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ATTEGGIAMENTI DI VALUTAZIONE E DI INGANNO
Come interpretare i gesti di avvicinamento delle mani al volto
Bill Clinton di fronte al Gran Jury: che cosa credete stia pensando?
Se diceste la verità assoluta a tutti, che cosa succederebbe? Se esprimeste le esatte parole che vi passano per la mente, quali conseguenze ci sarebbero? Provate a immaginare le seguenti situazioni:
Al proprio capo: “Buon giorno, Signor Rompiballe!”
Un uomo a una cliente: “Grazie, Susan, per l’acquisto, e devo aggiungere che hai proprio un bel seno!”
Una donna a un vicino: “Grazie per avermi aiutata a portare la spesa. Hai un bel culo ma da chi diavolo vai a tagliarti i capelli?”
Alla suocera: “Che gioia rivederti, vecchia ciabatta impicciona!”
Quando una donna vi chiede se un vestito la fa o meno sembrare grassa, che cosa rispondete? Se siete abili, rispondete che le sta bene, anche se pensate che il colpevole non sia l’abito, ma tutti i gelati e le torte che mangia.
Se diceste sempre la verità a tutti, non solo finireste per vivere in solitudine ma anche per essere ricoverati in ospedale o rinchiusi in carcere. Le piccole menzogne sono, per così dire, l’olio che lubrifica le interazioni sociali, il fattore che ci consente di mantenere buoni rapporti col prossimo. Sono le cosiddette bugie bianche, che hanno lo scopo di far sentire a proprio agio gli altri quando la verità risulterebbe cruda oppure offensiva. Gli studi condotti in quest’ambito hanno dimostrato che i bugiardi sociali godono di maggior popolarità rispetto a chi dice sempre la verità, anche se sono noti per non dire il vero. Le bugie malevole sono invece quelle raccontate con l’intento di ingannare il prossimo a proprio vantaggio.
Le ricerche sulla menzogna
I segni meno affidabili di un atteggiamento menzognero sono quelli su cui l’individuo ha maggior controllo, quali le parole, che possono essere studiate ad hoc. Viceversa, i segnali maggiormente attendibili sono i gesti automatici, su cui il soggetto ha un controllo scarso o nullo. Si tratta di gesti che si verificano proprio mentre viene detta la bugia perché, dal punto di vista emozionale, sono quelli che più contano per l’ingannatore.
Robert Feldman della University of Massachusetts di Amherst ha studiato 121 coppie impegnate in una conversazione con una terza persona. A un terzo dei partecipanti è stato chiesto di apparire gradevoli, a un altro terzo competenti, al resto di essere semplicemente se stessi. Tutti i partecipanti sono stati in seguito invitati a vedere il filmato che li riprendeva e a individuare le eventuali bugie raccontate durante la conversazione, indipendentemente dalla loro entità. Alcune erano bugie bianche – come dichiarare di apprezzare qualcuno quando non era vero –, altre invece – per esempio affermare di essere la star di un complesso rock – erano malevole. Nel complesso, Feldman ha rilevato che il 62% dei partecipanti aveva raccontato in media due o tre bugie ogni dieci minuti. James Patterson, autore di The Day America Told the Truth, ha intervistato più di duemila americani osservando che il 91% dei soggetti mentiva regolarmente sia a casa sia al lavoro.
“Dire la verità è sempre la politica migliore, a meno che ovviamente tu non sia un ottimo bugiardo.”
J. K. JEROME
Come facciamo allora a capire se qualcuno ci stia mentendo, stia prendendo tempo o soltanto riflettendo? Saper riconoscere la gestualità legata a un atteggiamento menzognero, procrastinatore, annoiato o valutativo è una delle capacità più importanti da apprendere. Nel presente capitolo descriveremo i segnali del linguaggio corporeo grazie ai quali potrete cogliere i veri sentimenti dell’interlocutore. Prima di tutto, analizzeremo i gesti associati alla menzogna e all’inganno.
Le tre scimmie
Le tre scimmie, che simboleggiano gli atteggiamenti “non sento, non vedo, non parlo”, compiono tre semplici gesti di avvicinamento delle mani al viso, che costituiscono il fondamento di tutti i gesti ingannatori umani.
