7

La prigione non era cattiva. Nei lontani giorni che avevo passato facendo il cronista di nera ne avevo viste un. mucchio, ma era la prima volta che vi facevo il mio ingresso come ospite.

George mi aveva accompagnato a Elmton in macchina, mentre Peltz, il dottor Schweitzer e l’altro agente erano rimasti indietro alla villa; quando èrano arrivati, lo sceriffo aveva avuto una conversazione a mezza voce con il guardiano, afflitto dalla lombaggine, Dovetti attendere un quarto d’ora con George in un’anticamera prima che il guardiano tornasse e. mi chiu-desse in una cella. La biancheria era immacolata, il materasso era più mor-bido del tavolaccio e il cuscino odorava di fresco. Se il nome della mia famiglia mi aveva portato là dentro, per lo meno mi aveva procurato tutto quel lussuoso apparato. Micha Peltz, evidentemente, non voleva offrire a un Train l’occasione di raccogliere argomenti elettorali sul modo in cui teneva la prigione.

C’erano quattro celle, due su ogni lato di un breve corridoio. Solo una era occupata da un tale che russava pesantemente, un poveraccio che era finito là dentro per il furto di un paio di polli. Mi tolsi la giacca e mi sdraiai sulla coperta, augurandomi che il materasso fosse abbastanza nuovo perché le cimici non ne avessero ancora preso possesso.

Olive era la maggiore responsabile diretta della mia presenza in quel luogo; ma avevo ragione per dubitare che Peltz non si sarebbe lasciato scappare l’occasione per mettere dentro un Train, anche se quella avesse tenuto la bocca chiusa. L’amore per le chiacchiere, però, era stato troppo forte perché ella si lasciasse sfuggire la possibilità che le si offriva di vuotare il sacco. Doveva essere stata una storia da far rizzare i capelli in capo, quella che aveva raccontato su quanto era accaduto nella stanza di Kahle tra l’avvocato, Hertha e me. Aveva detto che non era sicura se Kahle e io fossimo venuti alle mani, a quanto mi riferì Peltz, ma che la cosa le era sembrata possibile; aveva anche aggiunto che a un certo punto mi aveva sentito gridare a Kahle che, per Dio, lo avrei ammazzato. Forse Peltz men-tiva, oppure l’immaginazione di Olive aveva galoppato. Mi ricordavo va-gamente che Hertha doveva aver gridato qualche cosa di simile, nella sua crisi semi-isterica, e Olive poteva aver confuso le voci, ritenendo la sostanza delle frasi scambiateci. Ma non potei convincerne molto lo sceriffo.

Comunque, Peltz aveva ora le prove che una minaccia c’era Stata; cosa questa che aveva sempre il suo effetto su una giuria. Il suo attacco successivo era stato al mio alibi. E anche in questo Olive lo aveva aiutato.

Dopo che Blythe Amster aveva assicurato Peltz che ero stato con lei tutta la sera, Olive gli aveva detto di avermi visto rientrare nella villa da solo.

Allora Blythe, interrogata, si era ricordata che l’avevo lasciata per andare a prendere una torcia elettrica. Poco prima zia Susan aveva detto a Peltz che Grover l’aveva lasciata al tennis verso le nove e mezzo, dicendole che aveva un lavoro da sbrigare in camera sua. Olive, Zachary e Blythe «successi-vamente anch’io» avevano ammesso che potevano essere le dieci meno un quarto quando ero entrato nella villa.

«Ecco dove va a finire il vostro alibi» mi aveva gridato Peltz attraverso la scrivania della biblioteca.

Mi alzai in piedi e mi misi a passeggiare intorno alla cella. Il mio orologio segnava le quattro quando mi risdraiai. Non credevo che sarei riuscito a dormire.

Mi ingannavo. Mi svegliò il custode per portarmi la colazione. Contro ogni mia aspettativa non mi sentivo affatto inibito dal mettere qualche cosa sotto i denti. Ma la mia fortuna era stata troppo grande per essere duratura.

