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Due versioni di un condor
Inno dell’Esercito argentino
Per la Patria l’Esercito argentino
leggendarie imprese realizzò
fu il tragitto del sole il suo cammino
per monti e vallate lottò,
sulle Ande la gran cordigliera
il nostro condor i suoi figli portò
e sulla vetta sventolò la bandiera
e la sommità del pennone svettò.
Questa è la prima strofa dell’inno dell’Esercito argentino (testo originale del 1843). Nel 1998 e nel 2000 venne modificato. Gli ultimi due versi della prima strofa furono sostituiti da “e l’eredità della stirpe guerriera / alle Malvine la sua tempra mostrò”.
Il condor e il cronopio
Un condor piomba come un fulmine su un cronopio che passa da Tinogasta, lo blocca contro una parete di granito, e dice in tono petulante:
Condor: “Vediamo se ti azzardi ad affermare che non sono bello”.
Cronopio: “Lei è l’uccello più bello che abbia mai visto”.
Condor: “Non basta”.
Cronopio: “Lei è più bello dell’uccello del paradiso”.
Condor: “Prova a dire che non volo in alto”.
Cronopio: “Lei vola ad altezze vertiginose, ed è addirittura supersonico e stratosferico”.
Condor: “Osa dire che puzzo”.
Cronopio: “Lei fa un profumo migliore di un flacone di acqua di colonia Jean-Marie Farina”.
Condor: “Che tizio di merda. Non mi lascia neanche uno spiraglio per assestargli un colpo di becco”.
Julio Cortázar, Historias de cronopios y de famas.