Lucilla Drake garriva. Questo era il termine appropriato con cui la famiglia definiva i suoni emessi dalle labbra di Lucilla.
Quella mattina doveva occuparsi di un'infinità di cose... tante che non riusciva a soffermare la propria attenzione su una alla volta. Nell'imminenza del ritorno in città c'erano numerosi problemi domestici da risolvere. Servitù, provviste per l'inverno, una quantità di cose... il tutto complicato dalle preoccupazioni che l'aspetto di Iris destava in Lucilla.
«Senti, cara, sono molto in pensiero per te. Sei pallida e hai l'aria stanca come se non avessi dormito. Soffri d'insonnia? In tal caso c'è quell'ottimo preparato del dottor Wylie... o era del dottor Gaskell?... Oh, a proposito, bisognerà che vada personalmente a parlare col droghiere che mi ha messo in conto varie cose che non ho ricevuto. Ma forse ti farebbe meglio un ricostituente. Quando ero ragazza mi davano l'olio di fegato di merluzzo. E poi bisogna mangiare molti spinaci.»
Iris era troppo languida e troppo abituata allo stile della signora Drake per domandarle in che modo il nome del dottor Gaskell le avesse fatto venire in mente il droghiere. Se poi gliel'avesse chiesto, si sarebbe forse sentita rispondere: "Perché il droghiere si chiama Cranford, cara".1 I ragionamenti della zia Lucilla erano sempre cristallini... per zia Lucilla.
Iris si limitò a dire più energicamente che poté:
«Sto benissimo, zia.»
«Hai gli occhi cerchiati» insisté la signora Drake. «Hai lavorato troppo.»
«Non faccio niente da varie settimane.»
«Lo dici tu. Il tennis, per esempio, stanca. E poi sono persuasa che l'aria da queste parti è snervante. Siamo in una specie di conca. Se George avesse consultato me invece di quella ragazza...»
«Quale ragazza?»
«La signorina Lessing della quale ha una così grande opinione. In ufficio sta bene... ma è un errore incoraggiarla a considerarsi una persona di famiglia. Non che lei abbia bisogno di molti incoraggiamenti.»
«Ma zia Lucilla, Ruth è praticamente una persona di famiglia.»
La signora Drake sbuffò.
«Ha intenzione di divenirlo... è palese. Povero George, con le donne è come un bambino. Ma bisogna stare in guardia, Iris. Bisogna aiutare George a difendersi contro la propria debolezza. Se fossi in te gli farei capire chiaramente che, anche se la signorina Lessing è una brava ragazza, non è il caso che si metta in mente di sposarla.»
Iris uscì per un attimo dalla propria apatia.
«Non avevo mai pensato all'eventualità che George sposasse Ruth.»
«Tu non vedi quel che ti succede sotto il naso, figliola. Ma già, non hai la mia esperienza.» Iris sorrise suo malgrado. Lucilla, a volte, era davvero comica. «Quella ragazza vuol farsi sposare, te lo dico io.»
«E non sarebbe una bella cosa?» domandò Iris. La zia la guardò a bocca aperta. «Sarebbe un bene per George. Ora che ci penso, credo che tu abbia ragione... credo che Ruth voglia bene a George. E potrebbe divenire un'ottima moglie e si occuperebbe di lui.»
Un'espressione quasi indignata apparve, sul viso mite della signora Drake.
«C'è già chi si occupa di George. Che cosa può desiderare di più? Pasti eccellenti, biancheria e vestiti sempre a posto, la compagnia di una ragazza giovane e graziosa come te... E quando tu ti sposerai, spero di essere in grado di provvedere alle sue comodità e di occuparmi della sua salute meglio di una ragazza che è sempre stata in ufficio. Cosa vuoi che sappia del governo di una casa?»