Il caffè era cattivo almeno come quello di Marie e per di più tiepido, e non c’era molto d’altro per riempire lo stomaco. Mi chiesi quanto, dei fondi de-stinati al vitto dei carcerati, Peltz facesse finire nel suo portafogli.

Mi misi a mordicchiare la pipa e a passeggiare nella cella. Non ero mai stato rinchiuso tra quattro mura e la cosa non mi piaceva affatto.

Erano quasi le undici quando il guardiano attraversò zoppicando il corridoio, si avvicinò alla cella e ne aprì la porta. Mi fece strada attraverso un altro corridoio, aprì una porta, ci tirò da un lato per farmi entrare e richiuse.

Ero nell’ufficio dello sceriffo. I grossi lombi di Micha Peltz occupavano saldamente la poltrona girevole dietro la scrivania. Monty Wilson si girò lentamente dalla finestra e mi sorrise. Il procuratore distrettuale Vernon S.

Weatherly stava camminando su e giù davanti alla scrivania con un sigaro che gli ballava una furiosa samba tra le labbra, mentre parlava.

«Avreste dovuto chiamarmi immediatamente» smaniava Weatherly.

«Sono io il funzionario incaricato delle indagini…»

«Si interruppe quando mi vide. Si tolse il sigaro di bocca con la sinistra e mi si fece incontro con la destra tesa.» Come è andata, Rick? Sarei arrivato prima, ma lo sceriffo ha deliberatamente ignorato il suo dovere e non si è messo a contatto con me.

Peltz alzò le spalle brontolando.

«Sono felice di vedervi, V.S.» dissi. E lo pensavo davvero.

Dal mio punto di vista, in quel momento, il procuratore distrettuale apparteneva al partito politico giusto. So mio zio aveva mai avuto un vero amico, credo che questo fosse Weatherly. Era un tipo asciutto con lineamenti che rappresentavano una toccante rassomiglianza con quelli di un falco, e in circostanze opportune poteva trasudare fascino. La sua manata sulle spalle era quella cordiale di un uomo che per tutta la vita non aveva fatto che pensare in termini di voti.

«Avanti, allora» fece Weatherly bruscamente, chinandosi sulla scrivania dello sceriffo. «Qual è l’accusa?»

Peltz ostentò un’espressione stanca. «Questo è compito vostro. Il mio era di arrestarlo. Ha ucciso un uomo.»

«Il signor Wilson, però, mi ha spiegato che ci sono buoni motivi per dubitare che sia stato lui. E che comunque, se lo ha fatto, è stato per legittima difesa.»

«Può essere stato omicidio per legittima difesa, come può essere stato assassinio bello e buono» rispose Peltz, appoggiando i gomiti sul tavolo e chinandosi in avanti. «Sapevo quello che facevo. Voi siete uno del clan dei Train. E siete anche procuratore distrettuale. Vi parlerò chiaro. Le elezioni sono tra soli quattro mesi. Gli argomenti elettorali fanno sempre comodo.

E forse me ne darete voi uno nel quale potrò affondare i denti a mio piacere.»

Il sangue salì al viso di Weatherly. «Cosa diavolo state cercando di di-re?»

«Non capite? Ve lo dirò più chiaro, accidenti. L’ultima volta che mi sono presentato candidato a questo ufficio, dissi apertamente che nella contea di Hale, un Train avrebbe potuto compiere un assassinio senza correre il pericolo di essere neppure arrestato. Se. leggete i giornali, lo avete certamente trovato. Bene. Ora un Train ha ucciso uno ed è stato arrestato. Questo perché lo sceriffo sono io. E se fossi procuratore distrettuale sarebbe anche in-criminato.»

