Certi giorni...


La nave traghetto St. Kilian, partita da Le Havre carica di automezzi, affondò il muso in un'altra ondata e spinse la propria tozza mole un po' più vicina all'Irlanda. Da qualche punto sul ponte A, il camionista Liam Clarke si sporse dal parapetto e guardò in avanti per distinguere le basse colline della Contea Wexford che andavano avvicinandosi.

Altri venti minuti e il traghetto della Irish Continental Line avrebbe attraccato nel piccolo porto di Rosslare; per Clarke, questo avrebbe significato la fine: di un altro giro in Europa. Diede un'occhiata all'orologio; erano le due meno venti del pomeriggio e lui non vedeva l'ora di trovarsi a Dublino con la sua famiglia, in tempo per la cena.

La nave traghetto era di nuovo in orario. Clarke si scostò dal parapetto, tornò nel salone passeggeri e prese la valigetta. Non vide alcun motivo di aspettare ancora e scese verso il ponte veicoli, tre ponti più in basso, dove il suo gigantesco autocarro aspettava insieme agli altri. I passeggeri con autoveicoli non sarebbero stati chiamati prima di dieci minuti, ma lui si disse che tanto valeva cominciare a sedersi nella cabina di guida. Osservare la manovra di attracco del traghetto non era più una novità per lui. Lo interessava molto di più la pagina del quotidiano inglese che aveva comprato a bordo con le notizie sulle corse, anche se era del giorno prima.

Si issò nella calda comodità della cabina e si accinse ad aspettare finché i grandi portelli a prora non si fossero aperti, consentendogli di uscire sul molo di Rosslare. Sopra il parasole di fronte a lui si trovava al sicuro il fascio dei documenti doganali, pronti per essere esibiti.

La St Kilian doppiò l'estremità del molo del porto, cinque minuti prima dell'ora prevista e i portelli si aprirono alle due in punto. Già il ponte veicoli inferiore risuonava di rombi mentre i turisti impazienti avviavano i motori molto prima di quanto fosse necessario. Si comportavano sempre così. Centinaia di marmitte eruttavano gas di scarico, ma gli autocarri pesanti si trovavano nelle prime file e uscivano per primi. Il tempo, in fin dei conti, era denaro.

Clarke premette il pulsante di avviamento e il motore del suo grosso Volvo articolato si mise in moto pulsando. Lui era il terzo della fila quando l'incaricato segnalò di portarsi avanti. Gli altri due autocarri affrontarono la rimbombante rampa d'acciaio con un fragore di tubi di scappamento, e Clarke li seguì. Nel protetto silenzio della cabina di guida, udì il sibilo dei freni idraulici allentati, poi le piastre d'acciaio furono sotto di lui.

Con il rombo echeggiarne degli altri motori e la sonorità metallica dell'acciaio sotto le ruote, lui non riuscì a sentire lo schianto secco proveniente dal suo autocarro, da qualche punto sotto di lui e più indietro. Emerse dalla stiva della St Kilian, percorse i duecento metri di molo acciottolato e di nuovo venne a trovarsi nella penombra, questa volta nel grande capannone a volta della dogana. Attraverso il parabrezza scorse uno dei funzionari fargli cenno di entrare in un apposito spazio accanto agli autocarri che lo avevano preceduto, e seguì le indicazioni. Quando venne a trovarsi nella posizione indicata, spense il motore, prese il fascio dei documenti e scese. Conosceva quasi tutti i funzionari doganali, perché passava di lì con regolarità, ma non questo.

L'uomo salutò con un cenno del capo e tese la mano per avere i documenti. Poi cominciò a sfogliarli.

Gli occorsero soltanto dieci minuti per persuadersi che tutto era in ordine? patente, assicurazione, nota di carico, ricevuta della dogana, permessi e via dicendo? l'intera gamma dei controlli che, a quanto pareva, erano necessari per trasferire merce da un paese all'altro, anche nell'ambito del Mercato Comune. Stava per restituire i documenti a Clarke, quando qualcosa attirò il suo sguardo.

«Ehi, che diavolo è quella roba?» domandò.

Clarke segui lo sguardo dell'uomo e vide, sotto la sezione cabina dell'autocarro, una pozza d'olio che andava allargandosi a vista d'occhio.

L'olio gocciolava da qualche punto vicino all'asse posteriore.

«Oh, Gesù» disse in preda alla disperazione, «sembra che sia partito il differenziale.»

Il funzionario doganale chiamò con un cenno un suo superiore, che Clarke conosceva, e i due uomini si chinarono per accertare da dove venisse la perdila d'olio. Più di un litro d'olio si trovava già sul pavimento del capannone e un altro litro e mezzo stava per gocciolare.

L'altro funzionario delle dogane si raddrizzò.

«Non andrà lontano, con questo autocarro» disse; poi, rivolto al suo subalterno, soggiunse «dovremo far passare gli altri da un lato.»

Clarke strisciò sotto la sezione cabina per vedere più da vicino. Dal motore, più avanti, un robusto asse correva fino all'enorme scatola di acciaio, il differenziale. In esso, la potenza dell'asse di trasmissione passava lateralmente all'asse posteriore, spingendo così l'autocarro. Ciò avveniva mediante un gruppo complicato di ingranaggi entro la scatola, ingranaggi che ruotavano immersi in permanenza nell'olio lubrificante.

Senza quell'olio, gli ingranaggi si sarebbero inceppati in breve tempo, e ora il differenziale si stava svuotando. L'involucro di acciaio si era screpolato.

Sopra l'asse di trasmissione si trovava la piastra a snodo sulla quale poggiava la sezione rimorchio dell'autocarro, quella con il carico. Clarke strisciò fuori di sotto il veicolo.

«È completamente partito» disse, «Dovrò avvertire l'ufficio. Posso servirmi del telefono?»

