CAPITOLO 17

Rosamond afferrò con una mano Griselda e con l’altra Darling Jill.

“Eccoli che vanno!” disse. “Will ha già raggiunto la porta.” Tutt’intorno le donne alzavano isteriche grida.

La fabbrica stava di nuovo per aprirsi e lavorare, dopo diciotto mesi. E spingevano, spingevano, le donne e i bambini, spingevano con più forza dell’acqua che dal bacino si gettava nel fiume sottostante. Molti ragazzi si erano arrampicati sugli alberi, e di là gridavano, appesi ai rami, chiamavano padri e fratelli.

Disse una donna: “Non riesco a credere che sia vero.” Piangevano di gioia, fanciulle e donne. Quando gli uomini avevano detto che volevano ristabilire la corrente esse avevano avuto paura; ma ora piangevano di gioia. Erano dinanzi alla fabbrica, ragazze della valle operaia con le poppe erette, le carni sode; e sarebbero tornate a lavorare; di nuovo sarebbero state simili ad ipomee dietro i vetri delle finestre.

“Hanno aperto!” qualcuno gridò.

Passò un’ondata nella folla; tutti i corpi si sollevarono e ricaddero; e Rosamond, Darling Jill e Griselda si sentirono portate via, più in avanti.

Vicino a loro una piccola donna che teneva chiusi i pugni disse: “Ora non moriremo più di fame! Non avremo più solo la farina della Croce Rossa da mangiare… I nostri uomini lavoreranno di nuovo.“ Già penetravano nella fabbrica, gli uomini. Lentamente superavano, lottando di gomito in silenzio, la stretta della porta e le finestre cominciavano ad aprirsi, al primo piano. La folla delle donne e dei bambini poteva seguire la loro avanzata guardando le finestre. Prima che tutte le finestre del primo piano fossero aperte, cominciarono ad aprire quelle del secondo.

“Ormai sono dentro,” disse Rosamond.

Qualcuno vicino a loro raccontò delle guardie in borghese arrivate quella mattina con tre automobili. Ma la fabbrica era già occupata. Le finestre si aprivano anche al terzo e al quarto piano. Ad ogni piano c’erano uomini che si affacciavano, e si strappavano la camicia di dosso, si mettevano a torso nudo. Sempre, nella valle operaia, quando tornano al lavoro dopo un lungo periodo di disoccupazione o uno sciopero, gli uomini si mettono a torso nudo e gettano le camicie fuori dalle finestre. Così, ora, gettavano fuori dalle finestre le camicie, e il prato, dove per diciotto mesi avevano pascolato le tre pecore del custode, si coprì di camicie operaie.

Passò un sussurro sulla folla di donne e bambini.

“Ssss!” Tutti aspettavano di sentire che la corrente era stata ristabilita: erano in attesa. Tra un minuto o due sarebbe giunto il rumore concentrato delle macchine.

“Io mi domando dov’è Will,” Rosamond disse.

“Non l’ho ancora veduto a nessuna finestra,” disse Griselda.

Darling Jill si alzò sulla punta dei piedi, cercando di vedere di sopra alla folla. Afferrata poi Rosamond per un braccio, essa indicò una finestra in alto.

“Guarda!” gridò. “Lo vedi?” Chiese Griselda: “Ma che sta facendo?” “Sta lacerando la sua camicia,” Rosamond rispose.

Tutte e tre si erano alzate sulla punta dei piedi.

“è Will!” disse Griselda.

“Will!” Darling Jill gridò.

Mise nei polmoni tutta la forza del suo corpo perché lui potesse sentirla, e di nuovo gridò: Per un momento le tre donne credettero che Will l’avesse sentita. Egli si fermò e si sporse fuori dalla finestra, guardando tra la folla. Poi appallottolò i brandelli della sua camicia e li gettò appié della fabbrica.

Le donne più vicine si precipitarono a raccoglierli e lottarono tra loro per dividerseli.

Griselda, Darling Jill e Rosamond erano troppo lontane e non poterono partecipare alla lotta.

Dovettero restare dov’erano.

“Will Thompson,” gridò una donna, “facci sentire le macchine!” “Metti la corrente, Will Thompson!” gridò un’altra.

Egli, allora, scomparve dalla finestra. E si stabilì il silenzio tra la folla. Donne e bambini aspettavano di sentire il primo rumore delle macchine.

Rosamond tremava. Era a Will che la folla aveva chiesto di ristabilire la corrente. Era lui che riconosceva per capo. E Will era suo. Essa avrebbe voluto farlo sapere, gridare che Will Thompson era il suo Will.

“Will!” mormorò.

Attraverso le finestre aperte si vedevano gli uomini ai loro posti, in attesa che le ruote girassero.

Le loro schiene nude lucevano al sole, file e file come le file di case operaie nella valle.

