Demonologia
Johnny Ciminiera
Sand Creek, Kansas, 1983
Arrivò a piedi dal nulla, camminando senza fretta lungo i binari coperti di neve con la pipa tra i denti, sbuffando fumo come un treno a vapore. Nonostante il freddo tremendo non indossava né giacca né guanti, solo una tuta da lavoro, una camicia di flanella blu e un berretto a strisce blu.
Il primo a vederlo fu il capotreno. Era in cabina e guardava fuori dal finestrino ghiacciato mentre parlava alla radio con il dirigente centrale, spiegandogli come mai il treno non si muoveva. Anche con il riscaldamento acceso e il treno fermo, in cabina c'erano appena quattro gradi. La toilette in testa era completamente congelata.
«Credo che abbiamo un problema più grave» disse il capotreno e troncò la comunicazione. Il forestiero con la pipa agitò la mano con brio verso i finestrini e poi si defilò proprio sotto il naso della locomotiva. Il capotreno guardò fuori prima da uno dei finestrini laterali, poi dall'altro, ma non vide nessuno. Indossò velocemente i guanti, aprì la portiera e si sporse, strizzando gli occhi nel vento gelido. Il treno merci formava una lunga linea diritta lungo la pianura imbiancata e deserta, centosessanta vagoni - il doppio della lunghezza consigliabile con un tale freddo, ma la Rock Island si avvicinava alla terza bancarotta e metteva in servizio tutto il possibile.
Il forestiero e gli altri due membri della squadra - il treno aveva a bordo solo un capotreno, il macchinista e un frenatore - sembravano spariti.
Il capotreno saltò giù e fece un giro veloce davanti al treno. Faceva quasi meno trenta, ma aveva già cominciato a sudare.
Circa dieci vagoni più in giù, il macchinista e il frenatore erano accucciati accanto a un carro merci chiuso, e illuminavano il sottopianale con una torcia. Il forestiero era a metà strada da loro, e avanzava a grandi passi nella neve di fianco alle rotaie.
«Qual è il problema, ragazzi?» chiese a gran voce. «Finita l'aria?»
Il macchinista alzò gli occhi sorpreso e poi si rimise in piedi. «E tu chi diavolo sei?» domandò, la sua voce trasportata dall'aria gelida. Il capotreno correva verso di loro e agitava freneticamente le braccia, per far tacere il macchinista.
Il forestiero non sembrò offeso. «Be', sono il re delle ferrovie, ecco chi sono! Ho il carbone tra i denti e il vapore nei polmoni! Non c'è mai stato motore che non sia riuscito ad aggiustare o locomotiva che non possa guidare. Né pendenza troppo pericolosa, o neve troppo copiosa. Sono Johnny Ciminiera, e viaggio sulla linea veloce!»
Un attimo di silenzio sbalordito e poi il frenatore chiese: «Chi?»
Il macchinista non disse nulla. Aveva lavorato nelle ferrovie per quindici anni, ma il frenatore era un ragazzo, e aveva cominciato solo da un mese.
Finalmente il capotreno li raggiunse. Respirava a fatica e aveva la nausea, ma si sforzò di fare un sorriso. «Cosa possiamo fare per te, Johnny?»
E forestiero si girò di scatto. «Ehilà!» disse, illuminandosi. «Tu devi essere il capotreno.» Era un bell'uomo, con la mascella squadrata e liscia come quella della pubblicità della schiuma da barba, i capelli neri come il grasso degli assali. «Di' un po', abbiamo già viaggiato insieme, vero?»
Il capotreno trattenne il fiato e annuì. «Nel Quarantotto. Ci hai fatto attraversare Chicago.» Aveva ancora gli incubi.
«È vero!» confermò Johnny, e proruppe nella sua risata profonda. «Certo, non tutti i membri di quella squadra erano molto educati.» Strizzò l'occhio agli altri due uomini. «Alcuni di quei ragazzi sono dovuti scendere un po' prima, se mi capite. Ma abbiamo attraversato il vecchio Mississippi, vero? A tempo di record!»
