CAPITOLO 1

La terra si smosse in cima e scivolò, per alcuni metri, sul fondo della buca. Tai Tai se ne arrabbiò talmente che rimase, con la sua pala in mano e sprofondato sino alle ginocchia nella terra rossa, a bestemmiare e bestemmiare tutto il bestemmiabile.

I ragazzi, però, intendevano interrompere il lavoro ormai. IL pomeriggio volgeva alla fine, ed era dalle prime luci dell’alba ch’essi si trovavano dentro quella buca a scavare.

Tai Tai guardò Shaw, guardò Buck.

“Perché diavolo fottuto questa porcheria doveva scivolare qui dentro proprio mentre si cominciava ad andare in fondo?“ disse.

I suoi occhi mandavano fiamme, e, prima che l’uno o l’altro dei ragazzi potesse rispondere, egli sollevò la pala e la scagliò, con tutta la sua forza, contro la parete della buca. Si contentò di questo.

Altre volte, invece, si lasciava portare dal rancore a tal punto che magari afferrava un bastone e bastonava la terra finché non gli veniva meno il fiato.

Buck si prese le ginocchia con le mani e si tirò fuori le gambe dalla terra crollata, poi si sedette per togliersi la sabbia dalle scarpe. Pensava, facendo questo, alla grande massa di sabbia e argilla che avrebbero dovuto spalar via dalla buca prima di rimettersi a scavare.

Shaw, da parte sua, si rivolse al padre e disse: “Era tempo che si cominciasse a scavare una buca nuova. Abbiamo scavato per due mesi dentro a questa, e non ne abbiamo ricavato altro che fatica. Ne sono stufo di questa buca qui.“ Sedette anche Tai Tai, e si fece vento col cappello. Non c’era aria là in fondo.

“Il guaio con voialtri,“ egli disse, ”è che non avete pazienza.“ Parlava e si faceva vento, si asciugava la faccia accaldata.

“Io,“ disse, ”sono quasi quindici anni che scavo e sarei disposto a scavare per altri quindici anni ancora, se ve ne fosse bisogno. Ma non ve ne sarà bisogno, lo sento. Presto avremo la nostra ricompensa. Lo sento nelle ossa. Solo che non possiamo smettere e ricominciare ogni volta che un po’ di terra scivola giù dal mucchio. Questo è sciocco, ricominciare… Dobbiamo andare avanti come se non fosse accaduto nulla. Non avete pazienza, voialtri.“ 

“Pazienza un corno!” disse Buck.

Egli sputò nell’argilla rossa, e di nuovo bestemmiò, disse: “Mica è la pazienza che ci occorre, ci occorre un indovino.” “Eccoti,“ disse Tai Tai, ”eccoti daccapo a parlare come un negro. Santo Dio, figliolo, vorrei che tu avessi il giudizio di non prestare orecchio ai negri… Non c’è altro che superstizione, nei discorsi loro. Io sono per la scienza, invece, e so il fatto mio.“ Shaw raccolse la sua pala e cominciò ad arrampicarsi per uscir dalla buca.

“Bene,“ disse, ”io per oggi smetto, ad ogni modo. Voglio andare in città, stasera.“ 

“Sempre pronti a piantare il lavoro e correre in città,“ protestò Tai Tai. ”Così non diventerete mai ricchi. Che cosa fate quando siete in città? Non fate altro che girare per le sale da gioco o andare dietro a qualche donna. Non sarebbe meglio che restaste a casa?“ Shaw era arrivato a metà pendio e continuò carponi per non scivolare. Arrivato in cima si rialzò in piedi.

“Che diavolo va a vedere in città tanto spesso?” Tai Tai disse. “Finirà per cacciarsi in qualche guaio se non sta attento. Non conosce ancora le donne, Shaw. Possono anche ridurlo una porcheria, e lui non se ne accorge che quando è troppo tardi per smettere.“ Buck sedeva di faccia al padre, in quel calderone, e sbriciolava l’argilla secca tra le dita.

Disse: “So mica io. Non va a vedere nessuno in particolare. Ogni volta ha una ragazza nuova, sembra.