Non sento, non vedo, non parlo
Spesso chi riceve una brutta notizia o è testimone di uno spaventoso incidente si copre il volto con le mani, come per impedirsi di ascoltare o di vedere altro. Non a caso è stato il gesto più usato in tutto il mondo dopo la tragedia dell’11 settembre a New York.
Abbiamo già osservato che i bambini usano spesso portarsi apertamente le mani al viso quando mentono. Se un bambino dice una bugia, tende a coprirsi la bocca con una o due mani nel tentativo di bloccare le parole ingannatrici. Quando non vuole ascoltare i rimproveri dei genitori, si copre le orecchie per non sentirne la voce e, quando vede qualcosa che non vuol guardare, si copre gli occhi con le mani o con le braccia. Con l’età, tali gesti diventano più rapidi e meno palesi, ma si verificano pur sempre quando un soggetto mente, vuol coprire un inganno o ne è consapevole.
Essi si associano anche ad atteggiamenti di dubbio, incertezza o esagerazione. Desmond Morris ha condotto uno studio in cui, in un contesto di role-playing, ha chiesto a un gruppo di infermiere di mentire ai pazienti in ordine al loro stato di salute: le infermiere che mentivano hanno presentato una frequenza maggiore di gesti di avvicinamento delle mani al viso di quelle che avevano invece detto la verità. Sia gli uomini sia le donne deglutiscono di più quando mentono, anche se il fenomeno è di solito osservabile solo negli uomini, a causa del pomo d’Adamo di maggiori dimensioni.
“Non ho una relazione con quella donna”, disse il politico mentre deglutiva e si sfregava il naso.
Come osservato all’inizio del libro, esamineremo singolarmente i vari gesti anche se nella realtà si verificano in associazione e vanno dunque interpretati sia in relazione agli altri sia al contesto generale, proprio come le singole parole vanno analizzate all’interno della frase a cui appartengono. Quando un soggetto avvicina la mano al viso, non lo fa necessariamente perché dice il falso; il gesto può tuttavia indicare che non comunica tutte le informazioni di cui è a conoscenza: se così fosse, vi basterà osservare i gesti che compie in concomitanza per confermare o fugare i dubbi. Ricordate di non interpretare mai isolatamente un gesto di avvicinamento delle mani al volto.
Se non esistono movimenti, espressioni facciali o tic che indichino con certezza che un individuo sta mentendo, potete pur
sempre imparare a riconoscere e decifrare vari insiemi di gesti che vi aiuteranno a identificare con più probabilità gli atteggiamenti menzogneri.
Il volto è lo specchio della verità
Il volto è la parte del corpo più usata per mascherare le bugie: quando cerchiamo di spacciare una menzogna per verità, ricorriamo a sorrisi, cenni del capo e ammiccamenti, ma per fortuna il linguaggio spontaneo del corpo denoterà sempre i nostri veri sentimenti. Dalla discrepanza tra i segnali facciali artefatti e quelli automatici possiamo quindi capire se un individuo ci stia mentendo. Atteggiamenti ed emozioni vengono palesati in continuazione dal volto, fatto di cui siamo quasi sempre ignari.
La presenza di discrepanze nei segnali facciali denota conflittualità emozionale.
Quando tentiamo di dire il falso, o anche se un determinato pensiero ci attraversa la mente, per una frazione di secondo il nostro viso lo rivela. Di solito, se vediamo una persona che si tocca rapidamente il naso, pensiamo che abbia prurito; se la vediamo reggersi il volto con la mano, riteniamo sia molto interessata e non immaginiamo nemmeno che invece la stiamo annoiando. Una volta abbiamo ripreso un uomo che descriveva il suo “buon” rapporto con la suocera: ogniqualvolta ne pronunciava il nome, sul lato sinistro del suo viso compariva fugacemente un ghigno, che ci rivelò molto dei suoi veri sentimenti per la donna.
Le donne sono più abili a mentire ed è vero!
