Capitolo 4

Mala tempora

Il racconto della professoressa Maria Gruber – Entropia – Macchine del tempo – Flusso di coscienza – Prevedere il futuro

“Che cos’è allora il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so. Se dovessi spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so più”

Agostino d’Ippona, Confessioni

“Does anybody really know what time it is?”

(Qualcuno sa davvero che ore sono?)

Chicago

Il presente tratta il passato con la stessa negligenza con cui il futuro tratta il presente.

Prego, posso avere la vostra attenzione?… Avvocato, sia gentile. Si fermi un attimo, così mi fa girare la testa… Ah, ma a che serve!… Quand’è così, tanto vale iniziare…

Comincerò con un impietoso ritratto della sottoscritta. Altoatesina, quarantasette anni portati male… Come?… Troppo gentili… allora “portati bene”. Nubile, niente figli; che altro?… Ah, sì… appartengo a quel genere di persone che hanno per chiodo fisso il lavoro, in ossequio alla massima: solo nel lavoro è possibile trovare se stessi; fuori di esso esiste solo paura e insicurezza. Mai sentito?… Simpatici. Risparmiate il buonumore per dopo, ce ne sarà bisogno… Dicevo, laureata in fisica delle particelle cum laude a Pisa. Specializzazione a Vienna. A ventisei anni ho affiancato il professor Kreutzer all’Università di Tubinga. Ho trascorso un decennio in Germania prima di approdare al Cern per lavorare con il super-acceleratore costruito all’interno di un tunnel lungo ventisette chilometri, al confine tra Francia e Svizzera, in una regione compresa tra l’aeroporto di Ginevra e i monti Giura, a una profondità di cento metri. Questo, per la precisione… Dovete sapere che l’acceleratore è nato con lo scopo di tentare di riprodurre le altissime energie caratteristiche delle fasi iniziali del Big Bang, cercare l’origine della massa nella materia e spiegare l’asimmetria tra materia e antimateria. Da quel momento il mio nome ha iniziato a circolare non solo fra gli addetti ai lavori. Chi non ricorda l’esperimento nel corso del quale tentammo di fermare il tempo riproducendo in laboratorio una situazione in cui la quarta dimensione veniva soppressa? L’idea era quella di ricreare artificialmente un nuovo modello di spazio nel quale il tempo cessasse di esistere e la luce subisse mutazioni improvvise. Nel corso dell’esperimento indagammo il destino delle particelle luminose in una situazione in cui il tempo termina. Per farlo, ricorremmo a un meta-materiale: uno strato di plastica sottile, il polimetilmetacrilato. La peculiarità di questo materiale è quella di costringere la luce a muoversi al suo interno in un sistema con due dimensioni di tempo e una di spazio. Una sorta di universo ribaltato. Sfruttammo quelle caratteristiche per far passare la luce dal sistema ribaltato a quello tradizionale, annullando la dimensione tempo. Procedemmo così. Orientammo uno strato di polimetilmetacrilato perpendicolarmente a una lamina d’oro. Dopodiché proiettammo un raggio di fotoni che attraversarono l’universo ribaltato (il polimetilmetacrilato) per raggiungere quello reale (l’oro). Quando la luce varcò il confine tra i due universi, si generò una nube di elettroni (per l’esattezza di quasiparticelle denominate plasmoni) in cui la dimensione temporale non esisteva più. Quella improvvisa cancellazione del tempo generò una sorprendente quantità di energia. Fu possibile registrare delle sensibili variazioni nel campo elettromagnetico delle particelle luminose. Grazie a quel modello sperimentale, al quale si è poi pensato di aggiungere dei semiconduttori quantici, sarà possibile a breve studiare il comportamento della luce quando viene risucchiata dai buchi neri. E in questo modo scoprire il destino dell’universo…

