Capitolo 1
Gli avvenimenti di trent’anni

1. Dicembre-gennaio 1835-1836

Nella lunga e intricata serie di circostanze per cui vale la pena ricordare alcune delle esperienze di Cytherea2 Graye, Edward Springrove e altri, il primo avvenimento che tocca direttamente la nostra storia è una visita di Natale.

Nel summenzionato anno milleottocentotrentacinque, Ambrose Graye, un giovane architetto che aveva appena iniziato la pratica professionale a Hocbridge, una cittadina dell’interno, si recò a Londra per trascorrere le vacanze di Natale insieme a un amico che viveva a Bloomsbury. Avevano iniziato Cambridge nello stesso anno e, dopo essersi laureati insieme, Huntway, l’amico, aveva preso gli ordini.

Graye era attraente, schietto e gentile. Aveva una volubilità di pensiero che, esercitata sulla semplicità, diventava umorismo; sulla natura, diventava bizzarria; sull’astrattezza, poesia. Essendo egli, di regola, una persona con una grande varietà di interessi, aveva tutte e tre queste qualità.

Della cattiveria del mondo era fin troppo immemore. Per la maggior parte delle persone scoprire il male in un nuovo amico è solo un’esperienza in più; per lui era sempre una sorpresa.

Durante la permanenza a Londra fece la conoscenza di un ufficiale della Marina in pensione di nome Bradleigh che, insieme alla moglie e alla figlia, viveva in una stradina non lontana da Russell Square. Anche se godevano solo di un modesto benessere, la moglie del capitano proveniva da un’antica famiglia il cui albero genealogico era intrecciato con alcuni tra i più illustri e conosciuti del regno.

La giovane donna, la figlia, sembrò a Graye la creatura di gran lunga più bella e regale che avesse mai visto. Aveva all’incirca diciannove o vent’anni e si chiamava Cytherea. In realtà non era molto diversa dalle ragazze di campagna che avevano quel tipo di bellezza, se non per un particolare. Lei aveva dei modi e un portamento perfetti, loro no. Una caratteristica semplicemente distintiva, saltando all’occhio, viene spesso interpretata come la particolarità dominante ed ella gli apparve come l’assoluta perfezione, superiore sotto tutti i punti di vista alle sue rivali rurali. Graye fece una cosa in cui il rischio era l’unica macchia nella sua assoluta beatitudine: l’amò a prima vista.

Nel corso della prima settimana dopo il suo arrivo a Londra le sue conoscenze lo avevano messo in contatto già due o tre volte con Cytherea e con i suoi genitori; durante la settimana seguente il caso e l’astuzia dell’innamorato li fecero incontrare di nuovo con altrettanta frequenza. Ai genitori il giovane Graye piaceva e dato che avevano pochi amici (perché le persone simili per sangue avevano una posizione sociale superiore), venne ricevuto con grande generosità. La passione per Cytherea diventò indicibilmente forte; la ragazza, pur non incoraggiandolo in modo diretto, acconsentiva tacitamente ai suoi espedienti per starle vicino. Il padre e la madre sembravano aver perduto ogni fiducia nella nobiltà per diritto di nascita senza la presenza del denaro che la realizzava e guardarono alle future conseguenze delle occhiate reciproche tra i due giovani con tranquillità, se non addirittura favore.

Il sogno delizioso di Graye ebbe fine con un episodio triste e inspiegabile. Dopo tre settimane di dolci sensazioni, era arrivato all’ultimo stadio – una specie di Gaza morale3 – prima di piombare in un deserto emotivo. Correva la seconda settimana di gennaio ed era necessario che il giovane architetto lasciasse la città.

Mentre aveva frequentato la signora del suo cuore aveva notato nell’amore della ragazza questa distinta particolarità: era felice della sua presenza, come dovrebbe esserlo un’innamorata, e tuttavia fin dal principio aveva evitato di riconoscere la vera natura del legame che li univa, rendendosi cieca al suo significato e alla sua più che naturale tendenza, e sembrava temere che lui li rendesse espliciti. Pareva che il presente le bastasse, senza bisogno di costruire la speranza: di solito anche se l’amore è in se stesso un fine, deve essere considerato come un principio da godere.

Malgrado fossero stati addotti pretesti a mo’ di ostacolo e, anzi, proprio da questi pungolato, non volle più posticipare la faccenda. Era sera. La condusse in una piccola serra sul pianerottolo e lì, tra i sempreverdi, alla luce di alcune piccole lampade che facevano risaltare la freschezza e la bellezza delle foglie, le dichiarò un amore altrettanto fresco e bello.