In Perché gli uomini lasciano sempre alzata l’asse del water e le donne occupano il bagno per ore? abbiamo spiegato perché le donne siano più abili a cogliere i sentimenti e, di conseguenza, a manipolare gli altri con la menzogna. Il fenomeno è già evidente nelle bambine piccole, che scoppiano a piangere per solidarietà con le compagne in lacrime, il che dà il via a “un’epidemia” di pianto. Sanjida O’Connell, autrice di Mindreading, ha condotto uno studio di cinque mesi sui diversi modi di mentire, giungendo alla stessa nostra conclusione: le donne mentono molto meglio degli uomini. In particolare, ha rilevato che raccontano bugie più elaborate, mentre i maschi si attengono a bugie più semplici, come “ho perso l’autobus” o “avevo il cellulare scarico, per questo non ti ho chiamata”, e che si crede più facilmente alle persone di bell’aspetto che non a quelle poco piacenti. Ciò spiega perché leader del calibro di J. F. Kennedy e Clinton siano spesso riusciti a farla franca mentendo.
Perché è difficile mentire
Come già affermato nel capitolo 3, gran parte delle persone ritiene che, quando si mente, si sorrida più del solito. Le ricerche invece dimostrano il contrario: si sorride di meno. La difficoltà di mentire sta nel fatto che l’inconscio opera in modo automatico e indipendente rispetto alla bugia che si racconta: di conseguenza, il linguaggio corporeo risulta in contrasto con quello verbale. Questa è la ragione per cui, al di là di quanto convincenti possano sembrare, le persone che mentono di rado vengono subito scoperte: nel momento stesso in cui iniziano a dire il falso, il loro corpo inizia a inviare segnali contraddittori dai quali capiamo che stanno mentendo. Quando si racconta una bugia, la mente inconscia manda impulsi nervosi che inducono a compiere gesti in contrasto con quanto si afferma. I bugiardi “di professione” – i politici, gli avvocati, gli attori e gli annunciatori televisivi – hanno raffinato la gestualità a tal punto che risulta difficile coglierli in fallo: gran parte delle persone, infatti, abbocca tranquillamente all’amo.
Allo scopo adottano due strategie: in primo luogo, mentre dicono il falso studiano i gesti giusti e le sensazioni che inducono, anche se ciò risulta fattibile solo dopo una lunga esperienza. In secondo luogo, riescono a ridurre al minimo la gestualità in modo da non inviare segnali né positivi né negativi quando mentono, il che è un obiettivo altrettanto difficile da conseguire.
Con la pratica il bugiardo può risultare convincente, proprio come un attore.
Provate a fare questo semplice test: raccontate volutamente una bugia a qualcuno senza compiere alcun gesto. Anche se riusciste a evitare tutti i gesti macroscopici, inviereste ugualmente segnali microscopici indicativi di falsità, per esempio lievi contrazioni del viso, dilatazione e contrazione delle pupille, sudorazione, rossore, aumento del battito palpebrale da dieci a cinquanta volte al minuto. Gli studi condotti usando riprese al rallentatore dimostrano che tali microsegnali si manifestano spesso per brevi attimi di tempo e vengono, pertanto, notati solo da intervistatori e venditori esperti, o da soggetti percettivi, abituati a coglierli.
Per poter mentire senza essere scoperti, è dunque necessario tenere il proprio corpo nascosto o lontano dalla vista dell’interlocutore. Negli interrogatori il soggetto viene spesso fatto sedere su una sedia in mezzo a una stanza per risultare ben visibile oppure posto sotto la luce, in modo che il corpo sia in piena vista: in questi casi, se mente, le bugie sono più facilmente individuabili. È più semplice mentire se siete seduti dietro a un tavolo che vi nasconde parte del corpo, se state dietro a un recinto o una porta chiusa. Il miglior modo per raccontare bugie è usare il telefono o l’email.
Otto gesti comuni indicativi di falsità
1. La mano sulla bocca
La mano copre la bocca dato che il cervello le ordina inconsciamente di cercare di bloccare le parole menzognere che pronuncia. Talora la bocca è coperta solo da alcune dita o dal pugno, ma il senso del gesto non cambia.