Si contenta di qualunque cosa che abbia una sottana.“ “ Oh, inferno ladro,“ Tai Tai esclamò. ”Perché non le lascia perdere? Non capisco che bisogno vi sia di correre a ruzzare tutti i santi giorni. Io non facevo così quand’ero giovane. Che si guadagna? O non gli basta guardare le nostre ragazze di casa?“ “Non lo domandare a me,“ disse Buck. ”M’importa poco di quello che fa Shaw…“ In quel momento Shaw riapparve sull’orlo della buca e chiamò Tai Tai.

“Che c’è, figliolo?” Tai Tai domandò.

“C’è che viene un uomo, padre,” rispose Shaw.

“Viene qui da casa…” Tai Tai si girò a guardare da tutte le parti nella buca come se potesse vedere il campo intorno a sé.

“Chi è, figlio?” chiese. “Che cosa può volere?” “Non riesco ancora a riconoscerlo,” disse Shaw.

“Ma pare che sia uno di città da come veste.” Buck e il padre raccolsero i picconi, raccolsero le pale e si arrampicarono su per le pareti in pendio della buca. Come giunsero in cima videro un grosso omone che si avanzava penosamente sul terreno sconvolto incontro a loro. Si avanzava con molta lentezza nel gran caldo, e aveva la camicia celeste chiazzata di sudore sul petto. Egli inciampava ad ogni passo, poiché non poteva vedere dove metteva i piedi, di sopra alla sua pancia.

Tai Tai agitò la mano.

“Ma è Pluto,” disse. “Che cosa vorrà?” “Io non potevo riconoscerlo così vestito,” disse Sbaw. “Non l’avrei mai riconosciuto… ” Al padre rispose l’altro figlio.

“Vorrà qualcosa di niente,“ disse. ”Questo è pur sempre quello che lui vuole.“ Pluto si avvicinava, ed essi sedettero all’ombra della quercia, poco più in là della buca.

“Caldo fa.” disse Pluto. “Caldo fa, Tai Tai.” Non era più che a due o tre passi di distanza, e li fece inciampando tre volte.

“Salute, ragazzi,“ disse. ”Dovreste costruire una strada fin qua alle buche, così io potrei venirci in automobile. Avete finito per oggi? “ Osservò Tai Tai: “Tu potevi aspettare il fresco della sera per venire, Pluto.” “Oh! gente,” Pluto rispose, “ho avuto voglia di vedervi.” “E così ti sei preso il caldo,” disse Tai Tai.

“Bene, se gli altri stanno in piedi, posso starci anch’io.” Pluto disse.

E chiese: “Come va la vita, gente?” “Non c’è male,” disse Tai Tai.

Pluto sedette anche lui all’ombra della quercia, e ansimava come un cane che ha fatto la corsa coi conigli. Il sudore sgorgava dal grasso profondo della sua faccia, e gli scolava sulla camicia celeste rendendone più scure le chiazze.

Egli rimase seduto un pezzo senza dir nulla, troppo stanco e accaldato per muoversi o parlare.

Buck e Shaw, intanto, si erano arrotolate delle sigarette, se le accesero.

“Non c’è male, dunque?“ disse infine Pluto. ”Potete ringraziare il cielo, che non ci sia male, con questi tempi… Il cotone non val più la pena di coltivarlo, e i negri si divorano i cocomeri prima ancora che abbiano finito di maturare. Non vi è nulla che valga la pena di coltivare, come stanno le cose… Del resto io non sono mai stato un grande agricoltore, per dire il vero.“ Egli si allungò, si mise il braccio sotto il capo.

Piano piano cominciava a riaversi dalla stanchezza.

“Trovato nulla, ultimamente?” chiese.

“Non molto,“ disse Tai Tai. ”I ragazzi vorrebbero provare con una nuova buca, ma io non ho ancora deciso. Siamo andati a circa sei metri di profondità in quella vecchia, e credo che si potrebbe benissimo scavare altrove. Una buca nuova non può esser poi peggio di una vecchia, ti pare?“ Disse Pluto: “Io so di che avete bisogno voi gente. Avete bisogno di un albino. Mi hanno spiegato che in questi casi non vi è nessuna probabilità di riuscire senza l’aiuto di un albino.“ Tai Tai si rizzò a sedere e guardò Pluto.

