19
Il mattino seguente Worthington accompagnò Jupiter e Pete ad Hollywood, dal signor Hitchcock. Bob, il terzo socio e fondatore dell’agenzia, non c’era perché era dovuto andare alla Biblioteca come al solito.
Jupiter non era di buon umore e Pete non riusciva a capirne il motivo. Non faceva domande, però: aspettava che l’amico parlasse spontaneamente.
– Imperdonabile, da parte mia! – esclamò quello a un tratto.
– Che cosa, Jupe? – chiese subito Pete.
– Non aver capito che Stephen Terrill e Jonathan Rex erano la stessa persona…
– Non sei stato il solo a cadere nell’inganno! – lo consolò Pete. –Nessuno ha mai sospettato niente, in tutti questi anni.
– Ma nessuno aveva visto con i propri occhi il passaggio segreto, pieno di pappagallini per giunta! La rivelazione finale mi ha colto di sorpresa. Avevo già capito che Jonathan Rex era anche Zelda e il cinese e uno dei due arabi: sempre senza cicatrice sulla faccia! Eppure…
– Non dovresti rimproverarti così, Jupe! Avevi indovinato quasi tutto… non vedo perché non ti senti soddisfatto.
Jupiter scosse la testa con aria dubbiosa.
Per arrivare dal regista i due ragazzi non incontrarono difficoltà. Il portiere li lasciò passare, limitandosi ad alzare la mano al berretto.
Alcuni minuti dopo essi erano già nell’ufficio di Hitchcock, seduti di fronte a lui dall’altra parte della scrivania larga come un campo da tennis.
– Ebbene, giovanotti, che notizie mi portate?
– Abbiamo trovato la casa con fantasma, signore – rispose subito l’investigatore capo.
– Ah sì? – Il famoso regista inarcò immediatamente le sopracciglia, assumendo l’espressione che gli era caratteristica, un po’ incredula e un po’ interrogativa. – E che tipo di fantasma è?
– Qui sta il guaio, signore – esclamò Jupiter. – La casa andrebbe benissimo. Un castello in stile medievale, perfetto! Ma l’ostacolo sta nel fatto che il fantasma non è morto: è vivo!
– Uhmmm… – bofonchiò l’altro. – Potrebbe essere interessante.
Poi, accomodandosi meglio nell’enorme poltrona, aggiunse:
– Dimmi tutto…
Quando Jupiter ebbe finito il suo resoconto, Hitchcock commentò: – Benissimo! Soprattutto per la notizia che Stephen Terrill è ancora vivo. Era un grande attore, ai suoi tempi. Lo ricordo perfettamente. Ma vorrei saperne qualcosetta di più a proposito dei suoi sistemi per comunicare alla gente una sensazione di angoscia…
– Non ha voluto dirmelo, signore – esclamò Jupiter con rammarico. – Però io avrei una mia teoria a questo proposito…
– Sentiamo.
– Nei giorni scorsi si è dato il caso che mio zio acquistasse un organo a canne, sul tipo di quello che c’è nel Castello del Terrore, ma più piccolo e non antico… naturalmente. Siccome io ero a letto per una slogatura alla caviglia, non potevo aiutarlo nell’operazione di rimontare l’organo. Però mi son fatto portare dei libri sull’argomento e ho potuto dargli qualche utile consiglio. Ho trovato così, in uno di questi manuali, che l’orecchio umano non può percepire le vibrazioni troppo profonde e che l’organo può darne di questo tipo: sub–soniche, per l’esattezza. Sembra provato che esse abbiano una determinata influenza sul sistema nervoso degli individui.
“Secondo me… non è affatto vero che l’organo del Castello del Terrore non funziona e non ha mai funzionato. Penso invece che abbia molte canne in grado di emettere questi sub–suoni, che l’orecchio umano non percepisce… ma il sistema nervoso, sì! A una certa distanza dalla sorgente sonora l’individuo è colpito da un senso di disagio fisico, un nervosismo inspiegabile. Via via che egli si avvicina all’organo, o che aumentano di intensità le vibrazioni, il nervosismo si trasforma in angoscia, poi in terrore, determinando un bisogno di sottrarsi a queste vibrazioni, cioè di fuggire.”
– Uhmmm… – mugolò Hitchcock, che tuttavia sembrava molto interessato.
– È difficile sfuggire alla tentazione di scappare – continuò tranquillamente Jupiter. – Bisogna infatti rendersi conto che all’interno del Castello del Terrore l’individuo è anche sotto l’influenza della suggestione dell’ambiente, e delle leggende che circolano sulla maledizione di Stephen Terrill. Il mio amico e collaboratore Pete Crenshaw, qui presente, ha verificato che appena fuori dei confini del castello la sensazione di terrore svanisce completamente.
Pete fulminò l’amico con un’occhiataccia e stava per dirgli il fatto suo a proposito di fughe e di verifiche. Ma proprio in quel momento Hitchcock affermò:
– Bene, ragazzi. Avete fatto un buon lavoro: ma non direi che abbiate reso un servigio altrettanto buono a Stephen Terrill… Jupiter ebbe un momento di imbarazzo perché il rimprovero lo toccava sul vivo.
– Stephen Terrill ha un’idea, signore, che probabilmente gli permetterà di riavere il suo castello e di riconquistare il favore del pubblico.
– E cioè? – chiese il regista alzando ancor più le sopracciglia.
– Egli potrà ritornare nel castello, versando una somma non superiore a quella che ha risparmiato allevando i suoi parrocchetti, e forse la banca stessa potrà aiutarlo a finanziare il suo programma.
– E cioè?