Due anni dopo tentai un esperimento durante il quale, secondo alcuni, rischiai di ritrovarmi con una vistosa permanente ai capelli. E non solo. Due testimoni (il dottor Peter Haller, mio assistente, e un giornalista di “Der Spiegel”) sostengono che nel corso dell’esperimento sia stata investita da una scarica da 3,5 milioni di volt. Una scintilla sarebbe saltata a un metro e mezzo da terra colpendomi sulla spalla destra. È quasi certo che se il mio assistente non avesse staccato la corrente sarei rimasta folgorata. A contatto con la carica di risonanza elettromagnetica, mi ritrovai al di fuori del mio spazio-tempo, nelle condizioni ideali per vedere simultaneamente l’immediato passato, il presente e il futuro prossimo, ancorché paralizzata all’interno del campo elettromagnetico. Come alcuni sapranno, un esperimento analogo era stato eseguito molti anni prima. Purtroppo, i marinai coinvolti vennero lasciati fuori dal loro spazio-tempo troppo a lungo e non sopravvissero. Alludo al celebre esperimento condotto il 28 ottobre del 1943, denominato “Philadelphia Experiment”, durante il quale il cacciatorpediniere americano USS Eldridge (DE-173) scomparve in mare con tutto l’equipaggio nei pressi del molo di Philadelphia ricomparendo pochi minuti dopo a Norfolk, Virginia, per poi materializzarsi presso lo stesso molo di Philadelphia.

Per lungo tempo al Cern hanno creduto che grazie al grande acceleratore di particelle sarebbe stato possibile creare un minuscolo wormhole, ovvero un cunicolo nello spazio-tempo, e dare così avvio all’èra dei viaggi a ritroso nel tempo (per quelli nel futuro ci sarebbe stato ancora da attendere). Ma un tragico incidente accaduto otto anni fa, del quale avrete sentito parlare, pose fine a quel genere di sperimentazioni. Da quel momento ci siamo concentrati sulla realizzazione di una macchina in grado di predire il futuro. Anche di questo vi parlerò…

Ma partiamo dalle macchine del tempo, che per tutti rappresentano la curiosità maggiore. È importante capire che quando parliamo di macchine in grado di viaggiare avanti e indietro nel tempo tutto si complica e bisogna rassegnarsi ad andare incontro a situazioni apparentemente senza via d’uscita. Parlare di salti temporali in una direzione o in un’altra significa fare riferimento a una serie di ipotesi di lavoro ben definite: universi rotanti contenenti curve chiuse di tipo tempo generate da coni di luce flessi in circolo e passanti per ogni evento, buchi neri che assumono la forma di anelli vorticanti in prossimità di curve chiuse, cilindri di materia densa infinitamente lunghi e orbitanti attorno al proprio asse a velocità prossime a quella della luce, dove se qualcosa si muove in avanti nel tempo finisce per ritrovarsi continuamente daccapo. Insomma, un discreto casino. L’universo a tempo circolare è il risultato delle equazioni di Einstein. Secondo alcuni lo spazio-tempo pullula di curve di tipo tempo chiuse. Ma il problema che sollevano è l’incoerenza in seno alla freccia del tempo. In questi casi è il libero arbitrio a venire sacrificato, non certo le leggi della fisica. In natura, la coerenza ha solide basi, l’incoerenza no. La vita a cavallo di una curva temporale chiusa è fatalmente predeterminata: se un sistema si muove in tondo, tornerà inevitabilmente al punto di partenza. In un universo dal tempo lineare, la conoscenza completa del presente implica quella di tutta la storia, passata, presente e futura. Lo stato presente dell’universo non è che l’effetto del suo stato anteriore e la causa di quello futuro, ci ricorda Laplace. Il nostro destino è impresso nei dettagli dell’universo presente. Il nostro passato può essere interamente ricostruito a partire da quegli stessi dettagli. Ogni momento del passato e del futuro è racchiuso nel presente. Nell’universo a curve temporali chiuse non c’è modo di prevedere che cosa accadrà semplicemente conoscendo le condizioni di partenza, lo stato dell’universo in un dato istante. Anzi, le curve chiuse di tipo tempo rendono impropria la stessa definizione di universo in un dato istante. In presenza di questo tipo di curve temporali dovremmo abbandonare il concetto di determinismo, ossia l’idea che conoscendo le condizioni iniziali si possa prevedere ogni sviluppo futuro. Ma personalmente non sono disposta a farlo. Per quello che ne so le leggi della fisica non ci consentono di curvare lo spazio-tempo fino a quel punto. È più sensato immaginare che tutti gli atomi del nostro corpo e del mondo esterno, obbedendo alle rigide leggi del moto e della natura, cooperino tra loro obbligando ogni cosa e ogni creatura a comportarsi in modo prevedibile e coerente. Come ho anticipato, stiamo lavorando a una macchina in grado di predire il futuro a partire dalla conoscenza dettagliata del presente. Grazie alla nostra macchina anche il passato potrà essere ricostruito in base al principio di conservazione dell’informazione. E a postulati ispirati a un solido determinismo. Come dicevo, noi sappiamo che, conoscendo con esattezza lo stato dell’universo e tutte le leggi della fisica, il futuro diventa un libro aperto non meno del passato. Se conosciamo le precise condizioni di moto di ogni particella dell’universo, possiamo dedurre il futuro e riesumare il passato con accuratezza millimetrica. È questo che fa la nostra macchina, il più potente calcolatore mai fabbricato, in grado di ricevere in ingresso tutto quello che c’è da sapere sull’universo attuale e di riespellerlo sotto forma di accurate previsioni future e fedeli ricostruzioni del passato. Finora l’uomo è stato in grado di predire solo fenomeni su larga scala (del tipo “domani il Sole tramonterà a una certa ora”), ma grazie alla nuova macchina la nostra conoscenza diventerà compatibile con un vasto spettro di possibili avvenimenti futuri e di incontrovertibili ricostruzioni del passato. Vi sto annoiando?… Lieta di sentirlo dire… Sì?… Beh, certo, almeno lo spero…