La mano sulla bocca
Alcuni cercano di mascherare il gesto della mano sulla bocca con un finto colpo di tosse. Un attore che interpreta il ruolo di un gangster o di un criminale vi ricorre spesso quando discute un piano con i complici o quando viene interrogato dalla polizia, in modo da comunicare al pubblico che il suo atteggiamento è reticente o falso. Se chi parla si porta la mano sulla bocca, è probabile che stia mentendo; se è invece l’interlocutore a compiere il gesto mentre voi parlate, potrebbe avere la sensazione che gli stiate nascondendo qualcosa. Una delle cose più scoraggianti per un oratore è vedere varie persone del pubblico portarsi la mano sulla bocca. In tal caso dovrebbe interrompere il discorso e chiedere se qualcuno voglia porre domande oppure affermare: “Vedo che qualcuno non è d’accordo. Sono pronto per eventuali domande”. Le obiezioni potranno così venire a galla e l’oratore potrà controbattere e motivare le sue ragioni, proprio come se si trovasse di fronte a interlocutori a braccia conserte.
La mano sulla bocca può assumere la veste innocua del tipico gesto che invita al silenzio, accompagnato dall’esclamazione “Ssst!” in cui un dito esteso viene posto a contatto con le labbra. Si tratta, peraltro, di un gesto che veniva probabilmente compiuto dai genitori della persona che lo usa, quando questa era piccola. Diventato adulto, il soggetto lo utilizza per tentare di convincersi a non dire ciò che pensa. Per un osservatore attento è il segnale che sta nascondendo qualcosa.
Se i vostri genitori usavano questo gesto quando eravate piccoli, è probabile che oggi anche voi lo utilizziate
2.Toccarsi il naso
Talora il gesto di toccarsi il naso può essere costituito da una serie di rapidi sfregamenti sotto di esso o da un unico tocco, rapido e quasi impercettibile, dello stesso. Le donne usano gesti più contenuti degli uomini, forse per non rovinarsi il trucco.
Toccarsi il naso
È importante ricordare che si tratta di un gesto che va interpretato in relazione agli altri segnali corporei e al contesto: il soggetto che lo compie potrebbe, infatti, avere il raffreddore o un’allergia.
Gli scienziati della Smell and Taste Treatment and Research Foundation di Chicago hanno scoperto che, quando si mente, si verifica la liberazione di catecolamine, sostanze che determinano gonfiore dei tessuti nasali interni. Usando telecamere speciali in grado di riprendere il flusso ematico, i ricercatori hanno dimostrato che quando si dice intenzionalmente il falso, la pressione sanguigna sale e l’afflusso di sangue al naso aumenta, dando luogo al cosiddetto “effetto Pinocchio”. L’aumento della pressione sanguigna dilata il naso e, stimolando le terminazioni nervose, crea una sorta di formicolio che induce la persona a grattarsi per placare il “prurito”.
A occhio nudo il gonfiore dei tessuti non si vede, ma è proprio questo fattore a provocare il gesto di toccarsi il naso. Lo stesso accade quando un individuo è agitato, ansioso o infuriato.
“Non ho avuto rapporti
sessuali con quella donna!”
Il neurologo americano Alan Hirsch e lo psichiatra Charles Wolf hanno studiato in modo approfondito la testimonianza resa da Bill Clinton davanti al Gran Jury in ordine alla sua relazione con Monica Lewinsky scoprendo che, quando diceva il vero, si toccava raramente il naso. Quando invece mentiva, si accigliava brevemente prima di rispondere e si toccava il naso una volta ogni quattro minuti, per un totale di ben ventisei volte.
Studi condotti con telecamere speciali hanno rivelato che, quando un uomo mente, anche il pene si dilata a causa del maggior afflusso di sangue.
3. E se davvero prude il naso?
I pruriti vengono normalmente soddisfatti con un’azione di sfregamento o di grattamento, diversa dai lievi tocchi al naso del gesto appena descritto. Come per la mano sulla bocca, il gesto di toccarsi il naso può essere usato sia da chi parla per mascherare un atteggiamento ingannevole sia da chi ascolta, che in tal modo comunica perplessità nei confronti dell’oratore. Quando ci si gratta il naso per un vero prurito, il gesto è di solito isolato e ripetitivo, nonché incongruo o estraneo rispetto al tono generale della conversazione tenuto dal soggetto.
“Non posso proprio
stare a guardare!”
