Introduzione
Ho sempre lamentato che i titolari di cariche pubbliche, in Italia, raramente scrivono libri di memorie o pubblicano diari della loro attività. Tutt’altra cosa nel Regno Unito e negli Stati Uniti d’America. Così, in Italia, si sa molto poco del funzionamento delle istituzioni dall’interno.
Per questo motivo, al termine dell’attività di ministro, nel 1994, ho scritto un articolo su ciò che avevo fatto e su ciò che non avevo fatto, raccontando difficoltà incontrate e illustrando successi. Nel corso dei nove anni trascorsi alla Corte costituzionale, invece, ho tenuto quello che potrebbe dirsi un diario. Circa una volta al mese, ho annotato rapidamente quanto si faceva alla Corte e quanto andavo riflettendo, anche sulla base delle letture e dei contatti con altre Corti, valendomi degli appunti presi rapidamente durante l’attività svolta alla Corte o altrove. Questo libro contiene tale «diario» (più corretto sarebbe chiamarlo, con uno spagnolismo, «mensuario»), che al termine ho solo riletto e rivisto per fare correzioni marginali.
Il lettore noterà che alcuni temi ricorrono più volte e che il mio punto di vista e le mie opinioni sono cambiate nel tempo trascorso, sia per il mutamento dei contesti e delle persone, sia perché io stesso sono giunto a diverse conclusioni.
Uno storico mi ha chiesto una volta di poter visitare l’archivio della Corte. Gli ho dovuto rispondere, con rammarico, che esso è previsto dal regolamento, ma non è stato mai costituito. La ragione è semplice: si conservano carte della vita amministrativa dell’istituto (ad esempio, relative alla carriera dei funzionari), non documenti attinenti all’attività giurisdizionale. Questa è stata dall’inizio concepita come qualcosa coperta da un segreto eterno. Meglio: la Corte ha deciso di cancellare i documenti della sua storia, in ossequio a una sbagliata concezione del segreto. Nessuno dei più segreti atti o documenti di Stato è mai rimasto coperto per sempre dal segreto. La Corte ha scelto la strada di annullare ogni traccia di quanto va facendo. La Francia, per il suo Conseil constitutionnel, ha previsto che, dopo un venticinquennio, i verbali delle sue riunioni siano integralmente pubblicati. Cosa che è stata fatta per il primo periodo di vita dell’organo. E la Francia è il paese dal quale l’Italia ha «importato» l’istituto del segreto della Camera di consiglio. Gli Stati Uniti conservano in vari archivi le carte dei giudici, e alcune di queste hanno anche dato luogo a investigazioni: si veda la vicenda della corrispondenza e dei diari di Felix Frankfurter narrata da J. Lepore, The Great Paper Caper, in «The New Yorker», 2014, 1 December.
Viola questo diario il segreto della Camera di consiglio? Il lettore attento noterà che mi sono espresso più volte a favore dell’introduzione della opinione dissenziente. Tuttavia, intanto che questa non viene introdotta, il segreto va rispettato. Ma quali sono i limiti del segreto? Questo vale per l’eternità? Quando sono passati alcuni anni, va ancora rispettato? E a che cosa si estende il segreto? Perché molti giudici, sia pur occasionalmente, cessata la loro attività, hanno dato notizie su alcune maggioranze, sulle tensioni registrate per alcune decisioni, sulla diligenza dei giudici nel prepararsi (il Servizio biblioteca della Corte ha raccolto in apposito volume, nell’ottobre 2014, più di sessanta Testimonianze e riflessioni di giudici costituzionali sul periodo del loro mandato)? Con queste domande, voglio dire quanto ho detto in una Camera di consiglio non giurisdizionale (questa non vincolata al segreto), che il segreto della Camera di consiglio è a sua volta soggetto a interpretazione, essendovi il principio, non le regole specifiche che dovrebbero circondarlo. Tanto è vero che i penalisti notano che segreta è la deliberazione, non la motivazione; l’ordinamento attribuisce importanza variabile al segreto in relazione al tipo di giurisdizione (maggiore per il giudice del fatto, minore quello delle leggi); si può essere sciolti dal vincolo del segreto; il segreto non implica il divieto di dire se una deliberazione è stata adottata a maggioranza, ma solo quello di indicare la parte che è stata in maggioranza e quella che è stata in minoranza (con conseguente divieto di indicare che la deliberazione è stata presa all’unanimità); alla Corte costituzionale, infine, l’espressione dell’orientamento personale, del singolo giudice, è consentita, tanto è vero che, nel caso in cui si è relatori, si fa constare il rifiuto di stendere la motivazione.