“Senza l’aiuto di un…?” “Un albino.” “Che diavolo fottuto è un albino? Mai sentito parlarne.” “Tu ne hai sentito parlare sì.” “Oh, se ne ho sentito parlare, mi è uscito di mente. Che cos’è?” “Bene,“ disse Pluto, ”un albino è un uomo tutto bianco che sembra fatto di gesso. Questo è un albino, Tai Tai. Un uomo tutto bianco. è bianco negli occhi. è bianco nei capelli. è bianco in tutto.“ Tai Tai ritornò a distendersi.

“Allora lo so,“ disse. ”Lo so anch’io che cos’è, se è questo. Ne ho sentito parlare dai negri, ma non do mai retta alla gente di colore, io… Ho idea però che potrei servirmene, se lo trovassi. Mai visto un uomo così, in tutta la mia vita.“ “Oh, voi ne avete bisogno, gente,” disse Pluto.

“Forse sì,“ Tai Tai disse. ”Forse sì. Queste storie di superstizione non mi piacciono, Pluto, ma ho sempre pensato che forse ci vorrebbe uno di questi albini per noi. Io sono per la scienza, Pluto, e non farei mai cose di magia. Preferirei andare a letto con un serpente a sonagli, ma…“ Disse Pluto: “C’è un tale che ne ha visto uno, ieri l’altro. Questo è un fatto.” Tai Tai si rizzò di nuovo a sedere.

“Dove?“ chiese. ”Dov’è che lo ha visto, Pluto?

Lo ha visto da queste parti?“ “Giù nella bassa,“ Pluto rispose. ”Ma non lontano. Potete andare, prenderlo e tornare in tempo dieci o dodici ore, gente. Non vi sarà difficile prenderlo, immagino, ma non sarebbe forse male che lo legaste quando lo avete preso. Vive lì nelle paludi, e può darsi che la terra soda non gli piaccia.“ Shaw e Buck si fecero più vicini a Pluto, sotto il grande albero.

“è un albino proprio vero?” chiese Shaw.

“Certo che è vero,” Pluto rispose.

“Ed è vivo?” chiese Shaw. “Cammina?” “Così dice quel tale che lo ha visto,” Pluto rispose. “Così dice lui… E questo è un fatto.” Chiese Buck: “O dov’è dunque? Credi che ci sarà facile prenderlo?” “Questo non lo so,“ rispose Pluto. ”Tutto sta nel persuaderlo a venire sulla terra soda. Ma allora voi gente saprete come fare per impadronirvene, immagino.“ “Lo legheremo,” disse Buck.

“Bene,“ disse Pluto, ”io non sono qui per consigliarvi queste infrazioni alla legge, ma credo che ci siamo capiti. E spero che mi lascerete fuori dalla cosa,“ disse.

Chiese Shaw: “è un tipo grande? è forte?” “Mica quel tale me lo ha detto,” Pluto rispose.

“Comunque,“ disse Tai Tai, ”spero che sia grande abbastanza per servire allo scopo.“ “Oh, sicuro,“ Pluto disse. ”Ma non sono le dimensioni che contano, però. L’importante è che sia tutto bianco.“ “Com’è che si chiama?” Tai Tai domandò.

“Quel tale non me lo ha detto,” rispose Pluto.

“No… E questo è un fatto.” Tai Tai si era alzato in piedi, e si cacciò in bocca un pezzo di tabacco, si ficcò i pollici nelle bretelle.

Camminava sotto l’albero su e giù, e non guardava che la terra tra i suoi passi. Era troppo eccitato per tornare a sedersi.

Sempre camminando disse ai figli: “Ragazzi, la febbre dell’oro mi cuoce di nuovo… Correte a casa e preparate l’automobile. Guardate che i pneumatici siano ben duri, mettete l’acqua nel radiatore… Andremo a fare subito questo giro.“ Chiese Buck: “A cercare l’albino, padre?” Tai Tai affrettò il passo.

“Andremo a prendere quest’uomo tutto bianco,” disse. “Sì, figliolo, ma non sarà una cosa di magia.

Noi ce ne serviremo scientificamente,“ disse.