4. Stropicciarsi un occhio
“Non vedo”, dice una delle tre scimmie. Quando un bambino non vuole vedere, si copre gli occhi con una o con entrambe le mani. Quando un adulto non vuole guardare qualcosa di spiacevole, si sfrega l’occhio. Tale gesto è il tentativo da parte del cervello di non vedere l’inganno, il dubbio o quanto di disgustoso ha davanti a sé o ancora il volto della persona a cui mente. Gli uomini si fregano solitamente l’occhio in modo vigoroso e, se la menzogna è davvero grossa, distolgono lo sguardo.
Le donne tendono a usare di meno questo gesto e, in caso, a sfiorarsi la parte inferiore dell’occhio con tocchi delicati, perché sin da bambine sono state educate a evitare gesti decisi oppure per non rovinarsi il trucco. Evitano, inoltre, lo sguardo di chi le ascolta, fissando altrove.
“Non voglio sentire!”
5. Sfregarsi l’orecchio
Immaginate di comunicare il prezzo di un oggetto a una persona e di vederla sfregarsi l’orecchio, distogliere lo sguardo e infine dichiarare che le sembra un buon affare. Il primo gesto è un tentativo simbolico da parte dell’ascoltatore di “non sentire”, ossia di bloccare le parole che sente portando la mano vicino o sopra l’orecchio, o ancora tirandosi il lobo. È, in altre parole, la versione adulta del gesto che il bambino fa tappandosi entrambe le orecchie con le mani quando i genitori lo rimproverano. Tra le sue varianti ci sono l’atto di sfregarsi la parte posteriore dell’orecchio, il “trapanamento” – in cui la punta del dito viene infilata nel meato e mossa in avanti e all’indietro –, il gesto di tirarsi il lobo o di piegare l’intero padiglione in avanti per chiudere il meato.
Lo sfregamento dell’orecchio può indicare che il soggetto ha sentito abbastanza e che forse desidera esprimere la sua opinione. Come l’atto di toccarsi il naso, è un gesto che viene compiuto quando si è in ansia. Il principe Carlo ricorre spesso a entrambi quando entra in una sala gremita o cammina davanti a una vasta folla, il che ne denota l’apprensione; peraltro, non lo si è mai visto usare tali gesti quando si trova in un ambiente relativamente protetto come l’abitacolo della sua auto.
In Italia l’atto di sfregarsi l’orecchio viene utilizzato anche per indicare che un individuo è effeminato o gay.
Grattarsi il collo denota
incertezza
6. Grattarsi il collo
L’indice, di solito della mano con cui si scrive, gratta il lato del collo sotto il lobo auricolare. Dalle nostre osservazioni è emerso che una persona si gratta in media cinque volte al giorno: raramente lo fa di meno o di più. Si tratta di un gesto che denota dubbio o incertezza, tipico di chi non è convinto di accettare una proposta o un’offerta. Risulta molto palese quando il linguaggio verbale lo contraddice come, per esempio, quando un soggetto afferma: “Capisco come ti senti”, e nello stesso tempo si gratta il collo.
7. Scostarsi il colletto
Desmond Morris è stato uno dei primi a scoprire che, quando si dice il falso, si avverte un formicolio nei delicati tessuti del viso e del collo che induce a grattarsi o a sfregarsi la parte interessata. Tale fenomeno non solo spinge il soggetto a grattarsi il collo, ma spiega anche perché alcuni si scostino il colletto della camicia quando mentono e temono di essere stati smascherati. Quando chi dichiara il falso ha il sospetto di non essere creduto, inizia a sudare sul collo in seguito all’aumento della pressione sanguigna.
Sudare sotto il colletto
Il gesto viene anche compiuto da chi è infuriato o frustrato e, scostando il colletto, tenta di fare circolare un po’
d’aria fresca. Quando vedete qualcuno che si scosta il colletto, chiedetegli cortesemente di ripetere o di chiarire meglio ciò che ha detto: in tal modo potreste indurlo a tradirsi.
8. Le dita in bocca
Si tratta di un tentativo inconscio di tornare alla sicurezza dell’infanzia, quando succhiavamo il latte materno, al quale ricorriamo nei momenti in cui ci sentiamo sotto pressione. In assenza del seno materno il bambino piccolo si succhia il pollice o mette in bocca un angolo della coperta, l’adulto invece porta le dita alla bocca oppure succhia una sigaretta, la pipa, una penna, gli occhiali o mastica una gomma.