Il corpo di Weatherly fu scosso da un tremito più forte di ogni possibilità di controllo. Quando, finalmente, egli riuscì a trovare le parole, cercò di dare alla sua voce un tono sarcastico. «Vi piacerebbe diventare l’accusatore della contea, vero? E questo povero ragazzo è soltanto un argomento elettorale, per voi, vero? Al diavolo le elezioni. Io so quando un uomo può essere trattenuto per omicidio e quando no. E non mi curerei di perdere il tempo qui a discuterne con voi; ma, disgraziatamente, questo è periodo fe-stivo. Una cauzione non può essere decisa che tra qualche giorno. Il giudice Simons è nel Maine, mentre il giudice McSwain ha preso la sua canna da pesca ed è partito ieri per Dio sa dove, e chissà quando torna. Potrei cercare un giudice in un’altra contea, ma anche loro possono essere fuori. E

poi, perché prendersi tanti fastidi? Questa è una questione di principio e intendo assumermi io la piena responsabilità per lui.»

«Questa è la più bella» esclamò Peltz, ridendo clamorosamente. «Il procuratore incaricato di preparare l’accusa che va attorno a cercare di far concedere una cauzione in favore di un sospetto assassino. Su questo caso c’è da tirar fuori un bell’attacco in tempo di elezioni. Farà effetto.»

«E che effetto farà quando renderò pubblico che lo sceriffo sta deliberatamente perseguendo un innocente, solo perché lo zio di quest’ultimo gli era antipatico?»

«Innocente?» ribatté Peltz, alzandosi in piedi, con uno sguardo torvo.

«Da prima confessa di aver ucciso Kahle e invoca la legittima difesa. Poi dice che è stato un assassinio e sostiene di non essere stato lui, mettendo avanti Un alibi che ha un buco grosso così. E infine vengo a sapere che nel pomeriggio ha minacciato di uccidere Kahle; il quale Kahle, poi, è stato veramente ucciso.»

«Non fatevi rialzare la pressione sanguigna, sceriffo» intervenni. «Non potete imbastire un’accusa sulla fantasia fervida della nostra domestica. Il mio alibi rimane saldo. Blythe Amster è rimasta con me tutto il tempo.»

«Per quel che vale» commentò Peltz. Si rivolse poi a Weatherly. «Resta il fatto che c’erano in casa due persone le quali desideravano che Kahle si togliesse dai piedi: Train e sua cugina Hertha. Tutti e due hanno partecipato a quel litigio con Kahle. Ho saputo dalla domestica che essi stavano facendo tutti i tentativi possibili per impedire a Kahle e alla signora Train di sposarsi. Se non è stato lui, quindi, è stata sua cugina, ed egli ha tentato di coprirla con la storia della legittima difesa, fino a che ha visto che la cosa si era ingarbugliata. Allora ha cercato di sviarmi pretendendo di essere stato lui il primo a scoprire che era un assassinio.»

Vidi Monty smuovere la sua mole dalla finestra e per un istante temetti che stesse per dare una sberla a Peltz. La bocca dello sceriffo si contrasse ed egli si tirò indietro sulla poltrona.

Monty, però, si fermò a mezza strada. «Non ho alcuna intenzione di darvi il piacere di arrestarmi per violenza a un pubblico ufficiale» disse con voce notevolmente più calma del suo viso. «Non ancora, per lo meno. Voglio solo ricordarvi che Eliot Hacker è rimasto con Hertha per tutta la se-ra.»

«È il suo ragazzo» buttò là ironicamente Peltz.

«Questo significa che la metà della gente di Birch Manor è fatta di assassini e complici?»

Peltz si stiracchiò indolentemente. «Siete un abile parlatore. Train, solo che con le vostre chiacchiere non riuscirete a riportare in vita Kahle.»

Weatherly trovò che era tempo di intervenire. «Cerchiamo di non con-fondere le idee, Peltz. Finora sono rimasto in silenzio e ho ascoltato attentamente; la conclusione è che non riesco a vedere dove siano gli elementi di accusa. Non c’è un solo indizio sicuro per accusare questo ragazzo, mentre ce ne sono in quantità che tengono a scagionarlo. Non voglio dire che egli non possa essere colpevole, ma nella stessa misura possono essere colpevoli altri. Come procuratore dell’accusa della contea di Hale, vi chiedo di rilasciarlo per insufficienza di prove.»

