CINQUE

Arrivati a livello degli scogli sul mare si fermarono per cercare di rendersi presentabili. Le scarpe impolverate, la cravatta allentata, la giacca sulle spalle. Stavano ridendo come di una mascalzonata.

«Mia cugina mi cancella dall’elenco dei parenti, se mi vede arrivare in casa così».

«Non può farlo. Voi due siete i più importanti dell’elenco, perché siete discendenti dei figli maschi».

«Bella responsabilità».

«Ho sentito che anche il notaio Scandicci vuole parlare con lei».

«Sì, me l’ha detto». S’infilò la giacca, spazzolandola con le mani. «Pronto? Andiamo?»

«Da che parte si sale?»

«Passi lì sotto, dietro di lei» e gli accennò al muro di rocce che reggeva la veranda. «Lì, dietro la cannicciata. Da ragazzi chiamavamo questo posto, tra il mare e il palazzo, ‘le piscine’. Passi sotto, vedrà che c’è una vasca scavata nella scogliera, ci tenevano i pesci. Non potevamo nuotarci, ma ci stavamo a mollo. Quando il mare ingrossa, e qui ingrossa ogni giorno, l’acqua diventa pulita, e io ci rimanevo a leggere. Da qui si sale alle verande, era il nostro passaggio segreto. Venga, mi dia la mano…» Quando furono arrivati alla veranda e potevano già sentire le voci degli ospiti oltre il muretto, Gilardi gli indicò la porta. «Ci siamo, lei entri, commissario. Io vengo dopo».

Invece si diresse verso le cucine. Rosaria fu la prima a vederlo. «Ma che ci fate qui, di là vi cercano. E la giacca… ma che ci avete fatto?»

Se la tolse e si sedette accanto al tavolo ingombro di teglie, una sull’altra, coperte da teli candidi.

«Non le toccate, che scottano. Ora vi do una ripulita, aspettate».

«Me lo fai un caffè?»

«Sì, certo…» Chiamò ad alta voce una donna che stava passando. «Dai una spazzolata a ’sta giacca, che intanto gli faccio il caffè».

«Ma non è…»

«Vattene, va’… subbitu».

«E tutta ’sta roba?»

Rosaria gli sorrise, ne era orgogliosa. Avevano lavorato dal giorno avanti e per tutta la notte.

«Sono in tanti, ci vogliono… sono crocchette di verdure, verdure ripiene, tortini di verdura, tutti freschi, leggeri, fatti da me cchi me manu. E ci piacevano tanto a Donna Evelina, tanto…»

Gilardi prese una crocchetta con due dita, scottandosi, e se la fece scivolare adagio in bocca. «Buone!»

«E buone sì… solo verdure. Ora andate di là, Marilivia vi starà cercando. Gli altri non sono come voi… voi siete speciale».

‘Forse è un complimento’ pensò. Trasse un lungo respiro, proprio come quando si preparava a un tuffo: aprì la porta ed entrò.

E fu come accadeva sempre in casi come questo: passava da un gruppo all’altro, qualcuno gli rivolgeva domande alle quali rispondeva sorvolando e cambiando argomento. Abilissimo, riusciva a stupirli.

Si accorse che il notaio Scandicci era solo in giardino, accanto alla magnolia che occupava con la sua ombra l’intero spazio attorno, e stava fumando un sigaro.

«Voleva parlarmi?»

«Oh, sì, avvocato. Credo che qui potremo dirci poco…» Gli mostrò il sigaro. «Vi dà noia?»

«No, è un buonissimo tabacco».

«Fumate?»

«Non più da molti anni, ma riconosco un buon tabacco. Vuole che entriamo in casa? C’è un salotto accanto alla mia camera».

«No, daremmo nell’occhio. Facciamo due passi, ci fermiamo sugli scogli, oggi il mare è calmo. Non sembra anche a voi che stia aspettando un segnale per scatenarsi?»

«È un atteggiamento del mare, vuole rispetto anche quando dorme».

Arrivarono agli scogli. «Ecco, va bene qui? Possiamo sederci, oggi non spruzza». Si sedettero, non vicini: Max su uno scoglio più alto.

Scandicci tirò una lunga boccata, sembrava che stesse pensando a cosa dirgli o a come dirglielo. Invece, guardando nuovamente verso l’orizzonte, disse piano: «Sto rileggendo un libro nel quale uno si chiede dove finisce il mare. Ecco, dove finisce il mare?»

«Oceano mare di Alessandro Baricco. Il mare per noi finisce qui, al massimo due metri oltre questo scoglio».

«Già, è probabile. Ma dove comincia?» Lo guardò con un sorriso malinconico, sapeva che a quella domanda non c’era risposta. «Volevo dirvi che io non ho notizia di nessun testamento».

Si stavano alzando, come se non ci fosse altro da dire.

«Non ha fatto testamento? E che cosa faremo di tutta questa roba? Come ce la divideremo? Dovremo farla valutare da un esperto, dal cucchiaino ai quadri del Siloni».

«Penso di sì. Forse il ragioniere ha una valutazione approssimativa di alcuni pezzi. Provate a parlarne con lui. Qualcosa che la zia voleva vendere l’hanno fatta valutare. Sciocchezze… Temo che questa casa valga poco, è malandata, trascurata. Chi ha voglia di metterci le mani? Ci si arriva solo in barca o attraverso il paese che è distante, scomodo… non ci sono negozi, farmacia, medici…»

«Ecco, a proposito… so che hanno chiamato un medico quando zia Evelina stava male…»

«Sì, il dottor Zerbi, Costantino Zerbi, che abita oltre Arquata a’ mare, verso la collina. Era già morta quando è arrivato».

«Mi sembrava che Rosaria mi avesse detto che era arrivato subito».

«Arrivò quando arrivò. Ha riscontrato la morte. Poi mi ha telefonato per dirlo a me. E io alla polizia».

«Strano giro. Comunque se era già morta il tempo non aveva più importanza».

«Dopo la morte il tempo non ha mai importanza, avvocato».

«Non sono d’accordo e non è quello che ci insegnano».

Lentamente stavano risalendo verso la veranda quando videro Poireau venire verso di loro, saltellando goffamente sulle rocce.

«Non mangiate qualcosa?»

«No, grazie. Ora io vado».

Poireau guardò prima l’uno, poi l’altro. «Ci sono novità che dovremmo sapere?»

Scandicci fece di sì con la testa rivolto a Gilardi: poteva parlare. «Non c’è nessun testamento» rispose piano, senza guardarlo.

«Come sarebbe? A mia madre zia Evelina aveva telefonato che c’era un testamento, le ha persino detto che cosa le lasciava».

«Bene, ne parliamo domani, ti dispiace? Oggi, tra messa, cimitero e tutta questa gente per casa, non mi sembra il caso di affrontare un discorso che diventerà serio».

«E sarà serio, sì, caro cugino. A chi va tutta questa roba? Come ce la dividiamo?»

«Sei capace di non parlarne sino a domani? Stasera non sono in grado di sostenere nessuna discussione. Domani vedrai che una soluzione la troveremo».

«Sì, ma domani, subito… carte in tavola. Ci sarà anche lei, signor notaio?»

«Sì, se sarà necessario. Naturalmente».

«Ma perché ha chiamato mia madre…»

«Domani, Poireau. Ti prego, statti zitto sino a domani».