Ormai sappiamo quasi tutto riguardo al tempo. Esso scorre in una stessa direzione perché l’universo è pervaso da processi irreversibili ed è la tendenza a crescere dell’entropia a fare sì che questi processi siano tali. È l’entropia a definire la freccia del tempo. Il libero arbitrio, ossia la capacità di cambiare il futuro attraverso le nostre scelte, è possibile solo perché il passato è caratterizzato da un grado di entropia più basso rispetto al futuro. Se riusciamo a fissare i ricordi del passato è solo perché l’entropia nella fase precedente era inferiore. Viviamo in un universo orientato, connotato da una evidente freccia del tempo. Il tempo ha una direzione, viaggia dal passato verso il futuro in modo irreversibile, innescando processi irrevocabili. Un acquario diventa un’ottima frittura di pesce, ma da una frittura di pesce non si torna all’acquario. Un effetto segue sempre la causa in quanto gli effetti comportano un aumento di entropia. Per entropia intendiamo il grado di disordine di un sistema isolato, ossia la misura del numero di disposizioni microscopiche degli atomi che appaiono indistinguibili da un punto di vista macroscopico. In altre parole, se qualcuno rimescola l’acqua di un bicchiere, cambiando di posto alle varie molecole, a occhio nudo non notiamo alcun mutamento, dal momento che il caos regna già sovrano e che esistono numerose disposizioni dei singoli atomi che a livello macroscopico risultano indistinguibili. Gli oggetti a bassa entropia invece sono più sensibili ai rimescolamenti: se provate a sbattere un uovo alla coque, non tarderete ad accorgervi dei cambiamenti. Le situazioni a bassa entropia sono più facilmente disturbate dai rimescolamenti di atomi rispetto a quelle ad alta entropia. È l’entropia a rendere possibile la vita. Se la Terra, che riceve il calore dal Sole, non finisce per cuocersi come una bistecca è solo grazie all’entropia, ossia al fatto che lo spazio interplanetario è molto più freddo della Terra e quest’ultima cede calore irraggiandolo nel cosmo. Il nostro universo ha ancora miliardi di anni davanti a sé solo perché l’entropia ha ancora parecchio “spazio” davanti a sé per crescere, prima che venga raggiunto l’equilibrio e tutto si fermi.