Il funzionario che lui conosceva indicò, con un cenno del capo, l'ufficio dalle pareti a vetri e continuò a esaminare i documenti degli altri autocarri. Alcuni camionisti si sporsero dalle cabine di guida e gridarono commenti salaci a Clarke, mentre lui andava al telefono.

Risultò che nell'ufficio di Dublino non si trovava anima viva. Erano tutti a pranzo. Clarke si aggirò imbronciato nel capannone mentre l'ultima automobile dei turisti ne usciva per portarsi nell'entroterra. Alle tre riuscì a parlare con il direttore della Tara Trasporti e gli spiegò che cosa era accaduto. L'uomo imprecò.

«Non abbiamo quel pezzo di ricambio in magazzino» disse a Clarke. «Dovrò rivolgermi al rappresentante generale della Volvo per riuscire a procurarmelo. Mi richiami tra un'ora.»

Alle quattro non c'erano ancora notizie e alle cinque quelli della dogana vollero chiudere, essendo ormai arrivato da Fishguard l'ultimo traghetto della giornata. Clarke fece un'altra telefonata per dire che avrebbe trascorso la notte a Rosslare e richiamato di lì a un'ora. Uno dei funzionari doganali, cortesemente, gli diede un passaggio fino in città e gli indicò una pensioncina. Clarke vi prese alloggio per quella notte.

Alle sei, il direttore dell'ufficio gli disse che sarebbero passati a prendere la scatola del differenziale di ricambio la mattina dopo alle nove per poi mandargliela mediante un furgone con un meccanico.

L'uomo sarebbe stato lì entro mezzogiorno. Clarke telefonò alla moglie per avvertirla che avrebbe ritardato di ventiquattr'ore, sorseggiò un tè e si recò in un pub. Nel capannone della dogana, lontano cinque chilometri, l'autocarro articolato verde e bianco della Tara rimaneva, silenzioso e solo, sopra la pozza d'olio.

Il giorno dopo Clarke si permise di dormire fino a tardi e si alzò alle nove. Alle dieci parlò con l'ufficio centrale e gli dissero che il furgone aveva già caricato il pezzo di ricambio e sarebbe partito di lì a cinque minuti. Alle undici egli tornò a piedi al porto. Risultò che la società era di parola e il furgoncino, guidato dal meccanico, scoppiettò lungo il molo ed entrò nel capannone della dogana a mezzogiorno. Clarke lo stava aspettando.

L'allegro meccanico si infilò sotto l'autocarro con l'agilità di un furetto e Clarke lo udì mentre faceva schioccare la lingua. Quando sbucò fuori di là sotto, era già imbrattato d'olio lubrificante dappertutto.

«È la parte anteriore della scatola del differenziale» disse. «Completamente sfasciata.»

«Quanto ci vorrà?» domandò Clarke.

«Se mi darà una mano, la tirerò fuori di qui in un'ora e mezzo.»

Ci volle un po' di più. Anzitutto dovettero asciugare la pozza d'olio, e due litri e mezzo richiedono parecchio tempo. Poi il meccanico afferrò una grossa chiave inglese e, con cautela, svitò la cerchia di grossi bulloni che fissano la scatola. Ciò fatto smontò i due semiassi e cominciò a smontare l'asse principale. Clarke, seduto sul pavimento, lo osservava, passandogli ogni tanto gli attrezzi che l'uomo gli chiedeva. I funzionari della dogana stavano a guardarli. Non succedeva un granché, nel capannone, tra un attracco e l'altro dei traghetti.

La scatola rotta venne via a pezzi subito prima dell'una.

Clarke cominciava a essere affamato e gli sarebbe piaciuto andare al ristorante a mettere qualcosa sotto i denti, ma il meccanico voleva portare a termine in fretta il lavoro. Al largo sul mare la nave traghetto St Patrick, gemella più piccola della St Kilian, stava comparendo all'orizzonte, diretta a Rosslare.

Il meccanico cominciò a eseguire tutte le stesse operazioni a rovescio; l'asse principale venne fissato, poi fu la volta dei due semiassi e della nuova scatola di protezione. All'una e mezzo, chiunque stesse guardando poteva vedere con chiarezza la St Patrick al largo.

Murphy guardava. Giaceva bocconi sull'erba secca, in cima alla collinetta dietro il porto, invisibile a chiunque da cento metri di distanza; e d'altronde, non c'era anima viva lì attorno. Teneva davanti agli occhi un piccolo binocolo, osservando la nave che si avvicinava.

«Eccola qui» mormorò, «giusto in tempo.»

Brendan, il picchiatore, disteso accanto a lui sull'erba alta, grugnì.

«Credi che andrà tutto bene, Murphy?» domandò.

«Sicuro, ho pianificato la cosa come un'operazione militare» rispose Murphy. «Non possiamo fallire.»

Un criminale più professionista avrebbe potuto dire a Murphy, il quale sbarcava il lunario con la compravendita di rottami metallici e, come attività accessoria, trafficava in automobili rubate, che stava un po' esagerando con una simile asserzione, ma Murphy aveva speso parecchie migliaia di sterline di tasca sua per organizzare la faccenda e non si sarebbe lasciato scoraggiare da nessuno. Continuò a tener d'occhio la nave traghetto che si avvicinava.

Nel capannone della dogana, il meccanico strinse l'ultimo dado intorno alla scatola di protezione, strisciò fuori di sotto l'autocarro, si mise in piedi e si stiracchiò.

«Bene» disse, «ora ci metteremo due litri e mezzo d'olio e poi lei potrà partire.»

Svitò il piccolo dado a flangia su un lato della scatola del differenziale mentre Clarke andava a prendere una latta d'olio da cinque litri e un imbuto. In porto, la St Patrick, con lenta cautela, infilò il muso nel posto di attracco e le staffe di aggancio si abbassarono.

