretti a chiamarle «agenzie territoriali» oppure anche «enti locali regionali». Qualcuno ha altri suggerimenti? Avanti: per la fantasia, come per le spese pazze, non c'è limite. In effetti, se proprio dobbiamo cambiare qualcosa per non cambiare nulla, allora perché le Province non le ribattezziamo Pippo, Pluto, Biancaneve o Fata Morgana? Anche Cip&Ciop o Tìramolla andrebbero benissimo. D'altra parte: qualcuno sa dire la differenza che passa tra un nome e l'altro? Qualcuno sa dire che senso ha la solita operazione di facciata, un po' di belletto nominalistico, la presa in giro del cambio di definizione? E pensare che, come hanno ricordato Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo nel loro Licenziare i Padreterni, già un secolo fa il sindaco di Milano definiva le Province come inutili, cioè come «buone solo per i manicomi e per le strade». La differenza è che allora erano 59, oggi sono 110. E, come abbiamo visto, garantiscono 4520 poltrone. Uno dei motivi per cui non si riescono a sradicare.
Le Province erano già state annullate alla Costituente dalla Commissione dei 75. Poi furono resuscitate dall'assemblea in attesa della nascita delle Regioni. Quando nel 1970 nacquero le Regioni, tutti pensarono: è arrivato il momento, ora le aboliscono. Invece, col piffero: le Province sono rimaste. E da allora nessuno è riuscito a rimuoverle. Da qualche anno non c'è partito (tranne la Lega Nord) che non si dichiari pronto a votare per la loro definitiva eliminazione. «Bisogna abolire le Province» diceva Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale del 2008. «Ci possiamo arrivare» concordava Walter Veltroni. E avanti: dal Pdl al Pd, da Giuseppe Pisanu ad Anna Finocchiaro, tutti d'accordo sulla necessità di ridurre lo spreco intervenendo con il bisturi sull'inutile ente locale. Ma quando, il 5 luglio 2011, è arrivata in aula una proposta di legge di Massimo Donadi che prevedeva per l'appunto la possibilità di trasformare i proclami in realtà, abolendo davvero le Province, centrodestra e centrosinistra che hanno fatto? Non ci hanno pensato nemmeno un attimo e hanno affossato il documento. Il bollettino è chiaro: presenti 548, a favore dell'abolizione si pronunciano solo in 83. Gli altri votano contro (225) o si astengono (240). E così le Province hanno salvato la pelle un'altra volta. «Faremo una legge costituzionale» promette il governo qualche settimana dopo, che è un po' come se uno annunciasse di voler scalare l'Himalaya dopo che s'è appena dimostrato incapace di scollinare un cavalcavia.
Nel novembre 2011 arriva al governo Monti e pure lui comincia subito dalla solita promessa: «Aboliremo le Province» sentenzia con il suo tono professorale e severo. E tutti pensano: ecco, ci siamo, questa è la volta buona. Lo dice l'antispread, il salvatore della patria, l'uomo che da fiducia ai mercati, quello capace di far digerire agli italiani una montagna di tasse. Volete che uno così non sia in grado di abolire le Province? Infatti nella prima formulazione del decreto detto «salva Italia», quello che ripristina l'Ici e taglia le pensioni, spunta bel bella anche la norma che dovrebbe eliminare gli enti locali inutili. Solo che poi, prima dell'approvazione definitiva, nottetempo, come spesso accade, compare una manina che cancella ogni buon proposito. Nell'articolo 23 viene inserito un comma, uno solo, piccolo piccolo, che dice in sostanza: per ora non cambia nulla perché tutti i provvedimenti relativi alle Province sono rimandati a «una legge dello Stato». In altre parole: l'Ici e il taglio delle pensioni sono effettivi da subito, del taglio degli sprechi se ne riparlerà. Forse.
La solita storia, insomma. Appena si presenta una manovra vengono sbandierate misure che riducono i costi della politica, ma solo per coprire le altre misure, quelle che riducono i salvadanai degli italiani. Poi nel corso della discussione, chissà come, magicamente, le prime misure, quelle tanto sbandierate, vengono inghiottite dal nulla. Restano solo le seconde per cui non si rimanda mai a un ulteriore passaggio, a una commissione, a una discussione successiva. Macché. I tagli per gli italiani restano e sono operativi subito, quelli per il Palazzo svaniscono ogni volta nel nulla. Il professor Monti non si sottrae alla regola. E così, a metà del dicembre 2011, anche lui si schianta contro l'ente inutile più resistente che ci sia. Promessa mancata: il decreto salva Italia diventa un po' anche il decreto salva Province. E i 4520 consiglieri e assessori in attesa di abolizione tirano, ancora una volta, un sospiro di sollievo. Chi li abbatte più, quelli?
Così, rassicurati nella certezza della loro cadrega, 4520 uomini delle amministrazioni provinciali possono passare al contrattacco. Altro che scomparire, cerchiamo di trarne il massimo vantaggio. A Napoli, per dire, ci riescono benissimo: nel gennaio 2012 la giunta aumenta gli stipendi di tutti i dirigenti (12.000 euro l'anno). A Trieste, nell'ottobre 2011, viene approvata una leggina per trasformare il vecchio gettone di presenza dei consiglieri in una più sicura paghetta fissa. A Treviso, invece, salta fuori il business dei «rimborsi chilometrici»: secondo un dossier, presentato dal Pd, gli assessori incassano 1500 euro in media al mese per farsi ripagare di ogni piccolo spostamento, compreso quello casa-ufficio. Il rimborso del presidente ammonta mediamente a 2050 euro, mentre il vicepresidente è riuscito in un solo mese a mettersi in tasca la bellezza di 5300 euro.