Partì subito Buck alla volta della casa, e Shaw si avviò con lui, ma poi si voltò, tornò indietro.

“E le razioni per i negri?“ chiese. ”Sam Negro ha detto che non ha più né carne né granone, e Zio Felix dice che non ha nulla di nulla già da iersera. Dicono che vogliono qualcosa da mangiare per la cena. E a me è parso che hanno gli occhi incavati, tutti e due.“ Tai Tai si mise a gridare.

“Oh, figlio,“ gridò, ”dove ho il tempo di pensare al pasto dei negri, adesso? Fottuto diavolo,“ gridò, “proprio mentre ho tanto da fare devi seccarmi? Abbiamo da prendere quell’albino, inferno ladro! Di’ a Sam Negro e Zio Felix che troverò loro qualcosa da mettere in pentola appena torneremo con l’albino.“ Ma Shaw non se ne andava. Aspettò, guardando il padre, due buoni minuti o tre, poi disse: “Sam Negro dice che ammazza il mulo se non gli dai subito qualcosa. Lo ammazza e se lo mangia, dice. E mi ha mostrato come ha il ventre, stamattina. Lo ha piatto come una tavola, padre.“ Tai Tai era furente.

“Tu,“ rispose, ”vai a dirgli che se ammazza il mulo e se lo mangia, io glielo cavo fuori dalle budella, dopo. Non ammetto che questi negri mi rompano le scatole con la loro fame in un momento simile. Digli che chiuda il becco e lasci stare quel mulo, e vada avanti a lavorare la terra, invece. “ “Bene,“ disse Shaw, ”ma Sam Negro è capace di mangiarsi il mulo lo stesso.“ “Tu digli quello che ti ho detto.” Tai Tai gridò, “e io penserò a lui quando avrò preso l’albino.” Shaw si strinse nelle spalle e se ne andò verso la casa dietro a Buck.

I due negri aravano la terra, nel campo. Era poca la terra che ormai restava disponibile per la coltivazione. La maggior parte era piena di buche profonde da tre a nove metri e larghe altrettanto. Ogni anno le buche diventavano più numerose e il terreno coltivabile diminuiva di estensione.

Pluto tirò fuori dalla tasca di dietro dei pantaloni una lunga treccia gialla di tabacco e ne tagliò un pezzo, se lo cacciò in bocca.

“Ma come sapete voi gente che vi sia oro nel vostro terreno? “ chiese. ”Sono quindici anni che scavate buche, voi gente, e non avete trovato mai nulla…“ “Oh, finiremo per trovare il filone,” Tai Tai rispose. “Con quell’uomo tutto bianco lo troveremo di sicuro… Me lo sento nelle ossa che lo troveremo. “ “Ma come sapete che vi sia oro nel terreno?” tornò a chiedere Pluto. “ Scavate buche da quindici anni, e non avete trovato ancora nulla. Tutti parlano di trovar dell’oro, da qui fin giù al fiume Savannah, ma io non ne ho mai veduto. “ “è questione,“ Tai Tai disse, ”che tu sei duro a convincerti delle cose, Pluto. “ “Io non ne ho mai veduto,“ Pluto disse. ”Questo è un fatto.

Non ne ho mai veduto.“ “Bene,“ disse Tai Tai, ”noi non abbiamo trovato ancora nulla, ma troveremo, troveremo… Me lo sento nelle ossa,“ disse. ”E il mio vecchio padre lo diceva sempre che c’era oro in queste terre, e tutti lo dicono, e i ragazzi, il Natale scorso, hanno trovato una pepita grossa come un uovo. Questo prova che l’oro c’è, e io lo troverò prima di morire… Se riusciamo a prendere quell’albino lo troveremo, lo troveremo… I negri scavano e cercano per tutto il paese, anche intorno ad Augusta, e questo prova che l’oro c’è… Lo troveremo, lo troveremo…“ Mentre Tai Tai parlava, Pluto roteava le labbra.

E roteandole se ne fece a poco a poco un grugno, poi sputò, fuor da esse, un getto giallo dorato che andò a colpire una lucertola tre metri lontano. La sua mira fu perfetta. Schizzò via, la rossa lucertola, con gli occhi accecati dal liquido giallo di Pluto.