Peltz sbadigliò.

Vernon S. Weatherly picchiò il pugno sul tavolo con il suo migliore stile da pubblico ministero. «Sono o non sono io il funzionario incaricato di condurre le indagini?»

«Certo, che lo siete. E fatevi le vostre investigazioni. Io, invece, sono il funzionario incaricato di far gli arresti. E il mio arresto l’ho fatto. Anch’io posso condurre le indagini, e a quattro mesi dalle elezioni…»

Il procuratore distrettuale mostrò la sua robusta dentatura. «Questo mi basta, Peltz. E badate che sono anch’io un buon combattente. Voi contate su di me perché mi prenda il peso del rilascio di Train. Se il vero assassino non verrà più trovato, direte che sono stato io a legarvi le mani. Avete mostrato il vostro gioco. E ora sentite un po’ il mio. Ho sentito parlare di sceriffi rimossi dalla loro carica per aver trascurato di fare il loro dovere. Voi non avete condotto indagini in direzione di altri sospetti; non mi avete informato del delitto quando avreste dovuto; tutto quello che avete fatto è stato di sfogare il vostro malumore sulla famiglia Train. Più ci penso e più mi sento fiducioso del fatto che il giorno delle elezioni non sarete più sceriffo.»

Peltz si morse le labbra preparandosi a contrattaccare. Ne approfittai per intervenire a giocare la mia carta.

«Scusate, signori. Anche se mi sentissi edificato di assistere alla vostra contesa, non mi divertirebbe di essere preso come il pallone di questa singolare partita di calcio politico. Non voglio offendervi, ben inteso, Vernon.

Apprezzo molto quello che cercate di fare per me, ma ho deciso di sbri-garmela da solo. Posso reggere il gioco ancora per un po’.»

«Qui c’è in gioco qualcosa di più del vostro caso personale» dichiarò Weatherly, picchiando un altro pugno sul tavolo. «Per essere franco, vi di-rò che ne faccio una questione di principio più ancora di quanto mi interessi la vostra sorte.»

«Le questioni di principio» dissi «come il patriottismo, sono argomenti basilari per un uomo politico. Voi due, ragazzi miei, vi state facendo la forca a vicenda con gli occhi puntati a un giorno che deve venire tra quattro mesi. Il posto di procuratore distrettuale è il prossimo traguardo per lo sceriffo, e voi, Vernon, state cercando di impedirgli di raggiungerlo. Questa è la politica, lo so. Be’, io sono cresciuto in mezzo alla politica, e quando ho preso un posto di cronista di nera, me ne sono tirato fuori solo in parte. Ora ho la possibilità di servirmi degli insegnamenti che ne ho tratti.

Voi e Monty potete andare. Entro un’ora sarò a casa.»

«Perbacco, il ragazzo fa la voce grossa, pare» osservò placidamente Peltz.

«Non solo fa la voce grossa, ma sa anche frugare nei vostri panni sporchi. È il solo linguaggio e sono i soli argomenti che con voi abbiano peso.

E ancora non ho cominciato. Preferisco aspettare che il pubblico se ne sia andato. So che il procuratore distrettuale può tirarmi fuori prima o poi, og-gi, ma preferisco fare la mia battaglia da solo. Chiamate il guardiano.

Buongiorno, signori, e molte grazie.»

Monty mi guardava divertito, Peltz imbarazzato e Weatherly sconcerta-to. «Ragazzo mio…» cominciò il procuratore distrettuale. Il resto del discorso si perdette quando richiusi la porta alle mie spalle.

Pensavo che Peltz mi sarebbe venuto a trovare in cella non appena si fosse liberato di Monty e di Weatherly. Ma, o quelli non se ne volevano andare, o lo sceriffo non mi doveva aver preso sul serio. Dopo una ventina di minuti di attesa, chiamai il guardiano. Arrivò zoppicando.