“Ecco!” una voce gridò. “Hanno ristabilito la corrente!” Griselda si mise a saltare di gioia.

“Will ha ristabilito la corrente,” disse. “Will è stato! Will! O Will!” Era sul punto di scoppiare in lagrime. E le altre, pure, erano nelle stesse condizioni di lei. Saltavano, saltavano, e dicevano parole rotte. Alle finestre si erano di nuovo affacciati gli uomini, e salutavano, agitando i pugni. Molti ridevano, alcuni bestemmiavano, altri stavano immobili come presi da un incanto.

D’un tratto, dall’ala orientale della fabbrica, giunsero tre piccole esplosioni. Furono come tre scoppi di petardi. Il fragore delle macchine le coprì subito, ma tutti le sentirono. E gli uomini abbassarono dalle finestre lo sguardo verso quella parte della fabbrica.

“Che è successo?” Griselda chiese.

Rosamond era diventata bianca in faccia, con le labbra secche come legno. Sembrava uno spettro.

Tutto intorno le donne si diedero a parlare concitate, ma sottovoce.

“Che è successo, Rosamond?” Griselda gridò.

Gridò: “Rispondimi!” “Non lo so,” rispose Rosamond.

Darling Jill tremava, accanto a lei. Sentiva un battito convulso alzarsi nel suo cuore. E cercò sostegno; si appoggiò a Griselda.

A una finestra del secondo piano un uomo apparve, giungendo di corsa dall’interno, e agitò il pugno nell’aria, gridò e maledisse. Gli scorreva sangue dalla bocca, giù per il mento fin sul petto. Egli agitò ancora il pugno nell’aria, urlando al cielo.

Tutti gli uomini, dopo, cominciarono ad agitare i pugni nell’aria e maledire.

“Ma che cosa è accaduto?” gridò, dalla folla, una donna.

“O Dio Signore,” gridò. “Aiutaci!” Le finestre, ora, erano piene di uomini dal torso nudo che guardavano la folla di donne, e agitavano i pugni nell’aria e maledicevano.

E, d’un tratto, si spense il fragore delle macchine.

Morirono, le macchine. Nella fabbrica e fuori fu silenzio profondo, mentre le donne si guardavano l’un l’altra, voltandosi da tutte le parti.

Un uomo a torso nudo uscì, poi, dalla grande porta. Venne avanti piano, e i suoi pugni già avevano perduto ogni forza, si riaprivano. Un altro lo seguì.

E seguì un terzo, seguì un quarto, seguì un quinto; molti seguirono.

“Che cosa è accaduto?” gridò una donna. “Diteci che cosa è accaduto…” Rosamond, Darling Jill e Griselda non poterono sentire la risposta degli uomini; erano troppo lontane. Continuarono ad aspettare, in punta di piedi, che Will comparisse anche lui sulla porta.

Una donna, poco più avanti di loro, scoppiò a piangere con voce di pena. Tremando, le altre donne cercavano di avvicinarsi agli uomini che uscivano dalla fabbrica. Darling Jill si teneva a Griselda, e Griselda si teneva a Rosamond. Tremando e spingendo, sostenendosi, riuscirono a raggiungere, tra la folla, gli uomini.

“Dov’è Will?” gridò Griselda.

Uno degli uomini si voltò a guardarle, vide Rosamond.

“Siete la moglie di Will Thompson, vero?” le chiese.

Rosamond si gettò contro il petto nudo di lui.

“Dov’è Will?” gridò. “Dov’è Will?” “Gli hanno sparato,” l’uomo disse.

“O Will!” “Chi gli ha sparato?” “Quelle guardie in borghese gli hanno sparato!” “Dio Signore!” “O Will!” “Ed è ferito grave?” “è morto!” disse l’uomo.

Questo fu tutto. Non restava altro da sapere.

Tacevano, dietro, le donne e le fanciulle. E si fecero intorno per sostenere la moglie di Will Thompson e le sue cognate.

Dalla porta della fabbrica, intanto, continuavano ad uscire gli uomini, in file. Uscivano e andavano via, verso le file di piccole case operaie. Uno di essi aveva sangue sulle labbra. Sputò nella polvere gialla ai suoi piedi. E un altro tossì, sputò sangue nella polvere della Carolina.

Anche le donne se ne andavano, camminando a fianco degli uomini. Se ne tornavano alle case, con gli amanti loro, e avevano gli occhi pieni di lagrime, erano le ragazze della valle operaia che sembravano fiori, ipomee, quando stavano dietro le finestre delle fabbriche.

Rosamond non era più con Griselda e Darling Jill.

Si era sciolta dalle mani di quelle che la sostenevano ed era corsa fin sulla soglia dell’opificio, era caduta contro il muro coperto d’edera.

“Will!” gridava. “Will! O Will!” Le donne la ripresero tra le loro braccia.

