II. Incubo in blu

 

Si svegliò nel mattino più azzurro e splendente che mai avesse visto. Attraverso la finestra accanto al letto poteva vedere un cielo dal colore quasi incredibile. George scivolò in fretta fuori dalle coperte, completamente sveglio, non volendo perdere un attimo del suo primo giorno di vacanze. Si vestì in silenzio per non svegliare sua moglie. Erano giunti al villino, offerto da un amico per l’intera settimana di vacanze, la sera prima assai tardi, e Wilma si era ritirata molto stanca per il viaggio. L’avrebbe perciò lasciata dormire il più a lungo possibile. Portò le sue scarpe nel soggiorno prima di infilarsele. Il piccolo Tommy dai capelli arruffati, il loro figlio di cinque anni, saltò dal lettino dove aveva dormito, sbadigliando. 

— Vuoi fare colazione? — gli domandò George. Tommy annuì. — Vestiti e vieni in cucina. 

George andò in cucina, ma prima di iniziare la colazione si affacciò alla porta dell’ingresso e si fermò a dare un’occhiata in giro. Era scuro quando erano arrivati e conosceva la regione solo attraverso le descrizioni dell’amico. Era un posto coperto da grandi foreste, molto più bello di quanto lui si fosse immaginato. La casa più vicina, gli avevano detto, era a due chilometri circa di distanza, dall’altra parte del lago. Non poteva vederlo attraverso gli alberi, ma il sentiero che cominciava lì, dalla porta della cucina, conduceva al lago distante poco meno di quattrocento metri. Il suo amico aveva detto che ci si poteva pescare e nuotare. Il nuoto non interessava a George. Non che avesse proprio paura dell’acqua, ma nemmeno si poteva dire che gli piacesse, e inoltre non aveva mai imparato a nuotare. La moglie invece era un’ottima nuotatrice, e anche Tommy era un vero topolino d’acqua come lei lo chiamava. 

Tommy lo raggiunse sugli scalini; l’idea di vestirsi, per il ragazzo, consisteva nel mettersi un paio di calzoncini da bagno, il che non gli aveva portato via troppo tempo. 

— Papà — disse — andiamo a vedere il lago prima di mangiare, eh? 

— Va bene — disse George. Anche lui non aveva fame, e forse al loro ritorno Wilma sarebbe stata sveglia. 

Il lago era magnifico, d’un azzurro più intenso persino di quello del cielo, liscio come uno specchio. Tommy si tuffò contento, e George lo chiamò per dirgli di rimanere dove l’acqua era bassa, e di non andare al largo. 

— So nuotare bene, papà! 

— Sì, ma tua madre non c’è. Stammi vicino. 

— L’acqua è calda, papà! 

Lontano George vide un pesce saltare. Subito dopo colazione sarebbe venuto con la sua canna per vedere se gli riusciva di prenderne qualcuno per il pranzo. Un sentiero lungo la sponda del lago portava, così gli avevano detto, in un posto a tre chilometri di distanza dove si potevano affittare barche a remi. Ne avrebbe presa una e l’avrebbe lasciata legata lì. Cominciò a incamminarsi verso l’estremità del lago per cercare di vedere il posto. 

Improvvisamente un grido angoscioso lo gelò. — Papà, la gamba è... 

George si voltò di scatto, e scorse la testa di Tommy, lontana almeno trenta metri, scomparire sott’acqua e riaffiorare di nuovo, ma questa volta ci fu un terribile suono strozzato quando Tommy cercò di gridare ancora. Doveva trattarsi di un crampo, George pensò con angoscia. Eppure aveva visto Tommy nuotare a lungo, con facilità. 

Per un attimo pensò di buttarsi in acqua, poi si disse «Non gli servirà a niente che io affoghi con lui. Se riuscissi a far venir qui Wilma, si potrebbe...». Corse indietro, verso il villino. A cento metri cominciò a chiamare Wilma con quanto fiato aveva in gola, e quando giunse vicino alla porta della cucina, vide lei che ne stava uscendo in pigiama. Poi si mise a correre dietro di lui verso il lago, lo raggiunse e lo sorpassò, perché lui ormai era senza fiato. Era a circa cinquanta metri dietro di lei quando Wilma arrivò alla riva. La vide tuffarsi in acqua e nuotare con forza verso il punto dove, per un momento, la nuca del ragazzo era salita alla superficie. Fu là in poche bracciate, lo prese e come mise i piedi giù per voltarsi, lui si accorse, con un senso di orrore, orrore specchiato negli occhi azzurri della moglie, che lei stava in piedi, e toccava il fondo, abbracciata al figlio annegato in meno di un metro d’acqua.