Murphy tenne ben fermo il binocolo e osservò lo scuro varco a prora della St Patrick. Il primo autocarro ad uscire risultò essere color marrone scuro, con scritte in francese. Il secondo che emerse nel sole del pomeriggio, splendeva bianco e verde smeraldo. Su un lato del rimorchio, la parola TARA figurava in grandi lettere verdi. Murphy espirò adagio.

«Eccolo» disse, «il nostro bambino.»

«Ci muoviamo, adesso?» domandò Brendan, che, senza il binocolo, poteva vedere ben poco e si stava annoiando.

«Non c'è fretta» disse Murphy. «Prima dobbiamo vederlo uscire dal capannone.»

Il meccanico avvitò strettamente il dado del foro dell'olio, poi si voltò verso Clarke.

«È tutto suo» disse, «pronto per ripartire. Quanto a me, vado a lavarmi. Probabilmente la supererò sulla strada di Dublino.»

Riportò sul furgoncino la latta dell'olio e gli attrezzi, prese un flacone di liquido detergente e si diresse verso la toilette. Il colosso della Tara Trasporti rombò dal molo, attraverso l'ingresso, nel capannone della dogana. Un funzionario lo guidò a cenni nel posto libero accanto all'altro articolato e il camionista scese.

«Cosa diavolo ti è successo, Liam?» domandò.

Clarke gli spiegò quale era stato l'inconveniente.

Un funzionario delle dogane si avvicinò per esaminare i documenti del nuovo arrivato.

«Io ho l'OK per partire?» domandò Liam.

«Vada, vada» disse il doganiere. «Lo ha già insudiciato per troppo tempo questo posto.»

Per la seconda volta in ventiquattr'ore, Clarke si issò sulla cabina di guida, avviò il motore e innestò la marcia. Dopo un gesto di saluto al collega della stessa società di trasporti, allentò la pressione del piede sul pedale della frizione e l'articolato uscì dal capannone, nella luce del sole.

Murphy afferrò più saldamente il binocolo mentre il gigante della strada usciva dal lato sulla parte di terra del capannone.

«È già passato» disse a Brendan. «Nessuna complicazione. Hai visto?»

Passò il binocolo a Brendan, che strisciò fino alla sommità del crinale e guardò in basso. A cinquecento metri di distanza, l'articolato stava affrontando le curve che conducevano dal porto alla strada per la cittadina di Rosslare.

«Vedo» disse.

«Ci sono settecentocinquanta casse del miglior brandy francese, là dentro» disse Murphy. «Fanno novemila bottiglie. Si vendono al dettaglio a più di dieci sterline la bottiglia e io ne ricaverò quattro. Che cosa te ne pare?»

«C'è da prendersi una bella sbronza» disse Brendan, malinconicamente.

«Significa un monte di quattrini, idiota» disse Murphy. «Su, andiamo.»

I due uomini strisciarono giù dal crinale e corsero, curvi, verso la loro automobile parcheggiata più in basso, su una pista sabbiosa.

Quando giunsero nel punto in cui la pista si univa alla strada dai moli alla cittadina, dovettero aspettare soltanto pochi secondi prima che Clarke rombasse davanti a loro con il suo articolato. Murphy si accodò con la berlina Ford Granada, che, rubata due giorni prima, aveva ora targhe false, e cominciò a seguirlo.

L'enorme autocarro non si fermò mai; Clarke stava cercando di arrivare a casa all'ora stabilita. Soltanto dopo essere passato sul ponte che attraversa lo Stanley ed essersi diretto a nord, fuori di Wexford, sulla strada di Dublino, Murphy decise che avrebbe potuto telefonare.

Aveva già notato in precedenza la cabina telefonica e tolto il diaframma dal ricevitore per essere certo che la cabina stessa non fosse occupata da nessuno al suo arrivo. Era libera, infatti. Ma qualcuno, esasperato nel constatare che l'apparecchio era inservibile, aveva strappato alla base il cordone del ricevitore. Murphy imprecò e proseguì.

Trovò un'altra cabina telefonica accanto all'ufficio postale subito a nord di Enniscorthy. Mentre frenava, l'articolato davanti a lui scomparve rombando.

La sua telefonata era diretta a un'altra cabina telefonica sulla strada a nord di Gorey, dove aspettavano altri due uomini della sua banda.

«Dove diavolo sei stato?» domandò un certo Brady. «È più di un'ora che aspetto qui con Keogh.»

«Non preoccuparti» disse Murphy. «Sta viaggiando ed è in orario. Limitatevi a prendere posizione dietro i cespugli nel posto dell'agguato e aspettate che lui si fermi e salti giù.»

Riattaccò e proseguì. Grazie alla maggiore velocità della sua macchina, raggiunse l'articolato prima del villaggio di Ferns e di nuovo lo tallonò. Prima di Camolin voltò verso Brendan. «È il momento di trasformarci in tutori della legge e dell'ordine» disse, e di nuovo si fermò, questa volta in una stretta strada di campagna già esplorata durante una precedente ricognizione. Era deserta.

I due uomini balzarono giù e tolsero una valigetta a mano dal sedile posteriore. Fecero scorrere la lampo delle giacche a vento, se le tolsero, e presero due giubbe nella valigetta. Calzavano già entrambi scarpe nere, con calzini e pantaloni neri. Sotto le giacche a vento indossavano le camicie azzurre regolamentari della polizia e le cravatte nere. Le giubbe completarono il travestimento. Murphy sfoggiava i tre galloni di sergente, Brendan non ne aveva alcuno. Entrambi avevano le mostrine della Garda, la polizia irlandese. Due berretti a visiera, estratti anch'essi dalla valigetta furono il tocco finale.

