30

 

Jane guardò il marito preparare metodicamente uno zaino con l'intelaiatura rigida riempiendone ogni nicchia con il necessario. Infilò dentro il sacco a pelo e il materassino termico, la tenda singola, il fornello da campeggio invernale e alcuni pasti liofilizzati. Nelle tasche più piccole infilò bussola, coltello e lampada frontale, una matassa di corda di nylon e un kit di pronto soccorso. Nessuno spazio andò sprecato e non c'era un solo grammo di peso inutile. Lui e Sansone avevano comprato l'attrezzatura prima, quella sera, e ora tutti gli oggetti di Gabriel erano disposti sul letto, quelli piccoli raggruppati in sacchetti, le borracce per l'acqua avvolte dal sempre utile nastro adesivo. Lo aveva fatto tante volte in passato, quando da giovane andava a camminare in mezzo alla natura, e in seguito quando era nei marine. L'arma che ora portava al fianco ricordava tuttavia in modo inquietante che quella non era una semplice camminata invernale.

«Dovrei venire con voi due», affermò Jane.

«No. Devi restare qui a controllare le telefonate.»

«E se qualcosa va male là fuori?»

«In tal caso mi sentirò molto meglio sapendo che sei qui al sicuro.»

«Gabriel, ho sempre pensato che fossimo una squadra.» Lui posò lo zaino e le rivolse un sorriso ironico. «E quale membro di questa squadra è allergico al campeggio in tutte le sue forme, modalità e varianti?»

«Se devo, lo faccio.»

«Non hai alcuna esperienza di campeggio invernale.»

«Neanche Sansone.»

«Ma lui è robusto e in forma. Secondo me tu non riusciresti nemmeno a sollevare quello zaino. Dai. Prova.» Lei afferrò lo zaino e lo sollevò dal letto. A denti stretti disse: «Posso farcela».

«Ora immaginati quel peso sulla schiena mentre sali una montagna. Immagina di portare quello zaino per ore, per giorni e in quota. Immagina di tenere il passo con due uomini che hanno una ventina di chili di muscoli più di te. Jane, sappiamo tutti e due che non è realistico.» Lei mollò lo zaino che atterrò sul pavimento con un tonfo.

«Non conosci il terreno.»

«Andremo con persone che lo conoscono.»

«Ti fidi del loro giudizio?»

«Lo scopriremo presto.» Gabriel chiuse lo zaino e lo posò nell'angolo. «La cosa importante è che saremo là fuori con loro. Potrebbero essere troppo rapidi a premere il grilletto mentre Maura è sulla linea di tiro.» Jane si accasciò sul letto e sospirò. «Ma che diavolo combina là fuori? Il suo comportamento non ha senso!»

«Per questo devi restare accanto a un telefono. Ti ha chiamato una volta. Potrebbe cercare di raggiungerti ancora.»

«E io come raggiungerò te?»

«Sansone si porta un telefono satellitare. Non è come se sparissimo dalla faccia della terra.»

Ma la sensazione è questa, pensò quella notte stesa a letto al suo fianco. Gabriel stava per addentrarsi a piedi in una zona selvaggia, eppure dormiva profondamente, tranquillo. Era lei quella che stava sveglia a crucciarsi perché non era né abbastanza forte né esperta da seguirlo. Si riteneva alla pari di qualsiasi uomo, ma stavolta dovette ammettere la triste verità. Non poteva portare quello zaino. Non poteva tenere il passo di Gabriel.

Dopo qualche chilometro sarebbe probabilmente crollata nella neve compromettendo la spedizione e facendo una figuraccia.

Come farà allora Maura a sopravvivere?

L'interrogativo si fece più pressante quando si svegliò prima dell'alba e guardò dalla finestra la neve sferzata dal vento che spazzava il parcheggio dell'albergo. Immaginò il vento che le pungeva gli occhi, che le congelava la pelle. Era una giornata inclemente per iniziare una ricerca.

Il sole non si era ancora alzato quando lei, Gabriel e Sansone raggiunsero in macchina il punto di raduno.

Alcuni membri della squadra erano già arrivati insieme ai cani da ricerca e gli uomini stavano in piedi nell'oscurità che precedeva l'alba a sorseggiare caffè fumante. Jane sentiva l'eccitazione nelle loro voci, percepiva l'elettricità nell'aria. Erano come qualsiasi poliziotto prima di un'irruzione: emanavano testosterone ed erano tesi in vista dell'azione.