«Amore mio... mia cara, sia mia moglie!».

«Adesso dobbiamo separarci», rispose lei, con voce addolorata. «Le scriverò». Liberò la mano e corse via.

In preda a una folle frenesia, Graye andò a casa e vegliò fino al mattino seguente. Chi è in grado di esprimere la sua infelicità e lo stupore quando gli fu messo in mano un biglietto contenente queste parole?

«Addio; addio per sempre. Come fidanzati ufficiali qualcosa ci divide per l’eternità. Mi perdoni; avrei dovuto dirglielo prima, ma il suo amore era dolce! Non mi nomini mai».

Proprio quel giorno, e sembrò una decisione presa per mettere fine a una situazione penosa, la giovane lasciò Londra insieme ai genitori per andare a trovare, come promesso, un parente che viveva in una contea occidentale. Nessun messaggio né lettera di supplica riuscirono a ottenere da lei una spiegazione. Lo implorava di non seguirla e la cosa più stupefacente era che il padre e la madre sembravano, dal tono di una lettera che Graye ricevette da loro, ugualmente afflitti e tristi per questa improvvisa rinuncia. Una cosa era evidente: senza riconoscere la validità del motivo della figlia, conoscevano la natura del motivo e non intendevano rivelarla.

Una settimana dopo Ambrose Graye lasciò la casa dell’amico Huntway e non vide mai più l’amata di cui piangeva la partenza. Di tanto in tanto l’amico rispondeva alle domande che Graye gli poneva per lettera e che riguardavano la ragazza. Ma per un innamorato le notizie della donna amata ricevute attraverso il filtro di un amico rappresentano un cibo assai poco nutriente. Huntway non era in grado di riferire nulla di definito. Riteneva che in precedenza ci fosse stato un amore tra Cytherea e il cugino, un ufficiale di Marina, due o tre anni prima che Graye la conoscesse, improvvisamente troncato dalla partenza del cugino per l’India; per tutta l’estate seguente la giovane donna aveva viaggiato per il continente insieme ai genitori a motivo della salute cagionevole. Alla fine Huntway riferì che le circostanze avevano reso l’amore di Graye ancora più impossibile. La madre di Cytherea aveva inaspettatamente ereditato una grossa fortuna e delle proprietà nell’Inghilterra occidentale a causa della scomparsa di alcuni eredi intermedi. Questo li aveva portati a traslocare dalla piccola casa di Gower Street e, a quanto pareva, a rinunciare alle antiche amicizie di quella zona.

Il giovane Graye concluse che la sua Cytherea aveva dimenticato sia lui che il suo amore. Lui però non riusciva a dimenticarla.

2. Dal 1843 al 1861

Otto anni dopo, sentendosi solo e depresso – non aveva parenti, conosceva molte persone, ma non aveva amici – Ambrose Graye incontrò una giovane donna di diverso genere, fornita di molto denaro e tante buone doti. Dopo la perdita di Cytherea gli era assolutamente impossibile amare profondamente un’altra donna. Le belle cose del mondo ci diventano più preziose quando eludono la nostra ricerca; ma per certi caratteri la fuga è l’unico evento che renderà eterno e permanente un amore passeggero.

Questa donna e Graye si sposarono. Che egli non abbia amato, né prima né dopo, la moglie come avrebbe dovuto era noto a tutti; ma pochi sapevano che il suo cuore indomito non riuscì mai a smettere di rimpiangere inutilmente la perdita del suo primo ideale.

Il suo carattere peggiorò alquanto, come accade alle nature emotive sottoposte a una lunga delusione per aver perduto il destino che si erano immaginate. E così, benché fosse di indole naturalmente gentile e gradevole, finì per non essere più oggetto dell’affetto dei conoscenti, com’è destino per alcune di queste persone. La simpatica e sanguigna suscettibilità della giovinezza si trasformò gradatamente in un nervosismo intrattabile e quando non immaginava prospettive legate a una speranza infondata, era vittima di una depressione indescrivibile. Il risultato pratico di questa condizione fu la sconsideratezza, all’inizio quasi inconsapevole, perché ogni debito contratto era stato mentalmente ripagato, con esattezza scrupolosa, con i patrimoni di aspettativa di cui si è detto. Ma con il passare degli anni, proseguì per la stessa strada, poiché gli mancava lo spirito necessario a deviare da un vecchio cammino anche quando si scopre che conduce verso il disastro.