Presero poi due rotoli di plastica nera, i quali presentavano da un lato una superficie adesiva. Murphy li srotolò, strappò via la protezione di tela e li applicò con cura, lisciandoli, con tutte e due le mani, sulle portiere anteriori della Granada. La plastica si confuse con la verniciatura nera della macchina. Su ognuno dei fogli figurava la parola GARDA in lettere bianche. Al momento di rubare l'automobile, Murphy aveva scelto deliberatamente una Granada nera perché si trattava della macchina di pattuglia maggiormente adottata dalla polizia.

Dal portabagagli dell'automobile Brendan tolse un blocco lungo sessanta centimetri e di forma triangolare. La base del triangolo era munita di potenti calamite che lo avrebbero ancorato saldamente al tetto della macchina. Anche sul lato anteriore e su quello posteriore del blocco figurava la parola CARDA stampata su lastre di vetro.

All'interno, il triangolo non conteneva alcuna lampadina che potesse essere accesa, ma nessuno se ne sarebbe accorto alla luce del giorno.

Quando i due uomini risalirono sull'automobile e fecero l'inversione di marcia, sarebbero sembrati sotto ogni aspetto, a un osservatore casuale, poliziotti di pattuglia sulla strada. Guidava Brendan, adesso, e al suo fianco sedeva il «sergente» Murphy. Trovarono l'articolato fermo a un semaforo nella cittadina di Gorey.

C'è un nuovo tratto di strada a doppia carreggiata a nord di Gorey, tra il vecchio centro sede di mercato e Arklow. A metà di questo tratto, sulla carreggiata diretta a nord, si trova una piazzuola di sosta, e questo era il punto scelto da Murphy per l'imboscata. Non appena la colonna di veicoli bloccata dietro l'articolato entrò nel tratto a doppia carreggiata, gli altri guidatori si affrettarono a superare l'autocarro e Murphy lo ebbe tutto per sé. Abbassò il cristallo del finestrino e disse «Adesso» a Brendan.

La Granada si portò con facilità di lato alla cabina di guida dell'articolato e si fermò. Clarke abbassò gli occhi e vide la macchina di pattuglia dalla quale era stato affiancato e un sergente che si sbracciava, sporgendosi dal posto del passeggero. Abbassò il cristallo del finestrino.

«Sta perdendo un pneumatico posteriore» urlò Murphy per vincere il rumore del vento. «Si fermi sulla piazzuola di sosta.»

Clarke guardò davanti a sé, vide il segnale che annunciava la piazzuola sul margine della strada, annui e cominciò a rallentare. La macchina della polizia lo precedette, entrò nella piazzuola e si fermò.

L'articolato la seguì, fermandosi dietro la Granada. Clarke discese. «È quella dietro» disse Murphy. «Mi segua.» Clarke lo seguì, remissivo, intorno al muso dell'autocarro e lungo il lato verde e bianco fino in coda.

Non vide alcuna gomma a terra, ma non ebbe quasi modo di guardare. I cespugli si separarono e Brady e Keogh balzarono fuori, in tuta e con passamontagna. Una mano guantata coprì all'improvviso la bocca di Clarke, un braccio robusto gli passò intorno al torace e altre due braccia gli cinsero le gambe. Egli venne sollevato come un sacco e scomparve tra i cespugli.

Un minuto dopo, era stato spogliato della tuta della società di trasporti, con il nome Tara sul taschino, i due uomini gli avevano applicato nastro adesivo intorno ai polsi, sulla bocca e sugli occhi, per scaraventarlo poi, sottratto alla vista degli automobilisti di passaggio dalla mole del suo articolato, sul sedile posteriore della finta macchina della polizia. Lì una voce brusca gli ordinò di stendersi sul pavimento della macchina e di non muoversi. Lui obbedì.

Due minuti dopo, Keogh emerse dai cespugli con la tuta della Tara e raggiunse Murphy accanto allo sportello della cabina di guida, dove il capo della banda stava esaminando la patente di guida dello sfortunato Clarke.

«È tutto in ordine» disse Murphy. «Ti chiami Liam Clarke, e anche questo mucchio di documenti deve essere in ordine. Non è stato esaminato a Rosslare due ore fa?»

Keogh, che aveva fatto il camionista prima di scontare una condanna, ospite della Repubblica a Mountjoy, grugnì e salì sull'autocarro. Esaminò i comandi.

«Nessun problema» disse, e rimise il fascio di documenti sopra l'aletta parasole.

«Ci vediamo alla fattoria tra un'ora» disse Murphy.

Stette a guardare il mostro della strada, del quale si erano impadroniti, mentre usciva dalla piazzuola di sosta riportandosi sulla carreggiata nord verso Dublino.

Murphy tornò accanto alla macchina della polizia. Brady era sul sedile posteriore, e teneva i piedi sopra Clarke disteso e bendato. Si era tolto la tuta e il passamontagna e indossava una giacca di tweed. Clarke poteva aver visto la faccia di Murphy, ma soltanto per pochi secondi, e inoltre con in testa il berretto a visiera della polizia. Non poteva aver visto, invece, le facce degli altri tre. Di conseguenza, se per caso avesse accusato Murphy, gli altri tre sarebbero stati in grado di fornire a quest'ultimo un alibi inattaccabile.

Murphy osservò la strada, a destra e sinistra. Era momentaneamente deserta. Sbirciò Brendan e annui. I due uomini strapparono dalle portiere i fogli di plastica con la scritta CARDA, li arrotolarono e li gettarono sul sedile posteriore. Un'altra occhiata alla strada. Un'automobile passò in velocità senza badare a loro. Murphy staccò il triangolo dal tetto e lo lanciò a Brady. Ancora un'occhiata. Una volta di più, non c'era traffico.

Entrambe le giubbe dell'uniforme sparirono e finirono accanto a Brady, sul sedile posteriore. Riapparvero le giacche a vento. Quando la Granada si allontanò dalla piazzuola di sosta, era una berlina come tutte le altre sulla quale viaggiavano tre uomini in borghese.

