DARL
Arriva veloce su per la viottola, ma noi siamo trecento metri oltre l'imboccatura quando lui svolta sulla strada, col fango che schizza sotto la spinta guizzante degli zoccoli. Poi rallenta un po', leggero e diritto sulla sella, col cavallo che procede a passettini nel fango.
Tull è davanti al suo fienile. Ci guarda, alza una mano. Noi andiamo avanti, col carro che scricchiola, il fango che bisbiglia sulle ruote. Vernon è ancora là, fermo. Guarda Jewel passare, col cavallo che si muove a un'andatura leggera e vivace, levando alte le zampe, trecento metri indietro. Noi andiamo avanti, con un moto così soporifico, così sognante, che neppure fa pensare a un progredire, come se fosse il tempo e non lo spazio a diminuire fra noi e laggiù.
Svolta a angolo retto, i solchi delle ruote di domenica scorsa ormai rimarginati: una rossa escoriazione levigata che, curvando, sparisce fra i pini; un cartello bianco con delle lettere scolorite: Chiesa della Nuova Speranza, 3 migl. Si avvicina, ruotando, come una mano immobile levata sulla profonda desolazione dell'oceano; al di là, rossa, la strada si distende come il raggio di una ruota della quale Addie Bundren è il cerchione. Passa ruotando, vuota, cicatrizzata, il cartello bianco che distoglie la sua tranquilla, sbiadita affermazione. Cash guarda in silenzio giù per la strada, la testa che gira come quella di un gufo mentre ci passiamo davanti, il viso composto. Pa' guarda fisso davanti a sé, ingobbito. Anche Dewey Dell guarda la strada, poi si volta a guardarmi per un istante di fuoco nascosto, gli occhi circospetti che ripudiano, non come quella domanda in quelli di Cash. Il cartello passa; la strada cicatrizzata si allontana, ruotando. Allora Dewey Dell si volta in là. Il carro prosegue, cigolando.
Cash sputa al di sopra della ruota. «Ormai fra un paio di giorni puzzerà» dice.
«Perché non lo dici a Jewel» dico io.
Adesso lui è fermo all'incrocio, seduto diritto sul cavallo, a guardarci, non meno immobile del cartello che davanti a lui leva la sua sbiadita capitolazione.
«Non è in equilibrio per un viaggio lungo» dice Cash.
«Digli anche questo» dico io. Il carro prosegue, cigolando.
Dopo un miglio ci sorpassa, col cavallo che, il collo arcuato, è costretto all'ambio. Sta in sella leggero, bilanciato, diritto, il viso legnoso, il cappello rotto messo, spavaldo, sulle ventitré. Ci sorpassa rapido senza guardarci, il cavallo che spinge, gli zoccoli che sibilano nel fango. Uno schizzo di fango, scalciato all'indietro, cade sulla cassa. Cash si china, tira fuori un arnese dalla sua cassetta, e con cura lo rimuove. Quando la strada attraversa Whiteleaf, con i salici che pendono a portata di mano, spezza un rametto e con le foglie bagnate strofina sulla macchia.