La notte del lupo

di Robin Scheffer [Barry N. Malzberg]

 

 

Titolo originale: Night of the Wolf 

 

 

Dopo la festa di compleanno suo padre lo chiamò nel soggiorno e disse che voleva fare due chiacchiere con lui. Era così insolito che suo padre volesse parlargli, che Robert sentì la paura crescere dentro di sé prima ancora che la conversazione avesse inizio. Lui non conosceva bene suo padre. I loro contatti erano stati molto rari.

— Adesso hai dieci anni, Robert — disse il padre non appena il ragazzo si fu seduto — e noi dobbiamo parlare. 

— Va bene — disse Robert. Cercò di non mostrare il suo nervosismo, e si appoggiò alla spalliera del divano sistemato di fronte alla grande scrivania del padre. Per quanto si ricordava, aveva sempre avuto paura di suo padre. Non si trattava solo della distanza che c’era tra loro. C’era qualcosa negli occhi del padre che lo spaventava. Adesso, lì di fronte a lui, vide ancora quel qualcosa e si sentì lo stomaco sconvolto. Era stata una bellissima festa di compleanno, però. Doveva ricordarsene. Erano presenti quindici bambini, e forse per la prima volta Robert aveva sentito di avere tanti amici, anche se molti di loro erano lì solo perché erano suoi compagni di classe e non avrebbero comunque rifiutato un invito. In realtà, Robert non aveva mai avuto amici. Doveva ammetterlo. Eppure, avere dieci anni era una nuova fase di vita. Sarebbe cambiato, e gli altri avrebbero cominciato a trovarlo simpatico, e lui avrebbe avuto un sacco di amici. 

— Sarò molto breve — disse suo padre. — Non abbiamo mai avuto rapporti molto stretti, Robert, e in gran parte è stata colpa mia, ma ormai è troppo tardi per cambiare la situazione. Forse, se tua madre fosse ancora qui, saremmo riusciti a conoscerci meglio. Il fatto è, Robert — proseguì, dopo una breve pausa — che tu sei un licantropo. 

— Un... cosa? 

— Un licantropo — ripeté il padre. — Un essere umano che di tanto in tanto assume la forma e il comportamento di un lupo a causa di forze indipendenti dalla sua volontà e dal suo controllo. Sembra che sia una cosa ereditaria. È accaduto nella mia famiglia fin da quando io posso ricordare e succederà anche a te, Robert. — Suo padre si sfregò le mani e fissò la parete alle spalle di Robert. — Comincia la notte del decimo compleanno — proseguì — così ho pensato che fosse meglio avvertirti. La prima volta è sempre un trauma. 

Robert non disse niente. In un angolo del suo cervello aveva sempre avuto la certezza che suo padre fosse pazzo. Era l’unica spiegazione al fatto che, a differenza di tutti gli altri padri che conosceva, lui non mostrava nessun interesse per il figlio. Ma pazzo o no, Robert aveva ancora paura.

— Mi hai sentito, figliolo? — disse suo padre, protendendosi in avanti. — Questa notte ti sveglierai e scoprirai che ti sei trasformato in un lupo. La tua mente non cambierà, tu sarai sempre Robert, ma avrai l’aspetto di un lupo e ti comporterai come tale. Non potrai parlare. 

— Capisco — disse Robert. 

Gli occhi di suo padre erano penetranti, freddi. Con un intuito maggiore di quello che ci si aspetterebbe da un decenne, Robert pensò che sarebbe stato meglio mostrarsi d’accordo con quanto diceva suo padre. Era l’unico modo per uscirne.

— Qualunque cosa ti succeda — disse suo padre — devi rimanere in camera. Passerà. Passa sempre. La cosa migliore è tornare a dormire. Ma non devi lasciare la tua stanza e non devi farti vedere da nessuno in nessun caso. È chiaro? 

— Immagino — disse Robert — che se sono un lupo, non posso lasciare la mia stanza. Voglio dire — aggiunse — avrei le zampe, no? Al posto delle mani, intendo. E non potrei aprire la porta. 

La faccia di suo padre cambiò colore, e lentamente l’uomo si lasciò andare contro lo schienale della sedia. — Non mi credi, naturalmente, non credi a una parola di quello che ho detto. Ma è necessario che io ti avverta la sera del decimo compleanno, proprio come mio padre avvertì me. Come suo padre avvertì lui. Sembra venire dalla linea paterna. Anch’io non prestai fede a mio padre, quando me lo disse.

— Ti credo — disse Robert. 

L’unica cosa da fare era rassicurare suo padre e farla finita con questa faccenda il più presto possibile. Si costrinse a rimanere in posizione eretta sul divano. Domani. Domani avrebbe avvertito l’insegnante di quello che suo padre gli aveva detto, e la scuola l’avrebbe aiutato. Forse l’avrebbero portato via da quella casa. Ma adesso la cosa più importante era assecondarlo.