In altre parole, il tempo segue una direzione precisa poiché in un sistema isolato l’entropia tende ad aumentare o tutt’al più a restare costante (così come il calore non passa mai spontaneamente da un corpo freddo a uno caldo). E tende ad aumentare perché, per ragioni statistiche, ci sono più modi di avere entropia alta che bassa. In un recipiente di gas distribuito in uno stato di alta entropia, le posizioni disordinate degli atomi sono infinitamente più frequenti di quelle ordinate, dunque il disordine prevale quasi sempre; benché vi siano delle eccezioni. Sono queste eccezioni a far storcere il naso agli scienziati…

L’entropia ci dice fino a che punto un sistema è disordinato. Così come mogli e fidanzate strillano perché avete lasciato calzini e mutande sporche in giro. L’entropia cresce mentre il sistema procede dall’ordine al disordine molecolare. La collera della donne fa lo stesso. Entrambe misurano l’inutilità di una certa quantità di energia.

Tra le differenti visioni del tempo – eternalista, presentista e possibilista – personalmente opto per quella eternalista: dal mio punto di vista, passato, presente e futuro sono egualmente reali. La nostra macchina lo dimostra.

Per i possibilisti esistono solo presente e passato, il futuro non ancora. I presentisti invece si rifanno a un caposcuola illustre; a quel sant’Agostino che fu tra i primi, nel V secolo d. C., a occuparsi dell’enigma del tempo. Per i presentisti solo il presente è reale. Il passato non è dato che dalle nostre costruzioni nel presente. Risulta chiaro, scrive sant’Agostino, che futuro e passato non esistono dal momento che il primo altro non è che il presente del futuro, ossia l’attesa, mentre il secondo consiste nel presente del passato, cioè nella memoria.

Se chiediamo alla gente per strada che cosa è il tempo, otterremo un vasto campionario di risposte: Non so. Il tempo è ciò che ci fa andare avanti. Ciò che scorre. Quello segnato dagli orologi. Ciò che separa il passato dal futuro. Che ci dice quando accadono le cose. Tutto giusto. Ma insufficiente. Esso è anzitutto una coordinata primaria, ci aiuta a localizzare gli oggetti (la matita sul tavolo, in questo momento). Il tempo è ciò che viene misurato dagli orologi, ciò che calcola una durata, un intervallo tra un evento e l’altro. È il primo fattore del divenire, la conditio sine qua non del cambiamento, ciò che permette alle cose di evolversi. Il tempo è il modo con cui la natura impedisce che le cose accadano tutte insieme: questa brillante osservazione viene attribuita al fisico americano J. A. Wheeler, noto anche per aver coniato il termine “buco nero”, ma vi assicuro che il professor Kreutzer, con cui ho avuto l’onore di lavorare a Tubinga, diceva qualcosa di molto simile. Il tempo è parte del sistema di misura usato per ordinare gli eventi in una sequenza logica, dotata di senso compiuto. Il suo aspetto più sorprendente è che abbia una direzione preferita. L’universo sembra avere i suoi gusti. La freccia del tempo esiste perché l’universo evolve in un certo modo. Al momento del suo inizio esso si trovava in una situazione di entropia minima, dunque molto ordinato, anche se nessuno sa perché: è questo che stiamo tentando di scoprire. È la freccia del tempo a produrre l’illusione del tempo che scorre. Essa è il motivo per cui crediamo nel rapporto di causa ed effetto. E tutto questo ha avuto origine dal Big Bang. Ma il problema è che perché la vita vada avanti è necessario postulare la possibilità che l’entropia goda della libertà di crescere indefinitamente. Se il processo entropico si arrestasse, la vita cesserebbe per morte termica.