Bisogno di rassicurazione
Gran parte dei gesti di avvicinamento delle mani al viso sono correlati con un atteggiamento falso o ingannatore; le dita in bocca, viceversa, comunicano un chiaro bisogno di rassicurazione: in questo caso è opportuno confortare la persona o fornirle garanzie.
Gesti di valutazione e procrastinazione
Un abile oratore sa “istintivamente” quando il pubblico è interessato e quando invece è stanco di ascoltare. Un venditore esperto capisce quando tocca “le corde giuste” e individua i veri interessi del cliente. Chiunque tenga un discorso conosce bene lo scoraggiamento che si prova quando gli interlocutori parlano poco e se ne stanno immobili a guardare. Per fortuna, esiste tutta una serie di gesti di avvicinamento delle mani alla guancia o al mento grazie a cui è possibile valutare il grado di interesse altrui e capire quanto efficaci siano le proprie parole.
Noia
Quando l’ascoltatore inizia a reggersi la testa con la mano, significa che si sta annoiando: la mano è, infatti, una sorta di sostegno che gli impedisce di chinare il capo e di addormentarsi. Il grado di noia è dato dalla misura in cui mano e braccio sostengono la testa: all’inizio è di solito solo il pollice a reggere il mento, poi l’intero pugno (parziale perdita di interesse), quindi la testa viene sorretta interamente dalla mano (massima perdita di interesse, v. figura). Il segnale estremo di noia è dato dalla testa retta dalle due mani... e da un chiaro russare.
La mano sostiene la testa per evitare che cada per il sonno
Tamburellare le dita sul tavolo o i piedi per terra viene spesso interpretato come segno di noia da parte degli oratori professionisti, ma in realtà denota impazienza. Se state parlando a un gruppo di persone e ne vedete una che compie questo atto, può essere utile coinvolgerla nella conversazione per evitare che l’effetto negativo del suo gesto si diffonda fra gli ascoltatori. In ogni caso, se il pubblico invia segnali di noia o impazienza, l’oratore farebbe bene a terminare presto il discorso.
“Parla quando dorme?” chiese un uomo all’oratore. “No”, rispose questi. “Allora non lo faccia quando dormo io.”
La velocità del tamburellamento con il piede o con le dita è legata al grado di impazienza: quanto più l’atto è veloce, tanto più la persona è impaziente.
Gesti di valutazione
L’atteggiamento di valutazione è suggerito dalla mano chiusa appoggiata al mento o alla guancia, spesso con l’indice puntato verso l’alto. Quando la persona inizia a perdere interesse ma vuole pur sempre apparire partecipe per cortesia, si sostiene la testa col palmo della mano via via che la noia aumenta.
Valutazione interessata: la testa si sostiene da sé e la mano è appoggiata alla guancia
I manager di livello intermedio ricorrono spesso a questo gesto per fingere interesse quando il presidente della società tiene un discorso noioso. Purtroppo per loro, tuttavia, si tradiscono non appena la mano comincia a reggere la testa: in tal caso, infatti, il presidente si può accorgere che sono insinceri o che fingono di adularlo.
Pensieri negativi
Un atteggiamento di vero interesse è dato dalla mano che si appoggia lievemente alla guancia senza sorreggere il capo.
Quando l’indice è puntato verso l’alto, a contatto con la guancia, e il pollice sostiene il mento, l’ascoltatore nutre pensieri negativi o critici nei confronti dell’oratore o dell’argomento trattato. Talora, se tali pensieri permangono, si sfrega o si tira la palpebra con l’indice.
Ha sentito abbastanza o non è rimasto particolarmente colpito
Il Pensatore di Rodin. La
sua postura e la mano che
sorregge il capo indicano
un senso di sconforto
Il gesto viene spesso frainteso per un segnale di interesse, ma è il pollice, con la sua funzione di sostegno, a rivelare l’atteggiamento critico della persona. Se mantenuto nel tempo, qualsiasi insieme di gesti influenza l’atteggiamento del soggetto, pertanto quanto più a lungo questi lo conserva, tanto più a lungo perdurerà la sua visione critica. Quando si nota tale insieme gestuale, è necessario intervenire immediatamente, coinvolgendo l’individuo nel discorso o ponendo fine all’incontro. Una semplice mossa, come porgergli qualcosa, può indurlo a modificare la posizione e anche l’atteggiamento.