Sulla soglia c’erano uomini che aspettavano. Altri uscirono tutti insieme, portando il corpo di Will Thompson. Le donne cercarono di tenere indietro la moglie e le cognate. Ma esse riuscirono invece ad avvicinarsi.

“Oh! è morto!” Rosamond disse.

Solo ora, vedendo il suo corpo floscio, si rendeva conto che Will era morto.

“Will!” disse, un’ultima volta.

Gli uomini la presero, presero Darling Jill e Griselda, e le condussero verso le case. Le loro schiene erano forti mentre con le braccia sorreggevano la moglie di Will Thompson e le sue cognate.

Raggiunta la casa, il cadavere fu lasciato nella strada e le donne furono portate dentro. Le donne delle case vicine accorsero per aiutare.

Disse un uomo: “Io non so che faremo adesso. Will Thompson non ce più.” Un altro guardò, lontano, le muraglie ricoperte d’edera della fabbrica.

“Di Will avevano paura,“ disse. ”Sapevano che era capace di rispondere ad ogni loro colpo. Ora non so se varrà la pena di continuare la lotta. Cercheranno di farci lavorare a un dollaro e dieci, ora. E Will Thompson non c’è più.“ Il cadavere fu trasportato all’ombra del portico.

“Voltatelo,“ qualcuno disse. ”Tutti debbono vedere che Will Thompson è stato colpito alla schiena.“ “Lo seppelliremo domani,“ disse un altro. ”Non mancherà nessuno di Scottsville ai funerali.“ “E sua moglie che farà?” chiese il primo.

“Penseremo noi a mantenerla,” disse uno che non aveva ancora parlato. “Essa è la vedova di Will Thompson.” Un’ambulanza arrivò e gli uomini dalle forti schiene ignude sollevarono il cadavere. Le tre donne si affacciarono sulla porta della casa, guardarono gli uomini che mettevano Will nell’ambulanza. Egli era Will Thompson, ormai. Apparteneva a quegli uomini dal torso nudo, alla valle operaia. Non era più il loro Will. Era Will Thompson.

Le tre donne rimasero sulla porta finché l’ambulanza non se ne fu andata. Vi sarebbe stato un funerale, l’indomani, nel cimitero ch’era in cima alla collina. Gli uomini dalle labbra sporche di sangue avrebbero seppellito Will Thompson. E Will Thompson non avrebbe più ingoiato filaccia, non avrebbe più sputato sangue sulla polvere gialla della Carolina.

Nella casa uno degli uomini stava spiegando a Pluto come Will fosse stato ucciso. Pluto tremava di paura. Ecco che si uccideva la gente, a Scottsville.

Avrebbe voluto andar subito via, tornare a Marion. L’uomo gli parlava, sedendo a torso nudo, ma lui non lo ascoltava più. Temeva che gli saltasse addosso e gli tagliasse con un coltello la gola.

Anche di quell’uomo aveva paura. Ormai aveva paura di tutto, a Scottsville.

Verso sera le donne delle case vicine vennero a preparare la cena. Fu quello il primo pasto della giornata, per Rosamond, Darling Jill, Griselda e Pluto.

La mattina solo Will aveva mangiato. E Pluto aveva una gran fame.

Non aveva mai avuto tanta fame, in vita sua.

Fu incapace di resistere all’odore del cibo che cuoceva.

Si alzò per andare in cucina. Andò fin nel corridoio, ma qui la paura lo riprese, più forte della fame, e, se una donna non lo avesse costretto a seguirla, sarebbe tornato indietro.

Mentre mangiava, Darling Jill venne a sederglisi accanto. Egli si sentì più tranquillo, per questo. Si sentì protetto in paese straniero.

Le chiese quando sarebbero tornati in Georgia.

“Domani, dopo il funerale,” Darling Jill gli rispose.

“Non possiamo partire ora stesso?” chiese.

“No. Non possiamo,” Darling Jill gli rispose.

“Oh, che bisogno hanno di noi per seppellire Will?” disse Pluto. “Io voglio andar via di qui, Darling… Non mi sento sicuro, qui.“ “Zitto,” disse Darling Jill. “Non fare il bambino.” Egli tacque, non disse più altro. E allora Darling Jill lo prese per la mano, lo condusse, al buio, in una delle stanze. Pluto provò l’impressione di essere di nuovo un bambino, come quando andava portato per la mano da sua madre.

Fuori c’era il rumore della città operaia. La luce dei lampioni entrava dalle finestre aperte, attraverso il fogliame degli alberi. Darling Jill lo condusse sino al letto e lo fece stendere. Poi gli si stese accanto, e lui non ebbe più paura. Fuori c’era la città operaia, ma lui aveva Darling Jill stesa accanto, teneva in mano la sua mano e non aveva più paura.

Chiuse gli occhi.