Nell’anno milleottocentosessantuno la moglie morì, lasciandolo vedovo con due figli. Il maggiore, un maschio di nome Owen, appena diciassettenne, fu tolto da scuola e iniziato come apprendista alla professione di architetto nell’ufficio del padre. La femmina era più giovane di Owen di un anno.

Si chiamava Cytherea ed è facile indovinare perché.

3. Dodici ottobre 1863

Tralasciamo due anni per giungere al successivo evento cardine della storia. La scena è ancora la cittadina natia di Graye, Hocbridge, un lunedì pomeriggio del mese di ottobre.

Il tempo era soleggiato e secco, ma l’antico borgo mostrava uno dei suoi aspetti meno simpatici. Prima di tutto a causa dell’ora. Era quel momento stagnante della giornata in cui la luminosità del giorno, sfuggita alle ombre lunghe e fresche e alla novità vivificante della mattina, non ha ancora fatto percettibili passi avanti per acquisire quelle sfumature morbide e rassicuranti che ne adornano il declino. Inoltre, era quella fase della settimana nella quale l’attività lavorativa – che, intrapresa dietro i frontoni di un’antica residenza di campagna, non è priva di una scintilla romantica – è quasi conclusa. Infine, la cittadina aveva decisamente l’intenzione di rendersi attraente mostrando al pubblico che affluiva il talento drammatico locale per la recitazione, e le cittadine di provincia che cercano di essere vivaci sono la cosa più noiosa del mondo.

Le cittadine di provincia assomigliano ai bambini piccoli nel senso che sono più interessanti quando mostrano le loro caratteristiche innate senza sapere di essere osservati. Scoprendosi guardati cercano di essere divertenti facendo i buffoni e producono caricature sgradevoli che li deturpano.

Il quadrante macchiato dalle intemperie dell’orologio del basso campanile della chiesa che si trovava all’incrocio delle tre strade principali comunicava al municipio di fronte che erano le due e mezza: l’annunciata lettura da Shakespeare stava per cominciare. Vennero aperte le porte della sala comunale e le persone che si erano già radunate all’interno dell’edificio osservarono l’entrata dei nuovi arrivati: gli abiti furono silenziosamente criticati, l’autenticità dei denti e dei capelli venne messa in dubbio, la disponibilità finanziaria di ognuno valutata.

Tra questi ultimi spettatori giunse una fanciulla eccezionale che brillava in mezzo alla banalità come un singolo papavero rosso spicca in mezzo a un campo di stoppie brune. Indossava un’elegante giacchetta scura, un vestito color lavanda, un cappello con decorazioni e nastri grigi e guanti in tinta. Risalì con leggerezza il corridoio laterale della sala, lanciò intorno a sé un’occhiata sprezzante e si accomodò nel posto che le veniva indicato.

La ragazza era Cytherea Graye e aveva ormai diciotto anni. Durante il suo ingresso, e varie volte mentre stava seduta e ascoltava il lettore sulla pedana, il suo aspetto costituì un interessante oggetto di studio per gli sguardi di molti vicini.

Il viso era molto attraente, benché artisticamente meno perfetto della figura che era assai vicina ai dettami della perfezione. Ma anche questa caratteristica cedeva la palma alla grazia dei movimenti che erano affascinanti e assolutamente deliziosi.

In effetti il movimento era la particolarità che la contraddistingueva, sia che si mostrasse su larga scala negli atteggiamenti del corpo che nei particolari, come nel sollevarsi delle palpebre, nel flettersi delle dita, nel broncio del labbro. Il portamento della testa – un movimento all’interno di un altro movimento – un movimento fluido su un altro movimento fluido – era delicato quanto quello di un ago magnetico. E questa flessibilità ed elasticità non le erano mai state insegnate né erano state acquisite tramite osservazione, bensì nullo cultu4; le aveva sviluppate autonomamente con gli anni. Nell’infanzia, l’ostacolo di un sasso o di un tronco che erano inevitabile motivo di caduta per i suoi compagni di giochi, la lasciavano di solito indenne e diritta in piedi dopo averlo evitato di misura con oscillazioni e piroette per mantenere l’equilibrio. Alle festicciole di Natale, quando aveva solo dodici o tredici anni ed era per questo cordialmente disprezzata dai ragazzi che si credevano uomini, la sua svelta agilità nella danza nascondeva l’incompletezza della femminilità e spingeva quegli stessi giovanotti, in barba alle loro risoluzioni, ad accaparrarsi la sua figuretta infantile come compagna di danza che non potevano permettersi il lusso di disprezzare. E negli anni successivi, quando l’istinto naturale del suo sesso le aveva fatto capire che questa caratteristica era la migliore e la più rara del suo aspetto esteriore, non mancò di curare il perfezionamento dei dettagli.

