CAPITOLO 10
Lavoravano dal levar del sole e alle undici soffocavano nella buca. Il calore era terribile.
Will si appoggiò alla sua pala e guardò Shaw fendere l’argilla col piccone. Diede in una risata sommessa, ma né Buck né Shaw si voltarono. Essi continuarono a scavare come se Will non fosse là con loro.
“Mi sembra,“ disse Will, ”che dovreste avere il buon senso di non lasciarvi costringere così da Tai Tai a scavare buche da mattina a sera. Vi fa sgobbare, il vecchio. E che vi dà in compenso? Nulla vi dà. Non un soldo spende. Perché non vi cercate un lavoro che vi frutti una buona paga quando viene il sabato? Volete restar contadini per tutta la vita?“ Shaw sputò in terra.
“E chiudi il becco, mangia-filaccia,” disse.
Will si mise ad arrotolarsi una sigaretta. Gli importava poco di esser chiamato mangia-filaccia da gente come lui, gente operaia di città, ma non poteva sopportare che così lo chiamassero Buck e Shaw. Ed essi sapevano che bastava chiamarlo così per ridurlo al silenzio o farlo andare in bestia.
Buck alzò gli occhi verso l’orlo della buca per vedere se Tai Tai fosse da quelle parti. Se doveva esserci una storia, desiderava che Tai Tai si trovasse là vicino per intervenire. Il vecchio si schierava sempre dal lato loro quando c’erano discussioni con Will.
Ma Tai Tai era lungi di là, era a lavorare coi negri sul campo. Il cotone, per la gran frenesia di scavare, era stato seminato tardi quell’anno, e ora Tai Tai temeva di non raccogliere nulla a settembre. Perciò si dava da fare ogni tanto a curarne la coltivazione. Se in settembre non raccoglieva nulla era fritto. Nulla avrebbe avuto per sfamare la famiglia dei due negri, la propria e i due muli. I bottegai di Marion non volevano più fargli credito, e invano aveva chiesto un prestito alla banca.
“C’è più oro nelle mie calze che in questo terreno,” disse Will. “Perché non piantate ogni cosa e ve ne andate a divertirvi in città? Vorrei esser cappone, io, piuttosto che passare tutta la vita a scavar buche per Tai Tai.“ “E crepa!” Buck gridò.
Fu d’improvviso che gridò, senza nemmeno voltarsi.
“Crepa, mangia-filaccia!” gridò ancora.
Will lo guardò, chiedendosi se doveva assestargli un pugno. Alla fine disse: “Se hai qualche parente da indicarmi per rompergli il muso, parla.” Disse allora Shaw: “Il muso te lo posso rompere io, qui sul posto.” Will gettò via la pala, e raccolse una zolla di creta ben dura. Si avvicinò ai due fratelli, girando con la lingua la sigaretta spenta fra le labbra.
“Mica son venuto qui,“ disse, ”per far storie, ma se voialtri lo volete abbaiate pure. Avrete quello che vi meritate.“ Shaw staccò il manico dalla pala.
“Sei tu che abbai, cane d’un mangia-filaccia.” disse. “è da quando sei nato che abbai.” Will avrebbe voluto battersi con Buck, se c’era da battersi. Sempre aveva voglia di battersi con lui, per via di Griselda. Finché Griselda fosse stata la moglie di Buck e avesse vissuto con Buck, egli avrebbe sempre voluto battersi con lui. Contro Shaw, invece, non aveva niente. Ma Shaw prendeva ogni volta le parti del fratello.
“Molla giù quella creta,” ordinò Buck.
“Vien qui tu a farmela mollare,” Will rispose.
Buck arretrò d’un passo e disse qualcosa all’orecchio del fratello. Come poi si precipitò in avanti col manico della pala sollevato, Will tirò la zolla di creta.
Il manico della pala colpi Will al sommo del braccio. E la zolla di creta mancò Buck, ma prese Shaw in piena pancia. Shaw si piegò su se stesso per il forte dolore e cadde, grugnendo, a terra.
Vedendo il fratello che si contorceva a terra, Buck si slanciò una seconda volta contro Will e lo colpì col manico della pala in mezzo alla fronte. Will restò stordito dal colpo ma non cadde, e corse sopra a Buck, furibondo, prima che Buck potesse colpirlo ancora una volta.
Gridò: “Credete di potermele dare voialtri, ma sarò io che le darò a voi, carogne. Sei ce ne vogliono di pari vostri per darmele…“ Buck non lo lasciò finire.
“E fatti sotto, mangia-filaccia,” gli disse.
Shaw, intanto, si era rialzato sulle ginocchia. Egli cercò intorno a sé un’arma qualunque, ma non trovò niente.
Il manico della sua pala era di là da Will.
