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Stanley e Maya Sinkiewicz abitavano a Riviera Beach, Florida, in una zona chiamata Ocean Pines Terraces, circa dieci chilometri a ovest dell'Oceano Atlantico e del canale navigabile del lago Worth. Di pini, non c'era traccia; erano stati abbattuti dalle ruspe, tutti quanti, durante i lavori di costruzione. E neanche era a terrazze, quell'area, bensì piatta e a stento un metro sopra il livello del mare: per ottenere un mutuo sulla casa era necessario stipulare un'assicurazione contro le inondazioni. Certe volte, nella stagione delle piogge, i canali tracimavano al punto da allagare la zona per giorni.

Stanley aveva settantun anni ma ne dimostrava di più. Maya ne aveva sessantasei, e sembrava perfino più vecchia di Stanley. Sei anni prima, lui era andato in pensione dopo aver lavorato per quasi tutta la vita come verniciatore alla catena di montaggio della Ford Motor Company. Gli ultimi tre anni prima della pensione li aveva trascorsi nel magazzino vernici. Tutti quegli anni passati alla catena di montaggio avevano lasciato a Stanley la spalla destra di sette centimetri buoni più bassa della sinistra (usava la mano destra), e un passo destro più lungo del sinistro di altrettanti centimetri, cosa che gli conferiva una singolare andatura sdrucciolevole. Come verniciatore, Stanley aveva il compito di tracciare una banda attorno alle automobili che il nastro trasportatore gli metteva davanti. Tali bande, dipinte con un pennello sgocciolante, dovevano essere tracciate a mano e non con mezzi meccanici, perché una linea meccanica è considerata "morta" e priva, nella sua perfezione, di quella vivace spensieratezza che una linea tracciata a mano conferisce al prodotto finito. Le linee a mano libera di Stanley erano così dritte che, a un occhio inesperto, sembravano tracciate con l'aiuto di un righello, ma la differenza si vedeva eccome. All'epoca di Henry Ford, naturalmente, le Ford uscite dalla catena di montaggio erano nere e non avevano bande laterali. Nessuno si ricordava quando avesse preso piede quell'uso, ma Stanley era stato messo a tracciare linee il suo primo giorno di lavoro e aveva continuato a farlo fino a tre anni prima della pensione. Era stato trasferito al magazzino vernici non appena qualcuno aveva deciso che attorno alle macchine si poteva avvolgere un nastro; poi, alla rimozione del nastro, ecco la banda bella e pronta. Certo, si trattava di una banda di quelle morte, ma faceva risparmiare qualche secondo alla catena di montaggio.

A quei tempi, Stanley e Maya vivevano a Hamtramck, area ad alta prevalenza polacca, e avevano finito di pagare il mutuo per una casetta con due camere da letto. Una volta, durante una vacanza in Florida, avevano passato due settimane in un motel a Singer Island, e si erano trovati così bene in quel clima che avevano deciso di ritirarsi a vivere a Riviera Beach, una volta raggiunta l'età della pensione. La lottizzazione dell'Ocean Pines Terraces era ancora agli inizi, e proprio i prezzi così bassi della fase di pre-progettazione avevano consentito a Stanley di versare un anticipo per una casa con due camere da letto e avere quasi due anni di tempo per pagare il saldo. Al momento della pensione, Stanley e Maya avevano traslocato la loro mobilia da Hamtramck alla nuova casa e vi si erano installati. Adesso, sei anni dopo, il valore di quella casa era già salito a ottantatremila dollari, dai cinquantamila che era costata a Stanley. Con la pensione del sindacato e quella della previdenza sociale, Stanley aveva un reddito di oltre dodicimila dollari l'anno, più tre certificati di deposito da diecimila dollari. Stanley e Maya avevano un figlio, Stanley Jr, che viveva nella vecchia casa di Hamtramck con la moglie e due figli adolescenti e pagava al padre duecento dollari al mese d'affitto. Anche Maya, che aveva lavorato part-time e in maniera saltuaria presso un lavasecco a un isolato da casa, a Hamtramck, riceveva ogni mese la pensione d'anzianità. Entrambi godevano dell'assistenza medica statale per gli anziani, la Medicare.