I capelli sfioravano ricciuti le spalle ed erano di un luminoso color grano che si scuriva fino al nocciola deciso quando il ricciolo si arrotolava su se stesso. Aveva occhi della tonalità dello zaffiro benché più scuri del colore che hanno le gemme; avevano il liquido e appassionato scintillio della lealtà e della buona fede che si distingue da quella luminosità più fredda che sembra esprimere fedeltà solo all’oggetto che hanno di fronte.

Ma cercare di ottenere un’immagine di lei – o in effetti di qualsiasi donna affascinante – da una categoria definita, è difficile quanto apprezzare l’effetto di un paesaggio esplorandolo nottetempo con una lanterna o di un accordo musicale suonandone le note in successione. Tuttavia si può facilmente ritenere, dalla descrizione che si è qui tentata, che tra i molti aspetti accattivanti della sua figura, questi erano quelli che colpivano di più:

1. In preda a un piacevole dubbio, quando gli occhi si ravvivano furtivamente e sorridono (come sanno fare gli occhi) nello stesso modo delle labbra e, nello spazio di un solo istante, esprimono chiaramente l’intera gamma dell’attesa che comprende lo spazio tra il sì e il no.

2. Quando comunica un segreto, accompagnato involontariamente da un improvviso e minuscolo sobbalzo e da un’estatica pressione esercitata sul braccio, sul fianco o sul collo di chi ascolta, secondo la posizione e il grado di intimità.

3. Quando guarda con ansia una persona oggetto del suo affetto.

Nel corso della suddetta rappresentazione, tutto a un tratto assunse quest’ultimo atteggiamento. Lo sguardo era diretto fuori dalla finestra.

Il motivo per cui i dettagli della presenza di una giovane donna a una rappresentazione assai mediocre non finiscono nell’oblio che la loro intrinseca insignificanza giustifica – il motivo per cui, dopo anni, vennero da lei e da altri ricordati e individuati – è semplicemente che, senza saperlo, la ragazza si trovava al margine estremo di un periodo della vita nel quale il vero significato del termine “riflettere” non era mai stato conosciuto. Era l’ultima ora che godeva con una mente del tutto libera dalla consapevolezza di quel labirinto nel quale entrò subito dopo... per continuare un incerto percorso lungo le sue spire per la maggior parte dei susseguenti ventinove mesi.

Il municipio, nel quale Cytherea sedeva, era un edificio elisabettiano di pietra marrone e le finestre erano divise da un’architrave di muratura in una parte superiore e una inferiore. Attraverso l’apertura della metà superiore da dentro la sala si vedevano i tetti e i camini della strada adiacente e anche la parte superiore del campanile di una chiesa vicina in via di completamento sotto la supervisione del padre di Miss Graye, architetto dei lavori.

Che la cima del campanile fosse visibile dal posto che occupava in sala era un fatto che il suo sguardo ozioso aveva scoperto con un certo interesse e in quel momento era impegnata a osservare la scena che si svolgeva sull’alta cima. Intorno al cono in muratura si ergeva contro il cielo bianco la gabbia di un’impalcatura; e su questa stavano cinque uomini – quattro vestiti di bianco come la nuova costruzione che avevano per le mani, il quinto indossava il normale completo scuro di un gentiluomo.

I quattro operai in bianco erano tre muratori e un manovale. Il quinto uomo era l’architetto, Mr Graye. A quanto pareva, aveva impartito delle istruzioni e adesso, dopo aver indietreggiato quanto permetteva lo stretto passaggio, era perfettamente immobile.

L’immagine che si presentava a un osservatore all’interno del municipio era curiosa e sorprendente. Era una miniatura, incorniciata dal bordo scuro della finestra, e il colore tenebroso dei margini squadrati enfatizzava per contrasto la morbidezza degli oggetti racchiusi.

L’altezza del campanile era all’incirca di centoventi piedi e gli uomini impegnati lassù sembravano del tutto estranei all’ambito e alle esperienze dei normali esseri umani. Sembravano poco più grandi dei piccioni e compivano i loro minuscoli movimenti in un silenzio dolce e incorporeo. Il loro aspetto comunicava a coloro che stavano a terra soprattutto un’idea, vale a dire la loro concentrazione: erano noncuranti – addirittura inconsapevoli – del mondo distratto sotto di loro e di tutto quello che si muoveva sulla sua superficie. Non distoglievano mai lo sguardo dall’impalcatura.