Mentre Gabriel e Sansone indossavano gli zaini, Jane sentì lo sceriffo Fahey chiedere: «Dove pensate di andare voi due con quegli zaini?» Gabriel si voltò verso di lui.

«Ha chiesto volontari per l'operazione di ricerca e salvataggio.»

«Non abbiamo richiesto un agente federale nella squadra.»

«Sono addestrato a negoziare la liberazione di ostaggi», rispose Gabriel.

«E conosco Maura Isles. Di me si fiderà.»

«E' un terreno accidentato. Bisogna sapere quello che si fa.»

«Otto anni nel corpo dei marine. Addestramento a condurre operazioni invernali in montagna. C'è altro che vuol sapere?» Incapace di replicare a tali qualifiche, Fahey si rivolse a Sansone, ma l'espressione dura di questi lo dissuase subito persino dall'avanzare qualche dubbio. Con un grugnito si allontanò a grandi passi.

«Dov'è Monty Loftus?» gridò.

«Non possiamo aspettarlo ancora a lungo!»

«Mi ha detto che non sarebbe venuto», rispose qualcuno.

«Dopo il casino che ha piantato ieri sera? Pensavo sarebbe venuto sicuramente.»

«Forse si è guardato allo specchio e si è ricordato di avere settantun anni.»

Tra le risate che seguirono uno dei conduttori dei cani annunciò: «I cani hanno sentito l'odore!»

La squadra di ricerca si avviò nel bosco e Gabriel si voltò verso Jane. Si diedero un ultimo bacio, si abbracciarono e poi lui partì. Tante volte in passato Jane ne aveva ammirato le naturali doti atletiche, la sicurezza del passo. Neanche lo zaino pesante lo rallentava. Mentre lo guardava sul limite degli alberi, scorgeva ancora il giovane marine che era stato.

«Questa faccenda non finirà bene», commentò una voce.

Jane si girò e vide Cahty Weiss scuotere la testa.

«Gli daranno la caccia come a un animale», disse.

«E' di Maura Isles che mi preoccupo», rispose Jane.

«E di mio marito.»

Rimasero fianco a fianco mentre la squadra in partenza si inoltrava nel bosco. La strada si svuotò lentamente, a mano a mano che i veicoli se ne andavano ma le due donne rimasero a guardare finché gli uomini non scomparvero tra gli alberi.

«Almeno sembra un uomo equilibrato», notò Cathy.

Jane assentì.

«E' un termine che si addice a Gabriel.»

«Ma il resto di quei tizi... sono pronti a sparare prima e a far domande dopo. Accidenti, Bobby potrebbe essere scivolato sul ghiaccio ed essersi sparato da solo».

Cathy sbuffò frustrata.

«Chissà cosa sarà successo davvero. Nessuno ha visto.»

E non c'è alcun video della sparatoria, pensò Jane. Quel dettaglio la inquietava profondamente. La telecamera del cruscotto di Martineau funzionava alla perfezione. Era stata spenta in violazione delle regole del Dipartimento dello sceriffo. Le ultime immagini registrate risalivano a quando Martineau si stava dirigendo a Doyle Mountain. Alcuni istanti prima di arrivare alla casa aveva spento di proposito la telecamera.

Jane si voltò verso Cathy.

«Fino a che punto conosceva l'agente Martineau?»

«Ho avuto contatti con lui.»

Dal tono di voce quei contatti non sembravano cordiali.

«Ha mai avuto ragione di non fidarsi di lui?» Per un istante Cathy la fissò in quell'alba che gelava le ossa e la condensa dei loro aliti si mescolò, unendosi in una nube vaporosa.

«Mi chiedevo quando qualcuno avrebbe avuto il fegato di fare questa domanda», rispose.

«Adesso Bobby Martineau viene considerato un eroe. E non si dovrebbe parlar male degli eroi morti. Anche nel caso in cui se lo meritino», affermò Cathy.

«Quindi lei non era una sua ammiratrice.»

«Detto tra noi, Bobby era un tipo violento, ossessionato dal controllo.»

Cathy teneva lo sguardo sulla strada mentre parlava, guidando con attenzione sul fondo ricoperto di neve e ghiaccio. Jane era contenta di non dover essere lei a percorrere quelle strade poco familiari e lo era ancor di più di viaggiare nel robusto suv a quattro ruote motrici di Cathy.

«Nel mio campo», proseguì lei, «scopri abbastanza in fretta quali famiglie della contea hanno problemi. Chi divorzia, quali ragazzi perdono troppi giorni di scuola. E quali mogli arrivano al lavoro con gli occhi neri.»