“Mangia-filaccia,” disse Buck di nuovo.
“Fatevi sotto tutti e due,“ Will gridò. ”Vi concerò per le feste tutti e due insieme. Venite… Mica ho paura di due contadini.“ Buck sollevò il manico della pala, ma Will glielo strappò di mano, lo gettò via. Colpì poi Buck alla mascella con un pugno e lo mandò a sedersi in terra. Si slanciò allora Shaw, ma sempre curvo per il dolore alla pancia, e Will gli assestò due pugni l’uno dopo l’altro, lo fece cadere ai suoi piedi.
Buck, però, gli fu, d’un salto, addosso e lo inchiodò al suolo, torcendogli le braccia. Poi, mentre gli teneva i polsi con una mano, si mise a pestargli la testa col pugno. Egli vedeva rosso, ormai. Tutti e tre vedevano rosso “Ohi! O che fate?” gridò dall’alto la voce di Tai Tai, in quel punto.
Senza attender oltre Tai Tai si lasciò scivolare in fondo alla buca, e si cacciò tra Buck e Will, li separò, li mandò a rotolar lontano. Era grande e forte Tai Tai, e sapeva sempre separare due che si picchiavano.
“Fottuto diavolo!” gridò.
Ansimava per lo sforzo fatto, e teneva i due a bada con lo sguardo, stando in mezzo tra essi che giacevano ancora a terra.
“Fottuto diavolo,“ gridò, ”che maniera è questa di cercare l’oro? Mica pigliandovi a botte potrete trovarlo!“ Buck si mise a sedere, stringendosi la mascella indolenzita con le mani.
“Rimandalo a casa sua, allora,“ disse. ”Non abbiamo nessun bisogno di lui per cercar l’oro. Qui non è posto per i mangia-filaccia.“ Ribatté Will: “Io me ne andrò quando mi pare, e non un solo minuto prima. Provati a farmi andar via prima,“ disse. “Provati! Coraggio!” Tai Tai si voltò verso l’altro figlio.
“Perché diavolo fate queste storie?“ disse. ”Non vedo che ragione vi sia di litigare… Quando troveremo il filone divideremo ogni cosa in parti eguali, e nessuno ne avrà più di un altro.“ Chiese: “Come è stato che avete cominciato ad azzuffarvi?” “Non c’è stata una ragione,“ Shaw rispose. ”Non è stato per l’oro. Non è stato per nulla in particolare. è stato solo per il modo in cui parla e si comporta quel cane. Egli parla e si comporta come se fosse meglio di noi. Crede di essere meglio di noi perché lavora in una filanda. E questo ci fa salire il sangue alla testa. Ci chiama contadini.“ “Non bisogna scaldarsi per così poco,” disse Tai Tai.
“Se tutti si scaldassero per così poco dove sarebbe più la pace?
Io ho sempre sognato di avere una santa pace nella mia famiglia.“ Disse Buck: “Fagli smettere di dar noia a Griselda, se vuoi la pace.” “C’entra Griselda in questa storia?” Tai Tai esclamò.
Di colpo aveva preso un’aria sbalordita.
“Ah!” esclamò. “Non sapevo che c’entrasse Griselda in questa storia.” Will si mise a gridare.
“Egli mente! Io non ho detto nemmeno una parola su Griselda.” “Calma, ragazzi,” disse Tai Tai.
E di nuovo esclamò: “Non sapevo che c’entrasse Griselda in questa storia.“ “Egli non ha detto nulla,“ Buck disse, ”ma basta il modo in cui guarda e si comporta per capire.
Egli si comporta come se volesse togliermela…“ “Tu menti,” Will gridò.
E Tai Tai disse: “Andiamo Buck, mi sembra che tu lavori d’immaginazione. Will è il marito di Rosamond ed è in perfetto accordo con lei. Perché dovrebbe pensare a toglierti Griselda?“ Will si mangiava Buck con gli occhi. Avrebbe voluto esser stato lui a dare l’ultimo colpo. Non perdonava a Tai Tai di essere arrivato troppo presto.
“Sarebbe meglio che se ne restasse a casa sua invece di venir qui a romperci le scatole,“ disse Buck.
“Che cosa viene a fare qui? è un mangia-filaccia e deve starsene coi pari suoi.“ Will si alzò in piedi e si guardò attorno, cercando la sua pala.
Ma Tai Tai gli corse sopra e lo spinse via. Lo spinse, tenendolo per le braccia, fin contro la parete della buca. Poi, pacatamente, gli disse: “Non devi far caso a come parla Buck. è questo caldo che gli dà alla testa; non è altro. Lascialo perdere, tu. Non stare nemmeno ad ascoltarlo.“ Corse quindi dov’era Buck e lo spinse via da un’altra parte.