Poi uno di loro si girò; era Mr Graye. Restò di nuovo immobile, facendo attenzione alle operazioni degli altri. Sembrava smarrito nelle riflessioni e aveva rivolto il viso verso una nuova pietra che stavano sollevando.

«Perché sta in quella posizione?», pensò la giovane donna – fino a quel momento distratta e noncurante come uno degli antichi tarantini5 che, in un pomeriggio come quello, assistevano dal teatro all’ingresso nel porto di una potenza che avrebbe rovesciato lo stato.

La ragazza si mosse a disagio. «Vorrei che scendesse», sussurrò, fissando ancora quell’immagine sullo sfondo del cielo. «È così pericoloso distrarsi lassù».

Quando ebbe finito di mormorare quelle parole il padre afferrò con scarsa decisione uno dei pali dell’impalcatura, come per saggiarne la resistenza, poi lo lasciò andare e fece un passo indietro. Nel gesto, gli scivolò il piede. Si chinò per un istante in avanti e di lato, poi ondeggiò nell’aria, scomparendo immediatamente verso il basso.

La figlia angosciata balzò in piedi con un movimento convulso. Socchiuse le labbra e ansimò in cerca d’aria. Non riuscì a emettere suono. Una ad una le persone intorno a lei, inconsapevoli di quanto era accaduto, girarono la testa e sui loro visi si dipinsero curiosità e allarme alla vista della povera ragazza. Ancora un momento ed essa cadde per terra.

L’impressione successiva di Cytherea fu la consapevolezza di essere trasportata con un veicolo sconosciuto attraverso il marciapiede verso i gradini di casa sua dal fratello e da un uomo più maturo. Il ricordo di quello che era accaduto si ripresentò un momento dopo e proprio mentre oltrepassavano la porta – dalla quale solo qualche istante prima era passato un altro e ben più triste fardello – il suo sguardo colse il panorama del cielo di sud-ovest e, senza prestarvi attenzione, la luce bianca del sole che brillava da una fenditura in una nube color ardesia con raggi simili a lance. Le emozioni si sovrappongono alle scene concomitanti – per quanto queste sembrino estranee nella loro essenza – come le acque chimiche si cristallizzano sui rametti e sui fili metallici. Da quella volta nessuna angoscia riportò alla mente di Cytherea con maggior vivacità la scena vista dalle finestre del municipio della luce del sole che si riversa con raggi simili a lance.

4. Diciannove ottobre

Quando la morte visita una casa, è accompagnata da un elemento di tristezza e da uno di orrore. La tristezza viene dalla morte; l’orrore dalle nubi di oscurità che ci sforziamo deliberatamente di introdurre.

Il funerale era avvenuto. Depresso, e tuttavia con atteggiamento deciso, Owen Graye era seduto davanti allo scrittoio privato del padre, impegnato a tirare fuori e ad aprire un’eterogenea raccolta di carte, minacciosa e disarmonica all’occhio in qualsiasi momento, ma soprattutto per chi è sotto l’azione di un grande dolore. Fogli di carta bianca legati con lo spago erano indiscriminatamente mescolati con altri fogli bianchi delimitati da bordi neri e questi con carta azzurra formato protocollo avvolta da una grezza fettuccia rossa.

Tutte quelle lettere, conti e altri documenti furono sottoposti a un attento esame, grazie al quale vennero accertati i seguenti particolari:

Primo: le entrate del padre derivate da fonti professionali erano state molto scarse e ammontavano a non più della metà delle loro uscite; il suo patrimonio e quello della moglie, sui quali aveva contato per il bilancio finale, erano andati perduti in prestiti poco saggi a persone prive di scrupoli che si erano approfittate dell’ingenua fiducia paterna.

Secondo: scoprendo il proprio errore, egli aveva cercato di riguadagnare il proprio credito con l’illusorio mezzo della speculazione. L’esempio più rilevante era il seguente. Mentre si trovava a Plymouth nell’autunno dell’anno precedente era stato spinto ad arrischiare tutti i suoi risparmi sulla garanzia di un cambio marittimo6 di un brigantino italiano che aveva attraccato in porto in cattive condizioni. Il guadagno sarebbe stato considerevole e anche il rischio. Venne fuori che non c’era alcuna garanzia. Le circostanze del caso fecero di questa speculazione la più sfortunata nella quale un uomo come lui – ignaro di questo genere di faccende – potesse impegnarsi. Il vascello colò a picco e, con esso, tutto il denaro di Mr Graye.

