11
Un malaugurato incidente.
Jupiter era a letto ormai da due giorni. Dopo lo scivolone in ne.
cortile avevano dovuto trasportarlo all’ospedale dove però era rimasto giusto il tempo necessario agli esami radiografici. La caviglia non era rotta, ma solo slogata: abbisognava di impacchi e di riposo per qualche giorno. Il dottor Alvarez era ottimista: Jupiter avrebbe ricominciato a camminare molto presto, anzi, doveva esercitarsi a farlo quanto prima possibile. Intanto però il ragazzo era a letto, con un chilometro di fascia intorno al collo del piede e con tante cose che ci sarebbero state da fare, invece! Probabilmente il regista Hitchcock aveva fretta di ricevere un rapporto dai tre investigatori, e avrebbe deciso senza aspettarli, se non si facevano vivi subito. Sembrava che la loro agenzia fosse destinata a scomparire ancor prima dì aver fatto il suo debutto ufficiale!
– Ti fa molto male? – chiese Pete vedendo che l’amico stringeva i denti al minimo movimento.
– Non più di quello che mi merito per la mia sbadataggine –rispose Jupiter. – Un’altra volta starò attento a dove metto i piedi! Andiamo avanti con la discussione dei soggetti all’ordine del giorno, senza perdere altro tempo. Consideriamo la faccenda della telefonata misteriosa. Che sia opera di Skinny Norris?
– Poco probabile – disse Bob. – Ha saputo dell’agenzia e del nostro interesse per il Castello del Terrore, ma non sa che abbiamo il telefono.
– È impossibile che sia stato lui! – intervenne Pete. – Come vuoi che possa trasformare la voce, quello là… Quando parla sembra un cavallo che nitrisce! Chi parlava al telefono, l’altra notte, aveva una voce roca e molto profonda.
– Avete ragione anche voi – ammise Jupiter. – Ma non saprei proprio chi altro sospettare. Nessuno sapeva della nostra visita al castello. E mi rifiuto di credere che all’apparecchio ci fosse un fantasma: non si degnano di usare il telefono!
– E va bene! – concesse Bob che voleva passare subito ad altro argomento. – Punto secondo: chi ha provocato la frana? Cioè, chi era sulla collina, l’altro giorno? Anche qui è escluso che fosse Skinny Norris.
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– Chiunque sia stato è meglio che non mi capiti a tiro – sbottò Pete. – Se lo trovo gliela faccio pagar salata!
– E allora facciamo finta che non esista – propose Jupiter con tono conciliante.
– Eppoi non è detto che avesse cattive intenzioni, Pete.
– Per essere uno che non ce l’aveva con noi ha provocato proprio un bel guaio! Aveva una mira maledettamente precisa, questo misterioso signor X!
– Ritorneremo su questo enigma quando avremo più elementi di prova, va bene? – propose Jupiter, che evidentemente voleva mantenere Pete calmo e sereno.
– E l’intervista che abbiamo avuto con Jonathan Rex? – chiese passando ad altro argomento. – Non ci ha detto molto più di quello che già sapevamo, però il suo comportamento mi dà da pensare. Ci teneva a farci credere che era stato per molto tempo fuori di casa, a lavorare sulla collina. Si asciugava il sudore, diceva di esser stanchissimo e di aver bisogno di cambiarsi, ma sudato non era e neanche sporco: mani e coltello pulitissimi! Probabilmente l’unica fatica che aveva fatto riguardava la spremuta di limone, pronta per gli ospiti e con il ghiaccio quasi intatto! Certamente Jonathan Rex stava aspettando qualcuno, e chi altri, se non noi? Ma come ha fatto a sapere che andavamo da lui? Lo sapevamo soltanto io e te, Pete… e Worthington, naturalmente.
– Acciderba! – esclamò Pete e si diede un’energica grattatina tra i capelli. – Più avanti si va e più misteri si trovano!
In quel momento entrò zia Mathilda. Sarebbe più esatto dire che essa invase con la propria mole la camera da letto del nipote.
– Senti un po’, Jupiter, ho una cosetta da raccontarti. È accaduta ieri mattina, poco prima che tu tornassi dall’ospedale. A me è sembrata stranissima…
– Eh? Una cosa stranissima? – i tre ragazzi drizzarono subito le orecchie.