Quando pensiamo al mondo, immaginiamo un insieme sterminato di cose situate in posti diversi. Ma il mondo cambia, le cose cambiano. Gli oggetti si spostano, subiscono delle modificazioni… Davvero, se vi annoio, mi fermo qui… Non vorrei farvi l’effetto… Com’era quella vecchia battuta?… Ah già, di un film cecoslovacco coi sottotitoli in tedesco… Queste modificazioni, dicevo, non avvengono simultaneamente. C’è un prima e un dopo. Un ordine. Un senso. Se proviamo a immaginare queste modificazioni tutte insieme, simultaneamente, otteniamo una visione del mondo complessiva non solo nello spazio ma anche nel tempo. La storia di un oggetto può essere vista come il percorso di quell’oggetto nello spazio al trascorrere del tempo. Il mondo accade in continuazione. Servono quattro coordinate (tre spaziali e una temporale) per specificare in maniera univoca un evento. Eliminando la coordinata temporale, è possibile disporre davanti ai nostri occhi l’intera storia del mondo come un’immane tela che nessuno sguardo potrà mai abbracciare totalmente. Oppure, reintroducendo il tempo, concepirla come un unico oggetto a quattro dimensioni. Sezionando i vari istanti possiamo ottenere copie dell’universo attimo per attimo: l’universo alle otto del mattino, alle nove, e così via. E tutte insieme, queste sezioni, compongono l’universo. Il tempo non solo fornisce un documento di identità senza possibilità di espatrio ai diversi istanti, misura anche la distanza che li separa. Viene normalmente misurato dagli orologi, i quali non fanno che registrare comportamenti costanti. Questo è possibile perché nel mondo esistono oggetti periodici, che fanno sempre la stessa cosa. Processi che si ripetono in continuazione. La chiave per misurare il tempo è la ripetizione sincronizzata. La Terra ruota attorno al suo asse 365,25 volte per ogni giro attorno al Sole. Il cristallo di quarzo vibra 2.831.155.200 volte a ogni rotazione completa della Terra attorno al suo asse. Nell’antichità i metodi di misurazione del tempo facevano riferimento alla posizione dei corpi celesti, al loro movimento. Dopo l’epoca delle meridiane, delle clessidre e degli orologi ad acqua, a partire dai movimenti oscillatori dei pendoli nascono gli orologi. L’arte dell’orologeria procede attraverso la ricerca di forme di oscillazione sempre più affidabili, dalle vibrazioni del quarzo alle risonanze atomiche, dagli orologi integrati nei computer ai modelli che sfruttano l’energia solare, da quelli radiocontrollati all’orologio dell’apocalisse, che monitora l’andamento delle politiche mondiali e del rischio nucleare. Viviamo in un mondo connotato da processi periodici di ogni genere. È così che misuriamo la durata: contabilizzando le ripetizioni di questi processi. Quando diciamo che un viaggio in treno dura un paio d’ore, intendiamo dire che il cristallo di quarzo nel nostro orologio oscillerà 235.929.600 volte tra l’inizio e la fine del viaggio. Noi stessi percepiamo il trascorrere del tempo perché ci sono processi periodici all’interno del nostro metabolismo: il respiro, il battito cardiaco, svariati impulsi elettrici. Il problema è che siamo un complesso sistema di orologi fuori sincrono. I nostri ritmi interni non sono costanti, in quanto influenzati da condizioni esterne o dal mutare del nostro stato emotivo. Ecco perché il tempo ci sembra scorrere in maniera non sempre uguale. Ma anche nel nostro corpo abbiamo orologi affidabili, che non mutano al variare delle condizioni esterne o emotive. Si tratta di fenomeni di cui non ci accorgiamo e che non influiscono sulla nostra percezione del tempo: molecole vibranti, reazioni chimiche puntuali. Il tempo non si trova in natura, allo stato brado; esso è un concetto ideato dall’uomo nel tentativo di padroneggiare l’universo…