Il bugiardo
Abbiamo avuto occasione di fare un colloquio a una persona proveniente dall’estero, in cerca di lavoro. Durante l’incontro il candidato ha tenuto braccia e gambe incrociate, ha usato insiemi gestuali indicativi di un atteggiamento critico, ha mostrato ben poco i palmi e spesso ha distolto lo sguardo. L’uomo nutriva chiaramente qualche preoccupazione ma nelle prime fasi del colloquio non disponevamo di informazioni sufficienti per valutarne con esattezza l’atteggiamento. Gli abbiamo chiesto allora dei precedenti impieghi e del suo Paese d’origine, e lui ha risposto sfregandosi gli occhi, toccandosi il naso e guardando altrove. Alla fine, in base a quello che avevamo visto più che a quello che avevamo sentito, abbiamo deciso di non assumerlo. Dato che i suoi gesti d’inganno ci avevano incuriositi, abbiamo indagato presso gli ex datori di lavoro scoprendo che ci aveva dato informazioni false sul suo passato. Probabilmente presumeva che un potenziale nuovo capo non si preoccupasse di verificare le referenze all’estero e, se non avessimo prestato attenzione al suo linguaggio del corpo, avremmo commesso l’errore di dargli il posto.
Sfiorarsi il mento
La prossima volta che avete occasione di presentare un progetto a un gruppo di persone, osservatele con cura mentre parlate e noterete che molte avvicineranno la mano al volto per compiere un gesto di valutazione. Quando terminate, chiedete loro un parere o un suggerimento: a quel punto i gesti di valutazione scompariranno, sostituiti in genere dall’atto di sfiorarsi il mento, indicativo di un processo decisionale.
Prendere una decisione La versione femminile del gesto
Quando sollecitate un parere, gli interessati si sfiorano dapprima il mento, poi compiono alcuni gesti che vi suggeriscono se l’opinione che nutrono sia negativa o positiva. La miglior strategia è restare in silenzio e osservarne la gestualità, da cui capirete quale decisione abbiano preso. Se l’atto di sfiorarsi il mento è seguito dalla posizione a braccia e gambe conserte, è probabile che risponderanno negativamente alla proposta. Ciò vi consente di illustrarne i vantaggi da un’altra prospettiva prima che esprimano il loro “no” e vi rendano più difficile raggiungere un accordo.
Se, dopo essersi sfiorato il mento, il soggetto si protende tenendo le braccia aperte e afferra qualcosa, per esempio un foglio di presentazione o un campione, è probabile che vi risponderà affermativamente e che possiate proseguire il discorso come se aveste già stretto l’accordo.
Gesti di stallo
Chi porta gli occhiali talvolta ricorre al seguente insieme di gesti valutativi: si toglie gli occhiali e si mette in bocca una stanghetta invece di sfiorarsi il mento. Un fumatore darà una boccata alla sigaretta. Quando una persona si mette una penna o un dito in bocca per riflettere, significa che è indecisa e che ha bisogno di rassicurazione. Tenere un oggetto in bocca consente di prendere tempo e di non dover dare una risposta immediata.
A volte i gesti di noia, valutazione e decisione si verificano in combinazione: in questo caso ogni insieme denota un particolare aspetto dell’atteggiamento dell’individuo.
Nel disegno qui sotto il gesto valutativo interessa il mento, che può essere sfiorato dall’intera mano. Nell’esempio raffigurato la persona sta sia valutando la proposta sia traendo contemporaneamente conclusioni.
Insieme gestuale indicativo di un atteggiamento di valutazione/decisione
Quando l’ascoltatore inizia a perdere interesse, appoggia la testa alla mano. Nel disegno appare chiaro un gesto di valutazione in cui il capo è sostenuto dal pollice: l’ascoltatore comincia ad annoiarsi.
Insieme gestuale indicativo di un atteggiamento di valutazione, decisione e noia
Arnold Schwarzenegger sostiene la sua posizione mentre il conduttore riflette con attenzione
Sfregarsi la nuca e darsi una pacca sulla testa
Il gesto di sfregarsi la nuca è legato alla reazione dei muscoli erettori dei peli – responsabili della cosiddetta pelle d’oca – che sollevano i peli della nuca quando siete infuriati o vi sentite minacciati, proprio come accade ai felini o a un cane che si trovi di fronte a un altro cane dall’atteggiamento ostile. Se siete scoraggiati o impauriti, avvertite dunque una sorta di formicolio alla nuca e, per alleviare il fastidio, ve la sfregate con la mano.