Superarono l'articolato subito a nord di Arklow. Murphy, di nuovo al volante, fece squillare, con discrezione, il clacson. Keogh alzò una mano, mentre la Granada lo superava, il pollice in su, nel segno dell'okay.

Murphy mantenne la direzione nord fino a Kilmacanogue, poi seguì la stradicciola denominata Rocky Valley, verso Calary Bog. Non c'è molto di interessante da quelle parti, ma lui aveva trovato una fattoria abbandonata, in alto sulla brughiera; offriva il vantaggio di una grande stalla, abbastanza ampia da potervi nascondere l'articolato per qualche ora. Non sarebbe stato necessario niente più. Alla fattoria si arrivava percorrendo un sentiero fangoso e per giunta un boschetto di conifere la nascondeva alla vista.

Vi giunsero subito prima del crepuscolo, precedendo l'articolato di cinquanta minuti e due ore prima dell'appuntamento con gli uomini del nord e i loro quattro furgoni.

Murphy riteneva di poter giustamente andar fiero dell'affare che aveva concluso. Non sarebbe stato un compito facile piazzare quelle novemila bottiglie di cognac nel Sud. Erano registrate, ogni cassa e ogni bottiglia numerate, e, prima o poi, sarebbero state rintracciate. Ma nell'Ulster, nel nord dilaniato dalla guerra, era diverso. Là abbondavano le taverne, le bettole illegali, senza licenza e in ogni caso fuorilegge.

Le taverne erano severamente separate? protestanti o cattoliche? e saldamente nelle mani della malavita, a sua volta dominata da tutti i meravigliosi patrioti esistenti da quelle parti. Murphy sapeva bene quanto chiunque altro come buona parte degli stermini settari perpetrati per la gloria dell'Irlanda avessero più a che vedere con la protezione dei racket che con il patriottismo.

Pertanto aveva concluso l'affare con uno degli eroi più potenti, il maggior fornitore di tutta una serie di taverne alle quali il cognac sarebbe potuto essere fornito senza tante domande. L'uomo, con i suoi autisti, doveva incontrarsi con lui lì alla fattoria, caricare i cognac su quattro furgoni, pagare pronta cassa, e portare poi il liquore al Nord, entro l'alba, lungo il labirinto di viottoli di campagna che attraversano il confine tra i laghi nel tratto Fermanagh-Monaghan.

Disse a Brendan e a Brady di portare lo sfortunato camionista nella fattoria; là Clarke fu gettato su un mucchio di sacchi in un angolo della cucina abbandonata. I tre rapinatori sedettero per aspettare. Alle sette, l'articolato verde e bianco rombò su per la pista, nella quasi oscurità, con i fari spenti, e i tre corsero fuori. Alla luce attenuata di lampadine tascabili aprirono le porte della vecchia stalla; Keogh portò dentro l'autocarro, le porte furono richiuse e lui discese.

«Credo di essermi meritato la mia parte» disse. «E una bevuta.»

«Bravo» disse Murphy. «Non dovrai guidarlo più l'autocarro. Prima di mezzanotte sarà scarico e lo porterò io stesso in qualche punto a una cinquantina di chilometri da qui, per poi abbandonarlo. Che cosa ti andrebbe di bere?»

«Cosa ne diresti di un goccio di cognac?» propose Brady, e risero tutti.

Era una buona battuta.

«Non voglio rompere una cassa per pochi bicchieri di cognac» disse Murphy, «e inoltre, per quanto mi riguarda, preferisco il whisky. Non ti va, questo?»

Mostrò una fiaschetta che si era tolto di tasca, e riconobbero tutti che poteva andare anche il whisky. Alle otto meno un quarto l'oscurità era completa e Murphy si portò in fondo alla pista, con una lampadina tascabile, per guidare gli uomini del Nord. Aveva dato loro indicazioni precise, ma non era escluso che potessero non vedere la pista. Alle otto e dieci tornò indietro precedendo una colonna di quattro furgoni. Quando gli automezzi si furono fermati nell'aia, un uomo robusto, dal cappotto di cammello, scese dalla cabina di guida del primo. Reggeva una borsa da documenti di cuoio, ma sembrava non possedere alcun visibile senso dell'umorismo.

«Murphy?» domandò. Murphy annuì. «Ha la merce?»

«Appena sbarcata dal traghetto proveniente dalla Francia» rispose Murphy. «Si trova ancora sull'autocarro, nella stalla.»

«Se avete rotto i sigilli dell'autocarro voglio esaminare ogni cosa» disse l'uomo, minacciosamente. Murphy deglutì. Fu lieto di aver resistito alla tentazione di dare un'occhiata al bottino.

«I sigilli della dogana francese sono intatti» disse. «Può controllare lei stesso.»

L'uomo grugnì e fece un cenno ai suoi tirapiedi, che cominciarono ad aprire le porte della stalla. Le loro lampadine tascabili splendettero sulle doppie serrature che mantenevano chiusi i portelli posteriori e sugli ancora inviolati sigilli della dogana che le proteggevano. L'uomo dell'Ulster grugnì di nuovo ed espresse con un cenno d'assenso la propria soddisfazione. Uno dei suoi uomini prese un grimaldello e si avvicinò alle serrature. L'uomo del Nord di nuovo fece un cenno brusco con la testa.

«Entriamo» disse. Murphy lo precedette, con una lampadina tascabile in mano, in quello che era stato il soggiorno della vecchia fattoria.

L'uomo del Nord staccò dalla catenella la borsa di cuoio, la mise sul tavolo e l'aprì. File di pacchi di banconote si presentarono allo sguardo di Murphy. Lui non aveva mai visto tanto denaro.

«Novemila bottiglie a quattro sterline ciascuna» disse. «Fa trentaseimila sterline, no?»

«Trentacinquemila» disse l'uomo del Nord. «Mi piacciono le cifre tonde.»