«Quella di Bobby?»

«Adesso è l'ex moglie. Ha impiegato tanto a svegliarsi e a uscirne. Alla fine due anni fa Patsy lo ha lasciato e si è trasferita nell'Oregon. Vorrei solo fosse rimasta in zona per poterlo accusare perché uomini come Bobby non dovrebbero portare il distintivo.»

«Pestava la moglie e indossava lo stesso l'uniforme?»

«Probabilmente succede anche a Boston, no? La gente si rifiuta di credere che un bravo e onesto cittadino come Bobby picchi la moglie.» Cathy sbuffò. «Se il ragazzo gli ha davvero sparato, forse Bobby se lo è meritato.»

«Non parlerà sul serio, vero?» Lei la guardò.

«Forse sì. Solo un po'. Io lavoro con le vittime. So cosa possono fare anni di abusi a un ragazzo. A una donna.»

«Inizia a sembrare una faccenda personale.»

«Vedi troppe cose e sì, diventa personale. Per quanto cerchi di impedirlo.»

«Quindi Bobby era un imbecille che pestava la moglie. Questo non spiega perché abbia spento la telecamera. Cosa stava cercando di nascondere su a Doyle Mountain?»

«A questa domanda non so rispondere.»

«Conosceva Julian Perkins?»

«Oh, certo. Quel ragazzo è stato arrestato da quasi ogni agente della contea per qualche reato.»

«Quindi quei due hanno una storia alle spalle.» Cathy rifletté sulla questione mentre guidava su una strada in cui le case erano diventate poche e rade.

«A Julian non piaceva la polizia, ma è tipico di un'adolescente. Gli sbirri sono il nemico. Ciò nonostante, non credo che questo spieghi la cosa. E non scordiamoci», aggiunse lanciando un'occhiata a Jane, «che Bobby ha spento la telecamera del cruscotto prima di arrivare a Doyle Mountain. Prima di sapere che lassù c'era il ragazzo. Qualsiasi fosse la ragione, aveva qualcosa a che fare con la sua amica Maura Isles.»

Le cui azioni rimanevano il mistero più grande di tutti.

«Ecco», disse Cathy e fermò il suv.

«Voleva sapere di Bobby. Be', viveva qui.»

Jane guardò la modesta abitazione al di là della strada. Grossi mucchi di neve si erano accumulati su entrambi i lati del vialetto spalato e l'edificio sembrava come nascosto, le finestre scrutavano sopra la neve come per adocchiare furtive i passanti. Non c'erano abitazioni accanto, nessun vicino raggiungibile da poter interrogare.

«Viveva solo?» domandò Jane.

«Per quel che ne so, sì. Non sembra ci sia nessuno in casa.»

Jane si chiuse la cerniera della giacca e uscì dall'auto. Udì il rumore secco del vento tra gli alberi e lo sentì pungerle le guance. Per questo avvertì d'un tratto un brivido lungo il corpo? O era la casa, la casa di un uomo morto con le finestre che scrutavano cupe sopra i mucchi di neve? Cathy si stava già dirigendo verso il portico con gli scarponi che scricchiolavano sulla neve compatta, Jane invece rimase ferma accanto all'auto.

Non avevano un mandato di perquisizione. Non avevano motivo di essere lì, tranne il fatto che per lei l'agente Martineau era un enigma e che qualsiasi indagine accurata su un omicidio comprendeva un'analisi vittimologica. Perché era stato aggredito quell'uomo in particolare? Quale azione lo aveva condotto alla morte sulla strada spazzata dal vento di Doyle Mountain? Finora tutta l'attenzione si era concentrata sul presunto assassino, Julian Perkins. Ora era tempo di concentrarsi su Bobby Martineau.

Seguì Cathy sul vialetto con gli scarponi che facevano presa sulla ghiaia sparsa sul ghiaccio. Cathy stava già bussando alla porta.

Come previsto, nessuno rispose.

Jane notò i davanzali marci delle finestre, la vernice scrostata. La legna da ardere era stata impilata con poca cura a un'estremità del portico, contro una ringhiera che sembrava sul punto di crollare. Guardando dalla finestra anteriore, vide un soggiorno arredato con pochi mobili. Sul tavolino spiccavano un contenitore per pizza e due lattine di birra. Non vide niente che la colpì, niente che non si aspettasse di vedere nella casa di uno scapolo che viveva solo con uno stipendio da poliziotto.

«Ragazzi, questo posto è una topaia», esclamò Cathy guardando il garage staccato dall'abitazione, che sembrava cedere sotto il peso della neve sul tetto.