Insomma, avevano realizzato il Sogno Americano. Eppure Maya non era felice, in Florida. Sentiva la nostalgia del figlio, dei nipoti e dei vicini di casa, su in Michigan. Le mancavano perfino il freddo, la neve e la fanghiglia degli inverni di Detroit. Inoltre non le piaceva avere Stanley per casa tutto il giorno, tanto che alla fine i due avevano raggiunto un compromesso: lui doveva togliersi dai piedi entro le otto di mattina, e non poteva rientrare prima di mezzogiorno. La sua assenza permetteva a Maya di sbrigare le faccende di casa, lavare i panni, guardare la TV in beata solitudine o fare quel che le pareva, mentre ogni mattina Stanley era libero di usare la macchina, una Ford Escort.

Dopo aver consumato a casa il pranzo che aveva preparato Maya, di solito Stanley schiacciava un pisolino. Lei, invece, prendeva la Escort e se ne andava all'International Shopping Mall sulla US One, o al supermercato, o in entrambi i posti, e non tornava mai a casa prima delle tre. Certe volte, quando davano un film della Disney (o un film per tutti) a una delle sei multisale dell'International Mall, comprava un biglietto della promozione Early Bird - la matinée a un dollaro e cinquanta - e non rientrava prima delle cinque.

All'inizio, appena arrivati in Florida, Maya telefonava a Junior due o tre volte la settimana, a carico del destinatario, per sentire come se la passavano, lui la moglie e i bambini, ma dopo qualche tempo, quando ormai più nessuno veniva a rispondere al telefono, non chiamava che una volta la settimana, la domenica sera, tramite interurbana. Così aveva scoperto che in quelle occasioni Junior era disposto a far conversazione per tre minuti, talvolta per cinque. Sua nuora, invece, non era mai in casa la domenica sera, ma certe volte Maya riusciva anche a parlare coi nipoti: Geoffrey e Terri, sedici anni il maschio e quattordici la femmina.

Stanley era anziano ma pulito, dall'aspetto sempre in ordine. Di solito indossava calzoni di popeline grigi o kaki, scarpe di camoscio Hush Puppies, anch'esse grigie, calze bianche e una camicia bianca a maniche corte con una cravatta nera di cuoio, di quelle col nodo già fatto e un gancetto in plastica bianca che serve a tenerle ferme quando il colletto è abbottonato. Una cravatta del genere, su una camicia bianca, dava a Stanley l'aria di un caporeparto in pensione (non un verniciatore) della Ford Motor Company, e se qualcuno gli chiedeva il suo mestiere lui diceva sempre che era, appunto, un caporeparto in pensione. In Florida non era riuscito a farsi nemmeno un amico sebbene, all'inizio, ci avesse provato. Per qualche settimana era entrato in confidenza col signor Agnew, il vicino della porta accanto, un macellaio che lavorava per la Public, ma quando il signor Agnew aveva comprato una Datsun, dopo che Stanley gli aveva detto che la Escort era una macchina di gran lunga migliore, e per di più americana, non gli aveva più rivolto la parola, anche se Maya era in rapporti cordiali con la moglie di Agnew.

La mattina, quando usciva di casa, Stanley si metteva un berrettino da pesca con visiera verde. E portava sempre un bastone da passeggio, anche se non ne aveva bisogno. Il berretto lo metteva perché era calvo e non voleva scottarsi la pelata, mentre il bastone gli serviva a tenere alla larga i cani. Era un bastone di legno, nodoso, con la punta di gomma e l'impugnatura in ottone a forma di testa di cane. L'impugnatura era svitabile, e all'interno del bastone, che era cavo, Stanley aveva nascosto, chiuse in un tubetto di vetro, una dozzina di compresse di cianuro. Le compresse le aveva fregate nel laboratorio vernici, alla Ford, perché gli tornavano comode per avvelenare i cani mordaci, prima a Hamtramck e poi in Florida. Aveva paura dei cani. Da ragazzino un chow chow rossiccio, su a Detroit, l'aveva conciato per le feste, e Stanley non aveva alcuna intenzione di farsi mordere di nuovo. Negli ultimi tre anni aveva usato tre compresse per avvelenare i cani del circondario, all'Ocean Pines Terraces, ed era pronto ad avvelenarne un altro alla prima occasione. Ormai aveva sviluppato un metodo a prova di bomba. Preparava una polpetta di carne macinata, del diametro di circa quattro centimetri, con la compressa di cianuro giusto al centro. Poi rotolava la polpetta nel sale e la infilava in un sacchetto di plastica. Durante la sua passeggiata, nel passare davanti alla casa del cane in questione, faceva rotolare la polpetta sul prato, oppure la lasciava cadere di fianco a una siepe o a un albero, e tirava dritto. Quando il cane veniva lasciato libero in giardino, finiva sempre per fiutare la presenza della polpetta, dava un paio di leccate al sale e poi inghiottiva il boccone fatale. Grazie all'abilità di Stanley, il vicinato era ormai privo di un boxer, di un dobermann e di un pechinese.