Murphy non stette a discutere. Aveva l'impressione che, con quell'uomo, non sarebbe stata una cosa saggia. In ogni modo era soddisfatto. Dopo le tremila sterline promesse a ognuno dei suoi uomini, e una volta ricuperato il denaro speso, avrebbe guadagnato più di ventimila sterline. «D'accordo» disse.

Uno degli altri uomini del Nord apparve davanti alla finestra dai vetri rotti. Parlò con il suo capo.

«Sarebbe meglio che lei venisse a dare un'occhiata.» Non disse altro.

Poi se ne andò. L'uomo robusto chiuse di scatto la borsa, ne afferrò la maniglia e uscì a gran passi. I quattro dell'Ulster, insieme a Keogh. a Brady e a Brendan, erano raggruppati intorno ai portelli aperti dell'autocarro nella stalla. Sei lampadine tascabili ne illuminavano l'interno. Anziché pile, ordinatamente disposte di casse, con la ben nota marca del produttore di brandy, stavano tutti contemplando qualcos'altro.

C'erano file di sacchi di plastica ammonticchiati, ognuno con il nome di una famosa ditta di prodotti per giardinaggio, e sotto il nome, si potevano leggere le diciture "Fertilizzante per rose". L'uomo del Nord fissò il carico senza cambiare espressione.

«Che diavolo è questa roba?» disse rauco.

Murphy ebbe l'impressione che la mascella gli fosse finita in gola.

«Non lo so» disse con voce rauca. «Giuro che non lo so.»

Stava dicendo la verità. Le informazioni di cui disponeva erano inappuntabili... e le aveva pagate care. Gli erano stati rivelati il nome esatto della nave traghetto, il nome esatto della ditta di trasporti. Sapeva che esisteva un solo articolato come quello, il pomeriggio dell'arrivo della St Patrick.

«Dov'è il camionista?» ringhiò l'uomo robusto.

«In casa» rispose Murphy.

«Andiamo» disse l'altro. Murphy lo precedette. Lo sfortunato Liam Clarke era ancora immobilizzato come un pollo sul mucchio di sacchi.

«Cosa diavolo è quel tuo carico?» domandò l'uomo del Nord, senza cerimonie. Clarke farfugliò furiosamente dietro il nastro adesivo che lo imbavagliava. L'uomo robusto fece cenno a uno dei suoi, che venne avanti e, bruscamente, strappò l'adesivo dalla bocca di Clarke. Il camionista continuava ad avere gli occhi coperti.

«Ho detto: cosa diavolo è quel tuo carico?» ripeté l'uomo del Nord.

Clarke deglutì.

«Fertilizzante per rose» disse. «Sta scritto sui sacchi, no?»

L'uomo del Nord illuminò con la lampadina tascabile il fascio di documenti che aveva tolto a Murphy. Prese la nota di carico e gliela piazzò sotto il naso.

«Non hai controllato questa, imbecille?» domandò.

Murphy scaricò sul camionista parte del panico che sentiva crescere in sé. «Perché non me lo hai detto?» volle sapere.

Il risentimento rese Clarke audace di fronte ai suoi invisibili aguzzini.

«Perché avevo un maledetto bavaglio sulla bocca, ecco perché!» urlò.

«Questo è vero, Murphy» intervenne Brendan, che non aveva molta fantasia.

«Chiudi il becco» disse Murphy, ormai in preda alla disperazione. Si sporse più vicino a Clarke. «Non c'è del cognac sotto il fertilizzante?» domandò.

L'espressione di Clarke tradì il più assoluto stupore. «Cognac?» ripeté. «Perché dovrebbe esserci del cognac? Non producono cognac nel Belgio.»

«Nel Belgio?» ululò Murphy. «Sei arrivato a Le Havre da Cognac, in Francia.»

«Non sono mai stato a Cognac in vita mia» urlò di nuovo Clarke. «Ho portato un carico di fertilizzante per rose. È fatto di torba e di letame di vacche essiccato. Lo esportiamo dall'Irlanda in Belgio. Ho consegnato questo carico la settimana scorsa. L'hanno aperto ad Anversa per esaminarlo e hanno detto che non corrispondeva ai requisiti pattuiti e che non lo accettavano. I miei principali a Dublino mi hanno dato l'ordine di riportarlo indietro. Mi ci sono voluti tre giorni, ad Anversa, per sbrogliare le pratiche. Proprio così, sta scritto tutto lì, su quelle scartoffie.»

L'uomo del Nord aveva esaminato, alla luce della lampadina tascabile, i documenti che aveva in mano. Confermava la versione di Clarke. Li gettò sul pavimento con una smorfia di disgusto.

«Vieni con me» disse a Murphy, e uscì precedendolo. Murphy lo seguì e protestò la propria innocenza.

Nell'oscurità del cortile, l'uomo grande e grosso interruppe bruscamente le proteste di Murphy. Lasciò cadere la borsa, afferrò l'altro per il davanti della giacca a vento, lo sollevò da terra e lo scaraventò contro la porta della stalla.

«Stammi a sentire, piccolo bastardo cattolico...»

Murphy si era domandato da che parte stessero i banditi dell'Ulster con i quali aveva condotto le trattative. Ora lo sapeva.

«Tu hai rapinato» disse l'uomo, con un bisbiglio che fece gelare il sangue nelle vene di Murphy, «un carico di sterco di vacca... Come se non bastasse, hai fatto perdere molto tempo a me e ai miei uomini e io ci ho rimesso quattrini...»

«Le giuro...» ansimò Murphy, al quale stava cominciando a mancare il respiro, «sulla tomba di mia madre... il carico deve trovarsi sull'altro traghetto che arriva domani alle due del pomeriggio. Posso ripetere il colpo...»