“Esci di qua,” disse. “Esci di qua. Va’ su a prender aria.” Si rivolse ad entrambi i figlioli.
“Uscite da questa buca, andate su,“ disse. ”Il caldo vi ha dato alla testa, qua dentro. Andate su a rinfrescarvi un poco.“ Aspettò che Buck e Shaw raggiungessero l’orlo della buca, poi esortò Will ad uscire anche lui. E lo seguì dappresso per il caso che Buck e Shaw volessero ricominciare.
Ma arrivato in cima non vide nessuno dei due fratelli.
“Non ci pensare più, Will,“ disse al genero. ”Siediti un po’ all’ombra, ora, e riposiamoci.“ Sedettero all’ombra della casa, suocero e genero.
Will era ancora arrabbiato, ma non gli importava più di non essere stato lui a dare l’ultimo colpo.
Non pensava a riprender la lotta. Pensava a Scottsville.
Avrebbe voluto essere a Scottsville, coi suoi amici e pari suoi. La vista della terra nuda, coltivata o incolta, senza nessuna ciminiera d’opificio a romperne la monotonia, lo rendeva malinconico.
Chiese Tai Tai: “Mica penserai a tornartene via di già?” “Certo che penso a tornarmene via,” Will rispose. “Ci penso sì. Non voglio perdere il mio tempo a scavar buche nella terra. Non sono uno scarafaggio.“ “No, Will,“ disse Tai Tai. ”Non parlare così.
Io desidero che tu ci aiuti a trovare il filone. Ho bisogno del massimo aiuto possibile. Il filone c’è, lo so, e io non avrò pace finché non lo trovo. Sono quindici anni che aspetto, notte e giorno, giorno e notte…“ Will lo interruppe, piuttosto bruscamente.
“Sarebbe meglio che tu coltivassi il tuo cotone, disse. “è un peccato rovinare così i campi. Col cotone avresti ogni anno un compenso per la tua fatica.“ Tai Tai non si scompose. Osservò anzi: “Per dire il vero, vorrei aver seminato un po’ più di cotone. Ho paura di restar senza denaro prima che si trovi l’oro. Se potessi contare su trenta o trentacinque balle di cotone per vivere quest’inverno sarei più tranquillo.“ “Bene,“ disse Will, ”ormai è troppo tardi per seminare. Bisogna che tu faccia qualcosa d’altro o sei fregato.“ “E che posso fare d’altro se non scavare?” disse Tai Tai.
Disse Will: “Se continui a scavare ti casca giù la casa. Già comincia a inclinarsi,“ disse. ”Se allarghi ancora un poco la buca ti fa il capitombolo.“ Tai Tai guardò i tronchi di pino che aveva piantato in terra a puntello della casa. Erano tronchi grossi, robusti, ma non potevano impedire che la casa crollasse se si scavava sotto le fondamenta.
“Will,“ Tai Tai disse, ” quando un uomo è preso dalla febbre dell’oro non può pensare ad altro… Questo è il guaio. è per questo io non posso pensare al cotone. Io non posso pensare che a quelle cose gialle, le pepite… Anche se il cielo facesse piovere fuoco io continuerei a scavare. E anche se l’inferno scatenasse tutti i suoi diavoli su di me non smetterei di scavare che il giorno in cui trovassi il filone. Fino a quel giorno io non potrò fare altro.“ Will era calmo, adesso. Non gli importava più niente di Shaw e Buck.
Disse: “Se ti trovi a corto di denaro potresti anche andare ad Augusta e fartene prestare un poco da Jim Leslie.“ “Cosa?” Tai Tai esclamò.
“Sicuro,“ disse Will. ”Fatti prestare da Jim Leslie quanto ti occorre per l’inverno. Perché no? Poi a primavera semini tutto il cotone che vuoi.“ Tai Tai rise. Scosse il capo.
“Non c’è nemmeno da pensarci,” disse.
“O perché?“ disse Will. ”Jim Leslie ha denaro a palate e sua moglie ne ha più di lui. L’oro le scola da tutte le parti come se fosse una montagna di letame.“ “No, Will,“ Tai Tai disse. ”Jim Leslie non è tipo da darmi una mano di aiuto.“ “Che ne sai tu?” disse Will.
Disse: “Mai gli hai chiesto del denaro in prestito. Che ne sai se non te ne presterebbe un poco?“ Tai Tai scosse di nuovo, e mestamente, il capo.
“Egli non vuole nemmeno vedermi,“ disse. ”E se non vuole nemmeno vedermi tanto più non vorrà prestarmi del denaro. Non servirebbe a nulla domandarglielo. Sarebbe solo una perdita di tempo.“ “Ma è figlio tuo o non è figlio tuo?” disse Will.