Praticamente uno stipendio.
Sui viaggi, del resto, le Province non scherzano mai. Se n'è accorto nell'ottobre 2011 il presidente di quella di Pordenone quando gli hanno spiegato che le migliaia di euro spese ogni anno dal suo ente per il «premio fedeltà al lavoro nel mondo» in realtà finivano soltanto per pagare le vacanze extraluxe di un gruppo di suoi concittadini. «Dobbiamo sostenere i pordenonesi all'estero» dicevano quelli. E con questo giustificavano settimane di svago fra Brasile, Argentina, Canada, Usa, Cina e Australia... «Meglio dei viaggi di Marco Polo» scherzavano fra loro. Ma l'unica fedeltà nel mondo che veniva davvero premiata, in realtà era la fedeltà allo scrocco... Abitudine, per altro, condivisa in molte Province: quella di Palermo, per esempio, ha investito diverse migliaia di euro per mandare uno dei suoi assessori (Giovanni Tomasino) a New York; quella di Napoli, qualche tempo fa, ha mandato in Cina una dozzina di persone per occuparsi di turismo: peccato che tra portaborse, amici e parenti si siano dimenticati di trovare posto nella comitiva per il tecnico del settore. Che ci volete fare? I viaggi, si sa, non sono roba da provinciali. E infatti nel settembre 2011 il presidente di Trento Lorenzo Dellai è stato costretto ad ammettere: per poter essere presente, nello stesso giorno, a un taglio del nastro a Villa Sant'Angelo (provincia dell'Aquila) e a un altro a Mezzocorona (Trento) ha usato l'elicottero della Protezione civile. Proprio quello, come una Polverini qualsiasi. Costo del volo: 6000 euro. Non si poteva forse evitare?
Ma certo che si poteva: sono tante le spese che le Province possono evitare. Basterebbe evitare, nel contempo, anche le Province. Alle volte riesce davvero difficile giustificare la loro esistenza. E soprattutto le loro spese. Quella di Crotone, per esempio, impiega 150.000 euro per finanziare il «museo degli aromi e dei profumi», già abbondantemente foraggiato anche dalla Regione. La Provincia di Trento non ha esitato a investire 240.000 euro per una nuova Tv a Kinshasa, nella Repubblica del Congo. La Provincia di Treviso, fra le polemiche, ha versato 55.000 euro per promuovere il radicchio. E la provincia di Caltanissetta, una di quelle che dovrebbe sparire immediatamente perché classificata «troppo piccola», ha appena pubblicato un bando di gara per cercare un esperto in bike tour, capace di definire «una strategia integrata per sviluppare, organizzare e realizzare dei percorsi ciclo-naturalistici in bicicletta». Un modo elegante per dire la gita fuori porta a furor di pedivella. Alla modica cifra di 15.500 euro, però.
La Provincia di Bolzano, invece, sentiva il bisogno di un corso di retorica sulle orme di Cicerone: è noto che l'Arpinate aveva un debole per gli Schiitzen, no? Costo dell'ars oratoria in salsa di speck: 9030 euro. A Trento hanno finanziato la fondazione universitaria dei focolarini di Firenze (ma perché quelli di Firenze? Proprio volendo, non avevano focolarini locali?), mentre la Provincia di Bari ha acquistato, al costo di 300.000 euro, sei elicotterini radiocomandati, minidroni che imitano in piccolo quelli usati dall'aviazione degli Stati Uniti nelle zone di guerra.
Volevano usarli per la lotta contro i clandestini: peccato che si siano accorti che, nonostante il costo non proprio irrisorio, si tratta di mezzi molto rumorosi e con un'autonomia di volo assai scarsa. Di fatto, inutilizzabili. In Puglia, evidentemente, tira una cert'aria sfortunata. I più malevoli ricordano infatti un altro investimento provinciale finito assai male: nel tentativo di riqualificare la costa a nord di Bari l'ente pubblico aveva finanziato la costruzione di una meridiana a Torre Gavetone, nel comune di Molfetta. Costata 5500 euro, era stata però piazzata male, con 15 gradi di errore rispetto al nord. Risultato? La meridiana oggi è come la proposta di abolire le Province: sta sempre lì, esposta in bella mostra. Ma sembra che per lei non arrivi mai l'ora giusta...
Le sagre finanziate dalla Provincia di Oristano nel 2011
Sagra Costo (in €)
Della fragola 8942,42
Dei pesci 2257,67
Dei muggini 1474,20
De sos cannisones 983,55
De sos culurzones de patata 903,05
Del riso 1493,87
Degli agrumi 1867,34
Del pomodoro 5465,73
Dei ravioli 1806,09
Del pane e dei prodotti tipici 2709,14
Su pai fattu in domu 1354,57
Del carciofo 1331,58
De su bino nou 903,05
Pane e olio in frantoio 1422,30