Intermezzo
Incontro ravvicinato dell’ultimo tipo
Macché pillolina della morte. Nient’altro che un mentino.
Nel Bloody Mary era sciolto del Sonnifex, un narcotico in grado di produrre un sonno di piombo, benché di breve durata: non più di una ventina di minuti. Più che sufficienti… Di solito, viene adoperato in bombolette spray dai ladri di appartamenti…
Inutile dire che tra il personale del catering ho un complice… un tipo sveglio. Un malese. Mentre tutti ronfavano sono sceso al piano notte e mi sono introdotto nella camera da letto di Tomas e Bree, dove è nascosta la cassaforte, dietro una tela di Bonalumi… Mi sono bastati dodici minuti per ripulirla. Tempo fa Ricardo è stato così imbecille da lasciarsi sfuggire la combinazione. Sapevo che Tomas tiene sempre in casa almeno centomila bigliettoni, per le spesucce. Più qualche gioiello e altri valori. Per quelli ci vorrà un ricettatore. Sarà anche in arrivo la fine del mondo, ma se poi non venisse… Tanto vale cautelarsi. Come nella scommessa di Pascal su Dio; meglio puntare sul fatto che la fine del mondo non ci sarà. Più conveniente. E comunque, se la fine del mondo è in arrivo, tutto è consentito.
Al risveglio molti hanno lamentato un vago intontimento, un cerchio alla testa. Nessuno ricorda nulla. Come se fossero sprofondati in un sonno senza sogni, rapido e fruttuoso.
Hanno descritto gli effetti della pillolina come una delusione. Li capisco. Non farò altri affari, questa sera.
Con i più diffidenti, si è resa necessaria qualche parola in più: Vi siete addormentati per alcuni minuti. Forse ho trascurato di considerare l’effetto combinato di alcol e cortisolo 3.
Tomas ha sgranato gli occhi. Addormentati?
Temo di sì.
Si è limitato a scuotere il capo. Una lieve contrazione del muscolo di una guancia.
Mi servo un ruou ran. Li osservo con un sorrisetto. Ho nascosto la refurtiva in macchina. Nessuno sospetta. Anche se De Santis non smette di fissarmi con l’aria di chi disapprova non si sa bene cosa, come se una vocina sul mio conto non lo abbandonasse mai. L’unico da tenere d’occhio è Tomas. È probabile che, quando si accorgerà di essere stato svaligiato, faccia due più due. Ma non è detto; si fida di me. Non sono – ops, “ero” – il miglior amico di suo fratello?
Passato lo stordimento molti si sono alzati per sgranchirsi le gambe, riempirsi il calice, infilzare uno stuzzichino. Qualcuno ha fatto due passi in terrazza. A poco a poco tutto ha ripreso come prima, il giochetto della pillolina totalmente rimosso. Tomas, che pare essersi rimesso in sesto più in fretta degli altri, dopo avere resettato Leo si apparta nel tentativo ripetuto di rintracciare il fratello. Dopo un po’ fa una smorfia di disappunto. Infila in tasca lo smartphone e viene verso di noi. Si butta sul divano. Un istante dopo inghiotte una pasticca di Sirenill. Apre una cartellina, ne estrae un fascio di ritagli di giornale. Gli costa uno sforzo. Li passa in rassegna, a uno a uno, ogni tanto socchiude gli occhi, come per concentrarsi. Una miriade di rughe si fa largo sulla sua fronte. Si annusa le dita. Si sofferma su un articolo tratto dall’inserto scientifico de “La Stampa” del 18 febbraio firmato da S. T. Carolli. Ecco qua, dice. E inizia a leggere: È acclarato. Il 13 aprile, domenica di Pasqua, alle 2:05, un asteroide di diciassette chilometri di diametro e ventiquattromila miliardi di tonnellate punterà diritto verso la terra. Resta da vedere se si tratterà di un gigantesco schiaffo o di un’affilata carezza. Milioni di persone in tutto il mondo vedranno sfrecciare un punto luminoso nel cielo, molto più veloce dei satelliti e più brillante della maggior parte delle stelle. Tutti conoscono il suo nome: Poppi. Una vecchia conoscenza di studiosi e astronomi di mezzo mondo, ai quali è noto come K666. Da anni lo tengono sotto sorveglianza, tentando di calcolare le probabilità di impatto con la Terra e litigando sui pericoli di una simile minaccia.
Un grido d’allarme era stato lanciato nel 2009 da Yuri Pavlov. L’ottantenne capo dell’agenzia spaziale russa aveva scelto AlJazeera.it per comunicare al mondo che non c’era più tempo. I russi avrebbero promosso un vertice tra le maggiori agenzie del mondo per valutare se inviare una navetta in grado di disintegrare Poppi. Pavlov aveva previsto che nel 2036 l’asteroide si sarebbe trovato così vicino alla Terra da risultare visibile a occhio nudo. Ci era andato giù duro: La vita di miliardi di persone è in pericolo. Bisognerà investire centinaia di milioni di dollari e costruire un sistema in grado di prevenire l’impatto. Continuare a litigare non serve a nulla. Ma le foto che circolavano per le redazioni dei giornali lo ritraevano immancabilmente con lo sguardo rintronato del forte bevitore, e questo non aveva giovato alla causa.