«Non per me» bisbigliò l'uomo dell'Ulster, «perché non ci sto più. E un'ultima cosa; se mai tu dovessi provarti un'altra volta a giocarmi un tiro simile, farò venire qui due dei miei ragazzi a ridistribuirti le ossa. Mi sono spiegato?»

Gesù buono, pensò Murphy, questi tipi del Nord sono bestie. Se li meritano, gli inglesi. Ma sapeva che dirlo a voce alta gli sarebbe costato la pelle. Annuì. Cinque minuti dopo, l'uomo del Nord e i suoi quattro furgoni erano scomparsi.

Nella fattoria, alla luce di una lampadina tascabile, Murphy e la sua sconsolata banda vuotarono la fiaschetta di whisky. «E adesso che cosa facciamo?» domandò Brady. «Be'» rispose Murphy, «eliminiamo la prova. Non ci abbiamo guadagnato niente, ma non ci abbiamo nemmeno rimesso niente, tranne io.»

«E le nostre tremila sterline?» domandò Keogh. Murphy rifletté. Non voleva subire altre minacce da parte dei suoi tirapiedi dopo la paura che già gli aveva messo addosso l'uomo dell'Ulster.

«Ragazzi, dovrete accontentarvi di millecinquecento a testa» disse. «E dovrete pazientare un po', finché non le avrò trovate. Sono rimasto al verde preparando questo colpo.» Gli altri tre parvero rabboniti, anche se non soddisfatti. «Brendan tu, Brady e Keogh dovreste fare piazza pulita qui. Eliminate e cancellate tutto, ogni briciolo di prova, ogni orma, ogni traccia delle gomme sul fango. Quando avrete finito, prendete la macchina e portate il camionista in qualche posto a sud di qui, vicino alla strada, dopo avergli tolto le scarpe. Con il nastro adesivo sugli occhi, sulla bocca e intorno ai polsi, gli ci vorrà un bel po' prima di riuscire a dare l'allarme. Poi dirigetevi a nord e tornatevene a casa.

«Con te, Keogh, manterrò la promessa. Prenderò io l'articolato e lo abbandonerò in qualche punto sulle alture verso Kippure. Poi scenderò a piedi e magari riuscirò a farmi dare un passaggio sulla strada di Dublino. D'accordo?»

Si dichiararono d'accordo. Non rimaneva altra scelta. Gli uomini del Nord avevano lavorato bene fracassando le serrature del rimorchio e quindi i quattro dovettero cercare, qua e là, zeppe di legno per bloccare i portelli. Poi li chiusero sul carico deludente. Con Murphy al volante, l'articolato ridiscese rombando la pista, dalla fattoria, e voltò a sinistra verso la Djouce Forest e le alture di Wiclow.

Erano appena passate le ventuno e trenta e Murphy si era lasciato indietro la foresta sulla strada di Roundwood quando si trovò di fronte il trattore. Normalmente si penserebbe che i contadini non viaggino a quell'ora su trattori con un faro spento, un altro coperto di fango e dieci tonnellale di balle di fieno a rimorchio. Ma era proprio quanto stava facendo quel contadino.

Murphy stava filando a tutta birra tra due muri di pietra quando intravide la mole del trattore e il rimorchio sopraggiungere dalla direzione opposta. Frenò piuttosto bruscamente.

Una caratteristica dei veicoli articolati consiste nel fatto che, sebbene riescano a superare curve che non sono neppure affrontabili da autocarri a struttura rigida della stessa lunghezza, sono dei veri disastri quando si tratta di frenare. Se la sezione della cabina di guida, che traina, e la sezione rimorchio, che sostiene il carico, non sono quasi allineate, tendono a chiudersi a forbice. Il pesante rimorchio cerca di raggiungere la sezione della cabina di guida, spingendola e facendola così slittare di lato. È quello che capitò a Murphy.

Furono i muri di pietra, così frequenti su quelle alture di Wiclow a impedire all'articolato di capovolgersi. Il contadino saettò, con il trattore, dentro il provvidenziale cancello di una fattoria, lasciando che fossero le balle di paglia sul rimorchio a subire l'urto. La sezione cabina di guida, con Murphy, cominciò a slittare mentre il rimorchio dell'articolato la investiva. Quando, in preda al panico, bloccò i freni, il carico di fertilizzante lo scaraventò di lato contro le balle, che allegramente piombarono dappertutto sulla cabina, quasi seppellendola. La parte posteriore del rimorchio, dietro di lui, urtò contro un muro di pietra e venne spinta nuovamente sulla strada, al di là della quale piombò anche contro il muro opposto.

Quando gli stridori del metallo e della pietra furono cessati, il rimorchio del contadino rimaneva ancora in piedi, ma era stato spostato di tre metri e aveva spezzato il giunto di accoppiamento con il trattore.

L'urlo aveva scaraventato il contadino giù dal suo posto, su un mucchio di letame. In quel momento stava tenendo una vivace conversazione personale con il suo creatore. Murphy sedeva nella semioscurità della cabina di guida, coperta di balle di fieno.

Il duplice rimbalzo contro i muri di pietra aveva mandato in pezzi le zeppe di legno che tenevano chiusi i portelli del rimorchio dell'articolato, facendoli spalancare entrambi. Parte del carico di fertilizzante per rose era disseminato sulla strada dietro l'autocarro.

Murphy aprì lo sportello della cabina di guida e faticosamente si aprì un varco tra le balle di fieno fino alla strada. Un solo istinto si stava facendo sentire in lui, andarsene di lì, il più lontano possibile, e con tutta la rapidità di cui sarebbe stato capace. Il contadino non avrebbe di certo potuto scorgerlo nell'oscurità. Ma, nel momento stesso in cui scendeva dalla cabina, ricordò di non aver avuto il tempo di cancellare tulle le sue impronte digitali.