– Proprio stranissima! – confermò zia Mathilda. – Me ne sono dimenticata, per via del trambusto che mi hai combinato tu tornando a casa con la gamba a quel modo. Adesso che ci penso, però, forse farei meglio a non dirti nulla.
– Eh no, zia, ti prego – esclamò Jupiter tirandosi a sedere sul letto. – Ormai mi hai messo in curiosità!
Anche Pete e Bob avevano il fiato sospeso.
– Ebbene… – la signora Jones decise che era meglio raccontare tutto. – È venuta una vecchietta, una zingara. Cercava di te, proprio di te. E ha voluto lasciare un messaggio pregandomi con molta insistenza di non dimenticarlo.
I tre ragazzi si scambiarono una rapida occhiata.
– Non sono riuscita a capire molto bene, per la verità. Parlava con un accento strambo, era vecchia e forse anche mezza rincitrullita. Diceva che aveva fatto la carte, per leggere il destino. Sai come fanno, vero?
– Sì, sì. Continua.
– Insomma ha detto di averle fatte tre volte in fila e sempre con lo stesso risultato: un grave pericolo ti minaccia e bisogna che tu stia lontano da C.T. Io mi son messa a ridere, naturalmente, assicurandole che non conosciamo nessun signor C.T., e lei a insistere che le carte non le avevano detto se era un uomo o una donna o una città, ma che certamente C.T. ti minacciava e perciò lei voleva metterti in guardia. Anche la tua caviglia slogata era opera di questo misterioso C.T. che ti perseguita.
I tre ragazzi ascoltavano, impietriti dallo stupore. Zia Mathilda non se ne accorse neppure.
– Forse quella poveretta non aveva tutti i torti, Jupiter caro. Sei veramente vittima di un C.T.! Perché ti tocca stare a letto, dimmi? Per colpa di un C.T., cioè un Cascatone Terribile… Con questa inaspettata conclusione la signora Jones piantò in asso tutti e se ne andò.
– C e T. Castello del Terrore – mormorò Bob con voce spenta.
Jupiter si sforzava di apparire indifferente ma era pallido in volto, come gli altri due.
– Chi può avermi mandato un simile avvertimento, una minaccia vera e propria, tramite una zingara?
– Quell’uomo… – cominciò a dire Pete. – Anzi, rettifico, quel «qualcuno» che ci ha telefonato diceva la stessa cosa, in sostanza. Se i fantasmi usano il telefono possono anche servirsi di una zingara, per inviare un secondo avvertimento!
– No, Pete! – esclamò Jupiter con tono di rimprovero. – Escludiamo i fantasmi da questi avvertimenti o minacce che siano. La voce al telefono era contraffatta e la zingara era una persona in carne e ossa.
– Che l’abbia mandata Skinny Norris? – insinuò Bob ma Jupiter lo escluse senz’altro.
– Quello non ha abbastanza fantasia. Tutt’al più arriva a combinare la bella trovata del topo morto. Chiunque sia stato, lo scopriremo senza dubbio in seguito. Per ora è chiaro che qualcuno non vuole che proseguiamo le indagini. Qui si tratta di decidere se piantarla o continuare come se niente fosse, infischiandocene delle minacce.
– Mettiamo ai voti! – concluse Jupiter. – Dobbiamo continuare le indagini?
– Sì! – gridò Bob.
–Sì – fece eco Pete che poi aggiunse: – Così abbiamo raggiunto la maggioranza!
– Se rinunciassimo sai le risate che si farebbe Skinny Norris!
– commentò Jupiter. – Già adesso è convinto che faremo fiasco e forse lo sta raccontando a mezza città. Se non vogliamo che tutta Rocky Beach rida di noi, dobbiamo darci da fare immediatamente. Non c’è tempo da perdere!
– Ma finché tu stai a letto… – si provò a dire Pete, ma Jupiter continuò senza badare all’interruzione. Evidentemente stava seguendo un ragionamento tutto suo.
– Questi avvertimenti… ebbene, io li trovo stimolanti!
– Come sarebbe a dire? – chiese Bob che non aveva afferrato il concetto.