Lo stesso allarme era stato lanciato in precedenza da un ragazzino tedesco di tredici anni cadendo nel vuoto. Peter Kupfer (che aveva avuto modo di osservare l’asteroide col telescopio dell’Istituto di astrofisica di Potsdam, a Babelsberg) aveva calcolato che le probabilità di impatto dell’asteroide erano molto diverse da quelle indicate dalla Nasa. Secondo gli scienziati di Houston non c’era che una probabilità su trentasette che Poppi potesse colpire la Terra. Con la sfrontatezza tipica dell’età, Peter non aveva esitato a ribattere colpo su colpo, fornendo una stima ben più allarmante: una su dodici.
Si è tentato di prevedere che cosa accadrà quando Poppi verrà a trovarsi in rotta di collisione con il nostro pianeta. La Nasa ha stimato che anche a ottantacinque chilometri di distanza si vedrà il cielo spaccarsi in due e un grande fuoco ricoprire ogni cosa in pochi attimi. Subito dopo la volta celeste si richiuderà. Si udirà un fragoroso boato, ci si sentirà sollevare da terra e si verrà sbalzati ad alcuni metri di distanza. Poppi libererà un’energia equivalente a millequattrocentottanta megatoni di dinamite (centoquattordicimila volte l’energia liberata da Little Boy, l’atomica sganciata su Hiroshima). Per dare un’idea, nell’impatto che ha causato la devastazione di Tunguska (un’esplosione avvenuta a seguito dell’urto alla velocità di 15 km/s di un grande meteorite capace di far deragliare alcuni convogli della Transiberiana e di abbattere ottanta milioni di alberi su una superficie di 2.150 chilometri quadrati) si stima sia stata liberata un’energia di venti megatoni. L’eruzione del Krakatoa nel 1883 ha sprigionato l’equivalente di duecento megatoni; mentre la bomba Tsar, di fabbricazione russa, il più potente ordigno all’idrogeno fatto esplodere finora, ha liberato un’energia pari a cinquantasette megatoni, tremilacentoventicinque volte l’energia sprigionata da Little Boy, dieci volte la potenza combinata di tutti gli esplosivi convenzionali usati nella Seconda guerra mondiale. Gli effetti di un impatto con corpi celesti di quelle dimensioni possono variare a seconda della composizione dell’oggetto precipitato, del luogo, delle condizioni climatiche, dell’angolo di caduta. Nel nostro caso, i danni si estenderebbero su un’area di alcune migliaia di chilometri quadrati. L’impatto avverrebbe alla velocità di 12,59 km/s, pari a 45.324 km/h.
Ma non c’è da temere. Anche se Poppi fosse effettivamente in rotta di collisione con il nostro pianeta, esiste la possibilità di deviarlo. L’ipotesi di bombardarlo allo scopo di disintegrarlo, avanzata in un primo momento, non è più ritenuta realistica, presentando non poche criticità: gli asteroidi possono essere formati da materiale incoerente, nel qual caso l’utilizzo di una bomba megatonale risulterebbe non risolutivo in quanto finirebbe per trasformarli in uno sciame tossico in grado di colpire ugualmente la Terra. Per aggirare questo rischio il ricercatore americano John Hanks ha sviluppato il progetto di un “trattore gravitazionale”, descritto nei dettagli in un articolo apparso su “Nature Under Control”. Si tratta di una navicella teleguidata che, una volta entrata nel campo gravitazionale di Poppi, lo aggancerebbe, e tramite getti propulsori potrebbe dirottarlo. Hanks, fisico e astronauta di esperienza, ha precisato che la missione di salvataggio durerebbe un paio di settimane, per un costo complessivo di circa seicento milioni di dollari. Ma di nuovo pare che, a livello governativo, non si riesca a trovare un accordo sulla strategia da adottare…
Mentre leggeva, Tomas sembrava farsi di minuto in minuto più assente. Consultava di continuo il suo smartphone come se attendesse una chiamata, un messaggio, un segnale. Ora si è calmato. L’avvocato Bonera, nella sua giacchetta di pelle nera, si aggira come un’anima persa, vantandosi di essere l’unico lì dentro in grado di reggere un’intera bottiglia di scotch, ma è proprio quella sua insistenza a contraddirlo. Poi alza il tiro attribuendosi il merito di aver difeso, quindici anni prima, in ossequio alle sue simpatie anarchiche, un gruppo terroristico responsabile di una lunga lista di crimini politici, un pugno di irriducibili che si opponeva alla Suprema commissione per la parità di genere, ottenendo l’assoluzione per metà di loro. Questo, secoli prima del suo successo televisivo. Tre matrimoni falliti alle spalle, una solida reputazione di tombeur de femmes e un certo numero di processi a suo carico per riconoscimento di paternità hanno fatto di lui un bersaglio ideale per i giornali scandalistici. Per tutto il tempo che è durato il mio monologo il suo sguardo ha vagato in cerca di qualcosa. Credo non abbia fatto altro che spogliare con lo sguardo le donne presenti, non risparmiando nemmeno la professoressa Gruber. Tra poco toccherà a lui. Ci faremo due risate.
Per un attimo mi è apparso il volto deformato dalla morte di Ricardo, poi la visione del suo corpo rannicchiato nello spazio angusto del bagagliaio, imbrattato di sangue, molliccio. Con uno scatto della volontà ho sostituito a quella visione l’immagine più rassicurante di Emma. Non si fa viva da giorni. Che starà combinando? Non è tipa da restarsene sessualmente inattiva. Non si può dire che la cosa mi infastidisca. No, userei un’altra espressione per definire il mio stato d’animo al riguardo: vacuità. No, non sarò io a chiamarla.