Il bastone era pure servito a Stanley per entrare a far parte, anche se in maniera marginale, di un piccolo gruppo di pensionati chiamato "Wise Old Men", "Quei bravi vecchietti", che si riuniva tutte le mattine nel Julia Tuttle Park, fine settimana esclusi. Il parco, di piccole dimensioni (ottomila metri quadrati, all'incirca), era stato costruito dalla stessa impresa che aveva edificato l'Ocean Pines Terraces, in cambio della variante al piano regolatore che le aveva permesso di sfruttare l'area. Al suo interno c'era un capanno dal tetto di paglia, nel quale una mezza dozzina di pensionati si ritrovava la mattina per giocare a pinnacolo, e qualche rugginosa sedia metallica all'ombra di un albero di fico, che ospitava un altro gruppetto di anziani dediti alla conversazione. Costoro erano stati soprannominati "Quei bravi vecchietti" dai giocatori di carte, con chiaro intento sarcastico. I due gruppi non avevano contatti, e chi cominciava a recarsi al parco tutti i giorni era costretto prima o poi a decidere da che parte stare. Stanley non giocava a carte, né era uno dalla chiacchiera facile, visto che aveva poco da dire e altrettanto poca cultura, ma nelle prime settimane - dopo essere rimasto in silenzio a guardare, annoiandosi, le partite a carte - si era unito al gruppetto sotto l'albero per ascoltare i suoi filosofici conversari. Il decano del gruppo era un giudice in pensione, che indossava sempre un completo a righine, bello inamidato, e un cravattino a farfalla. Gli altri bravi vecchietti portavano calzoni non-stiro e camicie sportive, oppure T-shirt, e comode scarpe da ginnastica. A parte il giudice, Stanley era l'unico in cravatta. Al gruppo era già capitato di cambiare formazione, dall'arrivo di Stanley (alcuni dei più anziani erano defunti), ma il giudice era sempre lì, uguale e identico alle prime volte. Anche a Stanley, quando la mattina si guardava allo specchio facendosi la barba, non pareva di essere cambiato poi molto. Di sicuro doveva essere invecchiato, in un modo o nell'altro, visto che invecchiavano tutti, ma laggiù in Florida si sentiva molto meglio di quando stava in Michigan e gli toccava andare a lavorare tutti i santi giorni.

Una mattina, l'argomento del dibattito era "la cosa più sporca del mondo". Erano già state avanzate teorie e offerti suggerimenti, ma il giudice li aveva scartati tutti quanti. Infine, verso mezzogiorno, Stanley aveva guardato il suo bastone, si era schiarito la voce, e aveva detto: "È la punta di un bastone, la cosa più sporca del mondo".

"Ci siamo" aveva detto il giudice, annuendo con fare saggio. "Niente è più sporco della punta di un bastone, che colpisce il terreno senza distinzioni e, nel suo avanzare alla cieca, tocca sputi, cacca di cane e roba d'ogni genere. Al termine di una pur breve passeggiata, è probabile che la punta di un bastone abbia raccolto germi a sufficienza per radere al suolo una piccola città. Credo che lei abbia colto nel segno, signor Sinkiewicz, e possiamo affermare con certezza di aver chiuso il nostro dibattito".

Gli altri avevano annuito, tutti con lo sguardo puntato sul bastone di Stanley, contemplando con stupore la sporcizia che la sua punta di gomma doveva aver raccolto nel corso degli anni. Dopo quel trionfo, Stanley non aveva più offerto il suo contributo ai dibattiti mattutini, ma era ormai considerato una sorta di osservatore esterno e, quando si sedeva per ascoltare, veniva salutato per nome.

Però Stanley, a differenza degli altri, al Julia Tuttle Park non ci andava tutti i giorni. Era troppo irrequieto. Certe volte, piuttosto, scendeva in macchina a Palm Beach, trovava un parcheggio e si faceva a piedi Worth Avenue, per restare a bocca aperta davanti alle vetrine piene di oggetti costosissimi. Come Maya, anche lui andava all'International Mall sulla US One, o lasciava la macchina nel parcheggio riservato agli utenti della biblioteca pubblica di West Palm Beach, per poi scorrere la colonna dei necrologi del «Detroit Free Press» alla ricerca dei nomi di sue vecchie conoscenze. Il fatto era che Stanley non sapeva come impiegare quelle lunghe mattinate libere, eppure - malgrado si annoiasse con frequenza e cercasse sempre un modo per passare il tempo - non si rendeva conto di essere annoiato. D'altra parte era in pensione, e sapeva che chi è in pensione ha il diritto di starsene senza fare niente. Ed era proprio quel che faceva: niente di che, se non gironzolare qua e là.