Sfregarsi la nuca
Immaginate di chiedere un piccolo favore a qualcuno e che questi se ne scordi. Quando vorrete sapere qualcosa al proposito, con molta probabilità la persona in questione si darà una pacca sulla testa o sulla nuca, come per picchiarsi simbolicamente. Darsi una pacca sulla testa è indice di dimenticanza, ma è opportuno osservare se il soggetto si colpisca sulla fronte o sul collo: nel primo caso non è intimorito dal fatto che gli abbiate ricordato la dimenticanza. Nel secondo, invece, per le ragioni già ricordate, vi comunica che vi considera un vero fastidio.
Gerard Nierenberg del Negotiation Institute di New York ha scoperto che chi si sfrega abitualmente la nuca tende ad avere un atteggiamento negativo o critico, mentre chi si sfrega di solito la fronte per evitare di verbalizzare un errore tende a essere più aperto e sereno.
Autopunirsi con una pacca sulla testa
Per poter acquisire la capacità di valutare in modo corretto i gesti di avvicinamento della mano al volto nelle diverse circostanze sono necessari tempo e spirito di osservazione. Quando un soggetto usa i gesti descritti in questo capitolo, è ragionevole presumere che nutra un atteggiamento negativo. Il punto è, tuttavia, stabilire di che natura sia tale atteggiamento: di dubbio, inganno, incertezza, esagerazione, inquietudine o di spudorata menzogna? La vera abilità sta nell’interpretare l’esatta natura del pensiero negativo, analizzando i gesti che precedono quelli di avvicinamento delle mani al volto e il contesto in cui vengono compiuti.
Perché Bob perdeva sempre a scacchi
Un nostro collega, Bob, ama giocare a scacchi. Lo abbiamo pertanto invitato a partecipare a un torneo e, di nascosto, lo abbiamo filmato per esaminarne il linguaggio corporeo. Dal video è emerso che Bob si sfregava spesso l’orecchio o si toccava il naso, ma solo quando era incerto sulla mossa da compiere. Quando segnalavamo l’intenzione di muovere uno scacco toccandolo con un dito, dal suo linguaggio corporeo capivamo che cosa pensasse: se riteneva di poterci battere e aveva già in mente la contromossa, giungeva le mani a guglia con un’aria di sicurezza; se invece era perplesso o scontento, si copriva la bocca con la mano, si tirava l’orecchio o si grattava il collo. Compiva i gesti con tanta prevedibilità che, quando abbiamo spiegato il suo linguaggio agli altri membri del gruppo, quasi tutti avrebbero potuto batterlo avvalendosi dei segnali corporei che inviava. A Bob non abbiamo mai dato una copia del nostro libro!
Il doppio senso
Durante un filmato il nostro intervistato si è coperto all’improvviso la bocca e si è sfregato il naso dopo che gli era stata posta una determinata domanda. Prima di rispondere ha tenuto la mano sulla bocca per vari secondi, poi ha ripreso la posizione usuale di apertura: fino a quel punto del role-playing, l’intervistato aveva infatti mantenuto la giacca aperta e i palmi in vista, annuendo col capo e protendendosi in avanti quando rispondeva, perciò abbiamo pensato che tali gesti fossero isolati o estranei al contesto. Rivedendo il filmato, gli abbiamo tuttavia chiesto spiegazioni al riguardo ed egli ha affermato che, a quella particolare domanda, avrebbe potuto rispondere negativamente o affermativamente. Quando aveva considerato la prima ipotesi e la possibile reazione dell’intervistatore, si era coperto la bocca; quando invece aveva valutato la seconda, aveva scostato la mano dal volto e ripreso la posizione di apertura. L’incertezza in ordine alla reazione dell’intervistatore a una risposta negativa lo aveva, dunque, indotto a coprirsi improvvisamente la bocca.
L’episodio illustra in modo chiaro come sia facile fraintendere un gesto di avvicinamento della mano alla bocca e trarre conclusioni errate.