Il capotreno cercò di ridere insieme a lui. «Sissignore, a tempo di record.»
«Bene! Ora vediamo di far muovere questo cavallo d'acciaio.»
Johnny si mosse a passo di marcia verso il fondo del convoglio.
Il macchinista guardò il capotreno con occhi pieni di paura. Doveva aver visto le fotografie dell'ultima volta in cui Johnny aveva viaggiato sulla Rock Island, due anni prima: un centinaio di carrozze deragliate erano volate dal ponte su un'autostrada del Missouri. Il ragazzo nuovo, invece, non riusciva ancora ad afferrare la gravità della situazione.
«Perché non vai in testa al treno e tieni pronto il motore?» suggerì il capotreno al macchinista, a voce abbastanza alta da farsi sentire anche da Johnny. Il macchinista sapeva con chi parlare all'ufficio movimento.
Il macchinista gettò un'occhiata a Johnny. «Sicuro?»
«Vai e basta.»
Il capotreno e il frenatore corsero a raggiungere il demone. Johnny si fermava ogni tanto accanto a una carrozza, si abbassava a dare un'occhiata veloce e a volte dava dei colpetti con le nocche sui tubi dei freni pneumatici. Al trentesimo vagone, un piggyback dal pianale ribassato con sopra il rimorchio di un autocarro, dichiarò: «Penso di aver trovato il problema.»
Si accovacciarono tutti e tre sotto il vagone. Faceva ancora freddo, ma almeno erano al riparo dal vento.
Johnny infilò il dito dentro un ventilatore incrostato di ghiaccio. «La valvola A-l è rimasta aperta, bloccata dal ghiaccio. Dev'essere uscita quando avete rilasciato l'aria al deposito.» E rivolto al giovane frenatore, disse: «Mi serve una chiave da tubi, ragazzo, e un paio di razzi di emergenza.»
Il frenatore guardò il capotreno, che annuì.
Pochi minuti dopo il ragazzo ritornò trascinando una cassetta degli attrezzi grande come una valigia e un contenitore più piccolo di plastica rossa. Il forestiero aprì il contenitore ed estrasse un lungo razzo rosso.
«Attenzione agli occhi» avvertì, e ruppe l'estremità del razzo. Volarono scintille e comparve una fiammata rossa accompagnata da fumo bianco e da un sibilo. Teneva il razzo come una bacchetta magica, puntando la fiamma sulla valvola congelata, e cominciò a cantare:
Johnny dice al frenatore: Via la mano dalla leva,
Johnny dice al frenatore: Via la mano dalla leva,
Stiamo attraversando Altoona
A centodieci di velocità,
Se non risaliam quel monte,
Mai più si scenderà.
Aveva una voce ruvida e potente. Non prese tutte le note, ma ci si avvicinò abbastanza. Infine il razzo si spense scoppiettando e lui lo gettò nella neve alle loro spalle.
«Vediamo come te la cavi con quella chiave» disse al frenatore, e il ragazzo sollevò con fatica una chiave per tubi da sessanta centimetri. Il forestiero gli mostrò dove stringere lo sfiato. Il ragazzo diede uno strattone al manico della chiave, ma quella non si muoveva. Tirò e tirò, si piegò perfino su di essa per forzarla con il proprio peso, ma niente da fare.
«Lascia che ti dia una mano» disse il forestiero. Afferrò il metallo freddo con una sola mano nuda e l'abbassò con un colpo. Il terminale della valvola si staccò con uno stridio e rimbalzò sul terreno. Il demone rise. «Non prendertela, ragazzo, me l'avevi allentata tu!»
Il capotreno raccolse la valvola con le mani inguantate, sentì tintinnare e la scosse, facendo cadere qualcosa di nero. Lo raccolse e l'osservò con sospetto. Era un pezzo di carbone. Chi poteva aver incastrato un pezzo di carbone nel ventilatore?