Ho seguito, quindi, il criterio che mi è parso legittimo di non far nomi, di non indicare specifiche maggioranze, di esporre non opinioni di altri ma mie opinioni, di informare sui contesti noti, di commentare imparzialmente decisioni. Per l’attività non coperta dal segreto, invece, mi sono sentito libero di esporre giudizi.
Non mi risulta – nonostante che abbia letto gran parte dei libri che costituiscono la ricca letteratura sulle Corti costituzionali – che vi siano opere scritte da giudici, simili a questa mia, sebbene alcuni giudici abbiano scritto resoconti della loro attività, una volta giunti al termine del mandato.
Il lettore troverà alla fine di questo «diario», come appendici, un mio appunto sul funzionamento della Corte, un mio scritto sull’opinione dissenziente, uno sulle tendenze della giustizia costituzionale italiana, una valutazione d’insieme sulla sua evoluzione e uno schema di relazione sui rapporti tra diritto italiano e diritto europeo. Non ho, invece, aggiunto un altro mio articolo, scritto in inglese, nel quale ho cercato di dimostrare che la contrapposizione giustizia costituzionale-politica (e democrazia) è largamente sopravvalutata.
Il titolo, infine, riprende il sottotitolo di uno dei libri più conosciuti, anche se di tipo cronachistico, sulla Corte suprema americana, quello scritto da due brillanti giornalisti, Bob Woodward e Scott Armstrong (The Brethren. Inside the Supreme Court, New York, Avon, 1979).
Per scrupolo filologico, indico le date nelle quali le note sono state scritte, sempre più di una alla volta, e in un ordine che non riflette necessariamente la cronologia degli eventi, siano essi discussioni interne e sentenze, siano essi accadimenti esterni: 2005: 18 dicembre; 2006: 12 febbraio, 6 agosto, 8 ottobre, 12 e 25 novembre; 2007: 4 febbraio, 11 marzo, 8 e 15 aprile, 19 maggio, 30 giugno, 10 novembre; 2008: 21, 22 e 31 gennaio, 10 febbraio, 2 e 16 marzo, 2 e 29 giugno, 21 agosto, 26 ottobre; 2009: 4, 11 e 25 gennaio, 29 marzo, 19 aprile, 10 maggio, 29 giugno, 14 e 26 agosto, 18 ottobre, 22 novembre; 2010: 5, 10 e 30 gennaio, 3 marzo, 18 aprile, 20 giugno, 10 luglio, 23 ottobre, 19 dicembre; 2011: 1 e 16 gennaio, 12 e 28 febbraio, 3 e 16 aprile, 19 giugno, 17 luglio, 27 settembre, 9 ottobre, 13 e 29 novembre, 28 dicembre; 2012: 13, 26 e 29 gennaio, 4, 6, 12 e 19 febbraio, 4, 13 e 17 marzo, 10 e 28 aprile, 12 e 26 maggio, 17 giugno, 6, 14 e 16 agosto, 22 settembre, 20 e 31 ottobre, 18 novembre, 2, 8, 15 e 23 dicembre; 2013: 2, 20 e 27 gennaio, 15 febbraio, 30 marzo, 1 e 28 aprile, 15 e 25 maggio, 8, 11 e 15 giugno, 7 luglio, 8 e 16 agosto, 22 settembre, 13 e 27 ottobre, 10 novembre, 6 dicembre; 2014: 2, 14 e 26 gennaio, 16 febbraio, 23 marzo, 4 e 18 aprile, 15 maggio, 16, 21 e 22 giugno, 5, 20 e 22 luglio, 22 agosto, 6 e 21 settembre, 3, 5 e 27 ottobre.