Terzo: questi fallimenti lo avevano lasciato gravato di debiti che non sapeva come onorare; in questo modo, al momento della morte, anche le poche sterline depositate a suo nome in banca erano sue solo di nome.

Quarto: la perdita della moglie due anni prima aveva risvegliato in lui il senso della sua cecità e il dovere nei confronti dei figli. Aveva quindi deciso di riprendere con infaticabile zelo l’esercizio della professione e, senza fare speculazioni, almeno una parte del piccolo patrimonio che aveva sperperato.

Durante queste analisi Cytherea si metteva sovente a fianco del fratello. Spesso commentava tristemente:

«Il povero papà non è riuscito a mettere in pratica le sue buone intenzioni perché gliene è mancato il tempo, vero Owen? E c’è una giustificazione per il suo passato, anche se non l’avrebbe mai dichiarato. Non dimentico quel primo colpo scoraggiante e come da quello abbiano avuto origine tutti i mali della sua vita: era tutto collegato a quella tristezza e a quella apatia che gli vedevamo così spesso».

«Ricordo quello che disse una volta», rispondeva il fratello, «quando ero rimasto alzato fino a tardi con lui. Disse: “Owen, non amare troppo ciecamente; amerai ciecamente, se amerai, ma a un cuore ben disciplinato resta ancora un po’ di riflessione. Che questo cuore sia il tuo, poiché non è stato il mio”, disse papà. “Coltiva l’arte della rinuncia”. E ne ho l’intenzione, Cytherea».

«E una volta la mamma ha detto che un’ottima donna è stata la rovina di papà, perché lui non seppe rinunciarvi quando la perdette. Mi chiedo dov’è adesso, Owen. Ci è stato detto di non cercare di scoprire nulla su di lei. Papà non ce ne ha mai rivelato il nome, vero?».

«È stato per sua esplicita richiesta, credo. Ma non pensare a lei; non è stata nostra madre».

La storia d’amore che aveva provocato la depressione di Ambrose Graye era precisamente il genere di storia che i ragazzi tengono in scarso conto, ma sulla quale le ragazze riflettono molto.

5. Dal diciannove ottobre al nove luglio

In questo modo, le buone intenzioni per quanto riguardava la reintegrazione del patrimonio non si erano ancora del tutto concretizzate quando la morte improvvisa del padre le aveva messe per sempre fuori dalla sua portata.

Subito dopo il funerale piovvero cambiali assai consistenti che arrivarono da fonti precedentemente sconosciute e che mostrarono fino a che punto fosse indebitato. Messi alle strette, una cambiale finì alla Cancelleria7 perché l’asse ereditario, così com’era, venisse amministrato dal tribunale.

«Che ne sarà di noi adesso?», pensava continuamente Owen.

Esiste in noi la speranza inestinguibile che, nei momenti più cupi, continua a farci pensare che poiché è di noi che si tratta, deve esserci in serbo un futuro speciale, anche se la natura e gli antecedenti, fino al particolare più remoto, sono comuni a migliaia di persone.

Così a Cytherea e Owen Graye il problema della direzione che avrebbero preso le loro esistenze sembrava il più serio degli enigmi. Per gli altri che conoscevano altrettanto bene la loro situazione, la domanda era la più semplice che si potesse porre. «La stessa presa da tutti quelli che si sono trovati nelle stesse condizioni».

Allora Owen si consultò con la sorella per prendere una qualche decisione in merito al loro futuro e trascorse un mese aspettando la risposta a certe lettere ed esaminando progetti più o meno futili. Speranze improvvise che sembravano arcobaleni, a toccarle si rivelarono nebbia. Nel frattempo tutti i giorni sentivano volare intorno a loro commenti sgradevoli, dissimulati come sanno fare alcuni benintenzionati. L’indubbia verità: che erano figli di un sognatore che si era lasciato sfuggire fino all’ultimo centesimo dei propri soldi e che si era indebitato con i suoi vicini; che la figlia era cresciuta senza imparare un mestiere; che il figlio, che invece lo aveva imparato, non aveva fatto progressi nella professione e poteva finire male� per sua stessa natura non poteva restare avvolta nel silenzio per non urtare i loro sentimenti; in realtà le loro orecchie ne erano sfiorate, sotto l’una o l’altra forma, ovunque andassero. I pochi conoscenti li oltrepassavano in fretta. Vecchi capifamiglia8 e negozianti facoltosi negli intervalli d’ozio stavano sulla porta delle botteghe – con le punte dei piedi che sopravanzavano il bordo del gradino e le pance obese che sopravanzavano le punte dei piedi – e nei discorsi con gli amici sul marciapiede riferivano il percorso dell’improvvido e riducevano le prospettive dei figli a poco più di un’ombra. I figli di questi uomini (che portavano spille di genere sarcastico e fumavano pipe scherzose) fissavano Cytherea con uno sguardo che non era più attenuato dal rispetto che l’aveva precedentemente ammorbidito.