Una volta la settimana tagliava l'erba del prato, che fosse necessario o no. Nella stagione piovosa, certo, era bene regolarne l'altezza una volta la settimana; ma in inverno, col clima secco, il prato poteva benissimo andare avanti per tre settimane o anche più. Ma tagliare l'erba un giorno su sette, il martedì pomeriggio, gli serviva a spezzare la settimana. Era Maya a occuparsi della spesa e a pagare ogni mese conti e bollette dal loro conto congiunto. Ogni lunedì Stanley cambiava un assegno di trentacinque dollari alla banca di Riviera Beach, concedendosi cinque dollari al giorno per le piccole spese, ma alla fine della settimana gli avanzava sempre qualcosa.

La sera, lui e Maya guardavano la TV. Avevano un abbonamento via cavo, con Showtime e altri trentacinque canali, ma una volta seduti era difficile che cambiassero canale. Certe volte, su Showtime, finivano per vedere lo stesso film quattro o cinque volte in un mese. Alle dieci Maya se ne andava a letto, mentre Stanley restava alzato a guardare il notiziario delle undici. Il sonnellino pomeridiano gli impediva quasi sempre di addormentarsi prima di mezzanotte, anche se si svegliava comunque alle sei di mattina, recuperava il «Post-Times» dal prato, beveva un po' di caffè e leggeva il giornale fin quando Maya si alzava a preparare la colazione.

Un mercoledì pomeriggio di giugno, alle tre e mezza, Stanley se la dormiva sulla veranda dietro casa quando Pammi Sneider, nove anni, figlia di un sergente istruttore dell'esercito in congedo che aveva preso in gestione una stazione di servizio sulla Military Trail, scoprì che la porta della veranda non era chiusa a chiave ed entrò. Pammi passava spesso, quando Maya era in casa, a scroccare qualche biscotto o un bicchiere di Kool-Aid alla ciliegia o magari, se era la giornata buona, una fetta di torta. Gli Sneider abitavano quattro porte più avanti, e una volta la madre di Pammi aveva detto a Maya di non farsi scrupoli a rispedire la bambina a casa, se le avesse dato fastidio. Maya le aveva risposto che le faceva piacere ricevere quelle visite, e che Pammi le ricordava sua nipote Terri, su in Michigan, Terri con la i, proprio come Pammi. Malgrado questo scambio di battute, le due donne non potevano dirsi amiche. Tra loro c'era troppa differenza, non solo di età ma anche di tutto il resto. La signora Sneider aveva solo trentasei anni ed era membro di Greenpeace, di La Leche League, della Lega delle madri contro l'alcolismo e della NOW{1}, sede di Palm Beach. La signora Sneider era spesso assente da casa, ma quello era un quartiere per bene, e Pammi poteva giocare con gli altri bambini e anche andare da sola al Julia Tuttle Park nel pomeriggio. Erano pochi gli anziani che il pomeriggio si recavano al parco. Per dirne una, faceva troppo caldo per starsene seduti, e a orario scolastico terminato gli anziani non gradivano gli strilli dei bambini intenti a giocare su scivoli e altalene e a rincorrersi. I bambini più piccoli erano quasi sempre accompagnati dalle mamme, quindi il parco era considerato sicuro per mandarci i bambini e farli uscire un po' di casa.

Pammi era scalza, con una T-shirt a strisce bianche e blu e un paio di pantaloncini rossi di cotone con l'elastico in vita. Nella mano sinistra reggeva un sacchetto di cuoio che, un tempo, aveva contenuto delle biglie. Raggiunse in punta di piedi la chaise longue su cui Stanley dormiva a pancia all'aria, e gli dette un bacio con la lingua.

Stanley sputacchiò e si levò a sedere di scatto. Pammi si mise a ridacchiare e tese la mano destra, piccola e sporca.

«Ora» disse, ridacchiando di nuovo «devi darmi un centesimo».

Stanley si terse la bocca, sbattendo appena gli occhi. «Cos'è che hai fatto?»

«Ti ho dato un bacio. Ora devi darmi un centesimo».

«Mia moglie è a far compere» disse Stanley «ma dovrebbe tornare tra poco. Non so se ha lasciato dei biscotti per te, Pammi. Non sono andato in cucina…»

«Non voglio un biscotto. Voglio un centesimo per la mia collezione». La bambina mostrò il sacchetto di cuoio e lo scosse. Le monetine all'interno tintinnarono.