Il contadino era riuscito a emergere dal mucchio di letame e si trovava in piedi sulla strada, accanto alla cabina di guida di Murphy, emanando un odore nauseabondo. Era chiaro che si augurava di poter disporre di alcuni momenti del tempo di Murphy. Questi rifletté rapidamente.

Avrebbe placato il contadino offrendosi di aiutarlo a ricaricare il rimorchio. Alla prima occasione, si sarebbe affrettato a cancellare le impronte nella cabina di guida e, alla seconda, sarebbe scomparso nelle tenebre.

La macchina di pattuglia della polizia arrivò proprio in quel momento.

Le macchine di pattuglia della polizia hanno una strana particolarità: quando ti farebbero comodo, sono come le fragole in Groenlandia. Ma, se raschi un paio di centimetri dalla carrozzeria dell'automobile di qualcun altro, puoi star certo che spuntano fuori dai loro nascondigli.

Quella di cui parliamo aveva scortato un ministro da Dublino alla sua dimora di campagna vicino ad Annamoe e stava tornando nella capitale.

Quando Murphy scorse i fari, ritenne che si trattasse soltanto di un automobilista qualsiasi; ma, non appena i fari vennero abbassati, vide di cosa si trattava. Sul tetto della macchina c'era il triangolo con la parola Garda, e questo triangolo era illuminato.

Il sergente e l'agente passarono adagio accanto al trattore e al rimorchio immobilizzati e osservarono le balle di fieno sparse qua e là.

Murphy si rese conto che gli restava una sola possibilità: tentare di bluffare. Nell'oscurità avrebbe ancora potuto cavarsela.

«È suo?» domandò il sergente, indicando l'articolato.

«Sì» rispose Murphy.

«Piuttosto lontano dalle strade principali» osservò il sergente.

«Già, e in ritardo, anche» disse Murphy. «La nave traghetto è arrivata dopo l'orario a Rosslare, questo pomeriggio, e volevo consegnare il carico e tornarmene a casa nel mio comodo letto.»

«Documenti» disse il sergente.

Murphy si sporse entro la cabina di guida e gli consegnò i documenti di Clarke.

«Liam Clarke?» domandò il sergente.

Murphy annui. I documenti erano perfettamente in ordine. L'agente aveva esaminato il trattore e tornò indietro accanto al sergente.

«Uno dei fari del trattore non funziona» disse, accennando con la testa al contadino, «e l'altro è coperto di fango. Non si vedrebbe quel trabiccolo nemmeno da dieci metri di distanza.»

Il sergente restituì i documenti a Murphy e degnò della propria attenzione il contadino. Quest'ultimo, tutto accuse un momento prima, cominciò a mettersi sulla difensiva. Il morale di Murphy si risollevò.

«Non che voglia fare storie al riguardo» disse, «ma l'agente ha ragione. Trattore e rimorchio erano completamente invisibili.»

«Ha la patente?» domandò il sergente al contadino.

«Ce l'ho a casa» rispose l'uomo.

«E anche l'assicurazione, senza dubbio» disse il sergente. «Voglio sperare che siano entrambe a posto. Lo vedremo tra un minuto. Nel frattempo, lei non può proseguire senza fari. Porti il trattore nel campo e tolga le balle di fieno dalla strada. Potrà tornare a riprenderle alla prima luce del giorno. La porteremo noi a casa sua e così controlleremo i documenti.»

Il morale di Murphy si risollevò più che mai. Di lì a pochi momenti se ne sarebbero andati. L'agente cominciò a esaminare i fari dell'articolato.

Erano perfettamente in ordine. Andò allora a controllare i fanalini di coda. «Che carico trasporta?» domandò il sergente. «Fertilizzante» disse Murphy. «In parte torba, in parte letame di vacca. Efficace per le rose.»

Il sergente scoppiò a ridere. Si voltò verso il contadino, che aveva trainato il rimorchio lontano dalla strada, nel campo, e stava gettando le balle di fieno da quella parte. La strada era ormai quasi sgombra.

«Questo camionista trasporta un carico di letame» disse, «ma è lei ad esserci finito dentro fino al collo.» Era divertito dalla sua battuta di spirito.

L'agente tornò indietro dopo essersi portato in coda al rimorchio dell'articolato. «I portelli si sono spalancati» disse. «Alcuni sacchi sono finiti sulla strada, strappandosi. Credo che farebbe bene a dare un'occhiata, sergente.» I tre uomini si portarono dietro l'articolato. Un dodici sacchi erano caduti sulla strada e quattro di essi, aprendosi, avevano rovesciato il loro contenuto. Il chiarore della luna splendeva sui mucchi di fertilizzante marrone tra la plastica lacerata. L'agente aveva impugnato la lampadina tascabile e illuminò il disastro. Come Murphy ebbe a dire in seguito al suo compagno di cella, ci sono certi giorni in cui tutto, assolutamente tutto, va storto.

Tra il chiaro di luna e la luce della lampadina tascabile non ci si poteva sbagliare in merito alla grossa canna del bazooka che sporgeva verso l'alto, né sui profili delle mitragliatrici che si affacciavano dai sacchi lacerati. A Murphy si rivoltò lo stomaco.

Generalmente, la polizia irlandese non è armata, ma lo è quando deve scortare un ministro. L'automatica del sergente era già puntata sul ventre di Murphy. Lui sospirò. Era proprio uno di quei giorni. Non soltanto aveva disastrosamente mancato di impadronirsi di novemila bottiglie di cognac, ma era riuscito a intercettare la spedizione clandestina di armi organizzata da qualcuno, e non nutriva dubbi riguardo a chi poteva essere quel "qualcuno". Poteva immaginare numerose località nelle quali gli sarebbe piaciuto trascorrere i due anni successivi, ma le vie di Dublino non erano il luogo più sicuro di quell'elenco.

Alzò lentamente le mani.

«Devo fare una piccola confessione» disse.

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