La vedete questa piletta tascabile? Bene, non serve per illuminare; perlomeno non è questa la sua funzione principale… Ora vi mostro a cosa serve… Ho bisogno di un volontario, chi si offre?… Avvocato, non scappi… Bravo… Ora punterò il fascio di neurostimolatori su di lui… Ecco… No, avvocato, non si spaventi, non le capiterà nulla di male… Aspettiamo qualche istante che faccia effetto… Ecco… E ora, avvocato, ci dica che cosa sente… se avverte qualcosa di strano… Ah-ah… Le sembra di far fatica a formulare compiutamente i pensieri, di metterci un’eternità anche solo a pensare… che so… al suo nome… Perfetto… Aspetti che inverto il commutatore… E ora?… Come dice?… Le sembra di pensare a una rapidità impressionante?… Bene, bene… Esperimento riuscito… Un attimo di pazienza, ora vi spiego tutto… Questa pila, non sto a scendere nei dettagli del suo funzionamento, è il frutto di sei anni di ricerche… Semplificando all’osso, vi dirò solo che attraverso di essa è possibile rallentare o accelerare il flusso di coscienza e l’efficienza della rete neurale… Rallentandoli, cosa succede? Semplice: dal momento che il mondo esterno scorre come prima, alla velocità di sempre, mentre dentro di voi tutto avverrà più lentamente, ecco che fuori le cose sembreranno aver subito un’accelerazione… Se per esempio decidete di fare un viaggio di due ore in treno, è possibile che alla fine tutto quel che sarete riusciti a pensare sarà la vostra data di nascita… Se aumentiamo la velocità del flusso e l’efficienza di sistema, è possibile per chi abbia familiarità con la scrittura, ad esempio, scrivere un romanzo di duecento pagine durante quello stesso viaggio… Chiaro?… Non troppo? Beh, non saprei come spiegarlo altrimenti… Magari ci ritorniamo sopra in seguito. Ora vorrei andare avanti… Come?… Non si poteva proprio evitare… Dovete perdonare il lungo preambolo, ma prima di iniziare il mio racconto… Come? Sì, sì, questo non è che il prologo, diciamo così… Che significa “alleluia”, avvocato?… Sono pronta a smettere quando volete, basta me lo diciate… Ok. Dov’ero rimasta?… Dicevo. Prima di iniziare il racconto vero e proprio, vi riferirò un curioso esperimento che in qualche misura lo introduce… Abbiamo predisposto un apparecchio per la proiezione di diapositive e domandato alla nostra cavia di premere il pulsante per farle scorrere in sequenza avvisandoci ogni volta che era consapevole di aver fatto partire l’ordine dal cervello. L’uomo non immaginava che a inviare al dispositivo l’impulso che faceva avanzare le diapositive erano in realtà degli elettrodi collegati alla sua corteccia cerebrale. Il cervello impartiva l’ordine ma, prima che questo raggiungesse la mano, l’uomo aveva già premuto il pulsante. Ragion per cui aveva la sensazione che le diapositive avanzassero un istante prima che esercitasse una pressione. Come se il pulsante si premesse da solo. Spesso gli capitava di premere a livello conscio una seconda volta facendo avanzare il proiettore di due fotogrammi. Questo dimostra l’estremo grado di soggettività del tempo… Come? La sua domanda, avvocato, è poco pertinente… In ogni caso, se avrà un attimo di pazienza e la bontà di rimettersi seduto, a tempo debito vedrò di accontentarla… Non vedo che cosa ci sia di tanto divertente… Qualcuno è così gentile da riempirmi il bicchiere?… No, per favore, ne ho abbastanza di quell’intruglio, senza offesa. Non si potrebbe avere un semplice bicchiere di vino bianco, possibilmente secco?… Molto gentile… No, no, basta così; lei mi vuole ubriacare, avvocato… Uhm, niente male. Non le chiederò di che si tratta…

Torniamo alla nostra macchina. Vi domanderete perché non l’abbiamo interrogata a proposito di Poppi. Lo abbiamo fatto… E il risultato non è stato incoraggiante: per poco non è esplosa… Abbiamo dovuto spegnerla e resettarla… Al trentatreesimo tentativo (un’analogia con gli anni di Cristo?) la risposta è arrivata, per quanto aprisse a un ventaglio di ipotesi riconducibili alla più accreditata versione della teoria degli universi possibili: secondo i dati elaborati dal calcolatore, in 177 universi alternativi l’asteroide colpirà la Terra con effetto devastante. In altri 11815 la mancherà di un soffio. In 234 casi la lambirà senza particolare violenza, ammaccandola in prossimità dell’Antartide o della Cina (e questa sarebbe finalmente una buona notizia). In 2116 mondi paralleli l’asteroide in realtà sta viaggiando in un’altra dimensione temporale (ancorché nello stesso continuum spaziale): in 332 mondi si trova nel futuro, in 383 nel passato, in 336 marcia in direzione opposta alla freccia del tempo terrestre. E potrei continuare. Le ipotesi sono pressoché infinite.

Ora la domanda è: in quale di questi mondi ci troviamo noi, qui e ora?… Per rispo…