«Vi faccio vedere un trucco» disse il forestiero. Prese il terminale dalle mani del capotreno, lo mise di lato e lo incastrò sul tubo, tappandolo. «Non è legale, ma vi farà arrivare a casa.»
Ci volle un'ora e mezza per riportare i tubi alla pressione minima. Johnny stava seduto in cabina con loro, riempiendo l'aria di fumo, racconti e vecchie barzellette sulle ferrovie che solo il frenatore non aveva mai sentito. «Sapete perché il capotreno è il lavoro migliore?» chiese Johnny. «Perché non deve lavorare con un capotreno!» Si batté le mani sulle ginocchia e rise forte. Nessuno riusciva a emettere più di una risatina forzata. Alla fine il capotreno mandò il frenatore in fondo al convoglio a sbloccare il freno a mano e il macchinista cominciò a mettere in linea i dispositivi.
«Allora, fino a dove ci accompagni oggi, Johnny?» chiese il capotreno come se niente fosse.
«Solo fino a Olympia» rispose il demone.
«Non stiamo andando a…» intervenne il macchinista.
Il capotreno lo interruppe. «Se è lì che vai, Johnny, va benissimo. Lo comunico al dirigente centrale.»
Gli occhi del macchinista si allargarono. «Non possiamo cambiare così» disse con calma. «Non è nemmeno la nostra tratta.»
«Adesso sì» replicò il capotreno.
Johnny gridò con gioia la sua approvazione. «Toglietevi di mezzo, belli» ordinò il demone. «Vi faccio vedere come si guida.» Fece suonare la campanella, tirò due volte la corda della sirena e girò l'acceleratore sulla tacca dell'uno - tutto con la stessa naturalezza con cui uno si infila una camicia. Il treno cominciò a muoversi e il frenatore dovette correre per tornare in cabina.
Johnny passò rapidamente da una marcia all'altra. Il treno prese velocità e lui cominciò a cantare a squarciagola, Rock Island Line, Casey Jones e I've Been Working on the Railroad.
Arrivarono allo scambio di Hutchinson a velocità troppo sostenuta - il capotreno credette di sentire i vagoni slittare fuori curva - ma le ruote tennero e si lanciarono a razzo sul binario che correva a nord, verso il Kansas e l'Oklahoma.
Johnny li aveva portati alla marcia otto e andava sempre più forte, come un dodicenne felice di far volare il suo trenino Lionel fuori dai binari. Sfrecciarono attraverso cittadine come Nickerson, Sterling e Ellingwood, con la squadra che tratteneva il respiro a ogni crocevia. Uno dei treni merci locali che li precedeva fece appena in tempo a fermarsi su un binario di sosta, l'ultima carrozza quasi sporgeva sull'incrocio, e loro le passarono di fianco a cinquanta centimetri, fischiando via a centosessanta chilometri orari.
I binari svoltarono verso ovest, correndo diretti verso il sole calante. La neve si accese come un campo di vetri frantumati. E allora riprese la canzone che cantava mentre aggiustava il ventilatore:
Johnny dice al fuochista: Spala quel carbone,
Johnny dice al fuochista: Spala quel carbone,
Attizziamo quel fuoco,
La ciminiera deve urlare,
E se esplode il botto, belli, badate,
Sul vapore vigilate.
Olympia comparve alla loro sinistra come un piccolo abbozzo di città. Il demone si attaccò alla sirena e continuò a suonare, un lamento lungo che dovevano aver sentito fino a Dodge City. E cantò:
Johnny dice al capotreno: Meglio che cominci a pregare,
Johnny dice al capotreno: Meglio che cominci a pregare,
C'è un diesel in arrivo
Sul nostro binario correrà
Qui non ci resta molto, belli,
Ma Johnny tornerà,
Oddio se tornerà.
Regolò l'acceleratore e si diresse con passo deciso verso la portiera della cabina. Il frenatore si alzò allarmato, ma il capotreno e il macchinista non si mossero.
«Gran corsa, belli!» disse Johnny Ciminiera, con un sorriso luminoso come un fanale. Poi aprì la portiera e saltò fuori nel vento.