«Dite a Peltz che ho intenzione di ricattarlo. Avete capito bene? Ricattarlo, ho detto. E andate a dirgli anche che sono stanco di aspettare.»

La comunicazione ebbe l’effetto di far arrivare subito lo sceriffo. Si avvicinò alla porta e chiese: «Che cosa diavolo vi prende?»

«Claustrofobia. Mi sento oppresso, qui. Voglio sedermi comodamente nel vostro ufficio, dove potrò sentirmi a mio agio in mezzo al sudiciume.

Mi sembra che abbiate dimenticato il mio discorsetto di prima.»

«Sentite, ragazzo, sarà bene che vi mettiate comodo qui, fino a quando il procuratore distrettuale non vi tirerà fuori.»

«Ho capito, cercate di guadagnar tempo per forzare la mano a Weatherly, vero? Be’, mi spiace per voi, sceriffo. Non ci riuscirete. Ho un “a-priti Sesamo” per uscire da questa cella: si chiama Willie Arnold.»

Mi guardò. «Di che cosa state blaterando?»

«Sto facendo un ricatto, ve l’ho detto. Volete che cominci a parlare qui, dove ci sono degli altri che potrebbero sentire?»

Si accarezzò un paio di volte il mento. Poi, senza aggiungere parola, se ne andò. Lo guardai allontanarsi, chiedendomi se avessi fatto qualche sbaglio.

Un minuto più tardi sapevo di non aver sbagliato. Apparve il guardiano, mi aprì la porta e mi riaccompagnò nell’ufficio dello sceriffo.

Peltz era seduto pesantemente sulla sua poltrona con le mani appoggiate alla cintura. Mi accesi lentamente la pipa e gli ficcai gli occhi addosso. Mi guardava con le palpebre semiabbassate.

«Forse state chiedendovi perché sono così di buon umore» cominciai.

«Be’, dev’essere perché questo avvoltolarmi nel fango richiama la parte più infantile che rimane in me. Per contro, la medesima attività rende la gente come voi amara e vendicativa. Ieri sera, quando ho fatto cenno ai legami di Grover Kahle, dovete esservi chiesto quanto ne sapessi, o ne sospettassi.

Senza dubbio vi siete immaginato che non ne sapessi molto, o che fossi troppo stupido, o avessi troppa paura di Willie Arnold per servirmene. Vi ho dato un piccolo esempio di quanto ho in mente poco fa per chiarirvi che non sono uno sciocco: quanto ad essere impaurito… be’, chiamatemi pure un imprudente, ma mi sono accorto che voi state scaldandovi troppo contro mia zia, mia cugina e contro di me, e che è tempo di buttare un po’ d’acqua sul fuoco.»

Portai un altro fiammifero alla pipa. Lo sceriffo tentò di mostrare poco interesse alla cosa. «Chi è questo Willie Arnold?» mi chiese.

«Un tipetto intelligente. Troppo intelligente per stabilire la sua residenza in un posto senza prima aver unto i rappresentanti della legge, mentre i piedipiatti di New York stanno cercandolo.»

Lo sceriffo, per tutto il mio discorso, aveva tenuto gli occhi chiusi. «Allora è questo quello che voi chiamate un ricatto?»

«È il principio. Una volta ero un buon cronista di nera al “New York Courier-Express”.»

E piaccio ancora laggiù. Mi potrei fare una discreta sommetta con una serie di articoli. Dov’è Willie Arnold, che la polizia di New York sta cercando in seguito a un affaruccio di un paio di omicidii? Ma come, se ne sta in tutta comodità nella deliziosa cittadina di Elmton, dove conduce un’esistenza bucolica con la connivenza dello sceriffo locale.

«Questa è una menzogna!» gridò Peltz, che aveva smesso, evidentemente, di fingersi indifferente.

