54.
Il Sacaraffia aveva appena emesso l’ordine di andare a prendere quel sarto, i due giannizzeri col Manichetta erano ancora per le scale, quando la Teresotta sbottò. Orribile a vedersi, la Teresotta aveva un occhio, il destro, che sembrava voler sparare fuori dall’orbita mentre il sinistro era opacato, grigio per via di un’antica sberla del marito, che gliela aveva data per aiutarla a scegliere tra lui e il magnano.
L’aiuto era servito, la Teresotta aveva scelto lui, un muratore che in quanto a calli aveva poco da invidiare al magnano. Puntando il suo sguardo mostruoso sul pretore gridò, protetta dalla fol a, che lei, benché guercia, aveva gli stessi diritti del a magnana.
Veniva a dire?, chiese il Sacaraffia, faticando a sostenere l’esorbitante sguardo monocolo del a donna.
Semplice, fu la risposta. Pure lei, infatti, aveva da sottoporre una richiesta di risarcimento per una giacchetta di panno mal riparata dal sarto che si era disfatta sotto un acquazzone come se fosse stata impastata col semolino.
Frenando la rabbia, il Sacaraffia puntò lo sguardo sul disco opalescente del ’occhio orbato del a Teresotta.
«In questa sala si sta dibattendo di ben altro», disse.
«Ma la magnana ha potuto vantare i suoi crediti, e in quest’aula. Lei sì e io no? È giustizia, questa?»
Un fitto mormorio cominciò a salire dalla fol a che stava dietro la Teresotta. Il Sacaraffia ne fu, per un istante, intimorito: importava poco a lui del a giustizia e del ’equità con la quale veniva distribuita. La carriera, la sua carriera! Ma sapeva che il popolo, vuoi per l’ignoranza, vuoi per la fame, aveva invece un alto concetto del a giustizia, pensava che fosse davvero eguale per chiunque e su quel ’argomento c’era la possibilità che si inviperisse, perdendo la trebisonda e combinando misfatti. Bisognava calmare la guercia.
«Al termine del dibattimento in atto», proclamò con sufficienza, «prenderò in considerazione quanto mi avete denunciato.»
Una luce di fulmine bril ò nel ’occhio sano del a Teresotta. Ma la sua uscita ebbe l’effetto di una miccia.
Perché dapprima fu come se un serpente fatto di bol e d’aria percorresse la sala esplodendo un segmento dopo l’altro: ad un primo «Al ora anch’io!» come se le parole fossero dotate di zoccoli cominciò un galoppo di proteste, e un altro e un altro e un altro ancora.
«Al ora anch’io!» a braccia levate, il popolo sozzo. Chi a reclamare braghe mal riparate, chi scalfarotti stinti, chi giacche sfondate.
Il Sacaraffia temette di aver perso il control o del a situazione, di non riuscire più a domare quel a massa in rivolta.
L’aiuto gli venne dal cielo o, meglio, dalla terra. Dalla contrada che il sarto Lepido, coi due giannizzeri a lato, calpestò con passo leggero seguito a vista dalla Diomira, che dietro di lui camminava altezzosa e orgogliosa di avere un marito che avrebbe fatto trionfare la giustizia.