III
Davanti allo scrivano, alla cassetta dei suoi strumenti, alla penna, al calamaio, al grande foglio di carta grezza, la Diomira era rimasta zitta. Le parole, che non le erano mai mancate, avevano cominciato a ballare una danza disordinata, rifiutandosi di salire alla lingua. Poiché lo scrivano, un lungagnone terreo in viso e con il naso gocciolante, a un certo punto l’aveva avvisata che non era lì per perdere il suo tempo, la donna s’era risolta a chiamare in soccorso la ex balia Nutrimento. Era stata costei a cominciare la dettatura, affinché Lepido sapesse che la bottega era rimasta chiusa per tutto il mese di agosto e che invece, dai primi di settembre, grazie a un giovane assistente che s’intendeva di sartoria, s’era riaperta al pubblico.
«Scrivete anche…» era intervenuta a un certo punto la Diomira, che infine s’era sbloccata.
Scrivete anche che quando ritornerà bisognerà che metta la testa a posto sia in casa sia in bottega poiché in futuro incidenti del genere non dovranno mai più capitare!
Ditegli che mi dispiace sia in galera ma che non creda che io stia tanto meglio, senza l’aiuto di un uomo e con tutto sul e mie spalle!
Fategli sapere che ho dovuto cedere all’ingiunzione del signor pretore e risarcire quel a porca del a magnana con un paio di braghe nuove!
E anche che…
«Basta così», era intervenuto lo scrivano. La lettera gli sembrava sufficientemente lunga.
La ex balia aveva sol evato un’obiezione: non si potevano aggiungere due righe sul a salute, sul tempo, quel e cose lì?
«Le notizie sul tempo e sul a salute sono inutili», aveva sentenziato lo scrivano: Como non era in capo al mondo e condivideva lo stesso clima di tutti gli altri paesi del lago. Circa la salute, se non v’erano accenni andava a dire che tutto filava liscio.
A sera, grazie alla ex balia, tutta la corte sapeva che finalmente la Diomira aveva spedito la sua prima lettera al marito carcerato.
Adesso si trattava di aspettare la risposta.