«Volete dire che non ho le prove che siete stato corrotto?» chiesi. «E con questo? So benissimo come cavarmela per formulare delle accuse, senza che nessuno mi possa querelare per diffamazione. E non dovrò fare molta fatica per riuscirci. Mi basterà dire che Willie Arnold si trova ad Elmton; che mercoledì sera se ne stava a bere senza alcuna precauzione al “Goldie’s Haven”; che il suo avvocato, Grover Kahle, se la faceva con alcuni am-bienti in vista di Elmton; che l’assassinio di quest’ultimo, a Birch Manor, potrebbe essere il risultato di una guerra di gangster; che tutto questo, e altro ancora, è stato messo sotto il naso dello sceriffo Micha Peltz, il quale, o è un assoluto incompetente, oppure è uno che sa distinguere, in una fetta di pane, la faccia imburrata. In più: che questo Micha Peltz, secondo quanto dichiara il procuratore distrettuale, ha cercato di coinvolgere la famiglia di Howard Stritt Train, un suo nemico politico morto da poco, per sfogare su di essa il suo risentimento verso di lui, e che, quando gli è stata segnalata la presenza nel luogo di Willie Arnold, noto gangster e assassino, si è fatto uno scrupolo di non prendere in alcuna considerazione un argomentino del genere. Questo è solo l’inizio. Di qui posso proseguire e tirar le somme. Ne verrà un pezzo di ottima letteratura. Specialmente alla vigilia delle elezioni… sempre che, prima, non siate rimosso dalla carica.»

La mascella di Peltz si era fatta cascante e la bocca era semiaperta. Ri-stabilì un controllo sui suoi muscoli facciali e disse: «State giocando con la dinamite. Quel Willie Arnold è uno che uccide senza pensarci molto.»

«Dunque, anche voi dovete averne paura. E almeno quanta ne dovrei avere io. Non potete tenermi molto chiuso a chiave, e quando esco, state certo che vado difilato a sedermi alla macchina per scrivere. Per tutelarvi, dovreste consegnarlo alla polizia di New York. E né a lui, né ai suoi amici piacerebbe uno scherzo del genere.»

D’un tratto Peltz riacquistò un poco della sua fiducia in se stesso. Tentò un debole sorriso e disse: «Se cominciate a rimescolar fango, vi avverto che un po’ ne rimarrà attaccato anche al vostro amicone Weatherly.»

«Non avete sentito quello che gli ho detto?» chiesi, stringendomi nelle spalle. «Non voglio che si faccia della politica su di me. E chi pensate che conti di più per me, Weatherly o mia zia, mia cugina e me sottoscritto?»

Seguì una pausa.

Alla fine mi stancai di aspettare che si placasse il tumulto che gli si agitava dentro. «E poi, perché dovrei aver paura di Willie Arnold? Voi non gli direte nulla, e nemmeno io. Sono stato leale con voi. Ho rimandato il mio ricattino a dopo che Wilson e Weatherly se ne sono andati. Naturalmente, l’ho fatto per un motivo del tutto egoistico, ma il fatto è che tutto quello che è stato detto in questo ufficio rimarrà tra noi due; sempre che voi lo vogliate.»

Si alzò in piedi. «Va bene, Train. Potete andare.»

«Non ho fretta. Voi dovete impegnarvi a lasciare in pace anche gli altri Train.»

«E se scopro che uno di voi ha ucciso Kahle?»

«Non lo scoprirete. Non temo affatto che riusciate a mettere insieme un’accusa fondata, ma piuttosto che possiate crearci dei pasticci fastidiosi; e se voi e Weatherly vi mettete davvero a farvi la guerra, a noi ne verrà una pubblicità sgradevole. Tanto più che quella che ci attende lo sarà anche troppo. Se non accettate la mia parola, ci sarà pure la vostra coscienza con la quale avrete a che fare. E sarà una bella battaglia. Voi dovete lasciarci in pace tutti e tre, qualunque cosa accada.»

«E va bene» concluse con riluttanza. «Qua la mano.»

Potevo essermi divertito, finora, però delle formalità mi sentivo di fare volentieri a meno.

«Arrivederci» dissi, e gli lasciai lì la sua mano tesa.