«Sa di qualche amico? Di qualcuno che potrebbe conoscerlo bene?»

«Probabilmente nell'ufficio dello sceriffo, ma ha voglia prima che dicano qualcosa di negativo. Come ho spiegato, un poliziotto morto è sempre un eroe.»

«Dipende da come è morto quel poliziotto.»

Jane provò la maniglia e scoprì che la porta era chiusa a chiave.

Rivolse l'attenzione al garage.

Il vialetto che conduceva al portone era stato sgombrato dalla neve e individuò tracce di pneumatici: pneumatici larghi, da fuoristrada. Scese cauta i gradini scivolosi del portico. Esitò di fronte al portone del garage, consapevole che aprendolo avrebbe superato la linea etica. Non aveva un mandato e quella non era nemmeno la sua giurisdizione. Ma Bobby Martineau era morto, perciò difficilmente avrebbe potuto protestare. E alla fine si trattava di giustizia, no? Di giustizia per Bobby stesso e per il ragazzo accusato di averlo ucciso.

Si abbassò per afferrare la maniglia del portone, ma le tracce delle gomme si erano ghiacciate e non riuscì a smuoverlo. Cathy si unì a lei e insieme fecero forza per sollevarlo. D'un tratto si sbloccò e lo alzarono.

Restarono entrambe a fissare stupite.

All'interno luccicava un mostro nero enorme.

«Ma guarda un po'», mormorò Cathy.

«È tanto nuovo che ha ancora le targhe del concessionario.»

Mentre girava attorno al fuoristrada, Jane ne accarezzò ammirata la superficie immacolata. Era un Ford F-450 xlt.

«Questo giocattolo costerà almeno cinquantamila dollari», osservò.

«Come ha fatto Bobby a permetterselo?» Jane raggiunse il paraurti anteriore e si fermò.

«Domanda ancora migliore: come ha potuto permettersi quella?.»

«Cos'è?»

Jane indicò la Harley. Era una VRod Muscle nera e come il fuoristrada sembrava nuova di zecca. Non sapeva quanto costasse una moto del genere, ma di certo parecchio.

«Sembra che negli ultimi tempi l'agente Martineau avesse fatto un po' di soldi», affermò pacata.

Si voltò verso Cathy che fissava a bocca aperta la Harley.

«Forse aveva uno zio miliardario da qualche parte?» Cathy scosse la testa sconcertata. «Da quello che ho sentito, non riusciva nemmeno a pagare gli alimenti.»

«Come ha pagato la moto? E il fuoristrada?» Jane osservò il garage malconcio con le assi di legno rovinate.

«C'è qualcosa che non quadra. Viene da mettere in dubbio tutto ciò che ci è stato detto su Martineau.»

«Era un poliziotto. Forse qualcuno lo pagava per guardare dall'altra parte.»

Jane si concentrò di nuovo sulla Harley cercando di capire come fosse legata alla morte di Bobby.

Le era chiaro ormai che avesse spento di proposito la telecamera del cruscotto per nascondere le sue azioni.

L'operatrice del centralino gli aveva appena riferito che Maura Isles aspettava lassù, una donna sola bisognosa d'aiuto. Dopo aver preso la chiamata, Martineau aveva spento la telecamera e si era diretto a Doyle Mountain.

Poi cos'è successo? A che punto era entrato in gioco il ragazzo? Forse tutto ruota attorno al ragazzo.

Guardò Cathy. «Quanto lontano è Verrà il Regno?»

«Circa cinquanta, sessanta chilometri da qui. È in mezzo al nulla.»

«Forse dovrei andare laggiù e parlare con la madre di Julian.»

«Non credo che adesso ci viva nessuno. Ho saputo che i residenti sono andati via per l'inverno.»

«Ricorda chi abbia riferito l'informazione? Lo stesso agente che è stato ripetutamente a Verrà il Regno. E che non ha mai visto niente di anomalo.»

«Bobby Martineau», rispose sommessa Cathy.

Jane indicò con un cenno la Harley.

«In base a quello che abbiamo trovato qui, non credo che possiamo fidarci di niente di quanto ha detto Martineau. Qualcuno lo pagava. Qualcuno che ha parecchi soldi per farlo.»

Nessuna delle due aveva bisogno di pronunciare il nome ad alta voce.

Jeremiah Goode.

«Facciamo una visita a Verrà il Regno», disse Jane.

«Voglio scoprire cosa non dovremmo vedere.»