– Stephen Terrill dovrà «resuscitare» pubblicamente – continuò Jupiter senza lasciarsi smontare dall’atteggiamento del regista. – Ciò farà grande scalpore su tutti i giornali…
– Eh… lo credo bene! – fu il commento di Hitchcock. – E dopo?
– Dopo, egli riaprirà il suo castello al pubblico, pagante naturalmente… Non c’è bisogno di rimettere a nuovo il castello: basterà qualche piccolo restauro. Nel complesso deve conservare l’aspetto sinistro della sua leggenda. Il pubblico potrà visitarlo in lungo e in largo, sperimentando tutte le trovate magiche che l’attore vi aveva già installato e che servono solo a dare un innocuo brivido agli appassionati di cose del genere. Nella sala di proiezione verrà dato uno spettacolo con proiezione dei film dello stesso Terrill. Nessuno li ha rivisti, in tutti questi anni, perché egli possiede tutte le copie che erano in circolazione ai suoi tempi. L’attore inoltre potrebbe dare una dimostrazione della sua eccezionale abilità nel travestirsi rapidamente, mutare espressione del volto e mutare anche la propria voce. Queste scene dal vivo chiuderebbero lo spettacolo. E non è detto che i film del brivido non tornino di moda, grazie a questo…
– Uhmmm – bofonchiò il regista. – Mi viene il sospetto che questo programma sia farina del tuo sacco, giovanotto… Be’, furbacchione: credevo che non ti avrei più rivisto. Invece eccoti qua, con una casa senza fantasma ma con una bella storia. Se ti può consolare ti confesserò che ho rinunciato all’idea di girare un film in un ambiente abitato da fantasmi autentici. L’idea pubblicitaria era ottima, ma i fantasmi autentici non si trovano facilmente, a quanto pare! Appena avrai pronto il libro, torna da me che ti farò due righette di presentazione.
– Grazie, signor Hitchcock – si precipitò a dire Jupiter. – Per la nostra agenzia due «paginette» di presentazione, scritte da lei, saranno una cosa meravigliosa!
– Bene – mormorò Hitchcock con la sua solita aria indifferente.
– Che programmi avete per il futuro?
Pete fu di nuovo sul punto di prender la parola: secondo lui c’era solo da riposarsi dopo le troppe emozioni della notte scorsa e dei giorni precedenti. Ma Jupiter, come al solito, fu più svelto di lui.
– Siamo investigatori, signor Hitchcock. Cercheremo un altro mistero da risolvere.
Il famoso regista gli gettò una occhiatina ironica, ad occhi socchiusi.
– Spero che non ti salterà in mente di preparare un altro libro, dopo, e di venirmi a chiedere altre due paginette di presentazione… ammesso che voi due troviate un altro caso interessante.
– No, signore – dichiarò Jupiter con una certa dignità. – Non torneremo a disturbarla. A meno che lei non ci tenga a scrivere le presentazioni per noi…
– Basta così, giovanotto. Vacci piano. Non ho detto nulla di simile, io! – tuonò subito il regista.
– Va bene, signor Hitchcock – si affrettò a mormorare Jupiter, tutto umile. Il regista gli scoccò un’occhiataccia.
– Avrei un caso da proponi – disse dopo una breve pausa. –C’è un mio amico, un attore di teatro questa volta, che ha perduto il suo pappagallo. La polizia non ha fatto gran che per aiutarlo… Perché non ci provate voi che siete tanto bravi a capire immediatamente a chi appartengono i pappagalli? Se la cosa non vi sembra troppo modesta…
– Il motto della nostra agenzia è «indagini di qualsiasi tipo» –esclamò Pete tutto d’un fiato. L’idea di andare a caccia di pappagalli gli sembrava una prospettiva più affascinante della caccia ai fantasmi o ai contrabbandieri.
– Saremo molto lieti di poter esser utili al suo amico, signor Hitchcock – disse invece Jupiter con estrema cortesia.
– Quand’è così… vi prometto anche la presentazione per il secondo libro – borbottò il regista accentuando l’espressione ironica che gli era apparsa sul volto da qualche minuto.
Jupiter l’aveva notata ed ebbe anche l’impressione… che avrebbe capito meglio in seguito!
– Grazie – esclamò riferendosi alla promessa di una seconda presentazione.
– Intendiamoci bene, però – riprese subito il regista. – Per il secondo libro bisognerà che il vostro nuovo caso si riveli interessante almeno quanto il primo… Non basta ritrovare un pappagallo balbuziente per scriverci su un libro!
– Come? Un pappagallo balbuziente? – chiese Jupiter strabuzzando gli occhi. – Ha detto proprio così, signor Hitchcock?
– Perché? Cosa altro hai capito, tu? – chiese l’altro di rimando e con un tono secco secco.
– No… signore… avevo capito benissimo. Solo che non avevo mai sentito parlare di pappagalli balbuzienti.
– E allora?
– Niente, niente. Benissimo, signore. Muoviti, Pete, che abbiamo un altro caso!
– Un momento! – gridò il regista quando i due erano già quasi sulla porta. Jupiter e Pete si fermarono di colpo.
– Ragazzi! – li apostrofò l’altro da dietro la sua enorme scrivania. – Non credete che prima di andare dal mio amico sarebbe meglio conoscerne il nome e l’indirizzo?
– Oh… sì, signor Hitchcock. Grazie, signor Hitchcock… Jupiter si riprese immediatamente da quel momento di confusione. Intascò il biglietto che gli aveva dato il regista e avviandosi alla porta promise:
– Le faremo sapere come vanno le cose, signore! Salutarono e uscirono. Il regista li seguì con espressione impassibile finché ebbero richiusa la porta.
Poi Alfred Hitchcock riabbassò le sopracciglia e sorrise.