Ora si sa che non badiamo molto a quello che la gente pensa di noi, o a quale umiliante segreto abbia scoperto sulle nostre sostanze, sui genitori o sullo scopo della vita, a patto che ognuno pensi e agisca nell’isolamento. La cosa che temiamo di più è che circolino opinioni sul nostro conto; e possedere un centinaio di amici, tutti reciprocamente isolati, a conoscenza degli scheletri chiusi nei nostri armadi non è così angosciante quanto una chiacchierata sullo stesso argomento fatta da una mezza dozzina di persone, per quanto queste ultime siano depositarie esclusive dei nostri segreti.

Forse, anche se Hocbridge osservava e bisbigliava, persone in una situazione di prosperità avrebbero considerato questa animosità poco più che una sciocchezza. Purtroppo, però, la povertà, quando è recente e prima che la pelle abbia avuto il tempo di ispessirsi, rende le persone suscettibili in modo inversamente proporzionale alla possibilità che hanno di difendersi. In Owen si scoprì, al posto della sensibilità paterna, una porzione maggiore dell’orgoglio che era già stato suo e un conformismo di idee che, se fosse stato unito a una maggiore cecità, sarebbe equivalso a un pregiudizio bello e buono. Per quanto ci avesse pensato, era convinto che l’umanità fosse piuttosto divisa in classi distinte che, da un estremo all’altro, si mescolavano. Da qui, grazie a una catena di opinioni che – se ne fosse valsa la pena – era possibile ripercorrere, egli detestava o rispettava un’opinione e, istintivamente, cercava di rifuggire da quella freddezza che la pura e semplice sensibilità avrebbe consentito. Poteva subire la separazione, la malattia, l’esilio, un lavoro faticoso e ingrato, la fame e la sete, con stoica indifferenza, ma l’arroganza era troppo straziante.

Dopo aver sopravvissuto nove mesi cercando di guadagnarsi da vivere come successore del padre nella professione – tentativi che furono del tutto infruttuosi a causa della sua inesperienza – Graye giunse a una semplice e impetuosa decisione. Avrebbero discretamente abbandonato quella parte dell’Inghilterra, si sarebbero sottratti alla vista dei conoscenti, ai pettegolezzi, alle aspre critiche e ai creditori amareggiati della cui disgrazia egli non era la causa, e sarebbero sfuggiti alla condizione che lo tormentava per l’unica strada che la grande povertà lasciava loro aperta: ottenere un posto in un luogo distante seguendo la sua professione come umile impiegato in sottordine.

Rifletté sulle sue capacità con la sensazione di un soldato che affila la spada all’inizio di una campagna militare. A causa della mancanza di lavoro, dovuta alla riduzione della pratica del defunto padre e all’assenza di una pressione diretta e assoluta verso i risultati economici derivanti dal lavoro di apprendista (il che sembra sempre essere il caso quando l’apprendista di un professionista è anche suo figlio), il progresso di Owen nell’arte e nella scienza dell’architettura era stato davvero insignificante. Benché assai lontano dall’essere un uomo ozioso, non aveva raggiunto l’età nella quale gli uomini industriosi che non hanno uno stimolo esterno per avanzare nel mondo sono indotti dal loro stesso buon senso a stimolarsi da soli. Quindi alla fine dei due anni di apprendistato la sua conoscenza dei piani, delle elevazioni, delle sezioni e dei capitolati d’appalto non era maggiore di quella che avrebbe potuto essere acquisita in sei mesi da un giovane di media capacità – lui stesso, ad esempio – presso un vivace studio londinese.

Ad ogni modo egli poteva rendersi utile a un professionista di una città lontana e completare lì il suo apprendistato. In questa direzione c’era uno stimolo tangibile. Aveva una vaga idea riguardo a questo genere di persona: un certo Mr Gradfield che aveva lo studio a Creston, un cittadina portuale e stazione balneare nella parte occidentale dell’Inghilterra.