Iris sorrise, scosse il capo, ma si astenne dal discutere ancora. Pensava ai serici capelli bruni di Ruth, al suo incarnato luminoso, alla figura armoniosa messa in risalto dai tailleur che lei amava portare; e la povera zia Lucilla, con la mente tutta presa dalle comodità e dal governo della casa, tanto lontana ormai dall'amore, aveva probabilmente dimenticato che cosa fosse - seppure, si disse Iris ricordando lo zio Drake, lo aveva mai saputo.
Lucilla Drake era la sorellastra di Hector Marie, nata da un precedente matrimonio. Aveva fatto da mamma al fratello minore per molti anni e aveva governato la casa per il padre dopo la morte della seconda moglie. Era una zitella quarantenne quando aveva conosciuto il reverendo Caleb Drake, più che cinquantenne. Dopo due anni di matrimonio era rimasta vedova con un bimbo. Quella maternità tardiva e inattesa era stata la suprema esperienza della vita di Lucilla. Quel figlio le aveva procurato ansie e dispiaceri, l'aveva ridotta quasi in miseria, ma lei non era delusa. Si rifiutava di ammettere che Victor avesse il più piccolo difetto all'infuori di una certa debolezza di carattere. Victor era troppo fiducioso, si lasciava traviare facilmente dai cattivi compagni perché si fidava di loro. Victor era sfortunato, era strumento di gente cattiva che approfittava della sua ingenuità. Tutti riuscivano a imbrogliare il povero Victor. L'insulso, amabile viso di Lucilla si contraeva in un'espressione ostinata quando qualcuno criticava Victor. Lei conosceva bene suo figlio. Era un ragazzo d'oro e i suoi cosiddetti amici approfittavano della sua bontà. Nessuno più di lei sapeva quanto pativa Victor quando doveva chiederle del danaro. Ma quando si trovava in certe condizioni tragiche, poverino, che doveva fare? Aveva forse qualcun altro a cui rivolgersi?
In ogni modo, lei ammetteva che l'invito di George a stabilirsi in casa sua era stato una vera fortuna. Da quasi un anno conduceva una vita quieta e beata e naturalmente non le garbava l'idea di essere estromessa da una giovane che, secondo il suo concetto, non poteva sposare George altro che per interesse.
Lucilla annuì più volte, come per riaffermare le proprie convinzioni, poi alzò le sopracciglia con un'aria di suprema saggezza e abbandonò l'argomento per abbordarne un altro altrettanto interessante per lei e forse più urgente.
«Vedi, cara, non so che cosa decidere per le coperte. Non riesco a capire se si deve chiudere la villa fino alla primavera prossima o se George ha intenzione di venirci per qualche fine-settimana. Non me lo vuol dire.»
«Forse non lo sa nemmeno lui. In ogni modo, se vogliamo venirci qualche volta, la casa c'è.»
«Sì, cara, ma se non veniamo qui fino all'anno prossimo bisogna riporre le coperte con la naftalina. Se invece dovessimo venirci qualche volta, sarebbe meglio non metterle in naftalina per via dell'odore.»
«E tu non ci mettere la naftalina.»
«Dici bene! Col caldo che abbiamo avuto quest'anno ci sono milioni di tarme e anche di vespe in giro. Hawkins mi diceva che durante l'estate ha distrutto trenta nidi di vespe.»
Iris pensò a Hawkins che s'incamminava all'imbrunire per distruggere i nidi di vespe col cianuro... Cianuro... Rosemary. Perché mai tutto concorreva a rinfrescarle il ricordo?
Lo stillicidio delle chiacchiere di Lucilla continuava. Lei era passata a altro argomento.
«... non capisco perché al giorno d'oggi la gente sia così nervosa. A proposito, sono preoccupata per George. Ha una faccia che non mi piace. Non vorrei che si buscasse un'influenza. Ma forse è preoccupato per gli affari. Sembra che qualche cosa lo tormenti.»
Iris rabbrividì e la signora Drake esclamò trionfante:
«Ecco, l'avevo detto io: tu hai il raffreddore!»