– Ragioniamo, ragazzi! – esclamò l’investigatore capo. – Molti altri hanno indagato nel mistero del castello, anche da un punto di vista scientifico. Eppure, che io sappia, nessuno ha ricevuto avvertimenti di nessun genere. Solo noi! E questo cosa vuol dire? Che, probabilmente, diamo più fastidio degli altri. E perché? Forse perché siamo sulla buona strada, siamo più vicini alla verità di tutti gli altri!
– Ammettiamo che sia come dici – fece Pete con aria molto dubbiosa. – Finché tu sei immobilizzato a letto…
– C’è un rimedio a tutto! – dichiarò prontamente Jupiter. –L’altra notte non riuscivo a dormire, per il dolore alla caviglia. E così mi son messo a meditare intensamente sul nostro caso. Ho capito che dobbiamo cambiare linea d’azione.
– Ma cosa possiamo fare noi due? – riuscì finalmente a chiedere Pete: la risposta che ottenne lo lasciò senza parola!
– Voi continuate le indagini al castello, mi portate delle relazioni ben documentate, e io troverò il bandolo della matassa, anche se sono costretto a starmene a letto.
– Cosa? – gridò subito Bob. – Entrare nel Castello del Terrore? Io? Ma neanche se il castello viene qua, nel tuo cortile e in pieno giorno. Io non mi muovo!
– Non mi aspetto grandi cose – continuò imperterrito Jupiter, senza tener conto delle proteste di Bob. – Mi basta che mi sappiate dire bene quando comincia e come si manifesta e quanto dura la sensazione di nervosismo che poi si trasforma in angoscia e infine diventa terrore incontrollabile.
– Come si manifesta? – Pete aveva ritrovato il fiato e protestò vivacemente. – Ma viene così, dalla testa ai piedi! Tremavo tutto, io, quella notte. Cosa credi, che avessi la pelle d’oca sul braccio destro e su quello sinistro no? Oh, perbacco! Jupiter giudicò che era meglio ripetere tutto da principio.
– Mi basterebbe sapere se il nervosismo di cui parlano tutti quelli che sono entrati nel castello comincia dopo un quarto d’ora o mezz’ora. Ho una mia teoria da verificare. Vorrei anche sapere se il terrore dura anche dopo che si è usciti all’aperto.
– Tu hai la teoria e io ho l’esperienza – interruppe Pete. –Posso dirti subito che il terrore dura anche dopo che si è usciti. Per me ha funzionato anche a distanza, quindici chilometri per l’esattezza, finché non ho messo la testa sotto le lenzuola, a casa mia, nel mio letto.
– Va bene, Pete, lo so anch’io! Ma stavolta non dovrai cedere alla tentazione di scappare. Controlla le tue sensazioni e appena avverti il senso di terrore cerca di uscire dal castello con passo tranquillo. Con una certa dignità, insomma!
– Passo tranquillo, dignità… – ripeté Pete in tono sarcastico. Non c’è altro?
– Forse non succederà nulla, Pete! – Jupiter cercava di ammansire l’amico furibondo. – Andrete là domani in pieno giorno. È solo una prova da tentare. Voi due esplorate il castello in tutte le sue parti, scattate un buon numero di fotografie, e ve ne tornate tranquillamente a casa. Se non interviene il nervosismo potete star là dentro fino a buio, così sapremo meglio quel che succede.
– Sentilo lui! – esclamò Pete sempre più sarcastico. – Tutto semplice per te! Che ne dici, Bob?
– Io non c’entro! – rispose subito l’altro. – Devo restare in biblioteca tutto il giorno, sia domani che dopodomani. C’è l’inventario ed è malato un mio collega.
– E nemmeno io ci sarò, adesso che ci penso – aggiunse Pete. –Guarda, Jupiter, non è per cattiveria… non ce la facciamo proprio!
Jupiter Jones cominciò a pizzicarsi il labbro inferiore: gli ingranaggi del suo cervello erano in moto.
– E va bene! – esclamò alla fine l’investigatore capo. – Siamo costretti a cambiare programma, visto che non sarete liberi né l’uno né l’altro.
– Meno male che l’hai capita! – esclamò Pete tirando un sospiro di sollievo. Jupiter Io guardò dritto negli occhi.
– Benissimo! – annunciò tranquillamente. – Il sole è ancora alto. Ci sarà luce sufficiente per qualche ora. Così, visto che siete liberi oggi, andrete al castello. Subito!