— Ti ci abituerai — proseguì suo padre. — All’inizio capita una volta o due alla settimana, ma con il passare degli anni sembra diradarsi. Quando avrai la mia età ti capiterà solo un paio di volte l’anno. — Si chinò di nuovo in avanti, stringendosi le mani. — Qualunque cosa tu decida di fare, non uscire dalla tua stanza. A patto che tu rimanga nella tua stanza, sarai al sicuro e il mattino dopo tornerai a essere un bambino. Ma non devi uscire. 

— D’accordo. Non mi muoverò. 

— Non avrei voluto essere costretto a dirtelo. So cosa stai pensando. Devi pensare che sono pazzo. Ma dovevo. La maledizione continua — aggiunse ambiguamente il padre — sembra che continui. 

— D’accordo — ripeté Robert. — Dovevo saperlo, e starò nella mia stanza. 

— Ci sarai costretto. Era proprio questo che volevo dirti. Volevo che tu capissi. Perché ho intenzione di chiuderti a chiave in camera tua, stanotte. 

 

A una certa ora, nel vuoto della notte, Robert si svegliò e capì di essere diventato lupo. Aveva le zampe appoggiate sul cuscino, sentiva la sensazione di umido del muso. Cercò di muoversi nel letto e sentì scalciare le quattro zampe. Tentò di gridare ma gli uscì solo un uggiolio. Poi si ricordò di quello che gli aveva detto il padre, e la paura cessò.

Scese dal letto. Gli ci volle un po’ a coordinare i movimenti del suo nuovo corpo, ma fu sorprendente la rapidità con cui si abituò. Era facile camminare come un animale: sentiva una forza e una disinvoltura che non aveva mai conosciuto prima. Le zampe e il corpo erano coordinati nei loro movimenti come non lo erano mai stati quando era un bambino. Zampettò fino alla porta e la spinse con il muso, poi tentò di girare la maniglia con una zampa.

Come gli aveva detto il padre, la porta era chiusa a chiave.

Robert, adesso lupo, si allontanò dalla porta, dirigendosi verso l’unica finestra che si apriva sopra il suo letto. Rapidamente, senza neppure riflettere su quello che stava facendo, balzò sul davanzale e poi fuori. Fu un bel salto di un metro, un metro e mezzo nel cortile sul retro. Lo attraversò e girò intorno alla casa fino al punto in cui si trovava la stanza del padre. Anche lì c’era un’unica finestra, socchiusa nella notte. Con facilità, Robert vi saltò sopra e poi sgusciò sotto il vetro. Si lasciò cadere nella stanza, gioendo della facilità con cui riusciva a cadere sul pavimento senza perdere l’equilibrio.

Era più facile essere lupo che bambino. Il suo corpo era più proporzionato, e Robert non avvertiva nessuna delle paure che aveva pensato fossero parte di lui. Non sentiva neppure paura di suo padre. Si avvicinò rapidamente al suo letto e lo guardò.

Suo padre dormiva. La bocca aperta inspirava ed espirava aria in un modo goffo, ben diverso dalla respirazione regolare e facile del lupo. Robert lo guardò, provando qualcosa di molto vicino alla pietà.

Davvero diventava lupo solo un paio di volte l’anno? Era terribile.

E sarebbe stato terribile se lui non avesse potuto essere lupo per sempre.

Spiccando con facilità un salto, Robert atterrò sul letto, ficcò il muso sotto le lenzuola e si avvicinò al padre. Da una parte si rendeva conto di quello che stava facendo, ma dall’altra era semplicemente un osservatore che guardava. Allungò la testa verso l’uomo, gli affondò i denti in un polso e lo morsicò. Il sangue schizzò.

Il padre balzò a sedere sul letto, improvvisamente sveglio, urlando. Vide Robert e si sollevò le lenzuola fino alla faccia, con mani tremanti.

— Oh, mio Dio! — disse. — Oh, mio Dio! 

Robert si fece più vicino. Voleva spiegargli quello che stava facendo e perché, ma gli uscirono solo mugolii e guaiti. La laringe del lupo non è strutturata per la parola umana. Doveva provvedere.

Sì, più tardi avrebbe pensato a provvedere.

Attaccò il padre.

— Oh, mio Dio! — ripeté l’uomo. — Non doveva essere così. Da dove viene questo? — e tentò disperatamente di lottare ma senza risultato, era debole e Robert era forte, era un uomo e Robert un lupo e penetrò facilmente nelle difese dell’uomo. 

— Assassini nella quarta generazione — rantolò il padre. 

Lui fece quello che doveva.

Molto più tardi Robert lasciò la stanza soddisfatto. Riattraversò il cortile, rientrò in camera sua con il gusto del sangue che gli riempiva la bocca, saziandolo e disponendolo al sonno. Avrebbe dormito profondamente, e il mattino dopo sarebbe di nuovo tornato bambino e sarebbe stato svegliato dalle urla della cameriera, ma c’erano ancora molte ore: ore e ore nel futuro. All’inizio non avrebbe ricordato niente e verso la fine avrebbe ricordato tutto, ma nel mezzo, nel meraviglioso mezzo, lui aveva in sé la certezza che ci sarebbero state ancora molte notti come quella.