“Se è figlio tuo bisogna bene che ti aiuti quando tu gli racconti come ti vanno le cose.“ “Oh,“ Tai Tai disse, ”che cosa vuoi che gli importi se le cose mi vanno male? Egli se n’è andato di casa quando ho cominciato a scavare. Gli sembrava idiota che scavassi. E penserà che è colpa mia se le cose mi vanno male.“ Chiese Will: “è stato molto tempo fa?” “Una quindicina di anni fa,” Tai Tai rispose.
“Bene,“ disse Will, ”allora non se ne ricorderà più, ormai. E sarà contento di vederti, perdio! Sei suo padre o non sei suo padre?“ “Fottuto diavolo,“ esclamò Tai Tai, ”credo bene di sì. Ma ch’io sia o no suo padre per lui è lo stesso.
Ho cercato di fermarlo per la strada, ho cercato di parlargli, e lui mi ha sempre voltato le spalle.“ Disse Will: “Tuttavia scommetto che ti ascolterà se gli racconti come ti vanno le cose.“ “Oh,“ Tai Tai disse, ”questo filone finirà bene per saltar fuori, se riesco ad avere un po’ di denaro che mi permetta di continuare le ricerche!“ Egli si alzò in piedi, mentre così diceva.
E disse Will: “Proprio questo è quello che cerco di farti capire.” “Sicuro,“ disse Tai Tai. ”Mi basterebbero duecento o trecento dollari, e troverei il filone. Ci vuole tempo e pazienza per trovar l’oro, Will.“ “Perché non vai ad Augusta e gli parli?” disse Will.
“Non ti resta altro da fare.” Tai Tai s’incamminò per girare dall’altra parte della casa. Sulla cantonata si fermò e attese che Will lo raggiungesse. Insieme a lui attraversò l’aia, andò in direzione del granaio dov’erano Dave e Zio Felix.
Entrando, vide che Shaw e Buck chiacchieravano, seduti vicino alla mangiatoia dei cavalli, con Dave e il negro.
“Figlioli,” disse, “bisogna muoverci…” Disse: “Ho deciso di andare ad Augusta. Alzatevi dunque e correte a pulirvi. Partiremo subito.“ “Vuoi andare ad Augusta?” Buck domandò. “A che fare?” “Oh bella! A che fare?” Tai Tai rispose. “A vedere Jim Leslie.” “Io allora resterò qui,” Buck disse.
“Figlioli,“ disse Tai Tai. ”Io ho pur bisogno di voialtri per condurre la macchina. Mica sono capace di condurre una macchina per le vie di una città.“ Buck e Shaw si alzarono in piedi, l’uno dopo l’altro, e uscirono all’aperto. Tai Tai li seguì spiegando loro a più riprese perché voleva vedere Jim Leslie.
Will era rimasto dentro. Egli si affacciò alla mangiatoia per guardar Dave.
“Come va, amico?” gli chiese.
“Mica va male,” rispose il giovane.
“Non ti piacerebbe ritornare a casa tua?” Will gli chiese.
“Preferirei restar qui,” rispose il giovane.
Will rise. E si allontanò, uscì all’aperto anche lui.
Dalla soglia parlò ancora, disse al giovane: “Amico, sarà meglio che non ti scaldi tanto ad aspettare per oggi. Darling Jill non sarà in casa stasera. Essa viene ad Augusta con noi.“ Se ne andò quindi, e seguendo il viottolo che portava alla casa gli venne fatto di provare un po’ di pena per Dave. Avrebbe voluto che Tai Tai gli restituisse presto la sua libertà e lo lasciasse tornare a casa sua, s’egli lo desiderava.
Sul portico di dietro c’era Buck che si stava lavando in una bacinella. Will passò oltre senza guardarlo, andò a sedersi sui gradini del portico davanti.
Pluto non era lì, quel giorno; era a Marion e ancora non veniva. Will ne sentiva la mancanza. Sperava che tornasse presto. E gli augurava con tutto il cuore di essere eletto sceriffo. Ma non gli sembrava molto probabile. No, non era molto probabile se non aveva dei galoppini che lavorassero per lui.
Griselda fu la prima ad uscire dalla casa, pronta per la partenza.
Essa portava un vestito nuovo, a fiori, e un grande cappello con la falda che le copriva le spalle. Sorrise a Will, e Will le strizzò l’occhio. Mai egli aveva visto una ragazza bella come Griselda. Non avrebbe voluto tornarsene a Scottsville senza averle prima parlato da solo. Forse bisognava che tornasse alla fattoria quella sera invece di proseguire per Scottsville.
Bisognava sì; doveva pur trovare l’occasione di parlarle da solo.