Dopo qualche dubbio Graye si avventurò a scrivere a questo gentiluomo, facendogli la necessaria domanda, alludendo brevemente alla morte del padre e affermando che il suo periodo di apprendistato era trascorso solo a metà. Sarebbe stato felicissimo di completare il suo contratto con un salario molto basso per tutti e due gli anni che restavano, a patto che il pagamento potesse cominciare subito.

Mr Gradfield rispose dicendo di non avere bisogno di un apprendista che prestasse servizio per il periodo di tempo che gli serviva alle condizioni menzionate da Mr Graye. Aggiungeva però una frase. Si dava il caso che in ufficio avesse bisogno di un giovanotto – solo per un breve periodo, probabilmente due mesi circa – per fare dei disegni e occuparsi di altri lavoretti secondari di questo genere. Se Mr Graye non aveva obiezioni a occupare la posizione inferiore necessaria per simili occupazioni e accettare un salario settimanale che una persona con le sue aspettative avrebbe considerato puramente nominale, l’incarico gli avrebbe dato l’opportunità di apprendere qualche altro dettaglio sulla professione.

«È un inizio e, soprattutto, un posto stabile, lontano dall’ombra della nube che ci incombe addosso qui...», disse Owen.

Il progetto di Cytherea per il proprio futuro – semplicissimo a causa della limitazione anche maggiore delle sue risorse – era già tracciato. Dal possesso di una buona parte di patrimonio personale le era derivato un vantaggio e forse solo quello. Era stata educata con molta cura. Il suo progetto era basato su questa considerazione. Avrebbe preso alloggio insieme al fratello a Creston e poi avrebbe messo l’annuncio per un posto di governante, dopo avere ottenuto il consenso di un avvocato di Reading che stava chiudendo gli affari del padre e che conosceva la storia delle sue condizioni per fare da garante per quanto riguardava la sua vita passata e la sua rispettabilità.

Un mattino presto partirono dalla città natia senza lasciarsi alle spalle quasi nessuna traccia dei loro passi.

Allora la città criticò la loro mancanza di saggezza nel fare un tale passo. «Che precipitazione; se la sarebbero cavata meglio a Hocbridge».

Ma cos’è in realtà la Saggezza? Gestire con calma un modo qualsiasi per ottenere uno scopo necessario alla felicità.

E tuttavia sia che lo scopo sia quello consueto – una condizione di ricchezza – oppure no, il termine saggezza non è mai applicato se non ai mezzi per ottenere lo scopo consueto.




2 Il nome di battesimo dell’eroina è uno degli epiteti di Venere/Afrodite, la dea romana/greca dell’amore, basato sulla tradizione secondo cui Afrodite approdò sull’isola di Cythera dopo essere nata dalla schiuma del mare.

3 La Gaza di biblica memoria era un avamposto vicino al deserto del Nageb ed era spesso usata per indicare il confine dello stato di Israele.

4 «Senza raffinatezza o esercizio», espressione latina proverbiale.

5 Abitante della città di Tarentum, colonia greca nell’Italia antica conquistata dai Romani nel 272 a.C. La similitudine usata da Hardy richiama il racconto della caduta di Tarentum riferito nella History of Rome di Thomas Arnold (1795-1842). Arnold ritrae i tarantini come personaggi dissoluti, sconsiderati e incapaci di immaginare che i Romani potessero conquistarli: «Pieni di vino e nella disposizione di spirito immemore di un momento di festa», osservano le imbarcazioni romane entrare in porto violando un trattato, decidono di attaccarle e in questo modo provocano le guerre pirriche (280-275 a.C) che alla fine ebbero come risultato la caduta di Tarentum.

6 Contratto per finanziare il viaggio di una nave, nel quale la nave stessa costituisce la garanzia del creditore. A quanto pare Mr Graye non aveva capito che la perdita della nave significava la perdita del denaro del creditore.

7 Il tribunale della Cancelleria, o dell’equità, fiancheggiava e in alcuni casi sostituiva i tribunali di diritto comune. Si occupava dei casi nei quali magari la giustizia non poteva seguire strettamente l’applicazione del diritto comune e soprattutto della composizione delle vertenze che interessavano le transazioni patrimoniali.

8 Hardy usa qui il termine pot-walloper, ‘capifamiglia con diritto di voto’. Prima del Reform Bill del 1832, in alcune circoscrizioni dell’Inghilterra gli uomini che “bollivano” le loro pentole (avevano cioè un loro focolare) avevano il diritto di voto. Poiché nella pratica questo accordava il diritto di suffragio a molti votanti con poca o nessuna ricchezza, alla fine del diciannovesimo secolo “bollitori di tegami” aveva preso il significato di “popolino”.