«Mica te l'ho chiesto io, un bacio, e comunque tu non dovresti baciare un uomo in quel modo. Non certo alla tua età. Chi ti ha insegnato a tirare fuori la lingua quando dai un bacio?»

Pammi fece spallucce. «Non lo so come si chiama. Però viene al parco tutti i giorni quando comincia a fare buio, e mi dà un centesimo per un bacio e cinque per una guardata. Tu ora mi devi un centesimo, e se vuoi dare una guardata me ne devi dare altri cinque». Pammi appoggiò il sacchetto sul pavimento della veranda e si sfilò i pantaloncini. Stanley guardò, e scosse il capo. Le glabre pudenda della bambina, che rassomigliavano a un palloncino con una lieve intaccatura, non ebbero il minimo effetto sul vecchio.

«Rimettiti i calzoncini. Insomma, che ti prende, Pammi?»

Mentre Stanley scendeva dalla chaise longue, Pammi scoppiò a ridere e danzò via. Lui raccolse i pantaloncini dal pavimento e le corse dietro, cercando di costringerla in un angolo per poterglieli rimettere. Maya infilò la Escort nera sotto la tettoia e spense il motore, entrò in cucina con una sporta di provviste e gettò un'occhiata in veranda da dietro le vetrate scorrevoli. In quel momento, Stanley era riuscito a bloccare una gamba di Pammi e tentava di farla entrare nei pantaloncini, mentre la bambina ridacchiava nel tentativo di liberarsi.

«Prima mi devi sei centesimi» disse Pammi. «Hai guardato, hai guardato!» Poi, non appena scorse il volto di Maya dietro le porte a vetro, smise di ridacchiare e attaccò a piangere. Maya attraversò di gran carriera il salotto e imboccò la porta principale, sbattendosela alle spalle. Quando vide che Pammi aveva iniziato a piangere e cessato di divincolarsi, e udì sbattere la porta, Stanley lasciò andare la gamba della bambina. Aveva ancora i pantaloncini in mano, quando lei corse via dalla porta della veranda e, senza mutande com'era, tagliò per i cortili posteriori fino a raggiungere casa sua, quattro porte più giù.

Stanley entrò in cucina, sempre con i pantaloncini in mano. Guardò nella busta della spesa, appoggiata sulla credenza di fianco all'acquaio. Conteneva un cartone di latte e una dozzina di uova, oltre a qualche scatoletta. Ripose latte e uova in frigorifero. Si chiese dove fosse andata Maya; a quanto pareva, uscendo si era portata dietro la borsetta. Le chiavi della macchina erano ancora sul ripiano della credenza, accanto alla spesa.

A Stanley non passò neanche per la testa di trovarsi in una situazione imbarazzante. Anzi, si era pure risentito perché Maya era uscita di casa senza dirgli dove andava. Ed era anche un po' preoccupato per Pammi. Una bambina così piccola non doveva andare in giro a dare baci con la lingua a uno che poteva essere suo nonno - o anche bisnonno, se è per questo - e a mostrare le parti intime in cambio di danaro. Si domandò chi le avesse insegnato quei giochetti, ma tra le sue conoscenze del parco non riuscì a immaginare nessuno capace di tanto. Decise di fare un salto dal signor Sneider, più tardi, per parlargliene.

Stanley prese il sacchetto delle monetine e vi guardò dentro. Lo rovesciò sul tavolo e contò i soldi. Novantaquattro centesimi. Immaginò che Pammi volesse procurarsene altri sei per arrivare a cento, e che per questo motivo l'avesse baciato mostrandogli poi le sue parti intime. Cento monetine poteva cambiarle con una banconota da un dollaro.

Ripose anche il resto della spesa e andò in soggiorno ad aspettare il rientro di Maya, che arrivò di buon passo venti minuti dopo, accompagnata dal signor Sneider. Con i pantaloncini rossi di Pammi ancora in grembo, Stanley si alzò dalla poltrona proprio mentre Maya apriva la porta d'ingresso. Non appena vide l'espressione sul volto del signor Sneider, cercò di darsela a gambe verso la veranda sul retro. Sneider superò Maya in un istante, con mossa di non comune rapidità per un uomo della sua stazza, e mollò a Stanley uno sganassone dritto sulle gengive, prima ancora che il vecchio riuscisse ad aprire bocca.

Un'ora dopo, Stanley era nella prigione della contea di Palm Beach.